Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: SweetPandemonium    05/06/2014    2 recensioni
"Santiago era corso in bagno appena ne aveva avuto l’occasione, e si era sciacquato il viso con acqua ghiacciata sperando che un po’ di acqua avrebbe potuto spazzar via il rossore dalle sue guance.
Probabilmente non si era mai vergognato così tanto in tutta la sua vita."
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Ciao a tutti! Vi ricordate di me?
Ormai è molto tempo che non scrivo, a causa del cambiamento totale della mia vita, stiamo crescendo, no? 
In ogni caso questo è solo un regalino, qualcosa di leggero scritto un giorno sul treno.
un abbraccio

 

Nancy Boy
 


Santiago era corso in bagno appena ne aveva avuto l’occasione, e si era sciacquato il viso con acqua ghiacciata sperando che un po’ di acqua avrebbe potuto spazzar via il rossore dalle sue guance.
Probabilmente non si era mai vergognato così tanto in tutta la sua vita.
Non era stato così tanto imbarazzato neanche quando aveva riunito i suoi quattro amici più fidati e con il cuore in mano e l’orgoglio giù per la gola gli aveva confidato, finalmente, di essere omosessuale.
Nessuno l’avrebbe mai potuto immaginare, perché, da un punto di vista puramente superficiale non era una cosa visibile: era alto e robusto, con delle spalle grandi, fisico possente per la boxe e barba incolta, spesso lasciata crescere molto lunga. Aveva preso la carnagione scura e l’avvenenza da sua madre, una bellissima donna brasiliana, e gli occhi verdi smeraldo da suo padre, un chiarissimo americano nato sulle montagne. Era di un cinismo senza eguali e capiva di moda quanto avrebbe potuto capirne di fisica nucleare.
Il passo successivo, comunque, era stato quello di far conoscere il suo ragazzo agli amici: Terry e Iolanda avevano chiesto immediatamente se si fosse trovato un fidanzato, e lui non aveva mentito.
Bruce e Michael erano stati più restii essendo stati loro quelli più colpiti dall’intera situazione, ma non si erano certo tirati indietro quando era stata organizzata quella serata per fare le debite presentazioni.
Naturalmente Santiago era stato molto nervoso e preoccupato non lo era stato solo per quell’intero giorno, ma per l'intera settimana precedente l’incontro.
Vincent gli piaceva. Gli piaceva talmente tanto che aveva sorvolato su tutti i suoi difetti e tutte le sue particolarità, pensando che lui fosse quello giusto, finalmente.
Ma chiuso in quel bagno, in quel momento, avrebbe tanto voluto una macchina del tempo per tornare indietro ed impedire al se stesso di una settimana prima di organizzare quella maledetta serata.
Capì ben presto che non sarebbe potuto rimanere nascosto ancora per molto nel bagno angusto di un locale strapieno di gente, con uomini che facevano avanti ed indietro tra la toilette e i lavandini, lanciandogli sguardi strani prima di uscire dal bagno facendo dondolare costantemente la porta.
Quindi fece un lungo respiro e tornò nella sala dove il chiasso delle chiacchiere si mischiava con quella della musica di sottofondo ma, in fondo, chi voleva prendere in giro? Anche da metri di distanza riusciva a sentire chiaramente la voce di Vincent.
Si avvicinò di qualche passo e vide che la situazione non era cambiata: Vincent era ancora lì e gesticolava, mentre Terry e Iolanda ridevano e rispondevano ai suoi discorsi senza senso. O almeno per lui lo erano.
Tornò a sedersi, silenziosamente, tanto che nessuno si rese conto del suo ritorno tranne Michael che lo guardò particolarmente dubbioso.
Bruce invece lo accolse con un sorriso divertito e si rivolse a lui, spostando addirittura la sedia più vicino per non dover urlare per parlare.
- Beh amico, devo dire che è un tipo molto particolare. – disse, indicando Vincent con un movimento della testa.
È una checca Bruce, dillo pure.
Si, lo era. Santiago probabilmente si stava innamorando di lui, ma doveva ammetterlo: da quando lo aveva conosciuto aveva capito subito il tipo di ragazzo che Vincent era. Se guardando lui nessuno avrebbe detto che fosse omosessuale, lo stesso non poteva succedere con Vincent perché era talmente chiaro da accecare. La sua voce era squillante, i capelli sempre perfettamente in ordine (al contrario dei suoi, che erano lunghi ed un completo disastro) con meshes bionde, pantaloni sempre aderentissimi, frequente uso di shorts durante l’estate, leggere t-shirt coloratissime con scollo a V, odiose borse da uomo portate però in modo davvero poco virile.
Tutto questo, quando li avevano presentati, aveva fatto capire subito a Santiago che Vincent non sarebbe mai stato il suo tipo, anzi, l’esatto contrario.
Ma poi avevano iniziato ad uscire in giro per locali con la stessa combriccola di amici, e si erano trovati a parlare: dopotutto Vincent non era così diverso da lui. Ridevano, si divertivano, erano in sintonia, e tutto questo culminò in un bacio al centro della pista da ballo.
Dio, Santiago odiava quella musica spacca timpani, ma quando Vincent gli aveva chiesto di ballare non aveva saputo dire di no e lo aveva seguito in pista. Avevano ballato, fin troppo attaccati e poi, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, le loro labbra si erano unite ed era stato bello e perfetto.
Così dai due opposti si era arrivati ad essere un coppia.
Ma mai, come in quel momento, Santiago aveva sentito sulla sua pelle tutto quello che Vincent era. Tutto quello che non era stato un problema, ora lo era diventato.
- Si, molto particolare. – sussurrò, imbarazzato, senza sapere cosa dire.
- Alle ragazze è molto simpatico. – intervenne a quel punto Michael.
- Non ne avevo dubbi. – rispose lui.
- Sinceramente Iago, non avrei mai immaginato che sai, un tipo come lui, potesse essere il tuo tipo. – disse Bruce, cercando di scegliere bene le parole per non rischiare di offendere l’amico.
A rispondere fu Mike – Ma che dici? Fino a qualche giorno fa tu non credevi che un Lui potesse essere il suo tipo! – commentò e il ragazzo si trovò ad annuire, dovendo ammettere che aveva perfettamente ragione.
- Neanche io credevo che potesse essere il mio tipo. Ancora non ci posso credere in realtà. – si trovò a dire Santiago.
Bruce gli diede una pacca su una spalla, amichevolmente – Amico, non devi preoccuparti. Per noi non è assolutamente un problema. – disse, ma invece di guardare il suo amico stava guardando attentamente Vincent che ascoltava, con un sorriso sul volto e gli occhi, cerchiati da una leggera linea di kajal, fissi su Iolanda che raccontava una vicenda in modo molto entusiasta.
Poi però, a voce bassa, commentò – Certo che è più femmina di una femmina.-
Iago avrebbe dovuto prendersela, lo sapeva. Avrebbe dovuto difendere il suo fidanzato, e arrabbiarsi con Bruce, che avrebbe dovuto essere uno dei suoi migliori amici e che quei commenti avrebbe dovuto tenerseli per sé, perché a lui non importava. Ma non pensò nulla di tutto questo.
Pensò, invece, che Bruce avesse ragione.
Vincent era più femmina di una femmina.
La serata si concluse troppo velocemente per Vincent che si stava divertendo e troppo poco per Iago che si sentiva ad un passo dal suicidio.
Vincent e le ragazze si salutarono fuori dal locale con un affettuoso abbraccio di arrivederci, mentre con i due ragazzi si limitò ad una stretta di mano che sarebbe potuta sembrare vagamente virile, se non fosse stata per la borsa a tracolla momentaneamente posata sull’avambraccio.
Si misero in macchina e mentre Santiago lo accompagnava a casa Vincent iniziò a commentare la serata, dicendo che le due ragazze gli erano davvero simpaticissime e anche i ragazzi non sembravano male.
Iago, invece, non spiccicò parola per tutto il tragitto.
Solo quando furono vicini a casa sua Vincent si rese conto del suo mutismo selettivo.
- Che hai? – gli chiese infatti – Tutte le tue parole mi stanno riempiendo il cervello – commentò, sarcastico, guardandolo.
Santiago teneva gli occhi fissi davanti a lui, e non fece neanche segno di averlo sentito.
- Holaa?? Mi senti? – allungò una mano e gliela poggiò sulla coscia, per attirare la sua attenzione.
In quel momento arrivarono sotto casa di Vincent e Santiago frenò bruscamente, tanto che il ragazzo venne spinto in avanti e respinto indietro dalla cintura di sicurezza.
- Ehi, ma che ti prende? – esclamò a quel punto, sorpreso e finalmente conscio del fatto che c’era qualche problema.
- Tu davvero non ti sei reso conto di nulla? Dimmelo, ci sei davvero o ci fai? – chiese Iago, girandosi verso di lui con i muscoli del volto contratti.
Vincent aggrottò le sopracciglia – Piccolo, ma di che parli? – chiese, sottovoce, cercando ancora il contatto, ma il ragazzo lo spinse via.
- Non chiamarmi in quel modo, Dio! Riesci a renderti conto di quanto mi hai messo in imbarazzo stasera davanti ai miei amici? –
Il più piccolo raddrizzò la schiena – Io ti ho messo in imbarazzo? In che modo? –
- Essendo così fottutamente checca, Vincent! – esclamò a quel punto Santiago senza potersi trattenere oltre.
Era così nervoso, soprattutto a causa dei commenti dei suoi amici e anche del fatto che invece le ragazze si fossero trovate così bene con lui.
Vincent rimase in silenzio per qualche lungo secondo, con gli occhi scuri fissi in quelli verdi del ragazzo, poi abbassò la testa.
- Mi dispiace. Non me ne sono reso conto. – sussurrò.
Lo sapeva che prima o poi il nodo sarebbe venuto al pettine.
Quando gli avevano presentato Santiago, gli era piaciuto immediatamente. Avrebbe potuto dire che si era trattato di un colpo di fulmine, ma era stato comunque consapevole del fatto che sia come carattere che come personalità erano davvero due mondi differenti, quindi non ci aveva sperato neanche, convincendosi ad avere con Santiago una sana amicizia tra omosessuali.
Ma era stato impossibile e quando il ragazzo aveva ricambiato il suo bacio (non lo avrebbe mai ammesso, ma si, era stato lui ad avvicinarsi in quel modo mentre ballavano), non gli sembrava vero.
Di solito lui non piaceva a tipi come Santiago. Nessuno avrebbe mai detto che Santiago fosse omosessuale, sarebbe benissimo potuto passare per etero, e di solito persone come lui evitavano persone come Vincent come la peste.
Ma non era stato così tra di loro.
Questo aveva dato il coraggio che serviva a Vincent per essere se stesso con la persona di cui si era innamorato, ma quel sogno non sarebbe potuto durare a lungo.
- Non fare quella faccia da cane bastonato, ora…- disse a quel punto Santiago, con voce più bassa.
Ma Vincent non ne aveva la minima intenzione, quindi alzò la testa, fiero e combattivo come sempre – No, non lo faccio. Non starò qui a farmi insultare da te, mio caro. Scusami ancora per averti messo in imbarazzo davanti ai tuoi amici, stai pur certo che non succederà più. – disse, tirando fuori tutto l’orgoglio e l’amor proprio che aveva.
Ci aveva messo anni per venire allo scoperto completamente e trovare il coraggio di essere se stesso, senza preoccuparsi del giudizio degli altri e certamente non si sarebbe fatto spingere di nuovo in un armadio dalla persona che avrebbe dovuto volergli bene in ogni modo.
Si staccò velocemente la cintura di sicurezza, recuperò la sua borsa, ed uscì dalla vettura, chiudendosi la portiera alle spalle sbattendola.
- Vincent, aspetta! – subito dopo Santiago scese dalla macchina e lo raggiunse.
- No, lascia stare. Hai detto esattamente quello che avresti voluto dire. Era ovvio dall’inizio che questa cosa tra di noi non sarebbe mai potuta funzionare. Siamo troppo diversi, e certamente io non ho intenzione di cambiare il mio modo di essere. Ho penato per tutta la mia vita per riuscire ad essere me stesso, e ora ho il diritto di esserlo. – disse, alzando una mano come per tenerlo a debita distanza.
- Non ti ho chiesto questo…- rispose il ragazzo.
Vincent fece una risata sarcastica – È esattamente quello che vuoi che io faccia. Che smetta di essere così terribilmente gay. Lo so, sono stato picchiato più di una volta per questo e se non avessi cambiato città probabilmente ci sarei rimasto secco, ma stavo bene stasera. Ero a mio agio ed era da così tanto tempo che non mi succedeva che mi è venuto spontaneo essere me stesso mentre parlavo con le ragazze. Non l’ho fatto per metterti in imbarazzo, ma soltanto perché sapevo che nessuno mi avrebbe fatto niente e che c’era comunque qualcuno che ci teneva a me, seduto a quel tavolo. Ma mi sbagliavo, come al solito. – cercò nuovamente di dirigersi verso il portone del su palazzo ma Santiago lo fermò ancora una volta, afferrandolo per il braccio.
- No, non è vero. Io ci tengo a te e lo sai benissimo. E solo che…era la prima volta che i miei amici incontravano il mio ragazzo e i loro sguardi, i loro commenti…mi hanno fatto male. – ammise.
- Credi che non abbia sentito? – sussurrò allora Vincent, girandosi verso di lui e puntando gli occhi nei suoi.
- “È più femmina di una femmina.”  “Iago, non pensavo che fosse questo il tuo tipo di ragazzo” . Sono stati questi commenti che ti hanno fatto arrabbiare così tanto con me. Hai paura dei giudizi dei tuoi amici e per questo non hai detto neanche una parola per difendermi. Neanche una. – scandì.
Fece un attimo di pausa, prendendo un respiro profondo.
- Credo che tu non sia ancora pronto per una storia alla luce del sole. O almeno non sei pronto ad una storia con me alla luce del sole. –
Santiago rimase senza più parole, ma lo prese per l’avambraccio perché non voleva che se ne andasse.         – Aspetta…mi dispiace. –
Vincent scosse la testa – Lascia stare. È meglio ora che siamo all’inizio, piuttosto che aspettare che io mi innamori di te. È meglio così. –
- No Vince, io non voglio lasciarti! – esclamò a quel punto Iago.
Il ragazzo si voltò verso di lui completamente e gli prese il viso tra le mani.
- Ascoltami. Non è una cosa a cui ci si abitua, okay? Il fatto di sentirsi costantemente giudicato e fissato. Arriverai anche a sentirti gli occhi addosso di gente che non ci ha neanche notato. Al massimo riesci a distogliere la mente da quel pensiero, credimi, io lo so. E non sono così egoista da mettere te in questa situazione. Pensavo che tu fossi abbastanza forte per fregartene, ma non lo sei. Non prenderlo come un insulto, per favore. Non lo è. È solo un dato di fatto. –
Osservò il suo viso esterrefatto e sorpreso per un secondo, poi si avvicinò e gli posò un bacio all’angolo della bocca. – È stato bello. Ciao. –
Girò i tacchi e aprì il portone, iniziando a salire le scale di corsa sotto gli occhi spalancati di Santiago che si era sentito tirare via tutte le forze dal corpo.
 
E da quella sera non si era più ripreso. Aveva continuato a fare quello che faceva tutti i giorni: andare a lavoro, mangiare, andare in palestra, ma lo faceva per forza di inerzia e dato che da qualche settimana Vincent era diventato parte della sua routine, la sera, quando tornava a casa, gli inviava un messaggio di buonanotte, oppure semplicemente per chiedergli come stava.
Vincent non gli aveva mai risposto.
Quando Terry e Bruce gli chiesero di uscire non ci pensò due volte: inviò il messaggio abituale e si preparò.
Il vero colpo gli arrivò quando tornarono nel locale in cui Vincent aveva conosciuto i suoi amici e quando Iolanda, con tranquillità, gli chiese: - Dov’è Vincent stasera? –
Lui la fissò, ma non la stava guardando realmente, era come se guardasse attraverso di lei aspettandosi che Vincent entrasse dalla porta del pub.
- Lui…noi…- non riuscì a finire la frase e gli occhi di Iolanda si assottigliarono.
- Iago…cosa è successo? – chiese, muovendosi un po’ con il busto verso di lui.
- Lui…mi ha lasciato. – riuscì a rispondere, abbassando lo sguardo sulla bottiglia di Heineken tra le sue mani.
- Cosa?! – esclamò Terry a quel punto, sotto gli occhi spalancati di tutto il tavolo. – Quando è successo? E perché? – iniziò a tartassarlo di domande.
- La sera in cui ve l’ho presentato…- ammise, con rammarico.
- Cosa hai fatto per farti lasciare? – disse allora Bruce, con un mezzo sorriso incredulo.
Santiago alzò lo sguardo su di lui, con le sopracciglia increspate – Cosa ti fa credere che la colpa sia mia? – chiese, piccato.
- Non ho forse ragione? – ribatté l’amico con le sopracciglia sollevate in risposta.
- Beh, si, hai ragione. Ma non avrei mai pensato che mi avrebbe lasciato. Ero…nervoso, quella sera, mi sono comportato da stronzo, ma non potevo immaginare che…- si interruppe, sentendosi lo stomaco contrarre sotto quella consapevolezza.
- Ascolta, non vogliamo sapere cosa hai fatto…- iniziò Terry subito interrotta da Michael.
- Io in realtà vorrei saperlo! –
- Sta zitto, Mike! – lo ribeccò la ragazza, lanciandogli un’ occhiataccia prima di continuare.
- Voglio dire che si vede che ci stai male e visto che sappiamo quanto tu sia maledettamente orgoglioso, devi mandarlo giù e parlargli. Chiedigli scusa in ginocchio, perché uno come lui non puoi fartelo sfuggire così. – disse, annuendo alle sue stesse parole.
- Ho provato a contattarlo, ma lui non risponde ai miei messaggi. – ribatté il ragazzo.
- E allora vai sotto casa sua, costringilo ad ascoltarti! – propose a quel punto Bruce e Santiago non poté credere alle sue parole. Bruce gli stava dando un consiglio su come riconquistare Vincent?
- È tutta colpa vostra! – sbottò allora, guardando Bruce e Michael, che sgranarono gli occhi, sorpresi da tale reazione. – Voi e i vostri commenti sul suo essere troppo femminile! Mi avete messo la pulce nell’orecchio e io non sono riuscito a tenermelo per me. È per questo che lui mi ha lasciato! È convinto del fatto che io voglio che cambi e che mi vergogno di lui! –
Bruce scosse la testa, non potendo credere a quello che il suo amico gli stava recriminando e drizzò la schiena, arrabbiato. – Non puoi dare la colpa a noi per quello che è successo! Dovevamo farci gli affari nostri, è vero, ma non potevamo immaginare che tu te la prendessi in questo modo. Invece di incolpare noi, fatti un esame di coscienza: se è stato così facile per te farti influenzare da dei stupidi commenti, vuol dire che a te da fastidio per davvero, non è stato solo frutto della frustrazione di quella sera! Se Vincent ti ha lasciato è solo colpa tua! – rispose, alzando la voce e Michael era completamente d’accordo con lui.
Santiago distolse lo sguardo sentendosi doppiamente in colpa. – Lo so che è stata colpa mia. Ma voi…siete i miei migliori amici, ci conosciamo da quando eravamo solo dei ragazzini e ci tenevo a quello che pensate di qualsiasi aspetto della mia vita, e quindi anche di Vincent. Non volevo essere umiliato davanti a voi. – disse, sottovoce.
- Non sai quello che stai dicendo, tutto questo è successo solo nella tua testa. A noi piace Vincent, è un bravo ragazzo. – disse Michael.
- Si, è vero. È anche divertente da morire e non so cosa ci trovi in un musone come te! – rincarò la dose Iolanda, con un mezzo sorriso.
- Sono d’accordo. Si, forse ho sbagliato a fare certi commenti, forse è stata la sorpresa di vedere lui al tuo fianco, ma ehi, anche a me sta simpatico quel ragazzino. Nonostante i capelli, e quel maglioncino verde acido che mi ha fatto lo stesso effetto di un pugno in un occhio. – commentò Bruce, divertito.
L’atmosfera si era alleggerita, ma Santiago non si sentiva meglio, anzi. Improvvisamente gli caddero addosso come pietre in una valanga i giorni che aveva lasciato passare senza fare nessun effettivo sforzo per riprendersi Vincent, per costringerlo ad ascoltarlo e a ripensarci.
Non gliene fregava assolutamente niente di quello che pensavano le altre persone, non gli era mai interessato: le uniche persone che prendeva in considerazione erano sedute a quel tavolo e gli stavano dicendo che era stato un’idiota a buttare via tutto per una serata andata male.
- Se hai finito di perdere tempo in stupide elucubrazioni mentali, alzati da quella cazzo di sedia e vai da lui, prima che ti ci porti a calci in culo! – esclamò Michael, dandogli una spinta sul braccio per farlo alzare. Bruce, per aiutare l’amico, tolse la birra dalle mani di Santiago e se la mise vicino. – Questa te la tengo io, amico. Hai di meglio da fare. –
- E non fare il coglione. – aggiunse dopo qualche secondo, mostrandogli il dito indice per sottolineare il concetto.
Si sentiva come se le sue gambe fossero diventate di piombo, perché non riusciva a trovare la forza di alzarsi e di fare quello che doveva fare: andare a parlare con Vincent e sperare che lo riprendesse con sé.
Nella sua testa si iniziò a formare l’immagine del ragazzo che gli chiudeva la porta in faccia dicendogli di non farsi più vedere ma doveva rischiare.
Salutò tutti velocemente, e si diresse verso la macchina, cercando di racimolare più coraggio possibile. Aveva sempre avuto la fobia dei rifiuti: ogni volta che doveva fare il primo passo, in qualsiasi situazione, calcolava le possibilità, in percentuale, di ricevere una risposta positiva o negativa. Se le possibilità di ricevere un rifiuto erano più alte del sessanta percento lasciava perdere fin dall’inizio. Era una sfaccettatura del suo carattere che odiava profondamente, e invidiava persone come Bruce a  cui non importava nulla, si buttava e basta e se andava male ci metteva una pietra sopra senza tanti problemi.
Lui invece non era così. Un rifiuto poteva rimanergli sulla pelle anche per anni.
Ma ora non poteva permettersi di calcolare alcuna percentuale, doveva prendere in prestito il modo di fare di Bruce e provare, con tutte le sue forze, a riprendersi Vincent.
Sapeva comunque che se avesse ricevuto un rifiuto da parte sua non sarebbe stato così facile metterci una pietra sopra, ma se l’era voluta e doveva prenderlo in considerazione.
Improvvisamente realizzò che era sabato sera e sicuramente Vincent non sarebbe stato a casa: prima che si mettessero insieme infatti il ragazzo passava quasi tutti i sabati sera in discoteca, perché quel sabato doveva essere un eccezione?
Nella sua testa suonava quasi come un’ottima scusa per una bella curva ad U per tornarsene a casa, ma si rese conto di quanto fosse patetico e andò avanti.
Fermò la macchina davanti a casa di Vincent e uscì fuori, guardando l’edificio terrorizzato, come se fosse un orribile mostro che non aveva possibilità di sconfiggere. Fece qualche passo esitante e arrivò al citofono e capì che il coraggio che aveva racimolato era bastato giusto per il viaggio dal pub a casa sua.
Sospirò, cercando di calmare il cuore che batteva furiosamente, Dio, doveva darsi una calmata.
Suonò. Senza più pensarci. Ormai aveva fatto trenta, tanto valeva fare trentuno.
Vincent ci mise un po’ a rispondere, e questo aveva avallato, per quei lunghi attimi, l’idea che il ragazzo fosse uscito, ma alla fine rispose: - Chi è? –
- Vincent…sono io. – quando la voce uscì fuori fu quasi una sorpresa per Santiago.
Ci fu un attimo di silenzio, e pensò che gli avrebbe chiuso la comunicazione senza neanche rispondergli, ma poi il ragazzo parlò – Che cosa vuoi? –
- Parlare, solo parlare. Mi fai salire? – rispose.
- Non penso sia una buona idea. Non ho nient’altro da dirti. –
- Facciamo una cosa allora, io parlo e tu mi ascolti. Poi deciderai se mandarmi via. – disse, parlando a bassa voce al microfono del citofono. Si rese conto improvvisamente di quanto avesse bisogno di vederlo, di guardarlo negli occhi.
Ci fu ancora silenzio dall’altra parte.
- Ho già deciso, Iago. Non rendermi la cosa ancora più difficile, per favore. Buonanotte. – disse e Santiago parlò velocemente, prima che avesse la possibilità di chiudere.
- Io non vado da nessuna parte. Rimarrò qui sotto tutta la notte se sarà necessario. Prima o poi dovrai uscire di casa, e anche se arrivasse l’apocalisse, io ti dirò quello che ho da dirti. –
Vincent scoppiò in una piccola risata senza allegria.
- Poi dicono che sono io quello melodrammatico. Buonanotte Iago. – e poi più nulla.
Ma Santiago ci credeva davvero in quello che aveva detto e, determinato, si sedette sui gradini davanti all’ingresso dell’edificio.
E rimase seduto li per quella che sembrò un’eternità, ma forse erano passati solo una decina di minuti o qualcosa di più, quando sentì il rumore del citofono rientrare in funzione e una voce insicura parlare.
- Sei ancora li? –
Si alzò di scattò, in mezzo secondo, e riaccostò la bocca al citofono – Si, certo. Sono qui. – rispose semplicemente, e rimase in attesa.
- Sei un maledetto testardo. –
Santiago accennò un sorriso silenzioso – Avanti, fammi salire. –
Non arrivò risposta, solo il rumore che segnalava che il portone era stato aperto. Lo aprì e fece di corsa le scale, per arrivare dopo pochi secondi sul pianerottolo del terzo piano dove abitava Vincent.
Il ragazzo lo attendeva sulla porta, non completamente aperta, e lo guardava di sottecchi, studiandolo.
Santiago rallentò, camminando e riprendendo fiato, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.
- Credevo di non trovarti, stasera. – disse, senza imporre la sua presenza all’interno dell’appartamento. Voleva che fosse Vincent ad aprirgli la porta e a farlo entrare, cosa che successe pochi secondi dopo.
- Non mi andava di uscire, questa sera. – rispose semplicemente Vincent, aprendo la porta quel poco che bastava per farlo entrare.
- Stai bene? – chiese subito dopo Santiago, vedendo che il ragazzo era in pigiama e il suo viso era stanco e tirato.
- Si, certo, sto bene. Cosa volevi dirmi? Parla, stavo per andare a dormire. –
Santiago abbassò la testa, annuendo – Volevo dirti che mi dispiace. Che sono stato un perfetto idiota. E me l’hanno detto anche gli altri. Quello che ho visto l’altra sera è successo solo nella mia testa, loro ti adorano! Loro sono molto importanti per me, e qualsiasi stupido commento lo prendevo seriamente e per un attimo ho desiderato che tu fossi diverso, che fossi meno te stesso, questo lo ammetto. Ma non è di quel Vincent che mi sono innamorato, mi sono innamorato di te. Quindi, ti prego, dimentichiamo tutto, okay? Sono stato un morto deambulante in questi giorni. Mi sei mancato. – disse, tutto d’un fiato, e le parole vennero fuori così, come un fiume in piena, come se avesse provato e riprovato quel discorso davanti allo specchio per ore.
Vincent rimase in silenzio per quelle che a Santiago sembrarono ore, poi sospirò. – Tu sei assolutamente sicuro di quello che dici, Iago? Te l’ho già detto, le persone avranno sempre da dire su di me, e di conseguenza su di te. Sei pronto a una cosa del genere? Io non posso evitarlo, e non voglio farlo. Io sono così e sono sceso a patti con me stesso molto tempo fa. Ci ho messo del tempo, lacrime e sangue. Tu non sei obbligato a farlo. –
Santiago alzò gli occhi al cielo – Credi che mi senta obbligato a stare con la persona con la quale voglio stare? Farei di tutto per poter cancellare quella maledetta serata e rifare tutto da capo, te lo giuro, qualsiasi cosa, ma non posso. Non mi interessa delle altre persone, voglio stare con te e basta. Ma, per favore, dimmi la verità: non stai approfittando di questa per lasciarmi, non è vero? Se è così devi dirmelo ora. –
- Tu non sai di cosa stai parlando…- rispose Vincent incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo da lui.
- Lo so, sono un maledetto superficiale – ribatté Iago – Ma starò qui a chiederti scusa all’infinito fino a quando non mi perdonerai. Non sapevo neanche io quanto ci tenessi a te e ai tuoi messaggi prima di dormire. In questi giorni sono stato uno schifo senza di te, quindi non ho niente da perdere a stare notte e giorno fuori da questo palazzo ad aspettarti. –
Non credeva a quello che la sua voce stava dicendo, non era mai stato bravo con le parole eppure ora era li, mettendoci tutto se stesso in una dichiarazione d’amore da film romantico.
E Vincent amava i film romantici e non poté fare a meno di sorridere a quelle parole.
- Sei un’idiota. – disse, sottovoce, abbassando lo sguardo.
Non voleva perdonarlo subito, voleva che Santiago penasse un po’ per riaverlo indietro, o magari che ci pensasse ancora alla sua decisione. Voleva che fosse sicuro al cento per cento di quello che diceva, perché non voleva assolutamente riprovare quello che aveva provato in quei giorni.
Santiago non sapeva quanto era stato difficile per lui non rispondere ai suoi messaggi ogni sera.
Scriveva le sue risposte, ma non le inviava mai.
“Come stai?” gli aveva scritto Santiago.
“Uno schifo. Mi manchi” aveva scritto Vincent, ma il messaggio  non era mai stato inviato.
“Buonanotte piccolo” aveva scritto Santiago.
“Buonanotte amore mio” avrebbe voluto dirgli Vincent.
Nonostante i messaggio però, non aveva mai passato una buona notte durante quella settimana. Non riusciva a dormire serenamente. Sopravviveva a sonnellini di pochi minuti, prima di risvegliarsi e tornare a girovagare per casa. Perché era a casa quella sera? Non avrebbe retto fisicamente una nottata in discoteca.
Un contatto lo riscosse dai suoi pensieri.
- A cosa pensi? – chiese Santiago toccandogli una spalla.
- È stata una settimana lunga. Sono stanco. – sussurrò Vincent, sfregandosi gli occhi cerchiati.
- Ti porto a letto, okay? Posso restare? Dormo sul divano, se vuoi. –
Vincent abbozzò un sorriso. – Andiamo a letto, ma sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa. –
- Anche per le coccole? –
- Dio, adesso chi è la checca? -  

 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: SweetPandemonium