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Autore: Hermione Weasley    07/08/2008    1 recensioni
Aveva seguito i suoi passi, fino ad arrivare laggiù, in quel luogo che più di ogni altro l'aveva terrorizzato.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sylar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Random Acts of Kindness.

I am just a simple man
With simple expectations
With deep regrets
They're seldom met
God speed my generation.


Random Acts of Kindness { Robbie Williams }

*


Mancavano ormai pochi passi all'entrata del vecchio edificio che gli stava davanti.
Il ricordo di quegli anni trascorsi nella più buia e tremenda disperazione, gli rammentò che non importa essere adulti per comprendere di essere soli.

Lunghe crepe si aprivano come cicatrici sulla facciata giallognola della scuola. Il quartiere era pulito, ma quel colore, e l'odore di quel posto, riuscivano a dargli la nausea - quasi quell'ammasso di cemento e mattoni emanasse un fetore di carcassa morta ormai in decomposizione.

Rimase immobile, con le mani ben affondate nelle tasche.
Era quasi mezzogiorno di una giornata come tutte le altre. Il tempo newyorkese continuava ad essere terribilmente deludente: la luce grigiastra che opprimeva la città non si conciliava di certo con il più felice e spensierato degli stati d'animo.

Aveva seguito i suoi passi, fino ad arrivare laggiù, in quel luogo che più di ogni altro l'aveva terrorizzato.

Fu come spalancare un armadio che era rimasto sigillato per troppo tempo.
Solo allora si ricordò di essere stato Gabriel Gray, prima di diventare Sylar.
Solo allora tutte le sue più vaghe rimembranze - fantasmi evanescenti di una vita lontana e dimenticata - trovarono un riscontro concreto e tangibile.

Gli occhi dell'edificio lo fissavano socchiusi, come fosse stato assonnato e stanco.
Un mostro assopito nella sua gabbia di cemento.

Ricordò i panini che sua madre gli preparava per pranzo e che sistemava ogni mattina nella sua cassettina blu. Virginia ci aveva messo anche un crocifisso, là dentro, ma Gabriel lo nascondeva nel doppio fondo del contenitore non appena uscito di casa, per poi rimetterlo al suo posto - in bella vista -, quando ritornava, circa cinque ore dopo.
Sapeva che se sua madre si fosse accorta di quella mancanza, lo avrebbe rimproverato per un quarto d'ora buono, redarguendolo riguardo Dio, gli angeli, i Vangeli, e la terribile punizione che attendeva gli infedeli.

Ricordò il tragitto che doveva compiere fino alla fermata dell'autobus, dove arrivava sempre con straordinaria puntualità.

Ricordò quei dieci minuti d'inferno che lo separavano dalla scuola, quelli in cui era costretto a rimanere in piedi perché Johnson l'avrebbe preso per gli orecchi e tirato via da qualsiasi posto avesse osato occupare.

Ricordò Thomas Johnson che aveva la sua età, un eterno grugnito sulla faccia e il doppio del suo peso.

Ricordò Dwayne, Nicholas, James e Oliver che restavano in disparte, spalleggiando Tom, prendendo in giro Gabriel fino alla nausea, schernendolo e scatenando le risa dei presenti.

Ricordò Cassie Holmes, che veniva dal Devonshire, in Inghilterra, che era l'unica a rimanere in silenzio, restando seduta al suo posto, con quelle sue trecce rosse, il volto cosparso di lentiggini, e l'espressione di disappunto che diventava sempre compassione non appena Gabriel incontrava il suo sguardo.

Ricordò come si fosse offerta di trascorrere le ricreazioni con lui, come fosse stato felice della proposta, di come sua madre gli avesse urlato contro che quella era la figlia del demonio.

Ricordò come avesse pensato che non c'era niente di sbagliato nell'aspetto di Cassie Holmes. Aveva i capelli rossi, ma i lineamenti erano dolci, e gli occhi gentili.

Ricordò di averla mandata via, sforzandosi di ignorarla per i corridoi, per paura di disobbedire a sua madre, per paura di illudere se stesso. Sapeva che una delusione del genere avrebbe bruciato come sale su una ferita aperta. Sapeva anche che quella ferita non si sarebbe più rimarginata.

Ricordò le botte, gli occhi neri, le matite spezzate, i pranzi rubati con la forza, gli strattoni e le spinte nel cortile.

Ricordò tutte le lacrime che aveva pianto quando, all'uscita, tutti se ne andavano al parco a gruppetti, e lui deviava dalla parte opposta, tornando a casa in totale solitudine.

Il suono squillante della campanella lo risvegliò bruscamente dai suoi pensieri.
Fece per andarsene, ma un'onda improvvisa di ragazzini urlanti si riversò fuori da quella che era stata la sua scuola - la sua tortura -, investendolo in pieno.

Rimase immobile, seguendo distrattamente la scia di piccoli grembiuli azzurri e rosa che si disperdeva lungo la via, incontrando genitori, parenti ed amici, tutti con i loro bei sorrisi stampati sulla faccia.

Ignorò la sensazione al petto e il sapore amaro che gli riempì la bocca.

Era rimasto solo un ragazzino con due grandi occhiali rotti sul naso e l'espressione persa, fermo accanto al cancello intento a controllare i danni inferti al suo povero zainetto distrutto dal bulletto di turno.

Gli sembrò sul punto di piangere.

Lo raggiunse lentamente, senza nemmeno fermarglisi di fianco.
Gli poggiò una mano sulla piccola spalla ossuta, e voltò il capo rivolgendogli un largo sorriso.

Si allontanò subito dopo, senza aggiungere nient'altro.

Il bimbo non osò muovere un muscolo, e il sorriso di risposta venne rivolto al vuoto perché Gabriel Gray era già scomparso.

  
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