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Autore: Emo pumpkin    06/06/2014    1 recensioni
tra banchi di scuola e libri di greco si trova l'amore. un amore inaspettato, nuovo, forte e puro. un amore che si basa su un'amicizia che dura da anni. ma uscire dalla "friendzone" può essere rischioso e doloroso. e se non si viene ricambiati? amore o amicizia? Niccolò non lo sa ancora...
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Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Questa storia è dedicata
Interamente alla Cesco
 che mi ha aiutata a scriverla
e senza la quale probabilmente
queste parole sarebbero chiuse
in un quaderno, incomplete.
Questa è solo per te tesoro,
per ringraziarti di questi due anni
di scuola passati insieme
Sofia
 
 
 
il miglior giorno della mia vita
 
mi guardo allo specchio del bagno con aria confusa, e non è la solita aria di uno che si sveglia alle sei e mezza di lunedì mattina per andare a scuola, no, io sono proprio confuso.
E vabbè, direte voi, hai diciotto anni, è normale.
E invece no! Non è normale essere confusi, non per me, ho sempre avuto le idee chiare su cosa volevo fare della mia vita, sin dalle elementari sapevo che avrei fatto il liceo classico e che sarei diventato avvocato. Ma non  è questo il vero motivo della mia confusione.
“stai calmo Niccolò” mi ripeto mentalmente. “è solo una cosa passeggera”
Be, chiamare cosa passeggera i dubbi sulla mia identità sessuale forse è un po’riduttivo, anche perché questi dubbi continuano da almeno due mesi, ovvero da quando, facendo due calcoli, il mio migliore amico Nicola sta con Marina.
Come ogni volta che provo a mettere ordine su questa cosa, i miei pensieri sfociano inevitabilmente a lui.
Lui, Nicola, il mio migliore amico dalla prima superiore, inseparabili e sempre vicini, lui l’intelligente e responsabile, io il rompipalle istintivo che non pensa prima di parlare. Io Achille, lui Patroclo… no! Esempio sbagliatissimo, tutti sanno che quei due stavano insieme. Io Alessandro Magno, lui Efestione… sbagliato anche questo.
Eppure siamo così, lui che mi protegge sempre, in ogni situazione assurda in cui mi caccio, mi ha parato il culo anche quella volta che sono stato quasi sospeso.
Inclino la testa da un lato, perché alle parole “parare il culo” mi sono immaginato le mie mani sul suo sedere?!
Mi sciacquo il viso per quella che sarà l’ennesima volta e torno in camera a cambiarmi.
Il telefono sul comodino vibra, un messaggio. “vedi di ricordarti il vocabolari di greco”
Sorrido inconsapevolmente: Nicola, chi se non lui potrebbe essere così tremendamente premuroso e dolce e sexy…
-BASTA NICCOLO’!- esclamo ad alta voce.
Sbatto ripetute volte la testa contro il muro. però per essere bello è bello… ha i lineamenti dolci, gli occhi color cioccolato, non è molto muscoloso e non ha le spalle magre, anzi  è piuttosto magro, e poi ha un bel fondoschiena… tiro un’altra testata al muro prima di prendere dall’armadio i jeans chiari e la felpa blu senza cerniera, la mia preferita.
Esco di casa giocherellando con le chiavi e in meno di dieci minuti arrivo a scuola, metà classe è seduta sui gradini dell’ingresso, Nicola compreso, che con le cuffiette sta studiando non so cosa. Come al solito mi siedo accanto a lui, porgendogli la sigaretta che stavo fumando, lui la prende senza staccare gli occhi dal libro e, dopo essersela portata alle labbra, mi passa una cuffietta.
Quello è un rito quotidiano, senza la condivisione della sigaretta e della musica la giornata non comincia.
-Che stai studiando?- domando quando lui soffia il fumo dalla bocca.
In tutta risposta alza il libro mostrandomi la copertina: letteratura inglese, Oscar Wilde.
-C’è interrogazione- dice.
Sgrano gli occhi.
-Te l’avevo scritto ieri- continua serafico.
-Ma… ma… e che cazzo faccio io adesso?- domando.
Nicola alza gli occhi dal libro come se nulla fosse e li fissa nei miei, cioccolato nel ghiaccio. “da quando sono così poetico?” mi chiedo.
-Puoi sempre studiare alla terza ora che abbiamo supplenza-
Faccio una smorfia –non tutti sono dei geni come te- sbotto.
Lui invece sorride –Lo saresti, invece, se solo usassi quello che hai qui dentro- dice picchiettandomi una tempia con il dito.
In quel momento suona la campanella, mi affretto a spegnere la sigaretta sotto la scarpa mentre Nicola arrotola le cuffiette attorno al telefono.
Lo seguo fin dentro in classe dove i banchi sono già separati per la versione. Sospiro sedendomi sedendomi vicino alla finestra mentre lui si siede sulla fila accanto alla mia solo di un posto più avanti.
La prof entra sbattendo il registro sulla cattedra e subito cala il silenzio.
La scheda con le quindici righe di versione arriva fino a me, la guardo e strabuzzo gli occhi imprecando mentalmente “che cazzo è sta cosa?!”
Con calma, una cosa alla volta, prima i verbi…
Un quarto d’ora di analisi dopo sono allo stesso punto, apro il vocabolario con un sospiro.
 
Al suono della prima campanella sono circa a metà versione, uno schifo in piche parole visto che ho anche saltato un paio di frasi.
Ma non è mica colpa mia se Nicola continua a distrarmi, la mano sinistra appoggiata sul retro del collo, mentre la destra scorre sulla pagina del vocabolario e poi continua a mordicchiarsi le labbra.
Il mio primo istinto sarebbe quello di alzarmi e baciarlo ma mi impongo di restare seduto.
“io non posso essere gay” penso.
Hai appena immaginato di baciare il tuo migliore amico, più gay di così si muore! Urla una vocina nella mia testa.
E intanto è passato un altro quarto d’ora.
Ehy! Si è girato verso di te! Fingi che non lo stavi guardando!
-Tutto bene?- mima Nicola con le labbra.
Scuoto la testa, non so se riferisca alla versione o al mio stato d’animo.
-Aspetta cinque minuti-
Inarco le sopracciglia mentre lui si gira e inizia a scrivere velocissimo sul foglio della bella copia.
Sorrido, affondando il viso nel dizionario. No, non può essere, non lo sta facendo davvero…
-Posso il tuo vocabolario?- mi domanda Nicola.
Sorrido mentre glielo passo.
-Che succede lì in fondo?- chiede la prof.
-No, niente prof, solo che lui ha un vocabolario diverso e volevo vedere se c’era un significato…-
Lei annuisce tornando a leggere il suo libro.
Cinque minuti dopo, giusto per fingere che Nicola stesse cercando davvero un parola, il vocabolario mi torna indietro, tra la copertina e la prima pagina c’è la sua brutta copia della versione.
-Grazie- mimo con le labbra.
Lui sorride e mi fa l’occhiolino.
Dio santo! Ditemi se non è perfetto?! No, io uno così non me lo merito.
Ricopio quella versione aggiungendo quegli errori che mi consentiranno di arrivare al mio più che amato sei e mezzo e sono a posto. Al termine dell’ora consegno e torno al mio posto con un sorriso perfetto a trentadue denti.
-Cosa faresti senza di me?- chiede Nicola sistemando il banco.
-Probabilmente morirei- rispondo intrecciando le dita dietro alla nuca.
Lui fa una smorfia divertita mentre si mette in bocca una caramella.
-Ne hai un’altra?- domando bisognoso di zuccheri.
Nicola scuote la testa –Era l’ultima-
Ci immagino a mangiare insieme quella caramella, direttamente dalla sua bocca…
Sbatto la fronte sul banco: basta film mentali!!!
Lui è il tuo migliore amico, è fidanzato e rovineresti tutto.
Però sarebbe bello.
Rischi di mandare tutto a puttane!
Basta, in ricreazione glielo dico.
Intanto il supplente entra in classe e Nicola mi piazza davanti il libro di inglese.
-Studia- mi intima.
Sbuffo fingendomi scocciato, ma in realtà adoro quando si comporta da mamma chioccia con me.
 
Ma anche adesso non riesco a concludere nulla, Nicola continua a distrarmi, anche se non fa nulla di diverso dal solito, risolve un paio di equazioni, scribacchia sul diario, disegna sul mio banco perché il suo deve restare ovviamente immacolato, manda un paio di messaggi…
Mi incanto a guardarlo, a immaginare cosa dirgli, a farmi pippe mentali su cosa potrebbe succedere tra me e lui, e la ricreazione mi coglie totalmente impreparato tanto che faccio un salto sulla sedia quando sento lo squillo della campanella.
-Cosa faccio con inglese?- domando mentre ci accodiamo alla fila per il caffè.
Lui si pensa su per un paio di secondi poi mi risponde –Fingi di stare male. Sai com’è, inverno, principio d’influenza, faccia da malato, un bel “prof non mi sento bene” e puoi finire fuori dalla classe in meno di u secondo-
Ci rifletto mentre usciamo nel giardino laterale dove mi intrufolo sempre per fumare quando non posso stare all’ingresso sugli scalini che danno sul marciapiede.
-È  un  piano malefico- sogghigno.
-Ma funziona, fidati-
-E poi sono io quello che non ha voglia di studiare, eh?- lo prendo in giro.
Lui nasconde un sorriso nel bicchierino di plastica mentre si siede sul muretto basso allungando le gambe sul cemento.
Qui tutte le me certezze vacillano, non posso dirglielo, non posso proprio. Che figura ci farei? Sono stato stupido anche solo a immaginare che tra noi potesse accadere qualcosa. Però mi sono stancato di essergli soltanto amico, invidio Marina, lei può averlo per sé in ogni momento senza bisogno di scuse.
Mi fingo occupato girandomi una sigaretta, lecco il bordo della cartina fregandomene del divieto di fumare nella scuola. Poi però non trovo l’accendino, cerco in tutte le tasche del giubbotto senza risultato. Nicola si allunga verso di me e mi infila due dita nella tasca destra dei jeans tirando fuori l’accendino nero.
Fingo di rabbrividire per il freddo e non per il contatto della sua mano sulla coscia.
-Che hai oggi?- chiede.
Scrollo le spalle –Sonno- mento. –Senti, oggi puoi venire a casa mia? Dovresti aiutarmi in fisica- meglio cambiare discorso.
Lui ci pensa passandosi una mano tra i capelli e guardando il cielo grigio cenere sopra di noi.
“Ti prego, fa’ che non abbia programmi! Ti prego!”
-Okay, però cucini tu, sai benissimo che sono incapace-
Sorrido soffiandogli il fumo sul viso.
Passiamo la ricreazione così, come sempre, mentre io mi maledico mentalmente.
Entro in classe e subito metto su la mia aria da cane bastonato e tanto per fare scena mi tengo addosso anche il giubbotto; la prof è sempre iperagitata e si preoccupa per niente, prima che inizia a spiegare alzo la mano –Posso andare al bagno?-
Lei salta su come una molla –Stai male?-
Annuisco –Ho un po’di nausea, penso di avere l’influenza-
Lei annuisce, tutta seria –Allora vai, Nicola accompagnalo che è meglio. E prendigli qualcosa di caldo per sistemargli lo stomaco-
Lui si alza e mi segue in bagno.
-Mi merito un Oscar- dico appoggiandomi al termo con un espressione soddisfatta.
-Un Oscar, esagerato, te la sei cavata, ecco tutto. Io ho fatto di meglio. L’anno scorso mi hanno anche fatto chiamare a casa…-
Me lo ricordo, sembrava stesse male davvero –Stavi recitando?-
Nicola annuisce mentre si sistema i capelli allo specchio, certe volte è anche più vanitoso di me.
-Bene, vado alle macchinette, sarai più credibile se torni bevendo qualcosa. Mocaccino, sì, lo so- mi anticipa uscendo.
Mi passo le mani tra i capelli spettinandoli, non ce la posso fare, tra poco gli salto addosso.
 
E invece no, è l’una e io mi sono comportato bene, non gli ho fatto capire niente del casino che ho dentro, o forse lui ha capito qualcosa perché ogni tanto mi guardava strano, ma non mi ha chiesto niente, sa come sono fatto, sa che se devo dirgli qualcosa lui non deve chiedere niente e aspettare che sia io a fare il primo passo.
Appena suona la campanella usciamo e andiamo verso casa mia, camminiamo uno accanto all’altro, spalla contro spalla.
Quanto sarebbe bello prenderlo per mano.
NO!
Smettila di negare l’evidenza, sei gay e sei innamorato del tuo migliore amico.
Sì, CHE NON MI GUARDERA’ MAI IN QUEL MODO!
Bene, adesso ho anche le voci nella testa che litigano.
Arriviamo all’appartamento e apro la porta lanciando il piumino nero sull’attaccapanni.
-Pasta?- domando entrando in cucina.
-Okay-
Metto l’acqua sul fuoco e il sugo in una pentola mentre prendo la confezione della pasta da una mensola.
-Ma tu cosa mangi se non ci sono i tuoi a casa?- gli chiedo mentre preparo la tavola.
Nicola si siede su uno degli sgabelli alti del bancone strisciando la punta delle scarpe su pavimento in marmo. –Sono sopravissuto un paio di mesi con i panini e adesso mangio surgelati cotti al microonde-
Scuoto la testa trattenendo un sorriso.
-Be’, non tutti possono essere degli chef come te- si giustifica.
Quando l’acqua bolle butto dentro la pasta e metto lo scolapasta nel lavandino.
-Domani interroga in chimica, vero?- domando tanto per rompere il silenzio.
-Mmm…- fa lui mentre assaggia il sugo con il mestolo di legno.
Dieci minuti dopo la pasta è sui piatti e stiamo mangiando, le ginocchia che si scontrano sotto al bancone, cerco di ignorare questo dettaglio anche perché non posso diventare rosso come un peperone davanti a lui.
-Vuoi qualcos’altro?- gli domando quando ha finito di mangiare.
-Se hai la Nutella giuro che i trasferisco qui-
Sorrido, andando a prendere il barattolo dalla porticina sopra al frigo, glielo passo e sorrido vedendo i suoi occhi illuminarsi come quelli di un bambino.
-Che c’è?- sbotta. –Mio padre ha il diabete, queste cose in casa mia sono scomparse-
Gli lancio anche un cucchiaino continuando a ridere mentre inizio a preparare.
-Vuoi una mano?- domanda comparendo al mio fianco con in mano i bicchieri.
Faccio per dirgli di no quando mi accorgo che sul labbro superiore ha un po’di Nutella.
Déi del cielo! Questa è una congiura!
Come se qualcuno mi spingesse, mi avvicino a lui e lo bacio, le mani posate sui lati del suo viso.
Lui rimane immobile mentre muovo le mie labbra sulle sue, ma con mia grande sorpresa ricambia subito il bacio, inutile dire che è il bacio migliore della mia vita.
Mi allontano di colpo da lui e gli volto le spalle tornando a preparare la tavola. Cazzo cazzo cazzo!
Sobbalzo sentendolo abbracciarmi da dietro.
-Te l’ho mai detto che trovo i ragazzi che sanno cucinare molto sexy?- chiede sfregando la punta del naso sul mio collo.
Rimango di sasso mentre mi lascia un bacio dietro l’orecchio e una scarica elettrica mi attraversa il corpo, le sue braccia mi stringono la vita e io non riesco a muovere un dito.
-Quindi tu sei…?-
-Gay? Sì, non si vede?-
-E non sei arrabbiato con me?-
-NO! Perché dovrei?-
-E Marina?-
-L’ho lasciata. Niccolò che hai?-
Mi appoggio con i fianchi al lavello e lo fisso negli occhi mentre lui inclina appena la testa verso sinistra con aria confusa.
-Quindi tu sei gay- ricapitolo.
-E innamorato di te dalla prima superiore, esatto- continua lui per completare la mia frase.
Mi pizzico il braccio solo per assicurarmi che tutto questo sia reale e non un bel sogno costruito ad arte dalla mia mente. Sento il dolore, sì, è tutto vero. Tutto molto vero.
-Stai bene?-
Annuisco mentre un sorriso ebete mi stira le labbra.
-Hai bisogno che ti dica che non è tutto un sogno, vero?-
Annuisco ancora mordendomi il labbro inferiore, Nicola sospira e si avvicina a me, lo prendo per i fianchi, tirandolo verso di me per i passanti dei jeans.
Le nostre labbra combaciano perfettamente ma prima che approfondire quel bacio lui si stacca facendo leva sulle mie spalle. Lo guardo spaesato ma lui sorride, dolce come non mai. –Fai fare a me per una volta, okay?- sussurra a poca distanza dal mio orecchio.
Rimango in silenzio mentre lui inizia a baciarmi il lobo dell’orecchio per poi passare alla mascella, lungo tutto il contorno del viso fino al mento. È lento, tremendamente lento, e glielo faccio notare stringendo la presa sui suoi fianchi, lo sento sorridere sulla mia pelle ma non è intenzionato a velocizzare il ritmo, anzi, sembra quasi rallentarlo. Sbuffo quando posa le labbra sulla punta del mio naso per poi spostarle all’angolo della bocca, quando finalmente appoggia le labbra sulle mie non mi bacia subito, ma inizia ad accarezzarle piano, come per accarezzarle.
Nicola alza lo sguardo sul mio viso e i nostri occhi si incontrano, vi legge tutta la mia impazienza e sorride, catturando tra i denti il mio labbro inferiore.
Finalmente il bacio diventa degno di questo nome e con una delicatezza che solo lui possiede mi apre piano le labbra con le sue, chiudo gli occhi quando la sua lingua sfiora la mia, stuzzicandola.
Decido di prendere il comando e con un colpo di reni lo faccio finire addosso al lavello, schiacciato tra il mio corpo e il mobile.
Penso che si diverta a torturarmi perché smette di baciarmi e inizia a mordermi il collo, alternando ai morsi anche dei baci umidi, mi lascio sfuggire un gemito mentre stringo le mani sui suoi fianchi coperti dalla lana morbida del maglione.
-Divano?- propone, alzando appena gli occhi per guardarmi in viso.
-Non so, io sto bene qui- scherzo, lo schiaccio ancora di più addosso al mobile.
Sorrido e lo sollevo per le cosce facendolo sedere sul ripiano in marmo, gli faccio allargare le gambe per poi mettermici in mezzo. Le sue braccia si stringono attorno al mio collo per portarmi più vicino a lui.
Il solo baciarlo non mi basta più, lo voglio, lui e nessun altro. Stringo la presa sulle sue cosce, quei jeans che mi sembrano di troppo, salgo con le mani fino a stringergli il sedere e un suo sospiro si infrange sulle mie labbra.
-Niccolò!- esala stringendomi convulsamente le spalle.
Nicola reclina la testa all’indietro nel momento in cui gli sfioro l’interno della coscia, stringe le gambe attorno al mio bacino facendolo entrare in contatto con il suo; sento il mio respiro accelerare. Lo sollevo dal ripiano e a pochi centimetri dalle sue labbra sussurro: -Dicono-
Lui ridacchia mentre con la punta delle dita mi accarezza i capelli sulla nuca. –Lo sapevo, non cambierai mai- dice.
Il suo tono orgasmico mi eccita all’inverosimile, tanto che non appena arriviamo al divano ad angolo del salotto lo lascio non molto delicatamente tra i cuscini, mi distendo su di lui e gli alzo il maglione per baciargli l’addome piatto.
-Niccolò sei malvagio- esala mentre scendo molto piano a baciargli la zona appena sopra l’ombelico lasciando scie umide sulla sua pelle già accaldata.
Arrivo all’ombelico e ne disegno i contorni con la punta della lingua, tengo gli occhi fissi sul suo viso e vedo il piacere che riempie i  suoi occhi.
Sul mio petto, all’altezza dello sterno, preme la sua evidente erezione che i jeans attillati non nascondono e sono incapaci di contenere; sembra vestito a posta per eccitarmi, i pantaloni infatti sono strettissimi sulle sue gambe e non hanno un solo bottone, bensì tre e non hanno la zip. Sorrido mentre li sbottono tutti quanti con una lentezza estenuante, continuo a torturarlo sull’ombelico. Esito appena un secondo in più sull’ultimo ma poi scendo a baciare la pelle appena sopra l’elastico dei suoi boxer blu.
-Niccolò- dice con un tono che sa di preghiera.
Io resto immobile a respirare sulla sua pelle continuando a guardarlo. –Dimmelo- lo prego a mia volta lasciandogli un piccolo morso. –Cosa vuoi?-
-Te… voglio te. Ora- la sua voce, arrochita dal desiderio, è sexy ed irresistibile.
-Mmm…- mugugno. Abbasso un po’ quella stoffa che inizia veramente a essere un intralcio e lascio un bacio su quella pelle ora scoperta.
Nicola, impaziente, inarca la schiena avvicinando il bacino alla mia bocca.
Mi fermo insicuro: è la prima volta, non che lo faccio, no, è la mia prima volta con lui, un ragazzo, evidentemente maschio. Lui si accorge della mia incertezza e dice: -Niccolò, tutto bene?-
Mi fa risalire fino al suo viso e mi ritrovo sotto di lui, il cuore a mille che batte contro le costole fin quasi a far male, non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi: -No… Io…_ tentenno. –Non sono mai stato con un ragazzo-
Lui sorride e mi lascia un bacio lievissimo sulle labbra. –Shh, tranquillo- mi accarezza i capelli sostenendosi con il braccio. –So come ci si sente-
Scende verso il mio collo e il suo respiro sulla pelle mi fa venire i brividi, la sua bocca scende dal mio collo fino alle clavicole, lasciate in parte scoperte dallo scollo a v della felpa. I baci che mi lascia sembrano rimanere impressi a fuoco sulla mia pelle, sento la sua lingua tracciare i contorno delle ossa.
-Rilassati-
E fa partire un’ altra scia di baci fino al mio viso, si sofferma appena un po’ di più sulle labbra e poi di nuovo giù lungo il collo.
Si ferma e si stacca lievemente da me, quel tanto che gli consente di spostare le mani dai miei capelli, con cui ha continuato a giocare per tutto il tempo, ai lembi della mia felpa per sfilarmela.
Per aiutarlo, faccio leva sui miei addominali e così mi ritrovo con lui a cavalcioni, i miei fianchi imprigionati tra le sue ginocchia; come mi sfila la maglietta guarda con bramosia il mio petto e sfiora con le labbra il piccolo neo scuro che ho sulla spalla sinistra.
Velocemente gli sfilo dalla testa il maglione e mi lascio sfuggire un verso di disappunto dalle labbra: sotto porta una camicia di jeans. Lui sorride della mia espressione alla vista di quel capo d’abbigliamento totalmente superfluo, ridacchia e chiudendo il mio viso nella dolce stretta che sono le sue mani mi bacia.
Le mie mani scivolano sui bottoncini della camicia e in punta di dita accarezzo il suo petto poco muscoloso.
-Non mi rompo sai- scherza sulla mia delicatezza nel sfiorarlo.
Avvampo abbassando di nuovo lo sguardo sui bottoni della sua camicia, solo lui riesce a farmi arrossire in questo modo e se n’è accorto perché sta sorridendo tenendo la punta della lingua tra i denti.
Quando anche l’ultimo bottoncino ha lasciato la sua asola, con le mani scendo all’elastico dei suoi boxer per attirarlo più vicino a me, torno così di nuovo disteso di schiena sul divano, il bacino serrato dalle sue gambe. Prima di staccarsi del tutto da me mi morde il labbro inferiore facendomi così uscire dalla bocca un semi ringhio di piacere.
Con un’altra scia di baci incandescenti scende fino al mio bacino, abbassa la zip dei miei pantaloni e mi libera da quell’intralcio, lasciandomi così coperto solo dalla stoffa nera e gonfia dei boxer.
-Rilassati- sussurra, continua a baciare la pelle sotto l’ombelico mentre con le dita sfiora l’interno delle mie cosce.
Qui ci starebbe bene una battuta sarcastica, insomma, come faccio a rilassarmi con lui che sta in mezzo alle mie gambe, a stuzzicarmi con quelle dita perfette e con quella bocca altrettanto perfetta? Ma sono troppo occupato ad ansimare per emettere qualsiasi suono comprensibile all’orecchio umano.
Sento le sue labbra proprio sulla mia pelle e poi, lentamente, sento anche la sua lingua.
Sapevo che con lui non avrei potuto resistere più di dieci secondi, così quando sento le sue mani stringermi le natiche per enfatizzare il movimento della sua bocca, afferro e stritolo in maniera convulsa il cuscino accanto alla mia testa.
Quando sono sull’orlo dell’orgasmo con il respiro accelerato e il cuore a mille, gli sfioro la pelle morbida e appena sudata della nuca e dico: -Nicola…- non sono mai stato uno di quegli stronzi che non avvisano; ma lui non si muove e, stringendomi maggiormente, misura con estrema attenzione tutti gli affondi.
Questo suo gesto mi sorprende tanto che inconsciamente intreccio le dita tra i suoi capelli.
Quando gli vengo in bocca inarco la schiena facendo affondare la testa nel cuscino mentre un “ah!” esalato mi sfugge dalle labbra insieme a un gemito che assomiglia terribilmente al suo nome.
Come se non bastasse lo vedo deglutire e mi si secca la bocca, lo guardo con gli occhi spalancati prima di intrecciare le nostre dita. Lui sorride e prende un fazzoletto dal piccolo tavolino acanto al divano, si pulisce le labbra e poi si distende su di me appoggiando il mento sul mio torace tremante. Il suo respiro dà il ritmo al mio e con la mano libera accarezzo i suoi capelli setosi mentre lui traccia linee immaginarie sui miei fianchi.
Inarco un sopracciglio quando sento qualcosa di grosso e duro premere contro il mio interno coscia.
-Non importa… se vuoi faccio da me. Se non te la senti…- dice, nascondendo malamente il desiderio.
Sorrido facendolo rotolare di lato per finire sopra di lui. –Non capisco perché tu sia ancora vestito- sbuffo. Faccio scivolare via dalle sue spalle la camicia di jeans che avevo solamente sbottonato e la lascio cadere sui miei vestiti. Sposto le mani sulla sua schiena e infine al bordo dei jeans, mi soffermo un po’ di più sul sedere per poi sfilarglieli.
Inutile dire che ho sviluppato una vera e propria adorazione per il suo fondoschiena sodo e perfetto e che negli ultimi due mesi ho più volte desiderato palpare.
Infilo la mano tra i nostri corpi a contatto e intrufolo le dita sotto il tessuto elastico dei suoi boxer, lo sento rabbrividire per come io prendo in mano la “situazione”.
-Credo che d’ora in poi non farai mai più da te, tesoro- dico in un lievissimo sussurro a poca distanza dalle sue labbra.
Annullo la distanza tra di noi con un bacio mente muovo la mano molto lentamente tra le sue gambe.
-Niccolò!- geme e le sue mani mi afferrano la schiena mentre torna a mordermi le labbra. Ma non è questo e nemmeno le sue unghie corte che lasciano piccoli solchi a mezzaluna sulle mie scapole a farmi eccitare quanto i suoi sospiri e i gemiti che si infrangono sulle mie labbra dopo aver lasciato la sua bocca.
Sposto il viso sul suo collo per fargli un succhiotto, e lui, capite le mie intenzioni, reclina la testa all’indietro lasciando il suo collo scoperto, trovo il punto dove la vena pulsa e inizio a succhiare quella piccola porzione di pelle.  Ma a metà del mio splendido lavoro rallento il ritmo del polso e gli dico in un orecchio. –Non puoi evitare di essere così tentatore?-
Lui mugugna e sposta le mani sulla mia nuca spingendomi verso il basso per tornare a dedicarmi al suo collo. Come appoggio le labbra sulla sua pelle lui dice con estrema difficoltà. –Sei… sei tu che mi stai facendo morire-
Con un ghigno gli lascio un bacio sul punto rosso che è sbocciato sulla sua pelle  e velocizzo le torsioni del polso. Nicola nasconde il viso nell’incavo tra la mia spalla e il mio collo mentre si libera dell’orgasmo più sensuale del mondo, con una mano stringe una spalla e l’altre si stringe a pugno sul mio petto.
Abbasso appena lo sguardo per poterlo guardare, ha gli occhi chiusi, il respiro affannato e il labbro inferiore catturato fra i denti, gli stampo un bacio sulle labbra e poi prendo un paio di fazzoletti per pulire la mia mano e la sua pancia. Mi accoccolo tra le sue braccia con l’orecchio appoggiato al suo petto in ascolto del suo cuore , siamo perfetti, una scena da film romantico.
-Non per rovinare l’atmosfera, ma i tuoi quando tornano?-
Sbuffo. –Sta sera, non prima delle sette-
-E se tornassero prima?- le sue mani scendono dai miei capelli alle mie scapole.
-Mi hanno già trovato in situazioni equivoche… capiranno- l’ ultima cosa che voglio è spostarmi da qui.
-Ma questa non è una situazione equivoca come le altre-
In effetti, io e lui, senza vestiti, sul divano del salotto…
-Non dico proprio di vestirci e metterci a studiare, basterebbe solo che ci spostassimo. Il tuo letto ad esempio-
A pensarci bene, il mio letto (rigorosamente a una piazza e mezza) è molto più invitante del divano; sospiro mentre mi alzo e gli tendo la mano.
Attraversiamo la casa per mano e in mutande fino in camera mia, dove ci distendiamo sotto al piumone uno di fronte all’altro.
 
Passiamo il pomeriggio così, a coccolarci, a dormicchiare abbracciati, a baciarci, non sono mai stato così dolce in vita mia, se continuo così mi verrà il diabete, ma a Nicola non dà fastidio, anzi, sorride ogni volta che dico qualcosa di dolce.
-E io che ero venuto qui con l’idea di aiutarti in fisica- sospira divertito mentre mi fissa negli occhi.
-Be’, mi hai aiutato molto nell’ orale- ribatto malizioso dandogli un bacio a stampo.
Lo vedo arrossire lievemente mentre mi sfiora lo zigomo con la punta del naso. –E tu sei molto bravo nei lavori manuali-
-Magari un giorno le posizioni si invertiranno-
Nicola sorride la lingua sempre tra i denti bianchi. –Ti servirà molta pratica per diventare bravo come il sottoscritto-
-Non c’è problema se sarai tu a darmi lezioni-
Ridiamo entrambi intrecciando le dita, lo guardo mentre appoggia la testa sul cuscino e mi tira sopra al suo petto.
Questo pomeriggio è stato molto fruttuoso: mi ha dato il bacio migliore della mia vita, l’orgasmo migliore del mondo e il ragazzo migliore di sempre.
  
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