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Autore: Balaclava    08/06/2014    0 recensioni
"E non potevo più nascondermi. Ero nuda, in ogni senso. E non riuscivo a ricordare perché mi fossi coperta per tutto quel tempo. Cole era davanti a me. E io potevo scegliere come volevo che finisse. E scelsi la cosa che per me era la più pericolosa, più stupida e meno appropriata a Isabel Culpaper."
Per chiunque abbia voglia di riscoprire i lupi di Mercy Falls e, in particolare, Isabel e Cole ;)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secrets I have held in my heart
are harder to hide than I thought
Maybe I just wanna be yours
(I segreti che ho tenuto nel mio cuore
Sono più difficili da nascondere di come pensavo
Fose voglio solo essere tuo)
(I wanna be yours, Arctic Monkeys)

 

 

COLE

 

Dopo la cerimonia ci fu l'aperitivo.

Uscimmo tutti nella perfetta giornata autunnale, il sole filtrava attraverso le fronde degli alberi gettando un tiepido calore nel giardino.

Decisi di ritirarmi all'ombra in compagnia dei miei appunti. Stavo per prendere i fogli dalla tasca quando Isabel mi raggiunse.

Mi guardò e disse.-Sono venuta qui solo perchè c'è ombra.- ma la sua voce era normale, non sprezzante come al solito.

Rimanemmo in silenzio, ma non c'era imbarazzo, solo un comune ascolto dei suoni che popolavano quella giornata così bella. Dopo un po' disse:-È un Martini quello?- e si lanciò all'inseguimento del cameriere. Io tornai ai miei pensieri.

La canzone era finita, solo che non era una vera e propria canzone: al momento, era priva di melodia.

Mi sentivo come se avessi in mano passato, presente e futuro di me stesso e le loro sorti dipendessero dalle note che avrebbero accompagnato quei versi.

Era l rompicapo più difficile che mi fossi mai trovato davanti, escludendo Isabel.

Una ciocca ambrata mi distolse dalle mie riflessioni, ricadendo sul foglio e coprendo le parole.

Alzai lo sguardo e mi ritrovai ad osservare il viso di una ragazza. Doveva avere più o meno l'età di Grace, ma c'era qualcosa in lei che la faceva sembrare più piccola, e non in modo positivo.

Era la solita ragazza carina, sexy e incredibilmente anonima con cui mi intrattenevo un tempo.

Isabel sembrava provenire da un pianeta diverso.

Mi guardò e sorrise maliziosamente.

-Io lo so chi sei.- disse. Naturalmente avevo preso in considerazione che qualcuno avrebbe potuto riconoscermi al matrimonio di Grace e Sam, ma non mi ero preoccupato di inventarmi qualche scusa.

-Eh già, sono proprio io. Ora smamma.-

-Ah, lo sapevo. Ma che ci fai qui? Come sei finito con loro? Come ci sei finito con lei?- disse lanciando un'occhiata a Isabel. Nella sua voce c'era una sorta di risentimento, di rabbia.

-Purtroppo chiameresti il manicomio se te lo dicessi.-

-Non mi sorprende, probabilmente Sam ti ha rapito e ha minacciato di ucciderti. Non sarebbe la prima volta che lo fa.- accompagnò l'affermazione con una risata.

-Se dici ancora una parola su di loro, ti garantisco che non riderai più tanto.-

Lei non si spaventò minimamente e disse:-Bene, parliamo di te. Io sono molto meglio di Isabel Culpeper.-

-Non capisco, ti dà fastidio che io abbia scelto proprio Isabel, o che non abbia scelto, per esempio, una come te?-

Volevo innervosirla, volevo che se ne andasse.

-Non c'è nessuna differenza tra le due cose.-

-Si, invece. Se ti dà fastidio che abbia scelto Isabel, il tuo focus non è su di me, ma su Isabel, perchè vuoi che lei non abbia me. Invece, se ti da fastidio che io non abbia scelto una come te, vuol dire che il tuo obbiettivo sono io.-

Neanche io avevo idea di che cosa stavo dicendo, volevo solo che se ne andasse. Lei parve confusa, ma si riprese subito.

-Senti, lasciamo da parte questi discorsi complicati e andiamo di sopra.- disse, chinandosi più del dovuto.

In effetti, qualche dote ce l'aveva.

-Io ce le ho più grandi.- intervenne una voce dietro di me. La riconobbi, spietata e sarcastica. Colsi l'occasione di allontanare la ragazza.

-Non serve che me lo dici, lo so meglio di te.- risposi.

Isabel si avvicinò, ma la ragazza non sembrava intenzionata a mollare. Così baciai Isabel.

Mi avvicinai piano, appoggiando la fronte alla sua, affondando una mano tra i suoi capelli e portando l'altra sulla sua schiena.

Le nostre labbra si toccarono, si sfiorarono.

Ad un tratto, non mi importò più niente della ragazza o del fatto che fossimo nel bel mezzo di un matrimonio. Lei schiuse le labbra e fu come essere soli, lontani da tutto. Non avevo più il controllo del mio corpo, semplicemente rispondevo al bacio.

-Ok, ho afferrato il concetto.-

La voce della ragazza fu come la sveglia alla mattina presto: si insinuò piano nella mia mente, raggiungendo lentamente la mia coscienza e svegliandomi del tutto.

Mi staccai da Isabel, e fu come se la luce fosse più intensa, accecante.

 

ISABEL

 

Quando entrammo per la cena, ero ancora un po' stordita dal bacio. Era stato perfetto.

Purtroppo io e Cole non eravamo allo stesso tavolo e lo persi di vista alla seconda portata.

Alla fine della cena, lo cercai con gli occhi, ma non lo vedevo da nessuna parte.

Pensavo fosse in bagno, ma neanche un lassativo ti tiene occupato per così tanto tempo.

Così uscii dalla sala per cercarlo. Salii perfino nella camera dove avevo dormito la sera prima, ma di lui non c'era nessuna traccia.

Stavo per tornare alla festa per chiedere se qualcuno l'avesse visto, quando lo sentii.

Dalla sala in fondo al corridoio proveniva della musica.

Mi avvicinai, attenta a non far rumore.

Era una bellissima composizione; una cascata di note che si alternavano in continuazione, facendo salire l'ansia e la paura. Le note diventarono sempre più basse e la melodia accelerò, frenetica, inquieta, disturbata.

Poi, silenzio.

Così prolungato che pensai che fosse tutto finto.

Mi sporsi un po' di più, in modo da vedere senza essere vista.

La sala era molto ampia, ariosa. Un pianoforte splendido stava al centro, protagonista: una sala da concerti.

Cole era il musicista.

La sua espressione era di concentrazione pura, le sopracciglia corrugate sopra gli occhi che saettavano veloci, in cerca di ciò che gli serviva.

Si passò una mano tra i capelli. Un gesto casuale, ma che faceva capire che non gli importava che aspetto avesse, gli importava quello che stava facendo, e come era già successo, mi ritrovai ad ammirare la sua bellezza in quei rari momenti in cui non era impegnato a fare lo stronzo, ma solo ad essere Cole, con tutte le sue forze.

Annotò velocemente qualcosa su un foglio e ricominciò a suonare.

Le dita affusolate volavano sopra i tasti, Cole seguiva la melodia con degli accenni della testa e di tanto in tanto spostava il peso da un piede all'altro, ma pareva non rendersene conto, completamente assorto nella musica.

Sembrava inquieto, come se stesse avendo mille idee geniali tutte in una volta e non avesse abbastanza tempo per scriverle tutte.

Il che, probabilmente, non era molto lontano dalla realtà.

Mi accorsi che stava accennando delle parole sottovoce, continuando a scrivere appunti su dei fogli.

Stava scrivendo una canzone.

Pensavo che Cole avesse smesso con la musica.

Improvvisamente mi sentii presa in giro.

Lui si stava rialzando, quasi pronto a piantarci in asso e a tornare sul palco. Pronto a rimpiazzarmi con ragazze come quella di prima.

La rabbia, dal mio cuore, iniziò a scorrere lenta dentro di me, raggiungendomi in ogni parte.

Cole smise di suonare e alzò gli occhi, vedendomi.

Io richiusi la porta e tornai alla festa, determinata a dimenticare tutto.

  
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