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Autore: Water_wolf    08/06/2014    4 recensioni
{ Brothership Talia/Jason | Quinta classificata + Vincitrice Premio "Heroin" al contest "Why Rick Riordan wants to Kill me" indetto da King_Peter sul forum di EFP }
La verità è che Talia vorrebbe essere come il titanio – resistente persino alla corrosione –, ma finisce per assomigliare di più all’alluminio: dà l’idea di essere robusto, ma, in realtà, è un metallo duttile.
♣♣♣
«Sono Talia Grace e non ho bisogno di nessuno.»
Il silenzio della notte inghiotte le sue parole e le mangia intere, lasciandole solo la sensazione di essere appena arrivata a una conclusione profetica o di aver pronunciato una cazzata colossale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Jason Grace, Talia Grace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Alone
Autore: Water_wolf (sia forum sia EFP)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale
Rating: Verde tendente al giallo
Pacchetto scelto: Leo Valdez
Prompt/Tracce utilizzate: 1,2,3 (o almeno ci ho provato xD)
Personaggi: Talia Grace, Jason Grace, Altro Personaggio
Avvertimenti: Nessuno
Note dell’Autore: Come sempre, ho parecchie cose da dire e dovrò riassumere. Punto primo: l’idea di questa ff mi è venuta in mente ripensando a una conversazione avuta con kuma_cla riguardo Jason, quindi grazie ♥ Check out her PJO community
http://campmezzosangue.livejournal.com/. Secondo: le mie song-fic sono penose, ma adoro il genere di musica di questo pacchetto e alcune persone mi avrebbero ucciso se non avessi scelto i Green Day, quindi ho provato a fare del mio meglio. Terzo: io amo Talia, io devo essere rimasta IC, ma le ho dato un taglio particolare pieno di headcanon, e non so se è la stessa Talia Grace di zio Rick. Quarto: Karen è un mio OC e di AxXx, fa parte della saga scritta a quattro mani “Cronache del Nord”, e se siete interessati a lei non vi basta che leggere! Quinto: i pezzi della canzone seguono il significato delle parole, le strofe non sono in ordine corretto. Sesto: la one-shot è ambientata ne L’Eroe Perduto, non molto tempo dopo che Talia incontra Jason e scopre che è vivo. Il loro rapporto fratello/sorella è diverso da qualsiasi tipo nella serie, per questo mi è sembrato giusto approfondirlo – seguendo anche la mia visione di esso, che comprende picchi di amore, ma anche di rabbia – e fare un’introspezione di Talia, che troppo spesso viene presa come forte e indipendente, anche se nessuno a quell’età lo è veramente. Solo che alcuni tipi di persone preferiscono mostrare le loro debolezze – o sentimenti umani – unicamente a se stessi. E, nonostante io non metta quasi mai me stessa in quello che scrivo perché non ho bisogno di alter ego, mi rispecchio in Talia per certi versi. E btw, Thaluke shipper ♥ Sesto: il titolo non  va letto in inglese (alone = solo/a), sarebbe troppo banale. Va inteso come “alone” in italiano (es. alone di sudore.) Settimo: Enjoy!
Trama: Come una normalissima caccia alle dracene riesce a trasformarsi in una serata spesa a riflettere sul proprio fratello. Ok, riassunto così sembra tanto noiosa, uff

Alone

 
Maledetto gelo.
L’aria tagliente delle dieci di notte riesce a intrufolarsi persino sotto lo spesso cappotto da Cacciatrice. La spina dorsale di Talia è percorsa da un brivido di freddo. La figlia di Zeus apre e chiude i pugni per far circolare il sangue alle mani, le cui dita sono già praticamente insensibili. Forse avrebbe dovuto scegliere dei guanti che le coprissero, invece che quelli neri e sfilacciati che indossa adesso. Attaccati, si dice, sbrigativa.
Scruta alla sua sinistra e dietro di sé, oltre la sua spalla, dove un manipolo di Cacciatrici aspetta le sue direttive. Col fianco destro, struscia il giubbotto contro i mattoni del muro del locale; dal suo interno, proviene il rumore attutito della festa.
Talia mostra due dita, le alza vicino al capo e con esse fa due rapidi cenni per indicare l’ingresso sul retro.  Tre Cacciatrici le si piazzano dietro, mentre avanza con altre due ai lati. Quella a destra – Karen, la sua seconda in comando – prova ad abbassare la maniglia, ma la porta non si apre. Talia lo sospettava, anzi, la prospettiva di abbatterla le fa affiorare un sorrisetto.
Non c’è niente come l’adrenalina che ti scorre nel sangue, e nulla che può arrestare la sua folle corsa, quando è in circolo.
La figlia di Zeus fa il conto alla rovescia, poi carica il calcio e schianta lo scarpone contro la porta. Si sente il cigolio dei cardini che cedono, prima che si socchiuda l’uscio. Karen entra prima di lei, che subito la imita, seguita a ruota dalle compagne.
La musica sparata a volume illegale dalle casse e il riscaldamento mandato a manetta investono Talia, disorientandola per qualche secondo. Il tempo di riconoscere il brano  – Freak Like Me, degli Halestorm – grazie alla voce della cantante, il cui timbro sembra grattato con la carta stagnola, che ha già ripreso coscienza di sé e di ciò che le sta attorno.
La Cacciatrice mormora un “dividiamoci”, che verrebbe inghiottito dal rombo della musica, se non lo sussurrasse all’orecchio della sua seconda in comando. La lascia a comunicare l’ordine alle altre, mentre prosegue dritta.
Inizia a sgusciare tra la folla di corpi caldi, aliti che puzzano di alcol e tizi che si spogliano ballando, senza curarsi che non sono affatto in un letto.
Talia maledice le due dracene che sono entrate in quel locale per sfuggire alle Cacciatrici. Sono diventate più intelligenti dalla Battaglia di Manhattan.
Un ventenne allampanato rischia di rovesciarle un cocktail addosso, ma la figlia di Zeus si abbassa in tempo, e l’alcolico va a finire dritto in faccia alla ragazza dietro di lei. Lo strillo che caccia quasi non supera il volume spaccatimpani.
Un gruppetto di quattro bionde spinge Talia di lato, e lei va finire tra le braccia di un uomo che puzza di olio di girasole. Si stacca da lui con foga, disgustata, e gli scocca un’occhiataccia che annienta ogni tentativo di sedurla.
Talia inizia ad avere caldo e desidera levarsi il cappotto, ma preferisce abbandonare l’interno del locale e ispezionare l’esterno. Se continuasse a cercare lì dentro, potrebbe finire per perdersi e farsi scappare le dracene che, magari, non sono nemmeno là e se ne sono già andate, convinte di averla depistata completamente.
Accoglie con piacere l’aria gelida che le ghiaccia il sudore sulla fronte. Si ferma a inspirare, grata, abbandonando la schiena contro il muro. Il vicolo su cui dà il pub è deserto e la Luna lo illumina parzialmente; i lampioni sono spenti o non funzionano.
La Cacciatrice sta per riprendere le ricerche, quando sente una risata sibilante poco lontano. Scatta immediatamente sull’attenti. Cerca di capire da che direzione arriva il suono, ma il brusio proveniente dal locale non l’aiuta. Si avvia verso destra, munendosi dell’arco e sfilando una freccia dalla faretra. La punta di bronzo celeste cattura i raggi incolori della Luna.
Non ha neanche svoltato l’angolo, che sente di nuovo la risata stridente di una delle dracene. Con ancora maggiore cautela, gira attorno al locale e intravede nel buio la sagoma della donna-serpente. Incocca la freccia, assume l’assetto corretto e scocca. L’asta viaggia, fischiando nell’aria, e raggiunge il mostro alla spalla.
Lo osserva inciampare e barcollare, nonostante non cada. Talia sorride, pronta a caricare un altro colpo. Troppo tardi, realizza che le dracene che stava inseguendo erano due.
Il ruggito del mostro che le piomba addosso dal tetto sembra il canto stridulo di una sirena. In quanto a denti, la donna-serpente non ha niente da invidiarle.
Talia alza l’arco a protezione della faccia, ma il peso della creatura la sbilancia all’indietro. È solo grazie al duro allenamento da Cacciatrice e l’iperattività dei semidei, che riesce a non essere schiacciata. Sbatte la spalla contro il cemento, ma non si permette un secondo in cui soffrire. Molla la presa sull’arco e rotola di lato, rialzandosi in piedi.
La dracena frantuma il legno dell’arma, e Talia ha solo il tempo di usare l’egida come protezione, prima che il mostro le sia addosso di nuovo. L’impatto dello scudo contro la carne le si ripercuote lungo i muscoli delle braccia. La figlia di Zeus stringe i denti e si morde la lingua per impedire al dolore alla spalla di distrarla.
Si slancia in avanti, liberando l’egida, che abbatte sulla testa della dracena. Incurante del sibilo che le trapana le orecchie, abbassa lo scudo una seconda volta, questa volta spezzando il collo della donna-serpente.
La nuvola di polvere di mostro la investe, quando il mostro scompare.
Fa ritirare l’egida e indietreggia, senza fiato. Il cuore le batte direttamente nelle orecchie. Prova a compiere un movimento con la spalla e, questa volta, non c’è niente che possa fare per soffocare il gemito. Si stringe il braccio, tentando di attenuare il dolore.
È ancora frastornata, così ci impiega un po’ per capire che le sue compagne stanno gridando il suo nome. Karen e la sua chioma bionda compaiono davanti al suo campo visivo. Le poggia le mani sulle spalle, facendola sobbalzare.
«Talia!» esclama.
«Sto bene» quasi ringhia.
Intanto, le ragazze di Artemide esamino la scena della lotta appena conclusa.
La sua seconda in comando obietta, contrariata: «Ma sei ferita!»
«Non è niente» replica Talia, risoluta. «Ce n’è ancora una. Inseguitela.» Sta ansimando, e si rimprovera per non riuscire a controllare il proprio respiro.
Karen non sembra convinta. «Possiamo occuparcene dopo.»
«Andate!» abbaia la figlia di Zeus.
La bionda sbuffa sonoramente, scuotendo la testa. «Non credo…»
«Se ti stanno tanto a cuore le mie condizioni, va’ ad ammazzare quella dannata dracena e torna il più in fretta possibile, okay?» la interrompe.
«Va bene!» sbotta Karen. «Come vuoi tu.»
Le riserva un’occhiata penetrante, di quelle che valgono più di mille parole, prima di allontanarsi e dirigersi con le altre Cacciatrici lungo la via. Talia lo interpreta come “non capisco più ciò che fai, né conosco il motivo del tuo cambio di comportamento, ma se seguirti è ciò che ti serve, lo farò.” O forse è più qualcosa tipo “stai diventando il capitano folle di una nave che affonderà, se continui così.” La figlia di Zeus preferisce la prima ipotesi, però è più probabile che si tratti della seconda.
Fa una smorfia e cammina fino all’ingresso del locale. Si accovaccia sull’asfalto, duro e freddo e scomodo, ma non ci bada molto. Appoggia la testa ai mattoni, così da poter osservare la Luna senza torcere il collo.
Le sembra che la musica le pulsi contro la nuca e le entri nel cervello, conscia però che è solo il prodotto della sua immaginazione. Non riesce più a capire di che brano si tratti; da fuori, le note sono tutte rumore, ronzii e basse pulsazioni.
Si chiede che musica piaccia a Jason. Forse il rap. Magari il pop. Oppure l’indie-rock. Il metal? E perché non la musica classica?
Dopotutto, Jason non ha mai avuto bisogno di ritmi serrati, assoli lunghi minuti e voci di cantanti ad alto volume, per sovrastare i richiami della loro madre.
Se Jason fosse davvero suo fratello, Talia conoscerebbe tutto di lui. Ma non è così. Sì, è vero, c’è tutta quella storia sul patrimonio genetico comune e bla bla bla, ma anche lei era un pino non essendo in realtà un pino, quindi ha tirato la conclusione che la genetica non serve a niente, applicata a determinate questioni.
Il fatto è che Jason è scomparso e, da allora, Talia ha sempre vissuto da sola.
 
I walk alone
I walk alone
I walk alone
I walk a...
 
Ha incontrato Annabeth e Luke, Grover, Percy – e  pure qualche corvaccio che si riposava sui suoi rami, quando era un albero. Artemide l’ha fatta diventare una Cacciatrice, l’ha trasformata nella sua luogotenente. È circondata da ragazze perennemente vergini che, ormai, considera amiche.
Ma avere un fratello è diverso. Sono frutti della stessa pianta, due facce della stessa medaglia. Se Jason fosse sempre stato con lei, forse non sarebbe scappata di casa. Sarebbe stato più facile sopportare sua madre, con lui accanto.
E Talia gli avrebbe fatto ascoltare i suoi gruppi preferiti fino alla nausea, avrebbe litigato con lui per il possesso del divano, per indossare le sue felpe con più stile, avrebbe combinato disastri in cucina preparando una torta per il suo compleanno, l’avrebbe sfruttato per conoscere ragazzi e gli avrebbe gridato contro, nel caso in cui le avesse detto che il suo amico non faceva per lei.
L’avrebbe abbracciato. Gli avrebbe augurato la buona notte ogni sera prima di andare a letto. Gli avrebbe sussurrato “ti voglio bene”. Gli avrebbe stampato baci sulla guancia in pubblico solo per farlo arrossire e metterlo in imbarazzo, soprattutto, però, per dimostrargli il suo affetto.
Ma Jason non è davvero suo fratello. È più uno sconosciuto dal viso familiare; stando con lui, avverte la stessa sensazione che provi nel riconoscere un volto nella folla, per poi accorgerti che, in realtà, non si ha idea di a chi appartenga.
 
I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone
 
A Talia piacerebbe poter ammettere di non essere completamente indipendente, di essere una semidea, sì, ma anche una semplice ragazza. E visto che non può avere rapporti di quel tipo, aver un fratello sarebbe l’ideale.
Forse può ancora recuperare il legame con Jason. Magari non si limita tutto ai giorni in cui lui era piccolo e combinava pasticci, come quando tentò di mangiare una pinzatrice. Forse, invece, sta dispargendo i suoi sogni e speranze su quella strada vuota, come letame gettato per concimare la terra.
La verità è che Talia vorrebbe essere come il titanio – resistente persino alla corrosione –, ma finisce per assomigliare di più all’alluminio: dà l’idea di essere robusto, ma, in realtà, è un metallo duttile.
All’improvviso, l’aria è troppo tagliente, l’asfalto troppo duro, la spalla le fa troppo male, e lei è troppo stanca.
Perché Jason deve proprio essere vivo.
Dopo tutto quel tempo… tanti di quegli anni… Talia era giunta alla conclusione che suo fratello fosse morto. La morte è scomoda, non va mai bene a nessuno, perché a nessuno piace accettare condizioni pesanti come le sue. Però si rinuncia a combatterla in partenza. Ci si fa l’abitudine.
Talia sente un sapore amaro in bocca, realizzando che si è abituata all’idea che Jason sia morto. Mentirebbe se dicesse che le dispiace che sia vivo e vegeto, ma è un po’ come mangiare la stessa merenda di una marca per settimane e poi provarne una nuova: il gusto è sempre buono, ma il sapore della precedente è così radicato che, anche se il prodotto è migliore, si preferisce comunque quello scadente.
Poi, in tutto quel tempo trascorso al Campo Giove sapendo che lei lo stava aspettando o che credeva fosse scomparso, Jason non è mai venuto a cercarla.
Forse non poteva, o non aveva idea di come cominciare le ricerche, però poteva almeno provarci. Ma non l’ha fatto.
È così poco essere Talia Grace? Quanto conta la sua sofferenza, il suo dolore? Per Jason, non abbastanza.
Jason non è suo fratello, perché, se valesse il contrario, non si sarebbe comportato in quel modo. Far soffrire una persona sapendo di farlo è un gesto ignobile.
E a Talia viene da piangere. Per la rabbia, la tristezza, la frustrazione, la solitudine, l’incapacità di essere felice e tutta una marea di sentimenti a cui non ha voglia di dare il nome, seduta per terra in una strada desolata.
Le hanno detto che è la figlia del dio dei tuoni, non che fosse lei stessa la tempesta da cui scaturivano.
Emette un sospiro tremolante e disperato, strizza le palpebre e alza gli occhi al cielo notturno, sperando che quel moto di tristezza passi in fretta. Però, non può impedirsi di pensare che, se Jason fosse lì con lei da vero fratello, la consolerebbe.
In fondo, a Talia non dispiacerebbe avere qualcuno che le guardi le spalle oltre alla sua ombra, che il rumore dei suoi passi fosse accompagnato da altro, a parte il suono dei suoi pensieri.
 
My shadow's the only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Til then I walk alone
 
Ma per lei non è ancora arrivato nessuno.
Smettila, ringhia una voce nella sua testa. Sei Talia Grace e non hai bisogno di nessuno. Te la cavi alla grande, da sola.
Quell’affermazione sembra irreale inespressa, così la ripete ad alta voce, per sentire sulla lingua l’effetto che fa.
«Sono Talia Grace e non ho bisogno di nessuno.»
Il silenzio della notte inghiotte le sue parole e le mangia intere, lasciandole solo la sensazione di essere appena arrivata a una conclusione profetica o di aver pronunciato una cazzata colossale.
Lo dice di nuovo, imprimendo più enfasi nel tono.
«Sono Talia Grace e non ho bisogno di nessuno.»
Questa volta, la frase assomiglia più a una scelta critica presa sul baratro di un burrone. Non capisce se è quella giusta o quella sbagliata.
«Va tutto bene» sussurra con voce tremula, che corregge subito: «Va tutto bene.»
 
Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
 
Una nuvola copre la Luna, attenuando il bagliore candido dei suoi raggi. Ma se Talia non ha bisogno di nessuno, qualcuno ha bisogno di lei?
Oh, andiamo! La vuoi finire con questi pensieri da teenager in crisi al ballo di fine anno della scuola?, si schernisce da sola.
In ogni caso, si sistema la coroncina tra i capelli e prova a muovere la spalla, per vedere se fa ancora male come prima. La fitta che riceve in cambio del movimento la fa imprecare debolmente. Be’, se sente il dolore, almeno non è morta congelata. Chissà dove diavolo sono andate a finire le sue Cacciatrici.
 
Check my vital signs
To know I'm still alive and I walk alone
 
Le viene in mente che, forse, se Jason fosse lì… No. Assolutamente no. Non deve pensare a Jason. Non dipende da lui, non dipende da nessuno. Può benissimo vivere senza di lui.
Si sente come una camicia su cui il suo non-fratello ha lasciato una macchia insistente, di quelle che, anche se strofini fino a scorticarti i polpastrelli, non viene via. Jason le ha lasciato addosso l’alone della sua presenza, un ricordo fantasma di quello che è stato e di ciò che è ora.
Accoglie con gratitudine il vociare delle Cacciatrici, che la strappa dalle sue considerazioni. Le osserva camminare nella sua direzione e controlla con apprensione che nessuna sia ferita. Le si stringe il cuore, al pensiero di come a trattato Karen. Era solo preoccupata per lei. Ma, ormai, quel che è fatto è fatto.
Accetta la mano che le porge la sua luogotenente per alzarsi e, anche se non pronuncia effettivamente le parole, imprime di scuse lo sguardo che scambia con lei. La bionda sembra intuire il sottointeso.
«Hai le dita gelide» osserva.
Talia ridacchia.
«Che c’è?» domanda Karen.
La Cacciatrice scuote la testa. «Niente, solo dovresti sentire come sono fredde le mie chiappe.»
Il gruppetto scoppia a ridere.
«Andiamo» incalza la figlia di Zeus, incamminandosi verso il luogo dove si sono accampate e dove sono rimaste le altre ragazze di Artemide.
Si allontanano dal locale fianco a fianco. I loro passi sono quasi coordinati perfettamente. L’unità delle Cacciatrici ti fa sempre sentire a casa, mai fuori posto.
Forse questo è il segreto per non pensare a Jason, riflette Talia. Continuare a muoversi. Dimenticarsi di se stessi, figurarsi come un corpo unico, perdere la propria individualità, condividere i pesi che gravano sulle proprie spalle con le altre in tacito accordo.
Un mezzo sorriso le affiora in viso. Incomincia a comporre un motivetto, fischiando le note attraverso le labbra. Se diventasse una canzone vera, la intitolerebbe Keep Moving. Che importa se piacerebbe a Jason o meno?
 
I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone
 
  
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