Durante quest'ora e trentasette minuti sono entrate nella stanza quindici persone , di cui un'uomo accompagnato da una bambina di otto anni. Lo so perché me l'ha detto lei. È venuta da me e si è presentata, si chiama Sarah, '' Sarah con l'H'' ha detto, otto anni, colore preferito: azzurro, come i suoi occhi, e una passione per la danza. Questa bambina mi aveva colpito. Non è che fosse molto diversa da tutti i bambini che avevo visto ma c'era qualcosa di diverso nei suoi occhi, qualcosa che c'era anche nei miei: un misto tra spensieratezza e malinconia.

È il terzo giorno di seguito che vengo qui, in questa stanza per fumatori di un fastfood senza neanche aver toccato una sigaretta. Ma amo l'odore del fumo, lo amo quasi quanto amo il mare.
Che stupida similitudine. A volte ne faccio di ragionamenti che non portano ad un dunque, ragionamenti intricati come le cuffie del cellulare che lasci in tasca. E proprio come quelle ci vuole una mano esperta per districarli, sempre che ci si riesca.

Ora torno a casa mi dico, ma non ne ho un reale motivo quindi rimango qui, seduto su questa panca a pensare fissando i mozziconi di sigaretta schiacciati nei numerosi portacenere sui tavoli. Mozziconi schiacciati con forza quasi rabbiosa o di sigarette fumate avidamente fino al filtro.
Sono tornato a casa in tempo per cambiarmi i vestiti prima dell'arrivo di mia madre, prima che riuscisse ad intuire il mio nuovo passatempo da qualche giorno a quella parte.

Sono tornato al fastfood altri due giorni, esattamente 187 minuti e 34 persone.
Sabato e domenica sono stato a casa a fingere di studiare e ad aspettare che qualcosa di speciale accadesse.
In effetti lunedì è stato un giorno particolare. Non saprei descriverlo in altro modo, in effetti.