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Autore: mrdancedance    09/06/2014    0 recensioni
L’ossessione, l’incredibile bramosia che ti assale semplicemente guardando qualcosa. O qualcuno...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mordendosi
 

 

La teiera bianca era decorata con un’infinità di piccoli fiori viola rampicanti, che si attorcigliavano al becco e che sbocciavano sul manico. Il piccolo coperchio ad ovale era bordato in oro.
Il tè che ne uscì aveva un colore insolitamente intenso; più scuro di quello a cui Valentin era abituato di solito, più chiaro di quello a cui era abituata Corinne.
Andò a riversarsi nelle due tazze, provocando un gorgoglio sommesso, come di un ruscello nascosto dietro una linea di roseti selvatici. No, era troppo scuro! Valentin lo schiarì con qualche goccia di succo di limone; Corinne lo intorbidò con un tocco di latte.
Lo sguardo che si scambiarono li perforò, li trapassò entrambi, tanto che lui fu costretto a voltarsi verso il tavolo vicino; un vecchietto stava dando un biscotto al burro al suo cane. 
“Ti vergogni?”
A quella domanda, il ragazzo non sapeva cosa rispondere.
“E tu? Ti vergogni?”
“E perché dovrei? Potrei essere tua sorella, o mal che vada tua madre.”
Valentin tornò alla sua tazza. La toccò con la mano, per sentire quanto fosse calda. Troppo, ancora.
Le labbra di lei, rosse come sempre, si piegarono in un sorriso pacato. Prese la sua tazza e si mise a soffiare sul liquido bollente. Lui la guardò, poi la imitò. Il ciuffo gli cadeva fin sul naso e le dita sembravano aver subito una lunga serie di torture.
“Che cos’hai fatto alle tue povere dita?” lui le osservò con un gesto contorto, facendo attenzione a non far fuoriuscire il tè.
“Mordo le pellicine!” esclamò stizzito.
Allora lei allargò il sorriso e incominciò a far salire la sua gamba destra su, sempre più su, lungo la gamba sinistra di Valentin.
Il ragazzo posò violentemente la tazza facendo strabordare metà del contenuto.
“Che cosa stai facendo? Siamo in un luogo pubblico!” sibilò a denti stretti per non farsi sentire dal vecchio e dal cane.
“Gioco. Perché? Ti vergogni?”
“Sì!” rispose stavolta lui. Gli occhi gli brillarono mentre, tremando, si abbassarono verso la bevanda ancora fumante. “Credi che stiamo facendo una sciocchezza?” chiese poi, con un filo di voce.
“Tu credi che un essere umano possa non essere stupido?”

 

***


Quando uscì dal suo nascondiglio tra le foglie, io non mi stupii; in fondo, avevo pensato che qualcuno mi stesse spiando, qui sembra sempre di essere spiati. Uscì strisciando e tastando l’aria con la lingua. Andò a fermarsi vicino ad una mela; vicino ALLA mela.
“Che cosa stai guardando?” mi chiese avvolgendosi attorno al ramo che reggeva il frutto.
“La mela.” Sì, la mela, così magnificamente perfetta.
“Ah…” la sua piccola testa si avvicinò alla mia bocca, fermandosi a qualche centimetro di distanza. La lingua gli scattò una volta ancora e un brivido fece tremare le mie labbra. “Sai che albero è questo? Lo sai?” io mi ero persa in quelle piccole fessure che contenevano i suoi occhietti neri.
“No” sussurrai.
“È QUELL’albero.” E si allontanò, andandosi a riparare attorno al mio frutto.
“L’albero che…”
“Sì, quello che Dio vi ha proibito!” e, nel dirlo, la sua lingua saettò ancora.
Mi soffermai per un po’ sulla mela… no, non poteva essere quello, l’albero. C’era una tale bellezza in quelle fronde, in quei colori, che certo non poteva esserci stato proibito.
“No! non è questo!” il serpente si sporse un po’ in avanti, nel sentirmelo dire.
“Ne sei sicura?” i suoi occhi brillarono per un momento, come se fossero stati colpiti dal sole che fra poco sarebbe morto.
“Sì!” di certo non poteva esserlo.
“Allora non capisco.”
“Che cosa non capisci?”
“Come mai tu non riesca a deciderti ad afferrare questa mela, che ti piace tanto.” Lo guardai, poi passai alla mela.
“Non lo so.”
Il rettile si spostò facendo dondolare il ramo che lo ospitava, facendo oscillare il mio frutto. Si può dire che alla fine lo afferrai per proteggerlo.
Vidi le dita della mia mano destra che, a poco a poco, si avvicinavano a quella quasi sfera dal rosso intenso. Quando arrivai a toccarla, fu come se volesse scivolarmi via da quanto era liscia. La strinsi in una morsa piuttosto delicata e incominciai a tirare verso di me. Subito fece resistenza; subito fu restia a lasciare il suo posto, ma poi, finalmente, con un suono secco si lasciò cadere nelle mie mani Seppi che avevo fatto una cosa giusta…

 

***


Le spinte che il corpo di lui imprimeva a quello di lei, trasudavano dolcezza e inesperienza.
La schiena di Valentin s’inarcava ad ogni sussulto, e il dito di Corinne si divertiva a percorrerla tutta.
Era stata la sua innocenza ad attrarla, era bastata quella.
Sì, doveva essere così…

I capelli del ragazzo, una volta ancora, le solleticarono il petto mentre cercava di baciarle il collo come un amante perfetto.
La bocca di lei rilasciava respiri convulsi, incontrollabili; si contraeva ogni volta che i loro bacini si scontravano in un’assordante esplosione di piacere.
Non sapevano come c’erano cascati, come erano finiti lì… eppure, ormai era fatta, e il resto non contava più nulla. Non c’era da pentirsi, non c’era da compiangersi… non ora almeno, domani, o il giorno dopo ancora, ma non ora.

  
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