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Autore: Camomilla1408    09/06/2014    0 recensioni
"Lei è il bianco, lei è le linee, lei è il Gatto del Cheshire."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bicchiere aveva qualcosa di inquietante. Sembrava che potessero spuntargli innumerevoli zampette da un momento all’altro; a quel punto se ne sarebbe tranquillamente andato dal tavolo, lasciandola in compagnia delle zie, con i loro cappelli piumati.
Era impossibile rimanere seria di fronte ai suoi parenti. Ad un estraneo lei sarebbe sembrata la cameriera dei Pritchard, non la primogenita.
Erano tutti così pomposi ed eleganti, sicuri di sé stessi. Il folletto che aveva dentro si sbellicava dalle risate guardando le perle e i porci che le portavano.
Nulla che fosse nuovo, per lei.
Tutto quello che desiderava era essere lasciata in pace, a fare amicizia con quel bicchiere.
 
Finalmente era sola, in allegra compagnia delle sue sfaccettature. Tutto era molto più calmo, fuori dalla fiera della vanità del piano di sotto.
Sembrava un Paese delle Meraviglie al contrario, con una novella Lewis Carroll, lei, impotente di fronte al disgustoso malanno inventato tre ore prima.
La mente aveva galoppato come sempre e i familiari si erano trasformati in un clan di struzzi umanoidi e bizzarramente acconciati.
Ora stava amabilmente conversando, forse la sua testa si sarebbe calmata.
«Baba, non credi che quel tuo costume sia un po’ strano?».
«Tu sei travestita da ragazzina, chi è messo peggio?».
«Ma i bicchieri sono freddi. Piuttosto travestiti da…orsacchiotto?».
«Anche gli esseri umani sono freddi».
«Non hai tutti i torti. Forse dovrei cambiare maschera».
 
Scese al piano di sotto. Le piume e le perle erano sparite, fortuntamente; ora i suoi genitori la guardavano come si guarda un gatto con gli occhi rosa.
 
«Tesoro, tutto bene?».
«Certo mamma».
Dille la verità. Raccontale la fiaba, potresti dimenticartela. Raccontale delle maschere, è importante.”
Sta zitto Baba. Non puoi parlare, finchè tieni quello stupido costume da bicchiere.
“Dillo a mami e papi, Gatto del Cheshire.”
Non sono un gatto. Tantomeno un Gatto del Cheshire.
“Ma vorresti esserlo.”
A loro non importa.
Baba l’aveva ingannata. Le aveva fatto dire tutto ad alta voce. Lo vide dallo sguardo di sua madre e dallo scatto di suo padre verso il telefono.
«Papà, no! Non è nulla, stavo solo parlando…».
«Lo dici sempre, ti avevamo chiesto di smetterla!».
STUPIDO! GUARDA COME HANNO REAGITO! NON POSSO ESSERE ME STESSA QUI!
«Basta, maledetta ragazza!».
«Caro, stai calmo…».
«Nostra figlia è psicolabile».
 

 
Baba?
“Dimmi.”
Dove sono?
“Lo sai.”
 
La stanza è bianca. Un pennarello. A terra, vicino alla porta, sporco di cemento.
Come se fosse stato fatto rotolare fino a lì.
 
Baba?
“Dimmi.”
E’ tutto così strano. Non capisco.
“Scrivi.”
 
La ragazzina è bianca come la stanza, la ragazzina è quella stanza, la stanza è la ragazzina e tutto si fonde e si amalgama.
Si alza, il bianco è lei e lei odia quel colore.
Inizia a fare linee sinuose, spezzate, linee meravigliose, è un Gatto del Cheshire.
 
I dottori non capiscono.
Lei è il bianco, lei è le linee, lei è il Gatto del Cheshire.
 
 
   
 
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