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Autore: crystalskin    09/06/2014    7 recensioni
Poggiò il pacchetto sul tavolo e stette a fissarlo con aria di sfida per qualche minuto.
Il suo orgoglio glielo vietava severamente, ma alla fine lo aprì. La carta rivestiva una scatolina blu.
Ne estrasse un biglietto ripiegato e lo lesse ad alta voce:
"Miss Jane, ecco il suo distintivo.
Ci aspettiamo grandi cose da lei.".
Abbott."
Sotto al biglietto c'era il distintivo, con incise le iniziali dell'agenzia.
La ragazza si rigirò quel pezzo di metallo scintillante fra le dita e pensò che alla fine non era poi così male essere "un'apprendista agente" dell'FBI, tranne per il fatto che aveva stravolto la sua esistenza.
Si sentiva come la figlia del dottor Dolittle, quello che parlava con gli animali.
Sarebbe stata in grado di parlare con gli animali come suo padre?
O meglio, sarebbe riuscita a sorprendere e catturare tanti criminali come faceva suo padre, l'infallibile Patrick Jane?
- ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER -
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Miss Jane?
Era almeno la terza volta che l'uomo la chiamava cercando di svegliarla, ma niente.
Si decise così a scuotere la ragazza per una spalla, poichè non dava alcun segno di vita.
- Ehm, signorina Jane? - la sua voce era un sussurro flebile e preoccupato.
Lei si risvegliò di colpo e tenne gli occhi socchiusi per qualche momento per capire chi l'avesse chiamata.
Mise a fuoco l'esile figura davanti a lei e riconobbe l'attempato segretario ben vestito, magrolino, con degli occhiali da vista enormi che l'aveva accolta all'entrata.
- Sì? - chiese.
- Il direttore la sta aspettando. - le sorrise timidamente e due fossette apparirono su quel volto stanco, pallido e pieno di lentigini grigiastre.
- Oh, finalmente. - disse mentre riappuntava i lunghi capelli corvini con un piccolo fermaglio argentato.
Si alzò velocemente dalla poltrona sulla quale aveva sonnecchiato per un bel po' barcollando poichè il sangue non aveva ancora ripreso a circolare normalmente nel suo corpo intorpidito e assonnato.
L'uomo iniziò a camminare velocemente al suo fianco guidandola attraverso il lungo labirinto di corridoi dell'università, per raggiungere l'ufficio dove aveva appuntamento.
- Per quanto ho dormito, - lesse velocemente l'etichetta appesa sopra al taschino della giacca dell'uomo, - s-signor Martin? 
L'uomo rise moderatamente, come ci si sarebbe aspettato osservando la sua figura composta, - Per circa un paio d'ore, signorina.
La ragazza sorrise imbarazzata, - Mi dispiace, non è molto educato da parte mia, ma il volo da Sacramento a qui è stato piuttosto lungo e... travagliato. - cercò di scusarsi.
- Si figuri, - disse in tono estremamente gentile, - siamo noi a doverci scusare con lei per la lunga attesa.
Percorsero un ultimo lungo corridoio e si ritrovarono di fronte ad una grande porta bianca che contrastava con le pareti intorno, scure e decorate con pesanti motivi floreali.
- Bene, siamo arrivati. - l'uomo si fermò davanti alla porta e fece per andarsene.
- Signor Martin. - lo richiamò prima di poggiare la mano sulla maniglia lucidata a dovere.
Si volto lentamente e puntò i suoi occhietti stanchi su di lei, - Si, Miss Jane? 
- Dovrebbe chiedere più giorni di riposo alla dirigenza, lo dico per lei. Dovrebbe trascorrere gli ultimi giorni che le rimangono con la sua famiglia, lo consideri pure un consiglio da amica. - gli sorrise.
- M-ma lei come fa a...? - la fissò alquanto sorpreso, ma si poteva dire che manteneva comunque la stessa aria di misuratezza e compostezza di qualche minuto prima.
Lei si limitò a sorridergli di nuovo, - E' stato un piacere, signor Martin.
 
 
Chiuse la porta alle sue spalle e fu subito investita da un forte odore di deodorante per ambienti. La stanza era grande, ben illuminata da tre finestre ampie, arredata con cura con mobili in legno scuro e quadri enormi appesi a tutte le pareti.
Alla grande scrivania in mezzo alla stanza era seduto un uomo curato, con un viso serio, i capelli bianchi e corti perfettamente in ordine, un completo grigio scuro e una cravatta blu stretta intorno al collo robusto.
Era impegnato al telefono ma disse alla ragazza di entrare.
Agganciò e si alzò dalla poltrona, - E' un piacere signorina Jane. -, le tese la mano e la strinse con forza.
- Anche per me, direttore. -, ricambiò la stretta.
Le fece cenno di sedersi su una delle sedie di legno di fronte a lui e prese un fascicolo dal cassetto della scrivania.
- Bene, l'ho convocata qui per parlarle della sua domanda d'iscrizione, come lei ben sa.
- Certamente.
- Sono davvero mortificato, ma nonostante i suoi risultati eccellenti non possiamo ammetterla ad Harvard.
Fu come se in quel momento l'avessero colpita alla testa con una mazza da baseball. Era sicura che sarebbe stata ammessa, aveva dato quell'incontro per scontato, aveva perfino già preparato le valigie.
- Mi scusi, cosa? E' uno scherzo?..., - non era riuscita a elaborare quelle poche parole
- Mi scusi ma non ne capisco il motivo. - continuò sorpresa e abbastanza infastidita.
- Mi creda, per l'università è un dispiacere enorme, ma non dipende da noi. - rispose freddo.
- Bene, - deglutì rumorosamente, - allora posso sapere da chi dipende?
- In realtà credevo che fosse già al corrente di tutto... - disse spazientito.
- No, a quanto pare non lo sono. - la sua cortesia era andata a farsi fottere.
- Stamattina ho ricevuto personalmente una chiamata dal signor Abbott, uno dei più ill-... .
- Sì, so bene chi è., - lo interruppe.
Notò l'espressione stizzita del direttore che la osservava con le mascelle serrate e le sopracciglia inarcate.
- Mi scusi, prego continui. - cercò di recuperare un po' di contegno.
- Bene, l'agente Abbott mi ha contattato e mi ha comunicato che per ragioni di sicurezza non potrà frequentare questa e nessun'altra università... Non so nulla di più al riguardo, ma non credo di essere autorizzato a ricevere informazioni così importanti. - disse stizzito.
- Quindi, - continuò, - anche essendo una ragazza sveglia ed intellligente le porte della nostra università resteranno chiuse per lei, sono mortificato. - concluse.
Nah, non era affatto mortificato, mentiva. Mentre le parlava evitava il suo sguardo, un pessimo bugiardo, e la sua postura era ben ritta, a rimarcare che era sicuro di sè, affatto dispiaciuto. E lei lo aveva notato.
La situazione cominciò a diventare imbarazzante e spinosa quando il silenziò calò.
La ragazza era assorta nel turbinio di pensieri che quelle frasi avevano scatenato nella sua testa e teneva lo sguardo fisso alle spalle dell'uomo, dove si trovava un quadro tetro, che ritraeva probabilmente uno degli illustri studenti che avevano frequentato quella scuola, e che sicuramente valeva una fortuna.
- Bene, ora può andare, non ho altro da comunicarle. - disse poco gentilmente, riportandola alla realtà.
La ragazza si alzò senza dire una parola ma quando si trovò davanti alla porta si ricordò di una cosa, - Le suggerirei di dare un paio di settimane di permesso al suo segretario, il signor... Martin? - l'uomo la guardava non capendo a fondo di cosa stesse parlando, - Il tumore gli lascerà non più di qualche settimana e sarebbe umano da parte sua lasciargliele passare con la sua fa-... .
- Cosa sta dicendo? - la interrupppe, - Le ha detto lui quest-... .
- No, - lo interrupppe lei, - è bastato fare una veloce lettura a freddo, che ho imparato a circa... sette anni, credo. - disse in tono poco modesto. 
L'uomo si rizzò sulla sedia di pelle nera e la guardò con un'espressione infastidita ma allo stesso tempo stupita.
- Come ha fatto? - rivolgendole quella domanda si era spostato leggermente in avanti, ancora seduto sulla sedia. Questo era bastato a farle capire che era interessato alla spiegazione.
- Semplice, - iniziò, - ha un'aspetto sofferente, prende molto probabilmente medicine forti, lo si capisce dal pallore della pelle e il completo gli va un po' grande, il che osservando i suoi comportamenti precisi mi aveva fatto pensare che probabilmente si era dimagrito velocemente, quattro o cinque chili forse, ma indossa il completo lo stesso perchè di buona fattura o forse un regalo importante.
 Il direttore adesso era ammirato e un sorriso sghembo era apparso sulle sue labbra sottili, - Sì, il completo è un mio regalo. 
Posò la mano sulla maniglia, ma poi ricordò che aveva tralasciato un dettaglio, - Ah, - continuò, - avevo dimenticato il debole odore di marijuana che ha addosso. Dubito che un uomo del genere ne faccia un uso improprio, quindi ne ho dedotto che fosse erba medica, molto usata dai malati di tumore che affrontano la chemioterapia.
- Esattamente. - concordò l'uomo.
La ragazza gli sorrise soddisfatta, - Arrivederci.
 
Uscì velocemente dalla stanza e iniziò a percorrere a ritroso i lunghi corridoi, facendosi strada fra gli studenti, per ritrovare l'uscita.
Mentre camminava frugò nella tasca interna della borsa e ne estrasse il telefono.
Compose un numero sul display luminoso e poco dopo una voce seria ma familiare rispose.
- Cho, mi dovete delle spiegazioni.
 
 
















































SPAZIO AUTRICE

 
Salve a tutti :)

Questa non è la mia prima storia, ma sono comunque nervosa, molto nervosa. NERVOSISSIMA.

Spero che vi piaccia, so che questo primo capitolo è corto, ma lo considero una breve e fondamentale presentazione di Olivia Jane, che come capirete ha molto a che fare con Patrick :)

Per i fan della serie (come me) e non, dico che per me questa storia rappresenta in un certo senso THE MENTALIST fra molte stagioni, cioè sarà un po' come vedo i protagonisti in futuro. etc quindi siate clementi, per favore.
Ci tengo a dire che anche se non è un'opera d'arte il banner è mio, quindi ho tutti i diritti, bitch please.
Il secondo capitolo arriverà presto, promesso. Ci sto già lavorando...

Un abbraccio, crystalskin.

ah, se volete contattarmi ecco qui dei link:
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