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Autore: Clockwise    09/06/2014    2 recensioni
È la situazione più surreale in cui John abbia mai pensato di trovarsi. Lancia un’occhiata all’uomo accanto a lui.
Il matrimonio di Sherlock Holmes.

Post 'His Last Vow'.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Buonasera!
Primo tentativo in questo fandom, con una piccola sciocchezza, spero appreziate. Non so bene come definirla, meglio se sto zitta. 
Accolgo a braccia aperte commenti, critiche, pomodori e ortaggi vari.
Ciao!
E.



 
Scintille


 
 
Giugno.
È la situazione più surreale in cui John abbia mai pensato di trovarsi. Lancia un’occhiata all’uomo accanto a lui.
Il matrimonio di Sherlock Holmes. Non ha mai creduto possibile poter accostare quelle due parole nella stessa frase. Sembra un ossimoro.
Si schiarisce la voce, ruotando sui talloni fino a fronteggiarlo.
«Allora, hum… Congratulazioni.»
Wow, John, crepi l’originalità.
Sherlock volta lentamente la testa verso di lui, il viso impassibile, un sopracciglio leggermente sollevato, unico indice di un minimo di interesse.
«Congratulazioni» scandisce ironico. «Oh, John.»
John potrebbe tagliare con un coltello la delusione e la rabbia nella voce bassa di Sherlock. Stringe le labbra e guarda in basso.
 
°°°
 
Notte di Natale, otto anni prima.
Spense la luce sul comodino e si coprì meglio, chiudendo gli occhi. Assaporò il tepore delle coperte e il conforto della sua pancia piena, pregustando le lunghe ore di sonno che l’attendevano; niente straordinari, per una volta. Avrebbe lavorato la sera del giorno dopo, ma fino ad allora, poteva rilassarsi. Si era sentita un po’ meschina, a dire il vero – altri avevano famiglie da cui tornare per Natale – ma anche lei aveva diritto a divertirsi, di tanto in tanto. E si era divertita, con qualcuno dei suoi vecchi amici. Un Natale tranquillo, tutto sommato, ma piacevole. Niente di elettrizzante, però, piuttosto ordinario, normale… Come lei.
Strinse le labbra e chiuse più forte gli occhi.
Non è proprio il caso di ricominciare, Molly. Chiudi gli occhi e dormi. Ora!
“You’ve always counted.”
Oh, no, no, adesso chi dorme più? Via, fuori dalla mia testa, sparisci!
Un fruscio le fece aprire un occhio. Toby? Sollevò la testa dal cuscino e trovò il gatto beatamente addormentato ai piedi del letto. Corrugò le sopracciglia e abbassò la testa, per poi rialzarla di scatto quando sentì un tonfo, più forte, come di qualcuno che sbatte contro un mobile.
Sbarrò gli occhi nel buio, sentendo il cuore che batteva all’impazzata. Irrigidita, scostò le coperte e scese dal letto.
Un’arma contundente, un’arma…
Deodorante spray. Be’ spruzzato negli occhi poteva fare un bel danno.
Acquisita fiducia grazie alla sua arma, Molly avanzò cauta fino al soggiorno, illuminato fiocamente dalla lampada accesa nell’angolo.
Prego, come se fossi a casa tua.
Un’ombra nera era raggomitolata accanto al tavolino da caffè, come una belva in agguato. La mano di Molly tremò.
Fece qualche altro passo, sempre più vicina. L’ombra non accennava a muoversi, e quella testa sembrava così familiare…
«Buonasera, Molly.»
«Sherlock, per l’amor di Dio!»
Chiuse gli occhi, respirando forte. Sherlock sollevò un sopracciglio, un sorriso sornione a curvargli le labbra.
«Deodorante. Efficace.»
Sei fortunato a non essere davvero un ladro, Sherlock…
«Cosa… Che ci fai qui?»
«Gli uomini di Mycroft sono qua sotto. Ho circa venti minuti di libertà vigilata, poi dovrò andarmene. Volevo salutarti.»
Nonostante parlasse con la consueta velocità, Molly leggeva una grande stanchezza nelle spalle cadenti, nei sospiri che ogni tanto intercalavano le parole.
La ragazza corrugò la fronte. Appoggiò il deodorante sul tavolino e si sedette accanto a lui, sul pavimento. Sherlock guardava fisso davanti a sé.
«Cos’è successo? Libertà vigilata, che vuol dire…»
«Ho ucciso un uomo, Molly.»
Lei sgranò gli occhi. Sherlock sorrise amaramente.
«Ora sei autorizzata a spruzzarmi il deodorante negli occhi.»
Scosse la testa.
«Come è successo?»
Un Natale tranquillo non sembrava poter far parte della vita di Sherlock.
«Hai saputo di Magnussen, suppongo.»
Molly annuì.
«Minacciava John. Avrebbe potuto rovinare Mary, quindi John, il bambino… Non potevo permetterlo.»
Molly sentiva il dolore nella sua voce graffiarle il petto. Avrebbe voluto abbracciarlo e fargli sentire un po’ di calore, e affetto, ma si trattenne. Era comunque di Sherlock che si trattava.
Rimasero in silenzio per un po’.
«Non c’era altra soluzione? Hai dovuto proprio ucciderlo?»
«Lo stava schiaffeggiando, lo stava umiliando davanti a me!» rispose lui con rabbia inaudita, stringendo i pugni.
«Capisco.»
«Non potevo lasciare che continuasse» disse, la voce più bassa. Continuò, più calmo:
«Dovrò partire domattina, è probabile che non torni più. Non ci sono prove sufficienti contro Magnussen per scagionare me. O parto o mi aspetta l’ergastolo, e non posso permetterlo. Quindi…»
Molly non registrò l’informazione, ancora assorta in quello che le aveva detto prima.
«Perché… perché sei venuto a dirmi tutto questo?»
Sherlock la guardò negli occhi per la prima volta, sbattendo le palpebre. Sembrava non averci mai pensato. E in effetti non aveva riflettuto molto: appena aveva sentito il bisogno di parlare con qualcuno, era corso da Molly, perché…
«Sapevo che mi avresti ascoltato.»
Molly aprì la bocca per protestare – cosa gli faceva pensare di essere sempre a sua totale disposizione? – ma poi la richiuse quando lui la guardò. Conosceva Sherlock da anni, ma non l’aveva mai visto tanto abbattuto, disperato. Anzi no, si corresse, era esattamente così prima di gettarsi dal tetto del Bart’s.
«Sherlock, tu… Sai che io farei qualsiasi cosa per te, come… Come tu faresti qualsiasi cosa per John. Anche uccidere un uomo. Io lo farei per te, sempre.»
Deglutì e trasse un gran respiro, determinata ad andare fino in fondo.
«E penso… Probabilmente lo sai, io sono innamorata di te da tantissimo, Sherlock. Non dall’inizio – all’inizio era solo… infatuazione, come vuoi chiamarla? – ma poi… è cambiata. Pensavo di essermene liberata, ad un certo punto, ma poi sei tornato... E ormai ho smesso di farmi illusioni da un pezzo, insomma, sono una ragazza grande, ma adesso… adesso so che io ucciderei per te, ma tu hai ucciso per John Watson.»
Ignorò il groppo di lacrime che le stringeva la gola e il tremore che la sconquassava, concentrata negli occhi di Sherlock, che ricambiavano il suo sguardo perplessi e spaventati, pronti a fuggire. Lei non aveva paura però: perché avere paura della verità?
«E mi va bene, sai. Ok. Insomma, sapevo che mai, mai avresti potuto… ricambiare, insomma, stiamo parlando del grande Sherlock Holmes e della piccola Molly Hooper, voglio dire… Però, Sherlock, adesso tu partirai, e potresti non tornare, e… Insomma, io voglio che tu sia felice e… Come hai fatto a vivere tanti anni senza… senza mai ammettere quello che sentivi? Come hai fatto a tenerti tutto dentro, a nasconderlo a te stesso? Non avrai voluto guastare il tuo rapporto con John, forse, ma… Guarda adesso. Te ne andrai e lui non saprà mai quanto conti per te.»
Tacque, respirando pesantemente.
«Se tu…» Trasse un gran respiro. «Se tu ami John Watson…»
«Gli salvo la vita e quella dei suoi cari, a costo della mia. Quale regalo più grande?»
Lo guardò incredula, gli occhi sgranati.
«Avreste potuto… regalarvi la vita a vicenda, e viverla insieme» sussurrò.
Sherlock rimase in silenzio, tremante, per quelli che sembrarono pochi, infiniti minuti. Poi si alzò con un unico movimento rapido.
«Devo andare, è tardi.»
Le porse una mano per aiutarla a rialzarsi. Era fredda come marmo, nonostante avesse ancora il cappotto addosso.
«È un addio allora? Te ne vai per davvero?» mormorò, sentendo che perdeva il controllo di sé stessa e le lacrime le salivano agli occhi.
«Sì. Non dire nulla a John. Buona notte» rispose, portandosi la sua mano alle labbra con delicatezza, ancorando gli occhi a quelli della ragazza.
«Sei stata… infinitamente più importante per me di quanto tu possa immaginare, Molly, se questo può esserti di qualche consolazione.»
«Sherl-»
«Grazie. Addio.»
Lasciò la sua mano, le volse le spalle e uscì dalla finestra da cui era entrato.
 
°°°
 
Novembre.
Sherlock, immobile sulla sua poltrona, osservava John. Osservava i suoi capelli ingrigiti, la mascella ammorbidita, le occhiaie pronunciate.
«Diventare padre invecchia» constatò ad alta voce. «Alzate ad orari assurdi, niente più tempo per sé stessi, vita più sedentaria. Che gioia.»
John sbuffò sorridendo da dietro la sua tazza di tè, e non rispose. La poggiò sul tavolino, si alzò e andò dietro alla poltrona dell’altro, accostandosi alla finestra, le mani dietro la schiena.
«Ci sono cose che non capiresti. Piccole, sciocche cose. Un sorriso, una parolina da una creatura che è parte di te. Piccole, sciocche cose.»
Sherlock sbuffò, unendo le punte delle dita. John si avvicinò alla libreria, piegando la testa di lato. Ad un tratto corrugò le sopracciglia.
«Silas Marner? Non pensavo leggessi Eliot» disse, sorpreso. Sherlock, non visto, ghignò.
«Aspetta, aspetta… Cime tempestose? Mansfield Park
Si voltò verso di lui con gli occhi sgranati.
«Da quando in qua ti sei dato al romanzo femminile ottocentesco?»
Finalmente notò il ghigno sul suo viso.
«Sherlock? Che succede, di chi sono quei libri, perché di sicuro non sono tuoi, tu…» si bloccò, notando un maglione con un disegno di ciliegie dimenticato in un angolo del divano. Aveva già visto quel maglione, ne era certo…
«Molly Hooper? Perché ci sono i libri e il maglione di Molly Hooper qui?»
Sherlock controllò il suo orologio con fare teatrale.
«Diciassette minuti e quarantacinque secondi. Iniziavo a pensare che non ci saresti mai arrivato.»
John si accigliò.
«Arrivato dove? Sherlock, che vuol dire?»
Il detective sollevò le sopracciglia, innegabilmente divertito.
«A quanto pare mi sbagliavo.»
Si alzò e si diresse in cucina, aggiustandosi la giacca.
«Sherlock!» iniziò John, con uno dei suoi sguardi minacciosi da “smetti-di-fare-il-superiore-prima-che-ti-prenda-a-schiaffi”.
«Io e Molly ci frequentiamo» disse Sherlock, voltato di spalle. John spalancò gli occhi.
«T-tu e Molly? Molly
«Sì, Molly. Sorpreso?»
Sherlock si voltò con uno sguardo glaciale.
«No, è solo che… Non avrei mai pensato che tu… insomma, c’era stata Janine, me lo ricordo, ma era per un caso, poi… Voglio dire, la nostra Molly Hooper… Wow.»
«Alquanto sorpreso, vedo. Sì, io e Molly stiamo insieme, dopo aver reciprocamente ammesso i nostri sentimenti e…»
«Tu non provi alcun sentimento per Molly! Ti conosco troppo bene, tu non ami Molly!» esplose John. Sherlock sollevò un sopracciglio.
«Pensi davvero che io non sia in grado di amare una ragazza dolce e… carina come Molly?»
«Non dico questo, tu… Non provi sentimenti di questo tipo… Mi ricordo la Donna, ma con lei era diverso, non c’erano sentimenti…»
«Pensi che io non sia in grado di amare, John?»
«Di sicuro, io non ti ho mai visto farlo» disse, sgranando gli occhi.
«Questo perché, come al solito, guardi ma non osservi» disse il detective, la voce profonda che fece rabbrividire il dottore, gli occhi che trafiggevano i suoi. John deglutì, ma non abbassò lo sguardo.
«Pensi che uccidere un uomo per salvare qualcuno, mettendo a rischio la propria incolumità non sia un gesto d’amore?» continuò.
John guardò altrove nervosamente, le mani improvvisamente tremanti.
«Anch’io ho ucciso un uomo per te, Sherlock, durante il nostro primo caso, anche se ancora non ti conoscevo bene, ma questo non vuol dire…»
Incontrò di nuovo gli occhi del detective e capì esattamente cosa volesse dire. Si spaventò.
«Sherlock, che succede? Sherlock…»
«Scava dentro di te, John Watson. Conosci la risposta.»
John tremò, gli occhi di Sherlock due fari di ghiaccio nella tempesta infuocata che lo rodeva dentro. Non poteva, non voleva andare a cercare quella maledettissima risposta, perché sarebbe stato doloroso, e poi faticoso farci i conti.
«Non so di che cosa tu stia parlando. I-io… Ho una famiglia. E tu hai Molly, e sono sicuro che sarai felice con lei, è una ragazza preziosa. T-tu… n-noi… No» si schiarì la gola, deglutì. Gli occhi di Sherlock andavano crepandosi ogni secondo di più.
«Ormai è… troppo tardi. Te ne sei andato, per due anni, mi hai lasciato solo, completamente, e io… che dovevo fare? Adesso è tardi, non…»
«Già. Le convenzioni, le comode maschere della banalità quotidiana. Il rischio della novità, della verità ti fa paura, non è così? Stai invecchiando, John.»
John chiuse forte gli occhi, soffiando dal naso per calmarsi. No, no, no, no…
«Sherlock» sibilò, la voce strozzata. «Sei stato tu a lasciarmi, a morire. Mi hai fatto soffrire come un… E adesso pretendi che io molli tutto e…»
Fece un gran respiro, riaprì gli occhi, prese la giacca dallo schienale della sua poltrona con mani tremanti.
«Devo andare.»
La voce era ferma, da bravo capitano.
«Mi dispiace. Salutami Molly.»
Uscì svelto, chiudendosi la porta dietro.
Gli occhi di Sherlock erano ormai ridotti in mille pezzi.
 
°°°
 
Aprile, due mesi prima.
Molly spinse la porta del 221B, gettò la borsa a terra e sprofondò nel divano, tenendosi la testa fra le mani. Lo sguardo incredulo e, sì, anche un po’ deluso di Mrs Hudson le ballava ancora davanti agli occhi.
Andiamo, hai sempre saputo che tifava per loro.
Si rigirò l’anello al dito.
Giorni che continuava a rimirarlo, e ancora non si capacitava che fosse suo. Probabilmente non l’avrebbe fatto mai, finché non lui le avrebbe messo un altro anello.
Sherlock probabilmente non pensava che lei se ne fosse accorta, ma Molly non era poi così sprovveduta: sapeva benissimo che Sherlock non l’amava. Le voleva bene, di questo era certa, ma era e sarebbe sempre stata seconda. Solo che Sherlock aveva bisogno di lei, di qualcuno che si prendesse cura di lui e non lo lasciasse solo. John aveva ormai una famiglia a cui badare, mentre Sherlock… Aveva lei, e cercava di farsela bastare.
A Molly non dispiaceva. E come avrebbe potuto? Milioni di volte aveva sognato di trovarsi in una situazione del genere. Certo, nei suoi sogni tutto era molto più roseo e semplice… Eppure, non poteva smettere di amarlo, anche con la consapevolezza di non essere la sua prima scelta. Forse si svalutava, e avrebbe dovuto pretendere di più per sé stessa, e forse lì fuori c’era qualcuno che l’avrebbe messa sopra a tutto e tutti, ma c’era un solo Sherlock.
Sentì dei passi rapidi su per le scale. Sollevò la testa nel momento stesso in cui la porta si apriva. Sherlock venne a salutarla senza nemmeno togliersi il cappotto.
«Mrs Hudson ha saputo, vedo.»
Molly sorrise, e Sherlock con lei. Si liberò velocemente del cappotto e le si sedette accanto, cingendole la vita con un braccio. Le posò un bacio sui capelli prima di iniziare a raccontarle del caso entusiasmante a cui l’aveva sottoposto Lestrade. Molly si beò del suo viso e del suo tocco, e non pensò a nient’altro. Nemmeno a quello che lui stava dicendo, come non mancò di farle notare poco dopo, divertito.
Tutto sommato, andava bene. Stavano bene, anche se i momenti di pace come quelli erano rari. Non era ciò che avevano sempre sognato, non c’era un legame così profondo e c’erano troppe cose non dette, ma era quanto di meglio potessero fare. Per sopravvivere, andava bene anche così.
 
°°°
 
Giugno, adesso.
Mary osserva sua figlia di sette anni e Molly ballare, l’unico punto di luce pura e bianca nella calca scura del resto degli ospiti. Non può fare a meno di sorridere, il sorriso di chi, per un secondo, ha visto lo splendore dell’alba. Ma poi il suo sguardo scivola più in là, e il sorriso svanisce.
Sherlock e John. John e Sherlock.
C’è una tale elettricità fra loro che oscura tutto il resto e mette in chiaro tutto quanto ci sia di falso e impuro negli altri intorno a loro. E Mary si sente improvvisamente meschina e sbagliata e, quando guarda sua figlia, colpevole. Se lei non fosse entrata nella vita di John, le cose sarebbero andate diversamente, dopo il ritorno di Sherlock – ma chi avrebbe potuto prevederlo? Lei e John avevano fatto quanto potevano per andare avanti. E questo cerca di fare anche Sherlock, adesso.
Dopo il ritorno di Moriarty, quando la bambina era nata, Sherlock aveva capito di averlo perso. Mary non avrebbe mai dimenticato il suo sguardo malinconico mentre stringeva la neonata fra le braccia. Poco dopo aveva iniziato ad uscire con Molly.
Mary, che capisce Sherlock meglio di sé stessa e sa osservare, suppone che il detective abbia visto in Molly normalità, stabilità, un’ancora sicura che lo tiene con i piedi per terra, come un tempo era stato John. Ma non riesce a separarsi dal pensiero – meschino, se ne rende conto – che in qualche modo Sherlock voglia vendicarsi di loro, fargli vedere, far vedere a John, che può andare avanti anche senza di lui. E allora sente un’ondata di rabbia montarle dentro, tornando a guardare Molly, bianca e splendida nel suo abito semplice. Non merita tutto questo, non ha mai fatto nulla per meritarselo. Lanciando un’occhiata a Sherlock pensa che lui ne sia cosciente, sappia quanto lui sia pericoloso e Molly pura, e Mary sa che lui non l’avrebbe mai persuasa a fare qualcosa che possa danneggiarla, per cui Molly deve aver scelto lui, conscia del pericolo e del fatto che la felicità si sarebbe nascosta negli angoli più improbabili e che sarebbe stato difficilissimo tirarla fuori.
È questo l’amore, allora, la disperata scelta di tornare indietro fra le fiamme per tentare di salvare la persona amata?
Mary guarda John e Sherlock, poi di nuovo Molly e sua figlia.
Chi tornerà indietro?













 
  
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