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Autore: Ale_80    09/08/2008    0 recensioni
"Non si può bere e fischiare!" Andrea lo sa bene, quando si ritrova a dover organizzare il matrimonio di un'ex compagna di università. Fin qui nulla di strano... se non fosse che il fidanzato di Monica è anche il SUO fidanzato, che per oltre un mese ha tenuto il piede in due scarpe, tenendo entrambi i partners all'oscuro dell'altro! "Che poteva fare? Dire a Monica che era tutta una farsa, che stava per sposarsi un bastardo traditore, un doppiogiochista, un... diciamolo!… uno stronzo!! Oppure era meglio lasciar correre, giocare tutti e tre insieme all’allegro teatrino e fare i conti con Marco in separata sede, prima di decidere sul da farsi? Naturalmente optò per la seconda possibilità." Una commedia fresca e romantica che parla di amore, di amicizia e.. del colpo di fulmine! Di quelli che capitano.. quando meno te lo aspetti! Buona lettura e commentate in tanti!!^^ Ale:)
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andrea correva a rotta di collo su e giù per i corridoi dell’ospedale, nella fredda notte di Capodanno, chiedendosi perché in quella particolare nottata ogni anno decine di persone decidessero di affollare l’ospedale pieni di abrasioni, ferite e scottatu

                   Quando meno te lo aspetti

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

 

 

Andrea correva a rotta di collo su e giù per i corridoi dell’ospedale, nella fredda notte di Capodanno, chiedendosi perché in quella particolare nottata ogni anno decine di persone decidessero di affollare l’ospedale pieni di abrasioni, ferite e scottature provocate da stupidi e scadenti petardi. Ogni anno la stessa storia, lo stesso delirio che durava circa da poco prima della fatidica mezzanotte alle tre del mattino.

Così, il giovane dottore si ritrovava stanco e trafelato a medicare, fare suture e disinfettare insieme agli altri quattro disgraziati o poco più che pur di prendersi il giorno libero a Natale ora si sorbivano quella maledizione divina.

La sala d’attesa era un inferno: gente che si lamentava, chi litigava, chi vomitava lenticchie e Champagne (in dosi esagerate, mescolato a vodka o altri superalcolici da ‘brindisi’!), chi cantava in preda alla sbornia mentre quei disgraziati di infermieri cercavano di medicarli. Insomma, un incubo.

Tuttavia, verso le quattro del mattino, così come tutto era cominciato, era improvvisamente tornata la calma, e il personale poteva finalmente concedersi una pausa, una volta sistematisi nella sala d’aspetto con in mano dei bicchierini di plastica di caffè fumante.

Andrea abbandonò la testa indietro, rilassando i muscoli e chiudendo gli occhi per un istante.

“E anche quest’anno il famigerato capodanno è passato, eh?”

Andrea sollevò la testa, sorridendo al ragazzo biondo acanto a lui.

“Già…” sussurrò “un incubo, davvero… Ma io mi chiedo come faccia certa gente a ridursi così…

Alessandro rise, sorseggiando il suo caffè. “Non lo so… so solo che non vedo l’ora di farmi una doccia.”

“Dillo a me… sono sudato marcio. E stacco alle sette!” gemette l’uomo dai capelli rossi, gettando nella spazzatura il bicchierino ormai vuoto.

“Vuoi darti una sciacquata? Ho dei Fresh&Clean se vuoi!”

“Non lo so.. funzionano?”

“Puzzo di vomito?”

.. No!”

“Allora funzionano.”

Andrea rise, scompigliando i capelli del giovane infermiere accanto a sé.

Ale sapeva sempre cosa dire per far uscire il sole nei giorni più tetri. Era l’infermiere più giovane dell’ospedale, aveva solo ventitré anni e già lavorava a pieno ritmo. Era abbastanza alto e molto magro, coi capelli biondissimi e gli occhi grandi di un verde quasi trasparente. Famoso per avere sempre la battuta pronta e un sorriso per tutti.

Lavorava lì da pochi mesi, e spesso Andrea si chiedeva come facesse a sopravvivere lì dentro prima del suo arrivo.

“Ehm.. dottore?” chiamò timidamente Laura, un’infermiera, facendo capolino nello stanzone.

Andrea alzò gli occhi al cielo, rassegnato. “Mh?”

“C’è di là un paziente… avremmo bisogno..

“Ho capito, arrivo.” Lanciò un’occhiata disperata ad Ale, il quale sorrise dandogli una pacca sulla spalla.

“Coraggio, mio eroe!”

“Ma piantala, cretino!” rise il medico, prima di dirigersi verso la Sala Uno.

 

 

 

Andrea entrò nella piccola stanza ambulatoriale tenendo in mano la cartella clinica del paziente che gli aveva appena affidato Laura. Marco Aderighi, incidente di moto, nessun danno celebrale, presunta frattura all’avambraccio sinistro.

pensò Andrea, premendo la maniglia della porta ed entrando nella sala.

“Buongiorno…” disse, sforzandosi di sorridere.

Seduto sul lettino, il paziente ricambiò il saluto, sfoggiando un sorriso sincero. Marco Aderighi era un giovane uomo, sui trenta, alto e moro, con due grandi occhi nocciola.

Niente male.

Andrea stai lavorando, per favore!!

“Sono il dottor O’Donnell,” disse, una volta uscito dal suo stato di trance, avvicinandosi alla lampada delle lastre e attaccandovi quelle di Marco.

“Ecco…” sospirò Andrea “..mi dispiace, qui ci vuole una bella ingessatura.”

“Rotto?”

“In due punti.”

“Magnifico!” esclamò Marco con sarcastico entusiasmo, facendo sorridere il dottore.

“Mi dispiace…” disse Andrea, sedendosi davanti a lui con l’occorrente per il gesso. “Ma come ha fatto?”

Marco si passò la mano libera sul viso, ridendo sommessamente. “Bè… in moto…”

Il giovane medico sollevò un sopraciglio e sorrise. “Sì.. questo lo sapevo… E devo dire che è stato fortunato, insomma… gli incidenti in moto di solito hanno conseguenze ben più gravi di una frattura al braccio!”

A quell’affermazione Marco scoppiò a ridere, di una risata sincera e liberatoria, sotto gli occhi confusi di Andrea.

“Bè sì…” disse, calmando la risata “… se cadere dalla moto da fermo al semaforo si può definire ‘incidente’!”

A quell’affermazione Andrea, che aveva appena finito di ingessargli il braccio, non poté fare a meno di seguire la risata del suo paziente.

“Come, scusi?” chiese, piegando la testa di lato.

“Già… ho banalmente perso l’equilibrio, e sono caduto con tutto il mio dolce peso, e con quello della moto, sul braccio.”

Andrea, che nel frattempo si era spostato al tavolo a scarabocchiare su una ricetta, scosse la testa continuando a sorridere. Quel Marco era riuscito a sciacquargli via la stanchezza di dosso…

“Ecco..” disse, tornando accanto al moro “…questo è un antidolorifico, che trova in farmacia… nel caso il braccio le facesse troppo male…”

“Grazie.”

“Dovere.”

Andrea aprì la porta e gli tese la mano. Marco la strinse per poi andare a guardare la ricetta con aria pensierosa.

“Qualcosa non va?” domandò Andrea, notando lo sguardo dell’altro.

“Bè sì…credo che qui manchi qualcosa…”

Andrea si sporse a controllare il foglio di carta, corrugando la fronte. “…Cosa?”

“Il tuo numero.”

Il giovane O’Donnell lo guardò pensieroso, ma involontariamente quell’espressione indignata di tinse di malizia. Marco gli piaceva, gli era piaciuto da quando era entrato in quella saletta. E, per una volta nella vita, la fortuna girava dalla sua parte. Che poteva fare?

Sorrise, prese una matita, e scrisse il suo numero sulla ricetta.

  
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