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Autore: 1rebeccam    09/06/2014    12 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 36
 


-Un paio di ore…-
Esposito controlla l’ora.
-Gordon ha detto di averla lasciata al bar alle 7.00, l’ufficio apre alle 7.30. Deve averla rapita in questo arco di tempo.-
La Gates annuisce.
-Mettiamo in conto circa due ore per portarla al nascondiglio, girare il video, caricarlo in rete e liberarsi dell’auto. Ad occhio e croce abbiamo tempo fino alle 11.30…-
-…e sono già le 10.05!-
Esclama Kate stizzita, mentre Esposito solleva le sopracciglia sorpreso, quando il capitano le prende la mano, guardandola dritto negli occhi.
-Beckett, so che sarà doloroso per te, ma parla sicuramente di un posto che ha a che fare con la morte di tua madre. Parla di quella notte, del freddo e di un profumo che da quella sera non sopporti più… non ti viene niente in mente?-
Kate scuote la testa interrompendola.
-Capitano non parla di me! Beckett non è il suo personaggio. Parla di Nikki…-
La Gates sbuffa per aver dimenticato la paranoia di Dunn, Kate le lascia la mano e fa un paio di passi in avanti.
Guarda in un punto indefinito, verso il lago ghiacciato. Uno spiraglio di luce si è appena fatto strada tra le nuvole e gioca sulla lastra di ghiaccio colorandola di sfumature gialle.
-Parla della morte della mamma di Nikki. Era al telefono con lei quando è stata uccisa, l’ha sentita morire.-
Non è ferita. Non le ho fatto del male. Ha solo freddo…
Corruccia la fronte, scuotendo la testa.
-Ma cosa c’entra il freddo!-
Sussurra quasi tra se, cercando di fare mente locale. Manda nuovamente avanti il video, chiude gli occhi, ascoltando  attentamente solo la voce e si sofferma sulla parte finale.
Un profumo che portava alla mente momenti felici della tua fanciullezza… un profumo che portava dolcezza nel tuo cuore…
-Un profumomomenti felici della tua fanciullezza…-
Spalanca gli occhi e si gira di colpo verso i colleghi.
-Cannella!-
Esclama improvvisamente. Esposito corruccia la fronte, mentre il capitano annuisce.
-In Heat Wave Nikki lascia sua madre a casa da sola, per andare a comprare i bastoncini di cannella!-
Esposito continua a guardarla stranito e la donna solleva le spalle scocciata.
-Ho letto il libro, qualcosa in contrario? Mi sono documentata!-
Il detective si schiarisce la gola, mentre Kate continua il pensiero del suo capitano.
-Il profumo che le dà la nausea, per Dunn, può essere quello della cannella, perché secondo lui, Nikki lo associa all’assassinio di sua madre.-
-Quindi dove l’ha nascosta? Un posto freddo che profuma di cannella? Potrebbe essere un posto qualunque in città!-
Dice Esposito sempre più confuso, ma Kate scuote la testa.
-No Espo… non è un posto qualunque. E’ un posto che Nikki conosce bene. Un posto e un profumo che possono tornarle alla mente perché collegati all’omicidio della madre.-
Stringe le palpebre verso un punto imprecisato, cercando di immedesimarsi nel racconto della morte della madre di Nikki Heat e di non sentirlo personale. Nonostante stia parlando del libro, non può non sentire la stretta allo stomaco che le provoca quella frase.
All’improvviso stringe i pugni.
-Il negozio di spezie in cui Nikki è andata a comprare la cannella e da dove ha chiamato la madre prima che fosse uccisa. Il Morton Williams sulla Park Avenue South.-
 
Salgono velocemente in macchina, il capitano Gates richiede rinforzi e un’ambulanza, mentre Kate mette al corrente Ryan di quello che hanno scoperto. Esposito schiaccia il piede sull’acceleratore a sirene spiegate.
-Siete consapevoli del fatto che se il posto è sbagliato, Jessica è spacciata! Non avremo un’altra possibilità…-
Kate annuisce sicura.
-Non avremo bisogno di un’altra possibilità!-
-D’accordo, l’avrà portata al Morton Williams, però è un supermercato enorme, non credo l’abbia messa in bella vista al negozio di spezie, reparto cannella!-
Continua lui scettico, mentre sterza a sinistra.
-Nel video si capisce che è nascosta in un posto buio, con una piccola luce che non illumina praticamente nulla…-
-…e in cui c’è freddo! Se lo rapportiamo ad un supermercato può essere un deposito, una cella frigorifera o una cantina.-
Conclude il capitano, tenendosi bene ancorata al sedile con una mano, mentre con l’altra compone il numero del Morton Williams, chiedendo del direttore.
-Meglio che ci aspetti all’entrata, così non perdiamo altro tempo…-
Una frenata la catapulta in avanti e subito dopo all’indietro, quando Esposito riparte a razzo.
-…sempre che arriviamo vivi!-
Svoltano sulla Park Avenue South e parcheggiano davanti all’insegna con la scritta rossa Morton Williams Supermarkets, contemporaneamente all’auto di Ryan, sopraggiunto dalla parte opposta, insieme a Gordon Russell.
-Avrei dovuto ammanettarlo al palo davanti a distretto per impedirgli di venire con me!-
Si giustifica con il capitano, mentre corrono all’entrata del negozio, dove un uomo in giacca e cravatta li aspetta con l’aria tesa.
 -Capitano Victoria Gates, ho parlato con lei poco fa?-
L’uomo annuisce porgendole la mano.
-Sono David Francis, il direttore. Come posso aiutare?-
-Avete delle stanze refrigeranti all’interno?-
Il direttore annuisce ancora, mentre li precede.
-Certo, abbiamo il deposito dei surgelati e quello della macelleria. Si trovano in fondo al negozio, vi faccio strada.-
Kate lo ferma sfiorandogli il braccio.
-Aspetti un momento. Si può accedere solo dall’interno?-
-Si. L’entrata è sul retro, ma si deve comunque passare per il deposito.-
Lei si ferma a riflettere, guardandosi intorno.
-E c’è sempre qualcuno?-
-Questo posto è aperto 24 ore su 24, il deposito è sempre in movimento, sul retro abbiamo anche le cucine in cui prepariamo i prodotti gastronomici. Ogni 8 ore c’è il cambio degli impiegati, che entrano ed escono da lì… si, direi che c’è sempre qualcuno.-
-Non può averla nascosta lì dentro.-
Esclama Esposito.
-Avrebbe dato per forza nell’occhio.-
-Il video parla chiaramente di un posto buio e freddo, deve essere per forza un frigo, un container con termostato…-
Riflette Beckett e il direttore si gira di colpo, sollevando la mano, come se avesse avuto un’illuminazione.
-Ci sono le cantine!-
Si guardano confusi e lui continua annuendo.
-Questo negozio è provvisto di sotterranei che fino a qualche anno fa venivano usati come cantine o celle frigo. Poi abbiamo ristrutturato tutto e costruito le celle refrigeranti direttamente in negozio. Sono in disuso, saranno almeno 5 anni, però esistono ancora e, per quel che ne so, gli impianti sono fermi, ma funzionanti. Si accede dall’esterno, dal parcheggio. Prendo le chiavi.-
Corrono fuori per fare il giro del palazzo, mentre l’ambulanza fa il suo ingresso nello stesso momento nel parcheggio del supermercato.  L’accesso ai sotterranei è dato da due porte di ferro, che danno su una scala che va verso il basso. Si ritrovano al buio, circondati da pareti ammuffite. Il posto è sicuramente abbandonato da tempo, come ha detto il direttore. Un lungo corridoio mostra 5 porte blindate a destra e 7 sulla sinistra.
Si sparpagliano per aprire ognuno una porta, quando Kate si ferma all’improvviso accanto alla quarta sulla destra.
-Non sentite niente?-
Sussurra, facendo avvicinare gli altri, che scuotono la testa, credendo si riferisse ad un rumore o un suono, ma lei chiude gli occhi e annusa l’aria.
-Cannella! Questo è profumo di cannella…-
Si avvicina alla porta continuando ad annusare, mentre i colleghi fanno altrettanto e annuiscono.
Tenta di aprire la porta, senza però riuscirci.
-E’ qui dentro Espo, dammi una mano. Il profumo viene da qui, ed è anche forte…-
Esposito, aiutato da Ryan, ruota un pesante saliscendi che blocca ermeticamente la porta ed un profumo nauseante di cannella, misto a muffa e umido, li avvolge appena entrati. Una piccola luce grigiastra contrasta con le luci delle loro torce e il freddo gelido che proviene dall’interno li investe all’improvviso.
Quello che non si riusciva a vedere dal video scuro, si rivelano essere scaffali vuoti attaccati alle pareti, che danno loro l’idea della profondità della cella, una stanza di circa due metri per tre, piena di scatoloni vuoti.
Li scostano velocemente, puntando i fasci di luce delle torce alla ricerca della ragazza. Si guardano intorno, dopo aver liberato la stanza, senza risultato.
-Forse abbiamo sbagliato tutto Beckett!-
Esclama Esposito continuando a puntare gli occhi sbarrati in ogni angolo.
-Il posto è questo, o il termostato non sarebbe in funzione.-
Risponde Kate, chinandosi sotto un paio di scaffali posti poco più in alto degli altri. Punta la torcia sull’ombra che ha attirato la sua attenzione e scosta quella che si rivela essere una coperta.
-E’ qui…-
Esclama buttando la torcia a terra, afferrando la ragazza per le spalle, aiutata dai colleghi.
-Jessica!-
La voce di Gordon li fa sussultare. Erano così intenti nella ricerca che non si sono resi conto che il giovane li aveva seguiti nei sotterranei. Entra di corsa, chinandosi accanto alla ragazza, mentre Kate le mette le dita sul collo.
-E’ viva! Portiamola fuori.-
Gordon la prende tra le braccia, mentre le lacrime gli offuscano la vista e i paramedici lo aiutano a distenerla sulla lettiga.
Si china su di lei accarezzandola.
-Jessica, sono qui tesoro. Sono qui…-
Kate gli mette una mano sulla spalla e lui si volta, tremando.
-Lascia che i medici facciano il loro lavoro.-
Il giovane annuisce, lascia a malincuore la mano della sua ragazza e resta con gli occhi fissi su di lei, mentre un medico le mette l’ossigeno ed una flebo. La ricoprono con una coperta termica e la caricano sull’ambulanza.
-Io vado con loro.-
Sussurra Kate al capitano, aiutando Gordon a salire accanto a Jessica. La Gates annuisce e quando l’ambulanza si allontana, si passa la mano tra i capelli e sospira.
-Seguiamoli e vediamo di trovare questo bastardo!-
 
 
Era a casa da un’ora.
Appena rientrato aveva copiato il video sul portatile e caricato in rete la sua opera.
Gli sarebbe piaciuto restare nei dintorni. Avrebbe voluto vederla arrivare… sapeva che sarebbe arrivata, sapeva che avrebbe capito il suo messaggio, ma doveva avere il tempo di abbandonare la macchina e caricare il video.
Alle 9.17 si era chiuso alle spalle la porta di casa e si era messo a lavoro.
Gli indizi li aveva lasciati sull’auto che aveva abbandonato fuori città, subito dopo aver nascosto la sua nuova preda.
Aveva abbandonato la macchina in quel posto proprio perché era un luogo di caccia, anche con la neve i cacciatori si divertivano ad uccidere animaletti piccoli e indifesi, solo per il piacere di farlo… come lui…
Aveva scelto quel posto perché sapeva che la vecchia Berlina bianca di Grayson sarebbe stata segnalata subito.
Tutto doveva essere perfetto e sincronizzato.
Finito il lavoro, con calma si era ripulito il viso.
Si era guardato allo specchio a lungo, mentre toglieva con cura la barba finta.
Poggiava due dita su di essa e con l’altra mano scollava pian piano la parte libera.
Era un lavoro preciso. Una mossa falsa, un gesto veloce e i suoi travestimenti sarebbero stati vani.
Tolse le lentine colorate. Verdi… come i suoi occhi!
Si lavò il viso con l’acqua fredda, prese una goccia di lozione protettiva, sfregò le mani tra loro per impregnarle per bene e poi le passò sul viso, dove la colla gli aveva irritato la pelle.
Si asciugò con cura e rimase a guardarsi.
-Sei soddisfatto?-
Gli chiese il riflesso sorridente davanti a lui, che annuì semplicemente, senza dire una parola.
Spense la luce e si sedette alla piccola scrivania, accese il portatile e rimase a guardare il foglio bianco di word, sul cui centro in alto spiccava la parola EPILOGO.
Sorrise.
Soddisfatto.
L’aveva vista tremare, piangere, disperarsi.
L’aveva vista piccola in confronto al cielo grigio sopra di lei.
L’aveva vista inerme contro il dolore.
Certo che era soddisfatto!
L’aveva seguita fin sotto casa sua.
L’aveva vista entrare dal portone con lo sguardo vuoto.
Distrutta.
Tanto distrutta che non aveva sentito la sua presenza, non si era voltata come aveva fatto negli ultimi giorni, a cercare quello sguardo invisibile alle sue spalle.
Si… era soddisfatto, così tanto che decise di lasciarla libera e dedicarsi ad altro… sempre per lei….
Ora doveva rilassarsi, sistemare l’ultimo capitolo e seguire le ultime ore dello scrittore.
Aprì l’unico cassetto centrale della sua nuova scrivania e prese le tabelle compilate dal Professore.
Scorse le pagine, saltando le prime due e il resto delle spiegazioni, inutili per lui, che il Professore si era preso la briga di segnare e passò alla tabella che lo interessava.

 
  • Dopo 24/30 ore dal contagio, la situazione ematica si presenterà completamente alterata. Il sangue non riuscirà più a supportare la normale circolazione e l’apporto dell’ossigeno e delle sostanze importanti che l’organismo ha bisogno perché l’individuo continui a sopravvivere.
 
  • L’organismo si troverà in deficit a livello muscolare. Le terminazioni nervose risponderanno agli impulsi cerebrali con lentezza e la forza dell’apparato muscolare subirà una sorta di paralisi, che renderà difficile o praticamente nulla la deambulazione o qualsiasi altro movimento legato agli arti, sia inferiori che superiori.
 
  • L’individuo presenterà un aumento della temperatura corporea, che con il passare delle ore potrebbe arrivare anche a livelli molto elevati.
 
  • Da questo momento in avanti l’organismo può reagire in maniera diversa, a seconda anche della resistenza fisica del soggetto in esame. Rapportando la reazione della cavia al corpo umano, l’individuo potrebbe ancora sopravvivere per altre 20/30 ore. Tempo che può prolungarsi o ridursi repentinamente a causa dell’insorgere di una qualsiasi complicazione a livello organico.
 
Gettò le tabelle sulla scrivania, sbuffando.
L’ultima parte non era da contemplare.
Lo scrittore doveva soffrire ancora per parecchie ore.
Era un uomo forte, avrebbe resistito.
Aveva già abbozzato il nono capitolo, doveva solo perfezionarlo e stamparlo… poi si sarebbe occupato dell’epilogo.
Rimase a fissare lo schermo del portatile che rifletteva la luce bianca del foglio ancora vuoto e che lo illuminava in maniera sfocata, in contrasto con il buio che regnava nella stanza.
Non si era preso la briga di aprire le imposte per lasciare entrare quei pochi raggi di luce grigiastra, che si erano fatti largo tra le nuvole con forza.
Erano ormai le 10.30 del nuovo giorno.
Le prime 25 ore erano trascorse, di angoscia per lei, di emozione ed adrenalina per lui.
In quel momento Nikki stava lavorando ancora di cervello per cercare di salvare la vita alla ragazza dai capelli lunghi e neri.
In quel momento non stava pensando allo scrittore, ma soltanto a correre ancora contro il tempo per vincere… almeno stavolta.
Se lo meritava dopotutto. Era giusto che avesse un premio…
Nikki era la protagonista perfetta per la sua storia.
Nonostante il dolore ed il peso della colpa, sapeva che non si sarebbe arresa.
Non quando la vita in pericolo non era la sua.
In quelle 25 ore l’aveva osservata, le aveva parlato, l’aveva sfidata in una corsa sfrenata per le strade di New York, era stato ad un solo passo da lei, le sue mani lo avrebbero afferrato se le porte del treno non si fossero chiuse al momento giusto, come se lui stesso avesse dato l’ordine attraverso la forza della mente.
Aveva amato quegli occhi pieni paura, incollati sulla boccettina che teneva tra le dita.
L’aveva vista correre verso il fumo nero della sua esplosione, l’aveva vista correre verso le fiamme, senza curarsi che avrebbero potuto risucchiarla all’inferno.
Lei era già ai piedi dell’inferno e, pur di non entrarci del tutto, avrebbe rischiato qualunque cosa.
Sorrise ancora… non poteva evitarlo.
Le labbra si muovevano verso l’alto senza che lui se ne accorgesse.
Abbassò lo schermo del portatile e il buio lo avvolse, disegnando sul suo viso piccole linee trasversali provenienti dalle fessure delle tapparelle.
Si tolse il laccio attaccato al collo, sollevò la boccetta davanti agli occhi e la guardò ammirato, riponendola poi con cura nella sua scatola.
Era tempo che fosse messa al sicuro.
Si  appoggiò alla spalliera della sedia e il suo pensiero si soffermò sul titolo del nono ed ultimo capitolo.
Ogni capitolo l’aveva spinta di un passo verso la porta dell’inferno.
L’ ultimo capitolo l’avrebbe fatta entrare.
L’epilogo l’avrebbe risucchiata per sempre…


Angolo di Rebecca:

La nostra squadra è riuscita a salvare Jessica, tra lo scetticismo di Esposito e la complicità di un capitano Gates, che si è documentata bene :3
Il nostro amico Scott Dunn fa il figo con se stesso allo specchio.
E' soddisfatto... bello lui...

Al prossimo, se vi va e grazie :*
  
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