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Autore: Ayame89    09/06/2014    2 recensioni
Le aveva detto che così era bellissima.
Perché una donna, per essere tale, doveva pesare meno di quaranta chili e non doveva eccedere con il cibo.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non ebbe un solo momento di esitazione in tutto quello che fece a partire dal giorno dell’incontro con il suo amante.
La convinzione scorreva nell’animo sussurrando senza interruzione che di sicuro, tutto ciò che quell’uomo voleva, era lei.
Le ripeteva spesso quanto fosse una bella donna, quanto il cambiamento avesse riscoperto una femminilità prima di allora chiusa e celata.
Era di certo bella, alta, con lunghi capelli corvini a solleticare la schiena, sbarazzini e illogici.
Le piaceva il mare, le piaceva suonare il piano e le piaceva mangiare in gran quantità, assaporando tutto ciò che le mani potevano produrre. Amava soprattutto quel dolce fatto con savoiardi e mascarpone; aveva il vago presentimento si chiamasse tiramisù, ma ora non ne era del tutto certa.
Era lì, davanti allo specchio, a fissare quella figura che non poteva di certo essere lei.
Lei non era così.
Quella figura pallida la guardava e non si capacitava di come fosse riuscita ad entrare dentro quello specchio.
Le faceva paura.
Quella figura stava ferma, immobile, la fissava chiedendole qualcosa per nutrirsi, consapevole del fatto che, per qualche ragione sconosciuta, non poteva accontentarla.
Le dita si appoggiarono al vetro e vide i propri polpastrelli toccare quelli del foglio di carta dai lineamenti umani.
Le faceva paura.
I capelli erano secchi, spettinati, quasi radi. Anche se, a guardare bene, un tempo sicuramente ve ne erano stati di folti, di belli. Come quelli che si vedono alla televisione scatenando nello spettatore l’irrefrenabile desiderio di averne simili.
Quella figura continuava a guardarla toccandosi il grembo, parte un tempo rosea e leggermente tondeggiante. Quella figura non aveva nemmeno il seno...e nemmeno le guance. Tutto ciò che possedeva, era un cumulo di ossa accatastate all'unisono. Unico segno di vita, occhi azzurri privi di vivacità leggermente umidi.
Le faceva paura.
L’uomo le aveva detto che così era bellissima, perché una donna, per essere tale, doveva pesare meno di quaranta chili e non doveva eccedere con il cibo.
Lo ripeteva giorno dopo giorno, ma lei lo amava a tal punto da assecondare ogni sua richiesta...e desiderio. Ricordava che, una volta, aveva indossato un bellissimo abito di seta rossa che evidenziava seni sodi e abbondante, scivolando sui fianchi accentuati.
Quando le capitava di passeggiare per la città, alcuni in macchina si divertivano a definirla ‘’bellezza’’, affibbiandole quel nome così sincero e per nulla volgare.
Quella sera di Gennaio, voleva indossare quel bel vestito rosso fatto da seta così liscia e pregiata.
Amava quel vestito ed amava il modo in cui le stava.
Eppure, quella figura non sorrideva affatto indossando quell'abito.
Forse perché l'abito non lo indossava. Lei era lì, ad osservare l'intimo candido ed il vestito rosso ai suoi piedi. Si chinò con fatica, la schiena doleva da un po’ di tempo, ma lui le aveva detto che era normale, il corpo stava cambiando e migliorando.
Sistemò con cura le spalline del vestito, osservando la figura priva d'espressione con un vestito a calzarle i piedi. Riprovò ancora e ancora, fino ad arrendersi.
Quella figura non voleva vestirsi...non riusciva a vestirsi. Le mani della figura salirono fino a dove un tempo c'era il bel seno, toccando capezzoli piccoli e caldi.
Le faceva paura.
Quella figura si avvicinò a lei, tanto da sfiorare con il viso la superficie dello specchio. Le dita accarezzarono la guancia destra in cerca di qualcosa: poteva sentire denti perfetti pungere il leggero strato di pelle. Era bellissima, lui glielo ripeteva spesso da un po' di tempo a questa parte, soprattutto ora che era diventata così. E fu proprio in quel momento che l’uomo entrò nella stanza. La donna chiuse gli occhi per udire a pieno il rumore dei passi alle sue spalle, ed il tocco delle mani grandi stringere le piccole spalle.
"Ti amo. Sei bellissima. Lo sai, vero?"
"Sì."
"Sì."

"Il cibo è tuo nemico. Si può vivere senza cibo, l'hai capito, vero?"
Sentiva la pancia di lui spingere sulla colonna vertebrale, l'alito caldo di Marlboro sfiorarle il lobo dell'orecchio destro.
Quella voce che tanto aveva amato, quel tocco che spesso aveva desiderato erano lì, insieme a lei.
L'uomo fece scendere la spallina del reggiseno, ma lei bloccò la mano prima ancora che potesse iniziare ciò che aveva in mente. Non le andava, quella figura stava guardando, non poteva fare una cosa così bella con quel mostro che guardava.
Lui sorrise e continuò ciò che stava facendo, nonostante gli bloccasse la mano. La tolse per la seconda volta.
La fragile donna avvertiva l’addome contro il freddo specchio dove il mostro osservava, stava guardando e non voleva. Non poteva nemmeno piangere: lui non amava neppure quelle donne.
Fu rapido, non ebbe nemmeno il tempo di provare piacere, quella era una cosa che solo a lui era concessa. Si riallacciò i pantaloni e uscì dalla stanza.
Il foglio di carta umano scivolò lungo la superficie che rifletteva una realtà scomoda.
I glutei toccarono il pavimento gelido, gli occhi si spostarono sul candido intimo lì vicino. Aveva rinunciato a tutto, aveva rinunciato a vivere per far felice un uomo che non l'amava.
Aveva rinunciato al cibo, ripudiandolo perché lui l'amava così.
Aveva rinunciato ad essere donna, perché la vera donna era ciò che era adesso.
Ne valeva davvero la pena?
Mille e più pensieri misti a domande scomode cominciarono ad affollare la sua mente stanca.
Alzò il viso per osservare la figura riflessa che rivolgeva lacrime silenziose al pavimento... Perché anche quella era una cosa che non si poteva fare.
"Tu mi ami?" chiese sussurrando allo specchio.
Chiuse gli occhi e vi poggiò le labbra screpolate. Una voce le rispose che si, l'amava. Ma non amava ciò che era ora, perché non poteva amare qualcuno che non amava per primo se stesso.
 Poggiò la fronte con delicatezza al vetro, lasciandosi andare in quello che sembrava a tutti gli effetti un lungo torpore. Con una nota di malinconia a stringere il cuore in una morsa, lasciò tutto ciò che fino a pochi istanti prima aveva distrutto la vera donna che era in lei, trasformandola in un foglio di carta dai lineamenti umani. 
   
 
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