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Autore: tyurru_chan    10/06/2014    0 recensioni
[Valkyrie Profile: Covenant of Plume]
Da quando ti ho incontrato, che io ricordi, non ti ho mai visto sorridere nemmeno una volta.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Una piuma scarlatta, intrisa del suo peccato.

Una strada segnata da vicisittudini, sacrifici e immorali gesta.

Lastricata da lacrime di innocenti, tramutate in una densa poltiglia, intrisa di malvagità.
 
“La scelta è tua, cosa sei disposto a sacrificare, pur di raggiungere il tuo obiettivo? Pur di vendicarti su colei che ti ha strappato via tutto. Quanto sei disposto a pagare per tale immenso potere?”
 
“…”
 
“Allora?”
 
“Non ho rimpianti. Cosi sia.”
 
Una risata di scherno arrivò alle sue orecchie, profonda, roca, inquietante.
 
“Bene, mio prescelto. Il nostro patto è stipulato.”
 
 
 
 
 

“Wylfred? Wyl! Mi ascolti?”
 
Una voce fanciullesca, pacata, lo raggiunse, risvegliando il giovane guerriero dal suo torpore.
 
“Una pausa! Per piacere…” un lamento sofferto da parte della minuta arciera di Artolia, la quale con un cenno esasperato prese a indicare un tronco basso, in un chiaro invito ad accomodarvisi.
 
Richiesta ragionevole, in fin dei conti. Camminavano per quella foresta intricata da ore.

“No.”
 
Una risposta secca le giunse, priva di qualsivoglia cedimento nel tono.
 
“Eddai, Wyl…”
 
Il ragazzo sospirò a quel tono mansueto, quasi infantile della compagna di viaggio.
 
C’erano volte in cui si trovava a maledire l’esatto momento in cui si era lasciato persuadere da Ailyth, ad acconsentire a portare in viaggio con sé quella fanciulla.
 
Era capricciosa, frignona e, soprattutto, non stava mai zitta. Nemmeno per un attimo.

Che ricordasse, nemmeno Ancel era mai stato così insopportabilmente logorroico.
 
“Cheripa, guarda che ti lascio qui…” aveva proferito seccato, lanciandole un’occhiata poco esauriente sull’argomento.
 
“Antipatico che sei! Possibile che non ti stanchi mai?”
 
“No.”
 
Uno sbuffo crucciato da parte della ragazza, la quale prese a emettere borbottii continui, imprecando sulla poca disponibilità e gentilezza del suo amico.
 
Amico. Sempre se davvero poteva definirlo tale, data la freddezza che spesso le riservava senza troppa enfasi.
 
Dei piccoli e veloci passi, rivolti nella loro direzione, la distrassero dai suoi ragionamenti e dalla possibile tentazione di agguantare la sua balestra e usare il compagno come bersaglio mobile.
 
Poi voleva ben vedere se non si stancava quelle gambette magroline anche lui, per una buona volta.
 
“Ehiiiiiii! Guardate cos’ho trovato! Cibo, cibo, cibo!” uno dei due gemellini si intromise allegramente tra i due, saltellando raggiante con il suo bottino tra le mani.
 
“Fratello, smettila di esaltarti per un paio di funghetti.” Mireille, sua gemella, comparve a qualche passo da lui, guardandolo con aria indispettita. “Tra l’altro potrebbero anche essere velenosi, sai?”
 
“Oh…”
 
Mishka, -questo era il nome del fanciullo- parve pensarci per qualche istante, contemplando i succulenti bocconcini che aveva tra le mani.
 
“Ehi, Wyl! Non è che ne vorresti assaggiare uno?” Un sorriso trionfante a trentadue denti si allargò sul volto del ragazzino, per nulla preso dalla sconforto, ma fin troppo prevedibile nel suo vero secondo fine dietro quella gentilezza.
 
“Scordatelo.”
 
Il giovane diede loro le spalle,incrociando le braccia al petto, ignorandolo palesemente.
 
“Funghi? Li assaggio io! Io!” L’arciera si rialzò all’istante, con l’acquolina in bocca, con aria fin troppo ingenua.
 
Wylfred si portò una mano alla fronte esasperato, domandandosi come fosse possibile che, gli alleati più stravaganti e privi di buon senso, tutti sulla sua strada dovevano capitargli.
 
Doveva essere davvero nato sotto una cattiva stella.
 
Incredibile a dirsi, gli unici discorsi sensati che aveva mai intrapreso , almeno che ricordasse, erano quasi ed esclusivamente con Ailyth. E non si meravigliava nemmeno più di tanto in proposito.
 
 
“Master Wylfred, forse è il caso che interveniate, non credete?”
 
 
Nemmeno a dirlo, la voce sottile della sua misteriosa assistente si fece strada dal nulla, apparendo alle sue spalle.
 
Il ragazzo emise l’ennesimo sospiro, annuendo con poca convinzione.
 
Ma prima che potesse intervenire, una figura possente si affrettò ad anticiparlo, strappando prontamente i funghi dalle mani della giovane arciera.
 
“Ehi! Potevi anche chiedermi il permesso!”
 
L’uomo in armatura scrutò per qualche istante la refurtiva, scuotendo il capo con disapprovazione.
 
“Se vuoi che ti venga un bel mal di pancia, accomodati pure, signorina.”
 
Cheripa si zittì, gonfianco una guancia, alquanto indispettita da tanta saccenza. Heuge, l’unico con un minimo di cordialità li in mezzo, era il solo che riuscisse a mantenere la calma in quella bizzara combriccola messa insieme dall’ironia del fato.
 
“L’avevo detto io che non erano buoni.” Canzonò Mireille, con fare saccente, facendo la linguaggia al suo gemello.
 
“Uffa! Sorellina, se sei tanto brava procura tu qualcosa da mangiare!”
 
“Potrei. Ma non ne ho voglia.”
 
“Piantatela voi due. I vostri starnazzi sono insopportabili.” Il possente mercenario li rimproverò senza troppe cerimonie, per voi volgere lo sguardo al ragazzo dai capelli platinati.
 
Wylfred si arrese, e acconsentì a fare una sosta.
 
Nella vana speranza  almeno, potesse servire a zittire le continue lagne di Cheripa.
 
 
 
 

Non voglio morire, Wyl! Non… sono pronto per questo…! Io… io… voglio vivere…
 
Parole biascicate, disperate, le braccia del giovane si aggrapparono saldamente alle sue spalle in cerca di un appiglio.
 
Wylfred rimase immobile,incapace di reagire. Lacrime scorrevano sul suo volto, senza sapere cosa fare.
 
Il corpo del suo più caro amico si accasciò privo di vita, esalando l’ultimo respiro, proprio davanti a lui.
 
Ancel era morto, per causa sua.
 
Per la sua vendetta.
 
Era diventato nient’altro che, il primo tassello, in procinto di condurlo all’inizio del suo viaggio verso la perdizione.
 
 
 
 

“Se ti sporgi così, non riuscirai comunque a prenderli, scemo di un fratello!”
 
La voce infantile e derisoria di Mireille raggiunse il gemello, intento a sporgersi sulla riva del fiume, tentando di afferrare a mani nude, gli ignari pesci che girovagavano sul letto del corso d’acqua.
 
“Taci! Ci riesco eccome!”
 
“Si, come no! Assicurati di prendere quelli commestibili, almeno.”
 
Continuarono a battibeccare a lungo, sotto il cielo pumbleo e terso, dominante su di loro.
 
L’aria era carica di umidità, se non si fossero sbrigati a uscire dal bosco, si sarebbero ritrovati a breve a correre sotto la pioggia, nel terriccio infangato e friabile.
 
Idea per nulla allettante.
 
Wylfred vagò lo sguardo verso l’alto, mentre con cura e dedizione affilava la sua spada.
 
Heuge a pochi passi da lui faceva altrettanto con la sua lancia, senza abbassare minimamente la guardia.
 
Da una parte, era confortante viaggiare con un guerriero così esperto e affabile.
 
Ma dall’altra, era anche vero, che fin troppo spesso rammentava il vero motivo che lo spingeva ad accettare con sé dei compagni.
 
La piuma del destino esigeva il suo prezzo.
 
Ailyth tendeva a rammentarglielo talmente tanto di frequente, da fargli venire la nausea a riguardo.
 
“Dai, fatevi da parte, provo a prendere io qualcuno di quei pesci!” Cheripa, afferrò la sua fidata balestra, scoccando senza alcuna esitazione delle frecce che, andarono quasi tutte a segno.
 
“Wow! Allora quel tuo spara-frecce serve a qualcosa!”
 
“Spara-frecce?”
 
La ragazza faticò non poco a trattenersi dal fare una bella ramanzina ai due piccoli sgangherati, ma lasciò perdere.
 
“Uff… dai, almeno ora che non possono muoversi, potrete tuffarvi e prenderli.” Proferì neutra, indicando il letto del fiume dove si dibattevano i poveri sfortunati, presi in piano dalle frecce.
 
“Perché non ti tuffi tu?” Mireille sgattaiolò furtiva alle sue spalle e, prima che potesse replicare, le diede una forte spinta, così da farle perdere l’equilibrio e farla capitolare malamente nel fiume.
 
 
*SPLASSHH!*
 
 
A quel tonfo, sia Wylfred che Heuge sospirarono all’unisono.
 
 “Ahahahaah! Sorellina, sei davvero perfida!”
 
“Lo so. Se non fosse per me, quello coi vestiti fradici ora saresti tu!”
 
“Uh? Perché la tipa con la treccia non risale?”
 
“Uhm…?”
 
A ben pensarci, nessuno dei due si era chiesto se Cheripa sapesse, effettivamente, nuotare.
 
“Ops… ehehehe!”
 
 
 
 

“Sono stanca di veder morire i miei compagni senza che io possa impedirlo! Che c’è di male nel desiderare di essere liberi dai propri vincoli e doveri?”
 
Parole di scherno, uno sfogo rivolto verso suo padre che, in tanti anni,  mai si era sforzato di comprendere le sue ragioni.
 
La gilda, era l’unica cosa che realmente contava per lui.
 
Più dei suoi sogni.
 
Anche più di sua madre.
 
 “Figlia mia, tutto ciò che desideravo era solo proteggerti… ma ero accecato da tale paura che potesse accaderti qualcosa…”
 
“Padre…”
 
“Sei l’unico prezioso tesoro che mi resta in questa vita, se è questo ciò che desideri io non lo impedirò.”
 
“Apri gli occhi…. Non lasciarmi… ti prego!”
 
Tese il braccio verso di lui, ma la figura del genitore oramai diveniva sempre più distante, irraggiungibile.
 
Perché non riusciva a raggiungerlo? Perché?
 
Proprio ora che potevano vivere liberi, insieme… perché?
 
 
 
 

Per quel poco che riusciva a ricordare, dopo la fragorosa caduta in acqua, qualcosa l’aveva prontamente afferrata per il colletto della maglia, trascinandola verso l’alto.
 
Per un attimo, nel momento in cui si era sentita svenire, aveva quasi creduto si trattasse di suo padre.
 
Ma era una mera illusione, lo sapeva bene.
 
Lui era morto. Nulla poteva cambiare tale realtà.
 
Eppure, nonostante questa consapevolezza, non ci pensò due volte ad aggrapparsi fortemente al suo misterioso salvatore, che l’aveva tratta in salvo da morte certa per annegamento.
 
“Cheripa? Apri gli occhi!”
 
La ragazza tossì, sentendo la gola in fiamme, mentre rigettava l’acqua salmastra che aveva ingerito involontariamente.
 
“Sta bene, direi. Quindi io non ho colpe!” la voce infantile di Mireille si intromise, seguita da quella del gemello che non riusciva a smettere di ridacchiare.
 
“Ottimi riflessi, ragazzo.” Heuge scostò malamente i due ragazzini, annuendo con il capo compiaciuto.
 
“Uh…?”
 
Cheripa, che nel frattempo era riuscita finalmente a mettere a fuoco la visuale, solo dopo una manciata di secondi si rese conto che a salvarla era stato proprio colui, che più di tutti, credeva la detestasse.
 
E tra l’altro, in quel momento la stava anche portando in braccio, mentre Heuge prontamente si adoperava nell’accendere il fuoco nel loro piccolo riparo di fortuna tra gli alberi.
 
“Wyl…?”
 
Un sospiro da parte del ragazzo, che delicatamente la posava a terra, inzuppato d’acqua da capo a piedi proprio come lei.
 
“Sei la solita sciocca.”
 
L’arciera annuì debolmente, lasciandosi avvolgere nella mantella del giovane, tremante di freddo.
 
“Scusami…”
 
 
 
 

“Mia figlia, il mio tesoro più prezioso, tutto ciò che mi resta in questa vita… prenditi cura di lei… per me.”
 
Wylfred rammentava ancora le parole di Lockswell, in punto di morte.
 
La piuma del destino, inesorabilmente, prosciugava ogni attimo di vita di quel corpo ormai segnato dall’età e dalla fatica.
 
Non aveva esitato, era stato necessario, doveva farlo.
 
Il patto che aveva stipulato esigeva il suo prezzo di sangue.
 
Eppure, una profonda voragine si creò nel suo animo, nel momento stesso in cui lo stregone esalò l’ultimo respiro tra le grida di dolore di Cheripa, in lacrime.
 
Strinse forte nel palmo della sua mano la piuma, fino a farsi male. La sentiva pulsare, grondante del sangue delle sue vittime.
 
Alle sue spalle una Ailyth sorridente lo attendeva, con un cenno del capo.
 
“Un altro passo verso il compimento della vostra vendetta è stato adempiuto, Master…”
 
 
 
 
“Etchù!”
 
Cheripa tirò su col naso, stringendosi forte alla mantella di lino grezzo. Aveva il viso accaldato, il naso chiuso e la gola in fiamme. Benchè la mente fosse annebbiata da quei sintomi febbrili, ciò non le impedì di progettare terribili piani di vendetta contro i due gemelli, appena si fosse ripresa.
 
Al diavolo il fatto che fossero solo due stupidi ragazzini dodicenni. C’aveva quasi rimesso le penne con quella loro stupida bravata.
 
“Etchù!”
 
Un secondo starnuto, solo che stavolta non era causato da lei.
 
Wylfred seduto accanto al fuoco a pochi passi da lei, si strofinò il naso con il palmo della mano, sbuffando sonoramente.
 
L’arciera era palesemente divisa in due, tra il sentirsi terribilmente in colpa per essere la causa di quel palese raffreddore del compagno e il sentirsi lusingata dalla prontezza dimostrata dal ragazzo che, a quanto raccontava Heuge, non aveva esitato nemmeno un istante nel soccorrerla, tuffandosi nel fiume.
 
“Wyl?”
 
“Uhn?
 
“Ecco… grazie.”
 
Il giovane spadaccino le rispose con un cenno della mano, segno che aveva recepito le sue parole.
 
“Scusami… so di essere  sempre una gran scocciatura per te.”
 
A quelle parole Wylfred arricciò le labbra in una smorfia, scrutandola abbastanza perplesso.
 
Oltre che parlare troppo, certe volte quella ragazza davvero se ne usciva con affermazioni del tutto insensate. Almeno alle sue orecchie.
 
Aveva rinuciato a capirla. Motivo per cui decise di ignorarla come al solito, anche se sapeva che non era tipo da demordere così facilmente.
 
Infatti, come prevedibile, pochi secondi dopo la ragazza riprovò a intavolare un dialogo tra loro.
 
“Insomma…  sei sempre scorbutico con me, non mi dici mai una parola di conforto e spesso ignori quello che dico.”
 
Uno scoppettio del piccolo fuoco davanti a loro le fece riprendere fiato, vagando lo sguardo verso quel calore bruciante, ma affatto fastidioso.
 
“E poi non sorridi mai. Da quando ti ho incontrato, che io ricordi, non ti ho mai visto sorridere nemmeno una volta.”
 
Il giovane trattenne per un attimo il respiro, quasi come in bilico, riflettendo su quella raffica di parole vaghe della compagna.
 
Non sorrideva? E da quando?
 
Da quando Ancel non era più al suo fianco?
 
Oppure da quando sua madre aveva perso il senno per la morte della piccola Elsie e di suo padre?
 
Da quando, sennò?
 
 
“Non è colpa tua.” Pronunciò infine, interrompendola.
 
 
 
“Non è colpa di nessuno. Solo delle mie azioni.”
 
 
 
“Quindi non mi odi?”
 
“Che sciocchezza…”
 
Il discorso cadde li, nel momento in cui i restanti tre membri del gruppo rientrarono con la cena pronta da arrostire sul fuoco.
 
Ovviamente, dopo la strigliata, i due gemellini non avevano proferito parola riguardo all’incidente accaduto giù al fiume.
 
Nessuno di loro aveva previsto di restare tanto a lungo nel bosco, ma di certo non potevano incamminarsi con le condizioni di salute cagionevole della giovane arciera del tutto peggiorate.
 
Wylfred se l’era cavata con un semplice raffreddore, passato dopo una notte di sonno al caldo del focolare.
 
Ma lo stesso non era stato per Cheripa, la quale si era risvegliata la mattina seguente con una forte influenza in piena regola.
 
I gemelli borbottarono per tutta la mattinata, dopo che Heuge li costrinse con poche amorevoli parole a cercare altra legna da ardere e qualcosa da mangiare.
 
L’unico che rimase al fianco della ragazza nel loro rifugio fu proprio Wylfred, che ne approfittò per dedicarsi alla manutenzione dei loro utensili da viaggio e fare un po’ d’ordine.
 
Inclusa la balestra di lei, che dopo il tuffo in acqua aveva subito alcuni malfunzionamenti ed esigeva una riparazione a dovere.
 
 
“Padre…”
 
 Il ragazzo si bloccò, irrigidendosi sul posto.
 
Cheripa farfugliava frasi sconnesse nel sonno, iniziando a dimenarsi nella mantella.
 
Con un gesto brusco Wyl la risvegliò, senza pensarci più di tanto.
 
La fanciulla sgranò gli occhi, mentre il respirò le diveniva sempre più accellerato.
 
“Hai avuto solo un incubo.”
 
Un mormorio sommesso ed ella poggiò nuovamente il capo verso il basso, raggomitolandosi e cercando di trattenere per quanto poteva le lacrime.
 
Wyl le lanciava qualche occhiata di soppiatto ogni tanto.
 
Era conscio, che parte del suo dolore era causato dal suo egoismo.
 
Eppure, non riserbava rimpianto per le sue azioni.
 
Stava davvero divenendo insensibile al suo peccato?
 
“Cerca di riposare.” Concluse infine, sistemandole meglio la mantella sulle sue spalle.
 
“Non ci riesco…”
 
Il ragazzo volse lo sguardo verso alto, chiedendosi mentalmentene cosa avesse fatto di male per ritrovarsi a fare da balia ad una bambina viziata, per di più così sconsiderata.
 
“Se mi addormento e poi non ti ritrovo al mio risveglio?”
 
“Smettila di dire stupidaggini. Dove vuoi che vada?”
 
“Non lo so…”
 
“Certo che sei proprio strana…”
 
“Trovi?”
 
Un sorriso tirato, seguito da un colpo di tosse. Era seccante essere costretta in quelle condizioni così restrittive e snervanti.
 
“Sai… quando ero piccola, mia madre mi teneva sempre la mano prima di addormentarmi, promettendomi che sarebbe rimasta con me fino al mattino.”
 
Un secondo colpo di tosse seguì, tirando su col naso, esausta.
 
“Una sciocchezza, ovvio che appena mi addormentavo lei andava via… però, io ci credevo in quella bugia.”
 
“Non penso ti mentisse per farti un torto.”
 
“Eh… lo so. Ma ero solo una bambina. Poi un giorno, lei non è tornata più per davvero. E io, ogni notte, non riuscivo a farmene una ragione. La sua assenza… era terribile.”
 
Il ragazzo annuì, socchiundendo per un attimo la palpebre, interdetto.
 
“Perché mi dici queste cose?”
 
L’arciera non rispose. Per la prima volta non sapeva come replicare.
 
Si limitò a scuotere forte il capo, lasciando che le folte ciocche castane scompigliate le coprissero il viso, cercando di rannicchiarsi sempre più nella mantella.
 
Ecco perchè odiava stare ferma. Era costretta a pensare, a ricordare. E ciò non le piaceva affatto.
 
Un sussulto le sfuggì quando avvertì delle dita calde sfiorarle il palmo della mano, stringendo appena.
 
Riaprì gli occhi cerulei, osservando il ragazzo confusa, ma rincuorata al tempo stesso.
 
“Così riesci a dormire, no?” la ammonì lui, senza troppi giri di parole, volgendo lo sguardo in un punto imprecisato della boscaglia, probabilmente per nascondere il suo imbarazzo.
 
Uno sbuffo divertito le sfuggì, annuendo con il capo, accoccolandosi in quel groviglio di stoffa e cercando di prendere sonno.
 
Ricambiò la stretta, assaporando quel contatto così familiare e gentile, che quasi temette di essere di nuovo alle prese con qualche bel sogno, piuttosto che nella dura realtà.
 
Wylfred riprese a scrutarla incerto, quasi come se entrambi stessero condividendo un momento nostalgico.
 
“Anche mia sorella spesso non riusciva a dormire e mi chiedeva di farle compagnia. Un po’ le somigli.”
 
La fanciulla lo contemplò qualche istante, incuriosita da quella confessione del tutto inaspettata.
 
“Hai una sorella? Davvero? Se mi somiglia allora deve essere tanto carina.” Proferì divertita, tirando sul col naso ogni tanto.
 
“Avevo. È morta tre anni fa.”
 
“Oh… mi spiace. I-io non volevo…”
 
Wyl scosse il capo, intimandole che non c’era ragione di scusarsi. Era una cosa risaputa e lui ormai l’aveva accettato.
 
Il discorso cadde nuovamente. Ma per lei, non abituata a vederlo aprirsi così tanto in confidenza, era una grande conquista.
 
“Sai, Wyl, spero di poter condividere questo avventuroso viaggio con te, fino alla fine.”
 
Il ragazzo la osservò spiazzato da quella parole.
 
Possibile che sospettasse del suo patto con il Nifhleim e del potere della piuma?
 
No, era fuori discussione. Infondo, si trattava pur sempre di Cheripa.
 
“Dormi, adesso.”
 
Le intimò aumentando la stretta sulla sua mano, temendo per un attimo, che potesse in qualche modo percepire la sua titubanza.
 
Ma non accadde.
 
Dopo qualche minuto il respirò di lei si calmò, lasciandosi cullare dalle braccia di Morfeo.
 
 
 
 
Il giorno dopo, per la gioia di Mireille e Mishka, ripresero la traversata.
 
La giovane arciera camminava spensierata nella radura, raggiante, fischiettando un motivetto di sua invenzione.
 
“Il giorno prima è a un passo dalla tomba, e il giorno dopo canticchia allegramente. Chi le capisce le femmine.”
 
Mishka fece una smorfia contrariata, portando le braccia in alto dietro la nuca.
 
Mireille fece spallucce, borbottando frasi sulla stupidità maschile o giù di lì.
 
Cheripa lanciò loro un’occhiataccia, ma niente di più.
 
Aveva rinunciato ai suoi propositi di vendetta verso di loro.
 
Infondo, per una volta, quella disavventura l’aveva avvicinata un po’ di più a comprendere il suo enigmatico compagno di viaggio.
 
“Ehi, Wyl! Magari alla prossima occasione riuscirò anche a costringerti a sorridere! Che ne dici?”
 
Il giovane guerriero assottigliò lo sguardo, scrutandola con aria di sufficienza, per poi tirare dritto.
 
“Su, non fare il timido!” gli corse incontro, afferrandolo per la spalle, spintonandolo appena.
 
“Wylfred è timido, timido, timido! Un mercenario timido!” canzonò Mishka a braccetto con sua sorella che ridacchiava deliberatamente.
 
“Che gli Dei ci aiutino, quanta pazienza…” Heuge brontolò appena, in disappunto su tanto fracasso alla prime luci dell’alba per di più.
 
Wylfred assecondò senza battere ciglio, trattanendo possibili imprecazioni a riguardo.
Se l’era cercata infondo.
 
 
“Master Wylfred, non dimenticate il vostro obiettivo.”
 
 
Il ragazzo annuì, tirando un respiro profondo.
 
Non c’era nulla da dimenticare. Per quanto potesse affezionarsi, la sua vendetta veniva prima di ogni altra cosa.
 
Anche di se stesso e dei suoi sentimenti.
  
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