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Autore: saraja    10/06/2014    0 recensioni
Da quando Elisabeth è stata trasformata, la sua vita è diventata improvvisamente difficile: le elezioni per la nuova imperatrice sono alle porte ed Elisabeth è una delle cinque candidate...Ma la ragazza non vuole tutto questo..tutto quello che vuole è vendicare la morte del fratello, Victor, assasinato nel vano tentativo di proteggerla dalla trasformazione.
Lyss, la perfida regnante che l'ha scaraventata senza tanti preamboli in questo mondo spaventoso è il suo bersaglio, Elisabeth dovrà trovare il coraggio di distruggerla e di riprendere in mano il suo destino.
Sarebbe tutto tremendamente semplice...se non fosse che la picvola Elly si sente così sola e smarrita in un mondo ce non le appartiene! Ancora non sa che una relazione clandestina con un criminale e un'amicizia sincera sbocciata tra due rivali saranno tutto ciò di cui lei avrà bisogno...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Storico, Sovrannaturale
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Cupe nubi oscuravano la luna, il vento frusciava lieve tra le foglie degli alberi mentre un gufo solitario lanciava il suo lamento al cielo. In quel momento Elisabeth aprì gli occhi, era molto debole e non riusciva a vedere con chiarezza ciò che la circondava.  Chiuse gli occhi aspettò qualche secondo e poi li riaprì, la sua vista tornò limpida. Si accorse di essere in mezzo ad una strada, sdraiata. Quando ebbe ripreso un po’ le forze, si rialzò e incominciò a girovagare per le strade vagamente illuminate dai lampioni. Non ricordava com’era arrivata in quella strada, anzi non ricordava nemmeno da dove veniva, l'unica cosa che sapeva di se stessa era il nome. Aveva il vestito stracciato, il tessuto bianco era sudicio di fango, le mancava una scarpa e i sassolini della strada le pungevano il piede, ma il disagio maggiore era un forte dolore alla base del collo di cui non riusciva a spiegarsi la causa.
Improvvisamente nel cielo apparve un lampo, che la illuminò, seguito dal rombo oltre le nuvole. Elisabeth rabbrividì, la sua infanzia, tutto il suo passato erano svaniti! La pioggia iniziò a cadere, e lei cercò riparo sotto il portico di un palazzo gotico. Era stanchissima, e le gambe non reggevano il peso del suo corpo, così per sostenersi appoggiò la schiena alla porta e questa improvvisamente si aprì.
 
Mi trovai distesa su un lucido pavimento di marmo. Sebbene fosse notte e l'interno del palazzo non fosse illuminato i miei occhi vedevano chiaramente, come se stesse splendendo un sole di mezzogiorno.
Il rumore di passi mi fece sobbalzare, dalla scalinata stava scendendo una donna, probabilmente la padrona di casa. Vestiva un semplice abito rosso che però la faceva sembrare ancora più bella.
“ Benvenuta Elisabeth! Ti stavamo aspettando”La donna aveva una voce suadente e melodica.
Intimidita da quella donna ci misi un po’ prima di riuscire a parlare, ma infine chiesi:
“Co... Come conosce il mio nome?”
“Beh, in un certo senso tu sei mia figlia.”
Il sorriso della donna aveva un che di malvagio ma la mia testa era troppo stordita per accorgersene, mi alzai barcollando e mi diressi verso la donna che tese le braccia per abbracciarmi.
“Guarda...” disse porgendomi un bellissimo specchio in argento.
Quando mi specchiai vidi un volto pallidissimo, i capelli rossi arruffati e gli occhi verdi che mi fissavano straniati.
“Cosa mi è successo?”
Invece di rispondere la donna mi prese lo specchio e lo voltò in modo che rispecchiasse il mio collo: vicino alla spalla c' erano due piccole ferite circolari che stillavano caldo sangue rosso. Dovevo avere un'aria sconvolta perchè la donna mi prese il viso tra le mani e mi baciò sulla fronte dicendo:”Non devi più avere paura, ora sei una di noi” e mentre parlava le si allungarono i canini. Poi sospingendomi gentilmente mi scortò in un salone enorme circondato da colonne con il pavimento nero e lucido.
La donna batté le mani e due serve apparvero per accendere i candelabri della stanza. Poi dai quattro corridoi che si affacciavano sul salone apparvero quattro distinti cortei di dame e cavalieri che reggevano calici colmi di una bevanda rossa dall' odore metallico. Una donna con un bellissimo vestito nero mi porse un calice, quando l'ebbi preso gli altri si disposero in cerchio attorno a lei ed una voce intonò un canto che mi fece rabbrividire. Appena la cantante terminò, la donna che mi aveva accolto disse:
“Io, Lyss Luanovna sovrana e custode della comunità di demoni-vampiro di Falls Creek, accolgo la nostra nuova sorella, morta il 29 Ottobre 1817! Alzate i vostri calici e rendete omaggio a Elisabeth Lyssovna!”
Un coro di "Ave sorella!" si alzò da tutti i partecipanti e i calici furono svuotati in lunghi sorsi.
Non sapendo bene cosa fare, imitai gli altri e mi portai il calice alle labbra ma appena il liquido rosso mi arrivò alla lingua sputai tutto per terra, quel liquido era sangue!
Guardai inorridita i vampiri che chiacchieravano amabilmente tra loro, allietati dall'orchestra che era misteriosamente apparsa.
Quando guardai di nuovo il calice, un senso di fame opprimente s’impadronì di me, cercai di resistere ma era tutto inutile, ogni sforzo aumentava il desiderio, sempre più accecante. Distolsi lo sguardo dal sangue e tentai di distrarmi osservando i demoni che danzavano, ma ancora una volta abbassai gli occhi sul calice, quel sangue stava diventando un'ossessione, tutti i miei sensi percepivano solo il liquido denso: il colore rosso vivo, l' odore pungente, il rumore provocato da ogni tremore della mia mano, che portava il sangue ad infrangersi contro le pareti del calice. Il calice stesso che stringevo in mano e soprattutto il sapore che avevo appena percepito, tutto era così attraente che anche l' istinto mi suggerì di bere.
Tutta la mia forza di volontà non servì a niente, senza nemmeno accorgermene avevo svuotato il calice in un unico sorso. Scoprii che il sapore mi piaceva, ma la mia coscienza mi diceva che avevo commesso un atto orribile!
La cosa che più mi spaventava era il fatto di non ricordare niente: Perché ero in mezzo alla strada a notte fonda? E perchè nel suo breve discorso Lyss aveva detto che ero morta? Mi avvicinai a quest'ultima e le chiesi spiegazioni.
“ Eri un'umana, la figlia di una famiglia nobile… credo di duchi. Quando ti ho morsa stavi scappando da una festa...”
“Tu mi hai… morsa?!” la interruppi.
Lyss annuì: “Eri predestinata”
“Predestinata? in che senso?”
“Vedi, io non sono caritatevole con le mie prede, di solito le uccido e basta… ma gli spiriti mi avevano suggerito il tuo nome.”
“ suggerito per cosa?”
Prima che Lyss potesse rispondere un giovane vampiro dai capelli scuri si avvicinò a Lyss, le chiese di ballare e lei accettò, lasciandosi trascinare dalle danze
 mi abbandonò sola, sotto uno degli immensi candelabri del salone.
Se il mio primo sentimento era stato quello di smarrimento, ora si era trasformato in odio puro. Quei vampiri erano responsabili della mia morte, mi avevano sconvolto completamente la vita e ora? Nessuna spiegazione, nessuna parola di conforto. Ero ancora sporca e infreddolita ma nessuno dei presenti si offrì di aiutarmi, erano tutti concentrati solo sulle loro danze.
Quando finalmente la musica finì, era ormai l'alba e tutti i vampiri si ritirarono nei loro appartamenti. Lyss mi si avvicinò.
“Andiamo cara, ti porto a cambiarti”
“Ah, adesso?!”
“Beh cara guardati! Hai il vestito a brandelli e hai proprio bisogno di un bel bagno”
“Mi ha lasciato in questo stato tutta la notte!”
“Sì” si portò un lungo dito affusolato alle labbra: “Beh allora andiamo” rispose con una scrollata di spalle.
Salimmo le scale e svoltammo in un corridoio, dopo sette porte a destra ci fermammo davanti ad una stanza alta, protetta dalla porta con intarsi sul bordo e la maniglia di ottone. Su una targhetta c’era scritto il mio nome.
“ Entra cara, questo è il tuo appartamento, qui dentro troverai tutto quello di cui hai bisogno, è già l'alba quindi vai a riposare, ci vedremo domani notte.”
Lyss mi mise una chiave d'oro in mano e poi se ne andò.
Girai la chiave nella toppa e poi aprii la porta: l'entrata era un piccolo salottino arredato con dei mobili laccati in nero. Affacciate su quella stanza c'erano quattro porte: una era quella d'entrata, la seconda portava in un bagno con una vasca incassata nel pavimento; un'altra portava in uno studio con una libreria e una cristalliera vuota; e l'ultima portava nella camera dove c' era un letto a baldacchino rosso.
Nell’appartamento non c'era altro a parte una finestrella coperta con un pesante tendaggio nero.
Il muro di fronte al letto attirò la mia attenzione: aveva alcune imperfezioni che assomigliavano a delle maniglie senza porta. Volli osservarle da vicino e sfiorandone una mi accorsi che quella era effettivamente una maniglia, così la tirai ma non accadde nulla, allora provai a spingerla ma il risultato fu lo stesso, infine capii di doverla far scorrere di lato.
La parete si aprì e rivelò un numero incredibile di vestiti.
La seconda anta rivelò uno stanzino zeppo di scarpe e stivali. E su alcune mensole c'erano scrigni traboccanti di gioielli.
Presi un completo pulito di biancheria e feci un caldo bagno rilassante. Quando ebbi finito mi vestii e andai nello studio. Nella libreria c'erano molti libri ma pochi avevano un nome interessante, la maggior parte parlava di strani riti e fatiscenti pozioni, ma c'erano anche libri della cultura umana. Mi persi nella storia di Romeo e giulietta. Il tempo passò senza che me ne accorgessi e dalla piccola finestra entrarono faticosamente pochi raggi di sole.
Finalmente scesa dal mondo dei sogni me ne accorsi, mi avvicinai alla finestra e scostai la tenda, in quel preciso istante sentii un acuto dolore dove il raggio stava colpendo la sua mano. Mi ritirai subito nel buio e improvvisamente ricordai: la luce del sole era fatale per i vampiri, mi guardai la mano, una macchia rossa ne ornava la pelle, bruciava.
Temendo di commettere altri errori che potevo evitare, cercai di ricordare quello che sapevo sui vampiri: erano immortali, mangiavano il sangue degli umani e potevano essere uccisi con un paletto di legno conficcato nel cuore o con il fuoco.
 
Era questa la vita cui ero stata condannata? Vivere nell'ombra, cibarmi dei miei simili, forse obbligare altre persone alla mia stessa vita?
Mi spostai nella stanza da letto e mi coricai, cercando di non pensare a come mi sarei comportata nei giorni successivi. Non ero ancora pronta ad affrontare tutto questo, e di certo l’irritazione che mi aveva instillato Lyss nel cuore non aiutava granché. Brutta strega infame! Non mi piaceva, non mi piacevano i suoi vampiri, e non mi piaceva il suo stramaledettissimo palazzo! Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo? La mia testa continuava a riflettere (e a disperarsi) finché la stanchezza non mi fece crollare in un sonno pieno di tenebre e di viscidi esseri striscianti.
  
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