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Autore: Little_Dreamers593    10/06/2014    1 recensioni
Questa shot è dedicata a tutte quelle donne, quelle ragazze, che ogni giorno subiscono abusi, maltrattamenti e ingiustizie. Credo sia inutile scrivere " tratto da una storia vera " perché di queste vicende, il Mondo ne è pieno. Credo dunque, che tutto ciò che si debba fare sia reagire e andare avanti.
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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My lover she's waiting for me just across the bar.
My seat's been taken by some sunglasses asking about a scar,
and I know I gave it to you months ago
I know you're trying to forget...
- We are young, fun-








A quel punto sapevo di poter contare solo sulla mia forza. Sia morale che fisica,anche se entrambe stavano per cedere. << Ti ho detto di sederti! >> urlò, con tutta la forza che aveva in corpo. Mi accasciai su quel divano indebolita. Non sapevo se avevo ancora qualche diritto, tra le altre cose. Non potevo uscire con le mie amiche, non potevo andare a comprarmi abiti nuovi, non potevo avere amici maschi. Da quando Louis aveva cominciato a bere ero diventata una " cosa " in suo possesso. Ero Margaret la casalinga. Margaret la mamma. Nient'altro. Le mie uniche ancore di salvezza erano Noa e Charlie, i miei bambini. Noa era la più grande, andava alle medie. Era una ragazza responsabile, matura. In tutti questi anni aveva sempre dato ragione a me. In parte per il fatto che anche lei era una donna, in parte perchè ciò che Louis faceva su di me era qualcosa di imperdonabile. Charlie, invece, chiuso nella mentalità di un semplice bambino di otto anni, faticava a credere che suo padre fosse in grado di maltrattare sua madre. Il suo cervello si rifiutava di credere a ciò che puntualmente ogni sera assistiva. Charlie preferiva tapparsi le orecchie e andarsi a nascondere in un angolino in dispensa, mentre Noa mi soccorreva, ogni volta che rimanevo ferita. Louis entrava in casa, con una bottiglia di birra nella mano destra e il paio di chiavi nella sinistra. Buttava le chiavi sul comodino, ma la bottiglia la teneva ben salda. Beveva un sorso ogni tanto, dopo essersi seduto davanti alla TV, cacciando i bambini via. Charlie e Noa erano soliti vedersi i cartoni, a quell'ora, ma oramai ci avevano fatto l'abitudine. In quella casa bisognava farsi da parte, sempre. << Tu devi solo pulire e stare zitta >> ciaf. << Sei una puttana >> ciaf. << Hai parlato con il preside? Vuoi rimpiazzarmi? >> ciaf. Schiaffo dopo schiaffo continuavo a incassare, silenziosamente. Ogni sera mi ripetevo sempre le stesse cose. Che prima o poi sarebbe finito tutto, che qualcuno si sarebbe accorto di qualcosa. Che Louis si sarebbe pentito e di conseguenza avrebbe smesso di bere. Niente. Nulla più totale. Vagavo in un'ombra, in un oblio. Noa non proferiva parola di questo con nessuno, a parte la sua migliore amica Alex. Quelle due erano un tutt'uno. Si aiutavano vicendevolmente se c'era bisogno d'aiuto e in casa Tomlinson, di aiuto ne serviva davvero tanto, ma non potevamo far niente. Noa aveva pregato Alex di stare zitta, di non parlarne nemmeno con sua madre, era una cosa da risolvere in famiglia. Noa pensava di avere una madre coraggiosa, ma credetemi, non lo sono affatto. Prima lo ero. Prima che Louis incominciasse ad abusare del mio corpo, della mia persona, della mia dignità... Prima dei suoi insulti, delle sue prediche, dei suoi schiaffi. Prima di andare a dormire, a volte, mi mettevo a piangere, silenziosamente, per poi sfociare in una sorta di lamento strozzato, interrotto da qualche singhiozzo. A volte mi maledicevo mentalmente per la mia debolezza, e per il poco autocontrollo che avevo in corpo. Non riuscivo a contenermi, ogni notte versavo lacrime, a volte, anche troppo rumorosamente. Louis mi sentiva, veniva in camera con quel suo sorrisetto inquietante, apriva le braccia e urlava << Non piangere, ci sono io qui >>. Io mi rannicchiavo in un angolo del letto coprendomi con cuscini e cuscinetti. Ero terrorizzata da lui. Non ne valeva la pena. La mia muraglia di coperte veniva scostata con una sola mossa dal " boss " , che a gattoni sul materasso mi prendeva le gambe e mi tirava verso di sè. Inizialmente baciava i miei polpacci ripetutamente, ma alla fine terminava il tutto sempre nella stessa maniera: incominciava a succhiare, forte. A prendermi per le braccia, tenendomi , e a baciare con foga le mie labbra rosee. Le labbra di una donna codarda. Ma la notte di quel Martedì 9 Giugno, crollai. Non ce la feci più. Tutto incominciò a esplodere. Le sberle. Le cinghiate. Gli insulti. Gli abusi. I graffi. Le cicatrici. Mi rialzai dal divano, in lacrime, ma con uno sguardo deciso. << TI HO GIA' DETTO DI SEDERTI, TROIA! >> no, sta volta no. Presi il borsone che da tempo conservavo sotto il letto e lo riempii di magliette , calzoni e scarpe dei miei bambini. Mi sbrigai. Feci tutto con una velocità assurda, il tempo che Louis impiegò per realizzare ciò che stava succedendo. Aveva capito bene, stavo scappando. Svegliai timorosa Noa e Charlie, il cui sonno era stato già infastidito dalle urla di mio marito. << Andiamo bambini, correte, adesso o mai più! >> Aprimmo la porta fulmineamente, e nello stesso modo la richiudemmo. Scendemmo le scale con affanno e ansia. Ansia di ritrovarci dietro quel maniaco. A pochi metri dalla mia automobile lo vidi, poco distante da noi, tirare delle bottiglie di vetro, che ovviamente si fracassarono al suolo a ogni suo tiro. Eravamo troppo lontani, non poteva colpirci. Aprii la portiera della vettura e mi ci catapultai all'interno, lo stesso fecero anche i ragazzi. Dopo aver messo in moto la macchina schiacciai l'acceleratore con tutta la forza che mi era rimasta, mentre ordinavo a Noa di chiamare la polizia. E con il volto rigato di lacrime, e i lividi dell'agguato precedente sorridevo. Guardavo i miei bambini e sorridevo. Ero libera.
  
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