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Autore: WillowG    10/08/2008    0 recensioni
"Col suo lavoro aveva dovuto imparare a dominarsi, anche se quel genere di spettacoli la faceva davvero star male. Per quanto ci si possa preparare, certe cose non possono non toccarti. E quando questo succede, significa che non sei migliore di quelli che le hanno provocate." Ambientata durante la seconda stagione.
Genere: Romantico, Avventura, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Caitlin Todd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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explosion10 Il titolo di questo capito è motivato anche dal fatto che doveva, originariamente, essere l'ultimo di questa fic. Ma mi veniva troppo lungo, così ne ho fatto un altro. Buona lettura, e, per favore, mandatemi qualche commento! oppure non vi metto il finale ...(ebbene sì, so essere così cattiva.)

EXPLOSION
-Capitolo 10-
La fine non arriva mai.

-Ma quanto ci mettono ad arrivare quegli idioti della squadra speciale? Saranno tre ore che li aspettiamo!-
-Sono passati solo venticinque minuti, Tony.- Borbottò Kate, esasperata dall’impazienza del collega. Ma non se la sentiva di contraddirlo del tutto. Anche lei cominciava ad essere stufa di aspettare. Il pensiero che la piccola Cassidy fosse da sola con la Rudolph non le piaceva per niente. Quella donna era malata, e non si faceva scrupoli. Se davvero era lei la mente di quella scia di bombe, aveva già provocato la morte di cinque persone. Senza contare le vite distrutte dei familiari. Per prima Pam e suo padre. Tony sbuffò dal suo posto, inquieto. Lo sguardo che passava nervosamente dalle proprie dita tamburellanti sul volante dell’auto, al massiccio edificio in costruzione.
-Io entro.- Disse all’improvviso, facendo scattare come una molla Kate.
-Scordatelo! Gibbs ha detto …-
-Di non intervenire. Lo so. C‘ero io al telefono.- La interruppe l’agente, continuando a guardare fuori dal finestrino.
-Benissimo. Allora sai che non puoi farlo.- Concluse Kate, palesemente soddisfatta di aver ragione. Tony grugnì in risposta, seccato e amareggiato per quella situazione di stallo.
-A meno che la situazione non precipiti, però.- La mora non ribattè. Sperava che la situazione non dovesse affatto precipitare. Anzi, perché, giusto per cambiare un po’, le cose non si risolvevano tranquillamente, magari con la resa del cattivone di turno, senza sparatorie e varie? Un sogno ben lungi dall‘avverarsi. Alcune grida, seppur lievi, ma non abbastanza da non essere udite, arrivarono alle orecchie dei due agenti. Questi scattarono subito fuori dall’auto.
-È la bambina!- Esclamò Kate, riconoscendo un pianto infantile. Tony tirò fuori la pistola e tolse la sicura.
-Direi che la situazione adesso è precipitata!-
-Avverto Gibbs!- Annuì la donna, portandosi il cellulare all’orecchio.

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-Abby, sto bene. Davvero!- Esclamò McGee, esasperato. Anche se gli facevano indubbiamente piacere, le attenzioni della dark cominciavano ad essere soffocanti. E sì che con le analisi al laboratorio, il tempo a sua disposizione non era molto!
-Lo dici davvero? O lo dici solo per non farmi preoccupare? Lo sai che lo capisco, quando una persona non vuole farmi preoccupare …-
-Abby, cos’è questo suono?- A causa della sua stessa parlantina, la scienziata non si era accorta dello squillare impaziente di un cellulare. Rapida, individuò l’apparecchio in mezzo alle varie apparecchiature del laboratorio, e ne riconobbe subito il proprietario.
-È di Gibbs! Deve averlo dimenticato …-
-E chi lo chiama?- Domandò, non senza una punta di curiosità Tim, che si avvicinò ad Abby per sbirciare il display.
-Kate. Che dici, rispondo?- McGee annuì, e la dark si portò il cellulare all’orecchio. -Pronto?-
-Pronto? Gibbs?- La voce dall’altro capo dell’apparecchio era interrogativa. Certo che Gibbs aveva una voce davvero strana, al telefono. Quasi femminile …
-Spiacente, l’agente Gibbs non c’è. Dovrai accontentarti della sua segretaria.-
-Abby? Che … No. Aspetta, lasciami indovinare. Gibbs ha dimenticato il cellulare, vero?-
-Indovinato.- Annuì la scienziata, divertita dalla voce esasperata dell’amica.
-Accidenti! Proprio adesso … Oh, al diavolo! Abby, avverti la squadra speciale che noi entriamo nell’edificio!-
-Come … Cosa … Ah, maledizione!- Kate aveva chiuso la chiamata all’improvviso, senza date modo a Abby di domandare spiegazioni.
-Allora?- Domandò McGee, che aveva capito poco, se non nulla della conversazione telefonica tra le due donne. Abby scosse la testa, preoccupata.
-Non ho capito tanto bene … Ma credo che Tony e Kate si stiano ficcando in un bel guaio.-

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Maledizione! Ma come diavolo aveva potuto? Come aveva fatto a lasciare il cellulare da Abby? E sì che era una delle sue innumerevoli regole! Le famose regole di Jhetro Gibbs. “Essere sempre rintracciabili”. Accidenti! E pensare che non era neppure l’anniversario … Uno dei tanti, comunque. Per una volta non era lui a guidare, ma uno dei ragazzi della squadra speciale. Indossato un giubbotto antiproiettile, si era imbarcato sul furgone con gli altri agenti, e adesso rimpiangeva di non essere alla guida. Dal suo punto di  vista, infatti, l’autista era decisamente troppo, troppo lento. E mancavano ancora quattro isolati,  prima di arrivare dove si trovavano Kate e Tony. Un brivido gli corse lungo la schiena, mentre il furgone prendeva una buca un po’ troppo profonda. Un brutto presentimento si fece strada, torcendogli leggermente lo stomaco. Sensazione che da un po’ l’agente non provava. Preoccupazione. Sì, assurda, immotivata preoccupazione. Perché i suoi agenti non avrebbero mai disobbedito ad un suo ordine. Tony forse sì, ma con Kate alle calcagna non avrebbe mai osato. E quindi non avrebbero combinato nulla di rischioso. O no?

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Amanda è spazientita. Cassidy ha cominciato a piagnucolare, presa dalla confusione e dalla paura che tutti gli ultimi avvenimenti le hanno provocato. Ma adesso lei non lo può più sopportare. Non più. No davvero. Perché è arrivata alla fine del percorso, nonostante tutto. L’ultimo atto. Quello che non era mai andato in scena. E il piagnucolio della bambina le sta trapanando la mente, agitandola. Lei, sempre così fredda, calcolatrice, astuta. E crudele. Lei, che la vita l’ha privato di ogni sorta di sentimenti, non riesce a resistere al pianto di una bambina.
-Smettila. Smettila. SMETTILA!!!- Grida. E Cassidy si ferma. Ma le lacrime continuano a scenderle dagli occhi, mentre soffoca i singhiozzi. La donna si passa una mano sul volto. È assurdo, davvero tutto assurdo … Un momento di lucidità. Uno solo. Per rendersi conto dell’assurdità del suo gesto. Di tutte le sue azioni. Ma il volto di Johan, il suo Johan,  le danza davanti agli occhi, reale e tangibile, come il muro a cui si appoggia. E lei lo sente. Lei deve farlo. Deve. Non c’è un perché. Non c’è mai stato. È solo il suo dovere. Come lo era di Johan. Ora non c’è più adito a dubbio. I rumori della partita, forse di football, ritornano nella sua mente, inaudibili per Cassidy. Manca poco, ormai.

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Kate lanciò un’occhiata a Tony. Questi rispose con un cenno. E Kate sapeva già cosa fare. Pistola in pugno, sensi all’erta, i due agenti entrarono nell’edificio. Rapidi, si divisero. Quello che doveva essere l’ingresso principale dello stadio, era un susseguirsi di pilastri, in mezzo ad un grande salone semicircolare, da cui si diramavano i vari corridoi per le tribune. Tutto era assolutamente spoglio, tranne le casse di mattoni e materiali da costruzione abbandonati. Tony richiamò un momento su di sé l’attenzione di Kate, che gli si avvicinò, pur continuando a scrutare la stanza. Era più forte di lei. Non riusciva a togliersi dalla mente che Amanda Rudolph potesse sbucare all’improvvisa da dietro un pilastro. Magari con una bella pistola in mano.
-Allora che c’è?- Domandò Kate seccata, con un filo di voce.
-Ci sono solo due corridoi che portano al piano sotterraneo dell’edificio.- Spiegò Tony, indicando due dei corridoi minori. Kate guardò nella direzione che gli stava indicando il collega.
-Ma come fai a saperlo?-
-Basta guardare in alto.- Sorrise l’agente, indicando la mappa della stadio, che capeggiava su una parete spoglia. Uno dei pochi oggetti superstiti ai vandali. Kate cercò di reprimere l’istinto di usare la pistola sul suo compagno. La stava prendendo in giro! Erano appena entrati in un edificio abbandonato, dove una pericolosa criminale malata di mente, che poteva trovarsi ovunque, teneva in ostaggio una ragazzina spaventata, e per giunta erano anche entrati senza un mandato. E lui la prendeva in giro!
-E come fai a sapere che saranno nei sotterranei?- Sibilò la donna, piccata.
-Perché a suo tempo Smilton si era nascosto nei sotterranei.- Kate inghiottì il rospo. Aveva scordato che Tony aveva avuto a che fare con Smilton.
-Allora andiamo.- Tony annuì. Poi indicò a Kate l’entrata destra. Non c’era bisogno di altri scambi di parole. Si sarebbero divisi. Per poi ricongiungersi alla fine dei corridoi, che portavano ad un unico salone, da cui si accedeva ai magazzini sotterranei. Un lampo d’incertezza passò sul volto dell’agente. Il ricordo dell’appartamento numero otto ancora fisso nella mente. Kate se accorse. Con un sorriso cercò di rassicurarlo, per poi sparire nel corridoio. Tony si attardò a guardarla, poi si avviò per la sua strada. “E che Dio ce la mandi buona …” Pensò, stringendo più forte la pistola.

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La voglia di uccidere lo stava assalendo. Sì, Leroy Jhetro Gibbs stava davvero per uccidere qualcuno. E non solo per modo di dire. Fece uno sforzo per non mettere mano alla pistola, mentre il coro di clacson attorno lo assordavano. Il furgone della squadra speciale era rimasto imbottigliato nel traffico.
-Allora vogliamo muoverci?- Ringhiò seccato l’agente, rivolgendosi al caposquadra, alla guida del mezzo.
-Siamo bloccati.-
-Questo lo vedo anch’io!-
-Allora non mi scocci!- Ribatté l’uomo, innervosito.
-Se aveste lasciato guidare me …- Sibilò Gibbs, con tono insinuate. Il guidatore gli lanciò un’occhiataccia, che nemmeno scalfì di striscio l’ex marine.
-Ce lo ha già detto! Ma il regolamento è questo. Lei in questa operazione è solo un ospite.- Ma Gibbs aveva già smesso di ascoltarlo, e fissava ansioso il mare di auto che circondavano il furgone. Era stramaledettamente preoccupato, ed ogni minuto perso poteva costare caro a Cassidy. Senza contare che, se conosceva bene i suoi uomini, non avrebbero avuto ancora molta pazienza, e sarebbero entrati in azione. Già, perché oramai ne era certo. Né Kate né tantomeno Tony avrebbero potuto aspettare tanto l’arrivo della squadra speciale. Non con una bambina in pericolo. Dopotutto, anche lui si sarebbe gettato. Con un sospiro, si lasciò cadere sul suo posto. Forse avrebbe dovuto aggiungere una nuova regola. “Mai fare ciò che farebbe Jhetro Gibbs, a meno che tu non sia Jhetro Gibbs“.

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Kate avanzava piano tra i pilastri, la pistola pronta a sparare al primo segno di pericolo. Era tesa, molto tesa. Il cuore le batteva furioso nel petto, mentre sentiva il sangue pompargli alla testa. Le orecchie tese al massimo. Un grido imprigionato in gola, tanto era forte la sua paura. Si sentiva spiata. E questo la spaventava. Si era divisa da Tony da pochi minuti, e già ne sentiva la mancanza. In due, ci si può guardare le spalle a vicenda. Ma da soli si è due volte più vulnerabili. Aveva avuto più volte la tentazione di lasciar perdere l’esplorazione del corridoio e schizzare al salone dove si sarebbe riunita al collega. Ma sarebbe stato inutile. Doveva esplorare il corridoio, per stanare la Rudolph. Per un momento le venne da sorridere. Se Tony avesse anche solo lontanamente immaginato il suo stato d’ansia, probabilmente l’avrebbe presa in giro da lì all’eternità. Stranamente, quel pensiero la rincuorò. Già, perché qualunque pazzo psicopatico in agguato in un corridoio buio e pieno di nascondigli, era di sicuro meglio della costante presa in giro da parte del collega. Ma proprio quando il suo cuore sembrò riprendere a battere normalmente, un rumore attirò la sua attenzione. Passi. Rapidi, durati una frazione di secondo. Ma quel tanto che basta per mettere la donna in allerta. Kate riprese a puntare la pistola nei punti più bui del corridoio, l’adrenalina in circolo, il respiro accelerato. Tese l’orecchio, attenta ad ogni altro segno di vita. Cosa non avrebbe dato perché apparisse Tony, e tutto fosse stato uno scherzo idiota! Certo, poi avrebbe ucciso Tony, ma almeno tutto si sarebbe risolto … Un altro fruscio silenzioso. Kate si girò. Ma davanti ebbe solo il buio. E un liso pezzo di carta caduto dal muro. Non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che qualcosa di duro la colpì in testa. Cadde a terra, accecata dal dolore. Poteva sentire il sangue che colava dal punto in cui era stata colpita. C’era cascata come una pivella alle prime armi. Neppure McGee avrebbe potuto fare peggio. Prima di perdere i sensi, sentì due braccia esili trascinarla via. Poi più nulla.

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Con un sospiro di pura felicità, Tony arrivò alla fine del suo corridoio. Un ampio spazio semicircolare piuttosto illuminato, in quanto mancava il tetto. Con una punta di disappunto, però, non trovò Kate. Secondo i suoi calcoli, infatti, la collega avrebbe dovuto metterci più o meno la sua stessa quantità di tempo. Si impose di scacciare quel lieve senso di preoccupazione che aveva cominciato ad infastidirlo. Era solo stata più accurata di lui. In breve sarebbe uscita anche lei. L’agente si appoggiò ad una parete, in attesa. I sensi tesi, pronti a captare i passi della collega. Ma dopo alcuni minuti, la preoccupazione fece nuovamente capolino, alimentata da un ritardo ed un silenzio ingiustificabili. Imponendosi una calma che non si sentiva affatto addosso, Tony si inoltrò nel corridoio da dove sarebbe dovuta uscire Kate. Mentre scivolava tra le ombre, continuava a sperare in un colpo di pistola, un grido, un qualunque segno di vita da parte della patner. Serrò la mascella, mentre ancora una volta la voce di Gibbs lo sgridava:
“Sei tu l’agente più anziano. La vita di ogni altro membro dell’NCIS che si trova con te fuori dal dipartimento, è sotto la tua responsabilità. Specialmente se io non ci sono!”
Una bella responsabilità, capo … Pensò tra sé e sé l’agente, mentre il ricordo della conversazione sostenuta di ritorno dall’appartamento della Rudolph lo faceva ancora tremare. Erano ancora tesi per la discussione avvenuta meno di due ore prima, quando Gibbs aveva deciso di farglielo sapere. Aveva scelto l’agente che avrebbe preso il suo posto in caso di una sua assenza. Tony dava già per scontato che il predestinato fosse Kate. Era vero che lui era l’agente più anziano, ma era convinto che il suo carattere e le sue maniere poco ortodosse lo avessero automaticamente eliminato. E invece no. Gibbs, andando contro ogni giudizio del suo capo, aveva scelto proprio lui. Tanta fiducia era un vero onore, ma anche un’enorme responsabilità. E adesso ne sentiva tutto il peso sulle spalle. Nel giro di ventiquattrore aveva già rischiato di fare esplodere sé stesso e Kate, McGee era stato ferito, ed ora Kate non si trovava. Gran bel capo che era, davvero … Era già un po’ che percorreva a ritroso il corridoio, ma ancora non aveva trovato traccia della collega. Finché, ad un tratto, non notò una figura distesa sul pavimento. Il cuore perse più di un battito, mentre la riconosceva.
-KATE!!!- Mandando al diavolo ogni precauzione, corse verso la mora, pregando che non fosse ciò che sembrava. Le prese il volto tra le mani, mentre, trepidante, cercava di sentire se respirava. Era pallida, ed un rivoletto di sangue le scendeva dalla tempia. Con mano malferma, l’agente cominciò a tastare il cuoio capelluto della collega, alla ricerca della ferita. Nell’incoscienza, Kate emise un gemito quando la mano di Tony le sfiorò il punto in cui era stata colpita. L’uomo si lasciò andare ad un sospiro di gioia. Quella piccola manifestazione di fastidio gli parve il più bel suono del mondo. Kate era viva! Ammaccata, incosciente, ma viva! La gioia della scoperta durò poco. Il tempo di accorgersi che la pistola di Kate era scomparsa. Tony si irrigidì quando sentì il freddo contatto della canna di una pistola sulla nuca. Ma il vero terrore venne quando la gelida voce di donna gli sussurrò all’orecchio.
-Non ti muovere, “agente” …-

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-Allora, Abby, novità? Sei riuscita a contattare Jhetro?-
-No, Ducky, non ancora.- Sospirò la dark sconsolata. Erano già parecchi minuti che lei e McGee tentavano, senza successo, di mettersi in contatto con il furgone della squadra speciale.
-Non è che forse sono già sul posto?- Ipotizzò Palmer, che era salito al laboratorio con il medico legale.
-Se così fosse, avrebbero le ricetrasmittenti accese per collegarsi al quartier generale!- Ringhiò McGee, nervoso. Il braccio gli faceva un male cane, e battere sulla tastiera alla sua solita velocità con un braccio solo gli era impossibile. E il silenzio di Gibbs non lo aiutava di certo. Sommato al fatto che forse Kate e Tony erano nei guai, bhe il cocktail era quantomeno esplosivo. Se non fossero riusciti a contattare la squadra speciale prima dell’irruzione, i due agenti avrebbero potuto rimanere coinvolti. Con un sospiro, Tim si massaggiò la spalla. Stava cercando i numeri di cellulare dei partecipanti alla missione, per riuscire a contattare Gibbs. E per farlo stava violando non sapeva quante leggi sulla privaci e sulla sicurezza, ma quella era una situazione d’emergenza. Una mano calda gli si appoggiò sul braccio, facendolo sobbalzare. Abby sorrise, intenerita. McGee era così nervoso che era bastato il suo tocco per farlo scattare.
-Ti do una mano.- L’agente annuì, ben felice della proposta.
-Bene. Ho proprio bisogno della tua mano, Abby.- La dark si posizionò alle spalle dell’agente, e in perfetta sincronia, cominciarono a lavorare alla tastiera.

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Buio. Tutto era buio. Doveva essere notte. Ma dov’era? Non a casa sua, se lo sentiva … Una fitta alla testa la fece rinvenire del tutto. Mentre le ondate di dolore si attenuavano, i ricordi vennero piano piano a galla. Il caso, le domanda alla donna del minimarket, lo stadio in costruzione abbandonato, il corridoio buio … Con un borbottio incomprensibile tirò tu il capo, e cercò di aprire gli occhi. Ma subito li richiuse. Troppa luce.
-Ben svegliata Kate … Cominciavo a credere che fossi andata in letargo …- Una voce conosciuta veniva dalle sue spalle.
-Ma che … Tony?-
-No, suo fratello …- Sogghignò l’agente.
-Tu non hai fratelli, Tony …- Borbottò la donna. Era ancora talmente intontita da non riuscire a cogliere l’ironia del collega. Cominciò a concentrarsi su sé stessa. Con stupore si accorse di essere seduta su qualcosa. Una scatola, forse. Ed era appoggiata a qualcosa di caldo … Cercò istintivamente di portarsi una mano agli occhi, ma non ci riuscì. Con orrore si rese conto che era legata con le mani dietro la schiena. Finalmente riuscì ad aprire gli occhi. E ciò che scoprì non le piacque per niente. Era legata schiena contro schiena a Tony, seduta su alcune casse. Come c’era finta in quella posizione? Non che le dispiacesse, ma … Non era esattamente il momento opportuno. Con uno sforzo cercò di voltarsi verso il collega, ma un giramento la fece rinunciare. -Che è successo, Tony?-
-Che ci siamo fatti entrambi fregare come dei pivelli.- Rispose questi con tono sarcastico, ma privo di allegria.
-Ah …- Adesso Kate ricordava. Il lieve rumore di passi, il buio, il colpo alla testa. -Chi ci ha legati?-
-Prova ad indovinare …- La risposta all’interrogativo della mora arrivò subito. Silenziosa come un fantasma, fece il suo ingresso Amanda Rudolph, i grandi occhi grigi incastonati in un volto magrissimo, come il corpo. I sottili capelli castani raccolti in una coda. Una volta doveva essere stata una donna davvero bellissima, ma adesso sembrava che il suo corpo manifestasse il dolore provato dalla sua anima in quegli anni. Kate notò che in mano teneva la sua pistola e quella del suo patner. Ignorando la donna, Amanda si inginocchiò davanti a Tony, in modo da essere sullo stesso piano visivo.
-Io ti conosco.- Solo tre parole. Che sapevano di condanna. Tony resse lo sguardo freddo della donna. -Tu mi hai fatto uscire dallo sgabuzzino …- Per tutta risposta l’uomo annuì. Allora Amanda alzò una mano sottile per accarezzargli il volto. Tony rabbrividì a quel contatto. La mano della donna era fredda quanto il suo sguardo. Sentì la schiena di Kate irrigidirsi contro la sua. Non poteva sapere del feroce attacco di gelosia tutta femminile che stava facendo esplodere la collega … Probabilmente, se avesse visto il suo volto ne sarebbe rimasto terrorizzato. In confronto, Gibbs quando gli versavano il caffé era quasi sereno. La Rudolph riprese a parlare. Un sibilo rabbioso. -… Ma hai anche ucciso il mio Jo!- Con uno scatto, la donna puntò una delle due pistole alla fronte dell’agente.

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-Un’ora. UN’ORA ESATTA DI RITARDO! Ma che razza di squadra è la sua ?! I miei uomini saranno intervenuti già da chissà quanto!- Le urla di Gibbs erano bene udibili anche dalle persone al di fuori del mezzo, oramai a meno di un isolato dallo stadio abbandonato. L’autista tentò timidamente di scusarsi.
-Mi dispiace agente Gibbs …-
-Le dispiacerà molto di più se è successo qualcosa ad uno dei miei agenti!- Ringhiò furioso Jhetro, con un tono che sapeva di minaccia. Il capo della squadra speciale decise di lasciar perdere. Una volta arrivati in vista dell’edificio, fece scendere la sua squadra. Il piano era il solito: accerchiare lo stadio ed entrare con le armi in pugno. Il tempo degli ultimi accorgimenti ai ragazzi, e di avvertire il quartier generale. Non appena accese la ricetrasmittente però, si trovò a ricevere una chiamata, del tutto inaspettata. Stupito, l’uomo rispose. Una concitata voce femminile quasi gli forò i timpani.
-SIIIII’!!!MCGEE CI SIAMO RIUSCITI!!!-
-P … Pronto … Ma chi parla?!-
-Abby, non urlare … Ehm, chiedo scusa … Agente speciale McGee, signore …-
-E che accidenti vuole?! Siamo nel bel mezzo di un’operazione, agente … E lei non dovrebbe essere in contatto con me! Sta infrangendo il regolamento!- Passato il primo momento di sorpresa, l’uomo aveva reagito, furioso.
-Ehm … Sì … Lo so … Ma vede, dovrei parlare con il mio capo, sa, l’agente speciale Gibbs … È lì, vero?- Il caposquadra emise un gemito esasperato.
-Certo che è qui. E mi sta terrorizzando la squadra …-
-Allora è proprio Gibbs …- Intervenne di nuovo la voce femminile, subito zittita dall’agente McGee.
-Ecco, vede, noi dovremmo parlare con lui …-
-Non sono un centralinista, “agente”, quindi adesso butti subito giù questa conversazione, altrimenti …-
-Altrimenti, cosa, agente?- Ringhiò Gibbs, che aveva riconosciuto, nonostante il gracchiare della ricetrasmittente la voce dei suoi uomini. Davanti all’ex marine, l’uomo borbottò qualcosa di indefinibile, e lanciò l’apparecchio all’agente, che se la portò all’orecchio. -Gibbs.- Subito la voce di Abby lo raggiunse, eccitata come una bambina.
-GIBBS! Ah, meno male! Oramai disperavamo a contattarti!-
-Perché? È successo qualcosa?-
-Hai dimenticato il cellulare in laboratorio, capo … E Kate ti ha chiamato.- Rispose McGee. Un orrido presentimento si fece strada nella mente di Jhetro.
-E cosa ti ha detto?-
-Ehm … Ecco … Che lei e Tony entravano.- Gibbs rimase in silenzio per qualche istante.
-CHE COSA!?!?!?- Tutti gli uomini della squadra speciale si voltarono verso l’agente. Gibbs rimase ancora per qualche istante alla ricetrasmittente, dopodichè chiuse la conversazione e si rivolse al caposquadra, che lo fissava con aria rassegnata. -I miei uomini sono dentro.- L’uomo roteò gli occhi. Decisamente avrebbe fatto meglio a non uscire di casa, quel giorno.
-Avanti, ragazzi, si cambia strategia.-

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Non osava muoversi. La canna della pistola ben premuta sulla fronte. Kate, dietro di lui, tremava. Eppure tutta la sua attenzione era assorbita dal dito di Amanda sul grilletto. Lentamente, lo stava premendo. Tony deglutì. Solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo … E avvenne. Un tonfo improvviso attirò l’attenzione della Rudolph, facendole togliere la pistola dalla testa di Tony. Dalla sua posizione, Kate riuscì a vedere di cosa si trattava. Seminascosta in un angolo buio, Cassidy aveva fatto cadere alcune piccole casse. Nel vedere la pistola abbassata, l’uomo tirò un rumoroso sospiro di sollievo. Non aveva mai provato una paura simile. In un impeto di rabbia, Amanda colpì l’agente con il calcio della pistola. Tony non riuscì a trattenere un gemito di dolore. La donna parve compiaciuta, e si apprestò a rivolgere la sua attenzione a Cassidy. Con un ringhio, si avvicinò alla bambina, ed ignorandone i singhiozzi terrorizzati, la trascinò lontano dai due agenti.
-Ti ho già detto un sacco di volte che non devi muoverti!- Tuonò la donna, inferocita. La bambina si fece piccola piccola, gli occhi pieni di lacrime e paura. Sparirono dalla visuale dei due agenti, ma il rumore di una porta che si apriva e poi si chiudeva, fece capire che erano uscite. Kate sentì la rabbia bollirgli dentro. Come poteva quella donna trattare così una bambina? Serrò più che potè la mascella, nel tentativo di recuperare lucidità. Un mugolio alle sue spalle la distasse.
-Tutto bene, Tony?- Cercò di mantenere la voce bassa.
-… Mi ha spaccato la faccia …- Grugnì l’agente, provocando il sorriso della mora.
-Strano, dovresti esserci abituato ad essere preso a botte dalle donne …-
-Non è divertente …- Borbottò Tony, cominciando a muoversi per mettersi di fianco alla collega. Quando Kate riuscì a vederlo in viso per poco non si spaventò: la Rudolph lo aveva colpito appena sotto all’occhio, ferendogli lo zigomo, dal quale stava uscendo del sangue.
-Dio, Tony! Sembri uscito da uno dei film horror di Abby!-
-… Ha parlato quella a cui sembrava avessero spaccato la testa … Ah, già, dimenticavo. Hai la testa troppo dura perché qualcuno ci riesca …-
-Spiritoso!- Sibilò Kate, facendo una smorfia. Poi continuò. -Dai, dobbiamo trovare il modo per liberarci …-
-Ci vorrebbe un coltello …- Borbottò l’uomo, tentando inutilmente di forzare le corde.
-Un coltello! Come ho fatto a non pensarci prima?! Tony aiutami.- Senza dare il tempo di chiedere spiegazioni al collega, la mora cominciò a tirarsi su la gonna. Teneva sempre un coltello legato a metà coscia, per i casi d’emergenza. Certo tirare su quei pochi centimetri di stoffa non era semplice, senza mani, e con uno sguardo assatanato “alla Tony” addosso, ma, movimento di qua, strusciatina di là, riuscì nell’impresa. -Fatto! Adesso, Tony, prendi il coltello …-
-Lo farei, ma …-
-“Ma”, cosa, Tony? Non sarai diventato tutto ad un tratto così pudico da non volermi toccare una gamba, vero? Vedi di prendere quel coltello, e se provi a far andare la mano più su di quel che dovresti, sappi che taglierò prima te delle corde!- Sbuffando offeso, l’agente passò un dito sulla gamba di Kate, percorrendone la lunghezza della coscia. La donna saltò dalla scatola. -MA CHE CAVOLO FAI?!-
-Ma non dirmi che non te ne sei accorta! Allora hai preso proprio un brutto colpo …- Kate riportò lo sguardo sulla sua gamba.
-Ma che … Il coltello non c’è più! Perché non me l’hai detto prima?!- Tony le indirizzò un sorriso bastardo dentro.
-Primo: perché non me ne hai lasciato il tempo … Secondo: perché quando mi ricapita di vederti tirare su la gonna a quel modo?- Kate avrebbe voluto spaccare quella faccia irradiante malizia da ogni poro. Peccato che ci avesse già pensato la Rudolph … Un brivido le percorse la schiena, al pensiero di quanto quella donna fosse stata vicina a sparare a Tony. Se non fosse stato per la bambina, l’agente Dinozzo sarebbe andato a far compagnia a santi e cherubini.
-Benissimo. E adesso, cosa proponi di fare, genio?-
-Allora … Non so ancora infilarmi in una lampada, ma se tu riuscissi a slacciarmi la cintura …-
-DINOZZO!!!- Esplose kate, paonazza. -TI SEMBRA IL MOMENTO?!- Tony continuò tranquillamente, ignorando l’indignazione della patner.
-… Potrei prendere la lama che c’ho nascosto nella fodera. Ma che hai pensato, Kate?-
-… Lasciamo perdere …- Mormorò con un fil di voce la donna, esasperata. Il viso coloro porpora, fece sorridere maliziosamente Tony.

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Con un  forte cigolio la porta si apre, facendo uscire dalla stanza Amanda e Cassidy. La donna è furiosa. C’era andata vicina, così vicina … Era quasi riuscita uccidere l’agente. L’uomo che le aveva portato via il suo Jo … Ma il trambusto provocato dalla bambina l’aveva distratta, togliendole l’ebbrezza dell’omicidio. Ora non sarebbe più riuscita ad uccidere l’agente. Non più così, a sangue freddo, con calma, come merita la pena sofferta in quegli anni per la sua perdita. Cassidy continua a piangere, in silenzio. Gli occhi scuri gonfi per le numerose lacrime versate. Ma Amanda non sembra farvi caso. Si avvicinano ad una cassa. La donna dà un’occhiata al contenuto. Un ordigno, costituito da due bottiglie e un detonatore, da cui parte un filo, che percorre l’intero corridoio. La Rudolph continua a camminare seguendo il filo, finché non arriva ad una stanza. È praticamente spoglia. Un tavolo sgangherato ed alcune apparecchiature di vetro sono il solo arredamento, oltre ad una pila di casse, che troneggia in mezzo all‘ambiente. Da ognuna parte un filo conduttore, che va a collegarsi ad un apparecchio elettronico. Un piccolo display con la cifra 10.00 attende solo di essere attivato.

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-Liberi!!!- Esultò Kate, strofinandosi i polsi. In qualche modo il piano di Tony aveva avuto buon esito, ed erano riusciti a liberarsi.
-Non cantare vittoria …- La ammonì l’uomo, mentre si asciugava dalla guancia il sangue uscito dall’escoriazione allo zigomo. -Abbiamo ancora una pazza psicopatica da arrestare … Da soli.- Fantastico. Davvero fantastico. Nel preciso istante in cui stava cominciando a sentirsi più ottimista, ecco che Tony riusciva a farla precipitare nella più schifosa delle prospettive. Kate stava per dirlo al collega, ma un rumore di passi la zittì. Si scambiò un’ occhiata con Tony. Quando la posta si aprì, Amanda trovò i due agenti esattamente come li aveva lasciati. Immobilizzati sulle casse, in attesa della sua decisione. Non era sola. La bambina era con lei. Kate trattenne un sospiro di sollievo. La piccolina stava bene. Per quanto si possa star bene alla mercè di un’assassina. Aveva ancora gli occhi gonfi, ma aveva smesso di piangere.
-Come sta Cassidy?- Domandò comunque. La donna la guardò appena, mentre rispondeva per la piccola.
-Lei sta bene. La mia bambina sta bene.- Ad un cenno della donna, Cassidy andò a risistemarsi nel suo angolo, senza osar fiatare. Amanda si riavvicinò a Tony, senza degnare di uno sguardo l’altro agente. Kate ebbe un brivido di rabbia. Non tollerava che quella donna la considerasse così poco. E soprattutto che prestasse tutte quelle attenzioni al suo collega. Accidenti! Stava diventando gelosa di un’assassina! Forse la pazza era lei … La Rudolph si avvicinò di nuovo a Tony. Gli occhi grigi inespressivi incrinati da una vena di rabbia gelida. L’agente non potè fare a mano di rabbrividire nuovamente. Quello sguardo non aveva nulla di umano. Non ricordava di averne mai visti di così freddi. Ma stavolta non si sarebbe fatto prendere a mazzate. Non appena si chinò per guardarlo negli occhi, Tony si alzò di scatto, bloccandole i polsi. Rapida, Kate si avventò sulla pistola che la donna teneva in mano. Presa alla sprovvista, Amanda capitolò. Non oppose resistenza, mentre Tony usava le corde che avevano legato lui e Kate su di lei. Cassidy uscì dal suo angolo. Una luce speranzosa le illuminava gli occhi. Senza dire nulla, si avvicinò all’agente donna, che la accolse con un sorriso.
-Ciao Cassidy. È tutto finito, ora.-
-Vi ha mandato la zia?- Domandò, timidamente. Kate si sciolse in un sorriso.
-Sì. Era molto preoccupata per te, sai?- La bimba abbracciò la mora.
-Voglio andare a casa …-
-Ti ci riporteremo subito.- Sorrise Tony, che teneva saldamente per un braccio la Rudolph. Poi uno squillo lungo e prolungato attirò l’attenzione dei due agenti, che si guardarono un momento in viso. Poi un enorme sorriso si allargò sulle labbra di entrambi. Senza usare molta delicatezza, Kate prese di tasca alla Rudolph il proprio cellulare. Doveva averglielo preso mentre era svenuta.
-Pronto?- Il gridolino di gioia di Abby fece sorridere ulteriormente la mora.
-KATE! Stai bene! Meno male! E Tony? state tutti okay?-
-Sì, Abby tutto a posto. Abbiamo preso la Rudolph. Gibbs?-
-È in contatto con noi attraverso i canali della squadra speciale … Ha sentito tutto!- Kate si lasciò andare ad un sospiro liberatore. Era sfinita, ma felice. Era finita. Ora per tutto il resto ci sarebbe stato tempo. Persino il pensiero del rapporto che avrebbe dovuto scrivere a Gibbs non era poi tanto male. Stava assaporando il momento liberatorio, quando Amanda cominciò a ridere. Una risata isterica, senza gioia. Confusa, Kate le guardò in volto. E ciò che vede la fece star male. Gli occhi della donna, sempre freddi, ora erano infuocati dalla libidine della vendetta. No. Non era ancora finita. Il cuore della mora venne come trafitto. Quanto odiava essere illusa.
-Che vuol dire? Che cosa sai!?- Sibilò Tony. Il sorriso freddo di Amanda non era ancora sparito. I suoi occhi grigi, ebbri di trionfo, passavano da un agente all’altro. Kate non capiva. Per quale motivo si comportava così? Ormai era finita … Poi le venne in mente.
-La bomba! Dov’è la bomba?!- Per tutta risposta la donna la fissò gelida.
-Al sicuro.- Tony perse la pazienza.
-Dov’è!?- Prese Amanda per le spalle e la costrinse a guardarlo negli occhi. Kate si ritrovò, suo malgrado, ad ammirarla. Lo sguardo di Tony era paragonabile ad un incendio, ma la Rudolph non ne sembrava minimente impressionata. L’ennesimo indizio della pazzia della donna.
-Trovala …- Disse solo. -… Come hai trovato me … Prima che sia tardi.- Scoppiò di nuovo a ridere, lasciando Tony confuso e furioso. Ora ne aveva la certezza. La bomba era stata attivata. L’agente Todd non potè fare a meno di rabbrividire, mentre Cassidy le si stringeva più forte. Quella storia era ben lungi dall’essere arrivata alla fine …

-Fine capitolo 10-

dimenticavo....ringrazio lillium purpurea per aver commentato "morto due volte" ^^ grazie carissima!
  
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