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Autore: _Haushinka    11/06/2014    5 recensioni
{Spin-off della long fic "La Vera Storia Di Una Guerriera - Arwen".}
In un momento di difficoltà, una Arwen scossa e confusa trova conforto nella passione per la vita di un Gold Saint : Kardia.
"Hai mai pensato a come morirai?" domandò lei a bruciapelo, mentre erano seduti al tavolo della cucina, sorseggiando del caffé.
Kardia quasi si strozzò.
"Perché questa domanda? Vuoi mischiarmi la tua depressione?" [...]
Genere: Generale, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A History of Life and War'
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Acqua Nel Deserto




Santuario di Atena, febbraio 1737.

Nell'aria fresca dell'inverno greco, sotto un cielo sereno attraversato di tanto in tanto da spumose nuvole bianche, un branco di ragazzi era impegnato a darsele di santa ragione in una polverosa arena.
Sollevavano scie di terreno con i loro calci e le loro cadute, e l'atmosfera era così pregna di cosmo che chiunque non lo possedesse ne sarebbe rimasto schiacciato.
Tra i volti sudati e concentrati dei cadetti, stonavano le maschere fredde e sterili delle Sacerdotesse, le cui capacità non avevano proprio nulla da invidiare a tutti quei maschi.
Una ragazzina bionda, che nel suo metro e sessantacinque non era più bassa di qualunque altra donna comune, ma che in quel mondo di guerrieri decisamente fuori misura sembrava anche troppo piccola, si dava un gran da fare per mettere al tappeto quanti più sfidanti possibili. La sua maschera bronzea, decorata con rilievi fiammeggianti ai lati esterni degli occhi, la collocava tra le Sacerdotesse già in possesso di un'Armatura.
Non era la più forte in assoluto, ma il lungo addestramento e la fiducia - a volte esagerata - nelle proprie capacità, la collocavano tra le guerriere più promettenti.
Si stava allenando con Niedda, la Lince, una Bronze Saint con tutte le carte in regola per diventare una combattente con i controfiocchi, una delle poche che riusciva a darle del filo da torcere. Allieva del Pope, mica di un idiota qualunque.
Tra calci, pugni, strattoni e imprecazioni, le due si azzuffavano cercando di trattenere il rispettivo cosmo per non farsi troppo male : fiammeggiante e impetuoso quello della bionda, scattante e aggressivo quello della mora. 
Niedda riuscì a dominarla, inchiodandola sotto la sua stazza alta e nervosa, e si lasciò scappare una risata sonora, guardando quella Sacerdotessa arruffata e arrabbiata sotto di sé.
"Ti diverti a far sbattere il culo sul terriccio, picciridda?" la canzonò con un termine siculo, che l'altra le aveva sentito usare mille volte.
Arwen adorava il suono della lingua madre della sua avversaria, e si prese un momento per sorridere dietro la maschera, prima di ribaltare la situazione e prendere il sopravvento con un colpo di reni, facendola ribaltare con la schiena in giù. La Fenice si mise in piedi, e puntò la suola dello stivale sul pettorale in metallo della Lince, più per prenderla in giro che per intimidirla.
"Mi diverto a far sbattere il tuo culo sul terriccio, picciridda" cercò pateticamente di imitare il suono vocale fluido e morbido della mora nell'ultima parola della frase, ma il risultato fu una comica versione, dura e imprecisa, del termine dialettale.
La siciliana rise di nuovo, stavolta senza arroganza, in modo sincero e vagamente sguaiato, e l'altra si lasciò contagiare, in una risata più bassa ma ugualmente divertita. Entrambe non ridevano spesso, soprattutto da quando Chiyo era misteriosamente scomparsa : quei momenti erano preziosi, e nessuno lo sapeva più di Arwen, che aveva il senso di colpa a corroderle la coscienza.
"Signore..." si intromise una voce maschile, ed entrambe si voltarono : c'era un ragazzo che le osservava divertito, le braccia conserte e un sorrisetto malizioso che lasciava trasparire un carattere scanzonato e arrogante.
"Mi dispiace interrompervi, ma stavo giusto cercando la piccola arpia qui presente" disse, indicando con un cenno del capo la più bassa, che ancora teneva un piede sul petto della temporanea avversaria, in segno di vittoria.
"Scorpio, con tutto il rispetto, mi piacerebbe prima finire questo allenamento" usò un tono rispettoso ma perentorio la ragazza a terra, scrollandosi di dosso il piede dell'altra, e rimettendosi velocemente in piedi.
"Lince, con tutto il rispetto, non mi sembra proprio che vi stiate allenando seriamente" avanzò sovrastando la bruna, che non indietreggiò, anzi sollevò il capo, desiderando di non avere la maschera per poterlo fulminare con lo sguardo.
"Invece contro di voi sarebbe tutta un'altra cosa, scommetto" lo provocò, aumentando un poco il suo cosmo, avvicinandosi.
Kardia sfoggiò di nuovo quel sorriso che avrebbe fatto perdere la pazienza ad Atena in persona, e aizzò il cosmo in tutta risposta.
"E' ovvio, gattina. Ma non ti farò nulla, non ci tengo a creare scompiglio alla Quarta Casa. Ma sappi che se così non fosse, staresti già chiedendomi pietà..."
Arwen si mise in mezzo, cercando di tenere lontane quelle due auree aggressive : se quei due fossero scoppiati in una rissa, avrebbero creato un gran macello nell'arena!
"Vediamo di tenere a bada i bollenti spiriti, tutti e due!" esclamò, guardando truce prima lui poi lei, che piano piano si calmarono e abbassarono le difese.
"Zaùrdo"* disse poi Niedda, facendosi da parte, provocando un'espressione di confusione al ragazzo, e una risatina sommessa alla Sacerdotessa.
Arwen conosceva quel termine dialettale, la siciliana gliene aveva spiegato il significato, ma Scorpio lo ignorava totalmente. Il Cavaliere si limitò a guardare Niedda in cagnesco mentre si allontanava, incurante dei vestiti sporchi di terra, e l'andatura giocosa, come se l'interruzione del loro combattimento non l'avesse disturbata affatto.
"E ora, a noi" si piazzò di fronte alla più piccola, incrociando le braccia davanti al petto, e sforzandosi di mantenere un'espressione severa, nonostante i capelli arruffati della Fenice fossero davvero una spettacolo comico, sopra quella maschera così seria.
"Kardia, possibile che stai sempre a bacchettarmi per qualcosa? Cosa avrei fatto, stavolta?" la voce attutita dalla presenza del bronzo davanti la bocca, conservava il suo timbro fermo e vagamente graffiato, così opposto al suo aspetto minuto.
"Non è colpa mia se tu sei una testolina di cazzo!" si alterò lui, attirando l'attenzione di due cadetti che si stavano allenando a pochi metri da loro.
"Va bene. Kardia, non so proprio di che cosa stai parlando" Arwen si trattenne dal rispondere a tono, per evitare di avere gli occhi di tutti addosso.
Kardia se ne accorse, e convenne fosse meglio non dare nell'occhio.
"Non qui. Andiamo nella mia Cas..." prima che potesse finire, la Sacerdotessa lo aveva già afferrato per il braccio, e lo aveva teletrasportato con sé nell'Ottava Casa.
"Chiedi e ti sarà dato!" proferì lei con un gesto teatrale della mano, mentre il Cavaliere barcollava per quell'inaspettato viaggio dimensionale.
Scorpio imprecò sia per il suo sarcasmo sia per il senso di vertigine. Il teletrasporto era un'esperienza per nulla piacevole, per chiunque non ne fosse abituato, anche per i Cavalieri più forti.
"Allora? Non mi avrai tirato fuori dalla bolgia dell'arena per nulla?" usò un tono vagamente polemico, era stranamente acida ultimamente.
"Devi darti una calmata, e in tutti i sensi. Al Gran Sacerdote arrivano notizie delle risse tra te e Consuelo, e non ne è affatto contento" le disse, piazzandosi di fronte alla sua espressione statica.
"E dai per scontato che sia solo colpa mia?" commentò decisa, strappandosi la maschera dalla faccia con un movimento rapido e secco.
Ciò che si nascondeva sotto quello sterile pezzo di bronzo, non era né più né meno di ciò che ci si aspetterebbe osservando il suo corpo. I lineamenti del volto erano decisi e regolari, non più attraenti di quelli di qualunque altra Sacerdotessa, percorsi da sparute lentiggini, che promettevano di diventare abbondanti e vistose con un pò di Sole sulla faccia. La bocca era vagamente imbronciata, e gli occhi gialli, vigili e penetranti, come quelli di un uccello rapace, erano forse uno dei suoi pochi segni particolari. Una bellezza che poteva essere senz'altro apprezzata, dalle persone che avrebbero saputo coglierla.
Kardia già conosceva il suo volto, ma ciò che gli fece mordere la lingua fu un livido nero e vistoso intorno all'occhio destro della Sacerdotessa, e che rendeva ancora più corrucciato il suo sguardo.
Senza dire nulla, le si avvicinò, e delicatamente, posò la punta del dito medio su quell'ematoma, per tastarne la gravità, provocando un sibilo di dolore alla ragazza, che indietreggiò.
"Che stronza..." mormorò il Cavaliere, riferendosi evidentemente alla Sacerdotessa dell'Ofiuco, l'unica che poteva essere responsabile di quel gesto.
"Non fa poi così male" sentenziò Arwen facendo spallucce, con una strana indifferenza nella voce, e massaggiandosi piano la ferita con movimenti lenti e misurati.
"Beh, e tu cosa hai fatto? Ti sei lasciata menare come un'idiota?" Kardia la squadrò come se non la riconoscesse : sapeva che Arwen non poteva averle prese senza reagire.
"Oh, no! Eravamo nel Gineceo, e per una cazzata abbiamo iniziato a darcele. Dopo avermi centrato l'occhio con un pugno, io mi sono abbassata e le ho morso a sangue quei fianchi grassi e burrosi! Dovevi sentirla, ha urlato come una vacca!" dichiarò lei con solennità, scoppiando poi in una fragorosa, e tuttavia, nervosa risata.
A Kardia non sfuggì quel particolare nel suo modo di ridere, e si limitò a sorridere, accondiscendente. 
Ma la risata di Arwen divenne isterica, e in breve si tramutò in un pianto liberatorio. Scorpio la vide nascondere il volto tra le mani, e la sentì sforzarsi di trattenere i singhiozzi. Il suo stomaco si torse a guardarla in quello stato, e le fu vicino accarezzandole i capelli, dolcemente.
"Piangi per colpa di Consuelo?" le chiese in un sussurro, prendendole le mani e scostandogliele dal viso. 
Gli occhi rossi e inondati di lacrime silenziose, le rendevano il volto incredibilmente dolce e vulnerabile. Le fece un'enorme tenerezza.
"No!" esclamò lei, come se quell'idea fosse la cosa più assurda del mondo, recuperando un pò del suo orgoglio.
"Per tuo fratello? Tuo padre?" prese un fazzoletto di stoffa dalla tasca della tunica e glielo passò. 
Arwen ci soffiò dentro il naso, inelegante e rumorosa, per poi passarglielo di nuovo con innocenza. Kardia lo riprese con la punta delle dita, e se lo ricacciò in tasca, sforzandosi di non storcere il naso : Arwen poteva risultare tanto rozza quanto distinta.
"Si...no...non lo so" sibilò confusa, passandosi una mano sulla fronte, stanca.
E in effetti era vero. Da tanto tempo era confusa, depressa, rabbiosa. Il senso di colpa la stava logorando, l'espressione degli occhi di Chiyo la tormentava, e Deuteros l'aveva lasciata da sola. 
"Hai nostalgia della tua famiglia. Lo capisco" fece lui, sistemandole ciocche di capelli dietro le orecchie, per non farle bagnare dalle lacrime.
"Non dire cazzate. Tu sei rimasto orfano appena nato, io no" disse lei brutalmente, e Kardia si fermò di colpo, con una mano ancora dietro il suo orecchio destro.
Arwen desiderò di essere in prossimità di una colonna per poterci sbattere contro la testa. Affondò i canini nel labbro inferiore, quasi come a volersi rimangiare ciò che aveva detto.
"Mi dispiace..." fece per scusarsi, ma Kardia la interruppe con un gesto della mano.
"Non preoccuparti, è ciò che sono, in fondo" sfoggiò un sorriso amaro, continuando a sistemarle i capelli.
"Ma sei anche molto altro!" Arwen gli afferrò le mani, e i suoi occhi ancora liquidi gli regalarono un sorriso d'incoraggiamento "Io lo so".
Kardia era deciso a non lasciarsi andare alla tenerezza, ma era difficile resistere allo sguardo vagamente ammiccante, e finalmente sereno della ragazza.
L'attirò a sé cingendole la vita con un braccio, e poggiò il mento sui suoi capelli sbiaditi e spettinati, mentre lei premeva il volto contro la sua tunica blu, macchiandola delle lacrime che ancora non si erano seccate.
Arwen voltò la testa verso destra, in modo da poggiare l'orecchio buono contro il suo petto : le piaceva udire i battiti del cuore delle persone, le dava una scarica di vita, ed era importante, dopo aver causato una morte così violenta. Quello di Kardia non le sembrò un battito del tutto regolare, ma probabilmente era dovuto al fatto che lei era più calda di una fornace.
Il ragazzo si accorse della titubanza della Sacerdotessa, e pensò al segreto che si portava dentro. Alla sua malattia, alla sua debolezza. Ma non ci pensò nemmeno a informarla, non avrebbe potuto sopportare il suo sguardo di pietà. Si sarebbe mostrato forte, di fronte alla ragazza che gli aveva, letteralmente, infiammato il cuore, la prima volta che si erano visti.



Le successive due ore furono pace assoluta, grasse e insensate risate, e vita, quella piena e semplice.
Kardia convinse Arwen a lasciarsi applicare un unguento fatto in casa sull'occhio nero, per farle sparire - a detta sua - la parte grossa della lividura. Triturò fiori di camomilla, presi chissà dove, e li mescolò con dell'acqua calda.
Arwen sosteneva che quel rimedio funzionava solo quando gli occhi erano gonfi e appiccicati per via del raffreddore o delle allergie, ma Kardia, che sapeva essere ben più ostinato, non volle sentire ragioni e insistette per farle l'impacco.
Alla fine, la ragazza accettò sbuffando, e il risultato fu semplicemente un occhio non meno nero, ma incredibilmente profumato alla camomilla.
Kardia non si capacitava di perché non funzionasse, e la ragazza si trattenne dal pronunciare quattro irritati parole : "Te l'avevo detto".
Rinunciarono all'idea di eliminare il livido, tanto nessuno l'avrebbe visto con la maschera, e presto sarebbe scomparso da solo. 
Passarono molto tempo a dirsi tutto e niente, Kardia raccontava del suo passato e di come non avesse avuto mai nulla, e Arwen raccontava di come invece lei avesse avuto tutto, tanto tempo prima. Lui parlò dell'orfanotrofio fuori al quale era stato abbandonato ancora in fasce - in realtà era un Sanatorio, ma non voleva mettere la pulce nell'orecchio della Sacerdotessa -, e di come fosse fuggito, lei parlava della sua bella casa, della sua bella famiglia, e di come era svanito tutto, come se fosse stato solo un sogno. Due mondi opposti, che in altre circostanze non si sarebbero mai potuti incontrare. 
Arwen pregò silenziosamente che, ovunque si trovasse, anche Adelphòs avesse qualcuno con cui sentirsi meno solo.
"Hai mai pensato a come morirai?" domandò lei a bruciapelo, mentre erano seduti al tavolo della cucina, sorseggiando del caffè.
Kardia quasi si strozzò.
"Perché questa domanda? Vuoi mischiarmi la tua depressione?" si asciugò dalla bocca il liquido che gli era quasi andato di traverso.
"Beh, io non ci ho mai pensato, ma so che accadrà. Vorrei poter essere pronta. Tu come l'hai immaginato?" continuò, come se fosse una conversazione leggera e adatta per accompagnare una tazza di caffè in compagnia.
Lui l'aveva immaginata la sua morte, perché sapeva che sarebbe avvenuta, e nemmeno troppo tardi. Lei, a differenza sua, poteva avere un barlume di speranza di sopravvivere e avere una lunga vita. 
"Morirò in battaglia, ovviamente" disse con fierezza, perché era davvero ciò che aveva intenzione di fare. Non avrebbe aspettato di lasciarsi consumare lentamente dal suo cuore pazzo.
Arwen sembrò pensare attentamente a ciò che aveva detto, e convenne che forse era quello il modo migliore di andarsene. E di certo, era anche il modo che più si confaceva a un Cavaliere.
"In fondo, siamo nati per morire" dichiarò alla fine più a sé stessa che all'altro, fissando un punto indefinito sul tavolo.
Kardia la fissò, drizzando le orecchie.
"Nati per morire? Siamo nati per vivere, invece. Chi delle persone comuni può dire di aver vissuto intensamente come noi? Chi può dire di aver affrontato un esercito dell'aldilà, di aver superato prove estenuanti, e di aver ottenuto la protezione di una Dea?" parlò con enfasi, col sorriso sulle labbra, e Arwen lo guardò con una punta di ammirazione.
Forse avrebbe dovuto prendere esempio da lui, e cogliere la vera essenza di ciò che la vita le aveva riservato. Avrebbe dovuto essere più serena, nonostante lo stato precario della loro condizione di uomini e donne guerrieri. Avrebbe dovuto apprezzare l'intensità di ciò che stava vivendo.
Lasciarono cadere il discorso, e passarono un'altra ora insieme, fino al momento del coprifuoco. 
Tornando al suo alloggio, Arwen sentì che Kardia non aveva la verità in tasca, non sapeva molte cose, e non era in grado di salvarla. 
Ma una cosa la sapeva fare : farle vedere un pò di luce.







 
Due anni dopo.


C'era una ragazza in piedi, sul porticato dell'ormai disabitata Terza Casa. Una ragazza stanca, segnata nella mente e nel corpo.
I suoi occhi rapaci guardavano lontano, contemplando quello sfacelo.
Non poteva credere a quello che era successo, non poteva credere a quello che aveva fatto. Non poteva credere di avercela fatta.
Pensò a quellli che si era lasciata indietro : a Lui, a Lei, a Loro. E li pregò di vegliare sulla sua vita.
Respirava piano, e aveva un pò di paura. 
Che sarebbe successo, adesso? Aveva un compito da svolgere, ma non era il momento. E non lo sarebbe stato per molto tempo.
"Arwen, è ora di andare".
Si voltò verso la voce che l'aveva chiamata. Apparteneva a un uomo. Un uomo che portava qualcosa con sé. Qualcosa che la fece sorridere.
E lei si ricordò che il futuro non sarebbe stato poi così buio.
"Kardia, avevi ragione. Vivrò anche per te".







*"Zaùrdo" : Zotico.


 



Nota Dell'Autrice : Alla faccia di chi dice che non sono in grado di scrivere qualcosa che non comprenda nasi rotti e crani aperti! (No, sul serio, spero vi piaccia :3).
Il titolo sta a indicare qualcosa di raro, ed è riferito al momento di complicità e "svago" che Arwen e Kardia passano all'Ottava Casa. Non volevo creare qualcosa di romantico, ma aprire una parentesi sulla quotidianità di questi due personaggi, che in realtà non stanno insieme così spesso, ma che quando ne hanno bisogno, si trovano.
La vicenda è ambientata a qualche giorno dall'uccisione di Chiyo, e vediamo una Arwen tormentata e confusa, facile alla rissa, e sull'orlo di un esaurimento nervoso. All'inizio, vediamo lei e Niedda impegnate in un allenamento : la Lince è anch'essa scossa dalla vicenda di Chiyo, ma si fa forza e cerca di vedere il lato buono della vita. 
Personalmente, immagino i Cavalieri e le Sacerdotesse come persone con i nervi perennemente a fior di pelle, a causa del forte stress al quale sono sempre sottoposti, per questo Niedda e Kardia arrivano a un passo dall'azzuffarsi per nulla. Lei lo fa più per giocare, per provocarlo - in questo, forse ha preso da suo fratello -, mentre lui,ormai lo conosciamo, non sopporta di essere contraddetto.
Da notare come Kardia sia inizialmente in difficoltà di fronte alle lacrime di Arwen (io non lo immagino come l'amico perfetto, coccoloso e dall'abbraccio facile, come invece appare in alcune ff), e si lasci "coinvolgere" dalla compassione solo quando lei riesce a calmarsi da sola. 
La tira su di morale come può, evitando alcuni discorsi, e facendole capire che le loro vite non sono affatto da buttare, come invece pensa lei.
La frase "Si sarebbe mostrato forte, di fronte alla ragazza che gli aveva, letteralmente, infiammato il cuore, la prima volta che si erano visti", non nasconde un significato romantico, come potrebbe sembrare : Kardia rispetta Arwen proprio perché si è mostrata un avversario capace di metterlo in difficoltà, ed è una dote che lui apprezza, lo sappiamo.
Ho usato un narratore esterno, e ho inserito meno introspezione e più narrazione, giusto per cambiare un pò. Il raiting è giallo solo per via del tono vagamente malinconico, ma la lettura è adatta a tutti.
In ultimo, abbiamo un salto temporale di due anni, e arriviamo al momento in cui Arwen si ferma per rendersi conto che la Guerra è finita, e che lei dovrà andare avanti. Ma dovrà passarne di acqua sotto i ponti, e dovranno cambiare tante cose. 
Cosa porta con sé l'uomo che la richiama? E dove dovrà andare? 
Lo sapremo tra (spero) non troppi capitoli!

Spero che questa piccola parentesi vi sia piaciuta, e che continuerete ancora a seguirmi!
Vi aspetto al prossimo capitolo : torneremo al Santuario e introdurremo la missione di Arwen!

Alla prossima,
_Haushinka

   
 
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