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Autore: lamialadradilibri    12/06/2014    4 recensioni
Pesco: Il tuo fascino non ha eguali.
Fiore di pesco: Sono tuo prigioniero.
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E così lo vidi: un ragazzo alto e biondo mi stava osservando con un’aria perplessa e sorpresa, la bocca semiaperta e gli occhi azzurri sbarrati. Restò a pochi passi da me, senza più battere ciglio, ed io riuscii a pensare soltanto ad una cosa: quant’era bello. Aveva il portamento d’un dio greco, le spalle dritte e gambe lunghe e sottili, ed un’aria intelligente. Mi mancò il respiro.
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Ma ormai era già troppo tardi. Non avrei dovuto rivelargli le mie debolezze, avrei dovuto fingere di star bene. E ci provai, tentando di mettermi in piedi – per scappare –, ma una fitta allo stomaco mi fece piegare in due. Il mondo sparì di nuovo, inghiottendo lo splendido ragazzo e la luce, ma sentii ugualmente delle braccia stringermi, avvicinandomi ad un corpo che mi sembrò bollente. Il ragazzo mi disse qualcosa, ma non riuscii a capire una parola.
Ecco fatto.
Ero nella merda.
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Meme1
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fiore di pesco
Pesco: il tuo fascino non ha eguali. 
Fiore di pesco: sono tuo prigioniero.



one

 

Iniziò tutto un mercoledì come gli altri.
Il sole batteva forte sull’asfalto, riscaldandolo fino a renderlo insopportabile al tatto ed addirittura alla vista; il cielo era d’un intenso celeste chiaro, senz’ombra di una nuvola. Il mio stomaco brontolava, come al solito: non c’era verso di placarlo, di giorno, perché non c’era verso di rubare cibo. Tentare di prendere qualche mela dagli alberi si sarebbe rivelato inutile, perché erano tutte ancora troppo piccole e dure.
Me ne stavo seduta sotto ad una quercia in un parco pubblico; là avevo trascorso le ultime settimane, era un bel posto tranquillo, e pensavo che c’avrei potuto passare anche l’intera vita. La mia idea, in effetti, era quella d’accamparmi proprio là, nel parco. Avevo già iniziato a costruire un riparo dove dormire quando le notti sarebbero diventate gelide e lunghe.
Ma quel mercoledì fu diverso: mentre mi perdevo a contare i minuti che mi separavano dalla notte, quand’avrei potuto rubare qualcosa dal piatto di qualcuno – molti minuti, in realtà, perché doveva essere circa l’una di pomeriggio –, ebbi un capogiro. All’inizio pensai fosse una cosa da nulla, aspettando che cessasse. Ma non cessò. Lentamente la mia vista si oscurò ed io iniziai a spaventarmi sul serio; ne avevo passate di brutte esperienze, ma mai così: mi sembrava d’annegare in un mare nero ed insuperabile, dove sarei morta. Urlai.
E se c’è una cosa che ho imparato trascorrendo una vita in solitudine, senza casa né famiglia, vagando a piedi di città in città, di parco in parco, con la paura d’essere scoperta da qualcuno, era che mai, mai e poi mai si doveva urlare. Tanto più se ci si trovava in un luogo pubblico.
Ma avevo paura. E la paura è incontrollabile, impedisce di ragionare. La paura annienta tutti. La paura non teme nessuno: la paura è il timore. Non avevo mai provato una cosa simile in vita mia; non riuscii a placare le mie grida.
E qualcuno mi sentì.
 
«Ehi!»
Un secondo dopo riuscii a guardare oltre al mio naso. E così lo vidi: un ragazzo alto e biondo mi stava osservando con un’aria perplessa e sorpresa, la bocca semiaperta e gli occhi azzurri sbarrati. Restò a pochi passi da me, senza più battere ciglio, ed io riuscii a pensare soltanto ad una cosa: quant’era bello. Aveva il portamento d’un dio greco, le spalle dritte e gambe lunghe e sottili, ed un’aria intelligente. Mi mancò il respiro.
Non ero pronta ad una cosa simile. A vedere una persona così. Il mondo era appena scomparso, per un po’, dalla mia vista, ed ora sembrava ritornare, personificato in quel ragazzo. Ma il mondo non era così: né bello, né perfetto.
Ed io lo sapevo.
«Ci sei?» continuò a chiedermi. Mi resi conto d’essermi imbambolata e, di scatto, m’irrigidii tutta. Riuscii a vedere quel ragazzo per ciò che era: un potenziale pericolo, non un dio!
«Sì». Cioè no. Non c’ero. Come diavolo avrei potuto? Non intrattenevo una conversazione con un essere umano da un bel po’, anche se spesso mi ritrovavo a sussurrare parole d’incoraggiamento agli alberi, sperando che mi rispondessero. Non succedeva mai, tuttavia il fruscio del vento riusciva a confortami.
Lui alzò un sopracciglio, sempre più confuso. Chissà che aspetto avevo? Certamente non quello d’una sedicenne ordinaria, con casa e famigliari. Avevo foglie tra i capelli? Occhiaie? Probabilmente puzzavo un po’, ma non troppo: qualche giorno prima mi ero sciacquata in ruscello che avevo trovato alcuni isolati al di là del parco.
«Urlavi» borbottò, analizzandomi con sguardo critico. Ero ancora  buttata a terra, con la schiena appoggiata all’albero. I pantaloncini che ero riuscita a rubare ad una ragazza che aveva appena fatto shopping erano leggermente macchiati e mi stavano un po’ grandi, così li avevo arrotolati su per le cosce, rendendoli simili a dei pantaloncini più corti. La maglia che portavo non l’avevo rubata né recentemente né troppo tempo prima, nel senso che avevo indossato cose più rovinate. Ma mi sentii stranamente a disagio, nonostante non fossi poi così impresentabile.
«Sono stata un po’ male» gli confidai, soltanto perché sentii il bisogno di giustificarmi. Che idiozia.
S’avvicinò d’un passo. «Vuoi aiuto?»
«No!» strillai, mentre il panico m'impediva di respirare normalmente. Cercai con gli occhi una via di fuga, ed eccola là: una viuzza un po' nascosta da un cespuglio di lavanda mezzo rinsecchito, che avevo scovato giorni prima. Non potevo permettere che il ragazzo mi aiutasse: avrebbe scoperto ciò che ero - un'orfana senza tetto e, per di più, minorenne -, per poi consegnarmi a qualche autorità. E non lo volevo!
Ma ormai era già troppo tardi. Non avrei dovuto rivelargli le mie debolezze, avrei dovuto fingere di star bene. E ci provai, tentando di mettermi in piedi – per scappare –, ma una fitta allo stomaco mi fece piegare in due. Il mondo sparì di nuovo, inghiottendo lo splendido ragazzo e la luce, ma  sentii ugualmente delle braccia stringermi, avvicinandomi ad un corpo che mi sembrò bollente. Il ragazzo mi disse qualcosa, ma non riuscii a capire una parola.
Ecco fatto.
Ero nella merda.

NdA: Sono gradite recensioni <3
  
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