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Autore: Larryx    12/06/2014    3 recensioni
Spoiler!
*Storia classificata quarta al concorso ''Tutti (o quasi) i sentimenti dell'uomo'' indetto da Amahy(AmahyP) sul forum di EFP*
Era sempre stato solo, ripudiato dagli altri, finché lui, suo fratello, aveva imparato ad accettarlo.
Da quel giorno tutto cambiò, la sua vita s'illuminò, si promise che avrebbe fatto di tutto per lui.
Ma, ahimè, quella era una promessa destinata ad essere infranta dalle lacrime e dal dolore provato dal cuore coraggioso di un nano valoroso.
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fili, Kili
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Ma il suo giudizio mi trafiggeva come una spada e metteva in discussione perfino il mio diritto d'esistere. Ed era vero, me n'ero sempre reso conto: non avevo il diritto di esistere. Ero apparso per caso, esistevo come una pietra, una pianta, un microbo. La mia vita andava a capriccio, in tutte le direzioni. A volte mi dava avvertimenti vaghi, a volte non sentivo che un ronzio senza conseguenze.

Jean Paul Sartre, La Nausea

 

 

 

 

Partii con un'idea molto particolare in testa: lasciare il segno, dimostrare il mio valore.

A differenza di mio fratello Fili sapevo bene a cosa stessi andando incontro: ero il più giovane, ma forse il più dotto sotto quel punto di vista.

La mia vita fu spensierata e serena, rimasi sempre fedele a mio zio Thorin, l'avrei seguito anche in capo al mondo se solo me l'avesse chiesto.

Essendo stato addestrato all'uso delle armi fin da quando ero in fasce, ero diventato un esperto combattente, oltre che un abile tiratore con l'arco. Il coraggio poi non mi mancava di certo. Sapevo bene a quali rischi stessi andando incontro.

Non me la cavavo male neanche con le signore, ero piuttosto bello, per quanto possa essere bello un nano, ovviamente.

Per mio fratello, invece, la questione fu un po' diversa.

Lui, come me, non aveva viaggiato molto e non sapeva a quali rischi stesse andando incontro.

Sapeva molte cose del mondo, a causa delle storie e delle leggende che si narravano a quei tempi, eppure mai avrebbe pensato che un giorno si sarebbe ritrovato a vedere dal vivo un orco e ad affrontarlo, mai avrebbe anche solo osato sognare di trovarsi davanti a un drago in carne e ossa, un giorno.

Era abile nel combattimento anche se non quanto me, beninteso, ed era uno dei nani più coraggioso che io avessi mai incontrato.

Per questo, quando nostro zio ci chiese di accompagnarlo nella sua spedizione per riconquistare la montagna, non esitammo neanche per un secondo. Preparammo il necessario e ci dirigemmo verso il punto di raccolta.

Gandalf il grigio accettò di partire con noi come nostra guida e propose anche un quattordicesimo membro per la nostra compagnia: uno scassinatore.

Prima d'incontrarlo, io e mio fratello fantasticammo a lungo su quali abilità avesse appreso nel corso della sua lunga vita, ma al momento delle presentazioni rimanemmo un po' delusi.

Era uno Hobbit. Bilbo Baggins, di soli cinquant'anni, e quindi più giovane di noi.

Ma Gandalf ci rassicurò, dicendo che il giovane Bilbo, prima o poi, avrebbe saputo esserci d'aiuto in qualche modo.

Così partimmo, anche se Bilbo tardò a raggiungerci. Era coraggioso, sì, ma aveva paura.

Viaggiammo per molte miglia e dovemmo superare diverse difficoltà prima di raggiungere il nostro obbiettivo, eppure, io, assieme a mio fratello, non mi persi mai d'animo.

Noi due eravamo le anime della festa, in molte occasioni il nostro essere agili e arzilli ci salvò tutti. Eravamo forse i più entusiasti di partire all'inizio, con un sorriso smagliante in volto. Assieme, ci facemmo beffe della morte innumerevoli volte.

Dopo aver fronteggiato ragni giganti, finimmo anche nelle grinfie degli Elfi Silvani che ci rinchiusero nelle segrete, ma, grazie allo Hobbit, riuscimmo a fuggire, seppure in una delle maniere più strambe che ci potessero essere: dentro a delle botti di vino vuote. Quando le botti furono gettate nel fiume, io e Fili fummo i più allegri: la cosa ci divertiva molto.

Per non parlare poi di quando, finalmente, dopo giorni e giorni, arrivammo alla montagna.

Oh, quanto era bella, così maestosa, così saggia, era stata testimone di cene e banchetti, vittorie e sconfitte, custodiva da anni il più grande tesoro dei nani.

Eppure si celava qualcosa di oscuro nel suo ventre, un qualcosa che un tempo costrinse i più validi guerrieri a ritirarsi.

Ed era quella la ragione per la quale eravamo partiti, il flagello della montagna, un drago: Smaug.

Grazie allo Hobbit riuscimmo a entrare all'interno della montagna, passando da un passaggio secondario, dal quale poi scese e rubò una coppa. Quello fu un grave errore. Dopotutto, i draghi conoscono il loro tesoro moneta per moneta e il furto di quella coppa rivelò a Smaug la nostra posizione. Bilbo, però, fu più astuto e riuscì a fuggire, facendo infuriare così il drago.

Nessuno di noi ebbe il piacere di vedere, finalmente, quel drago senza vita. Non fu nessuno di noi a ucciderlo, ma in quel momento la cosa più importante restava il tesoro, in modo particolare l'Arkengemma che Thorin cercava disperato, senza ottenere alcun risultato.

Smaug è stato sconfitto, rallegratevi tutti fratelli, Thorin potrà regnare in pace quale re sotto la montagna.

Questo era ciò che era stato predetto: una volta sconfitto il drago, avevano detto loro, Thorin Scudodiquercia avrebbe potuto regnare per secoli quale re sotto la montagna, come un tempo fece già suo nonno.

Sciocchezze.

Thorin sarà in grado di affrontare qualsiasi difficoltà.

Menzogne.

Passammo giorni rinchiusi in quella fortezza, alla guardia di quel tesoro. Noi, dodici nani e uno Hobbit, prendemmo il suo posto, in attesa dell'arrivo di Dàin II Piedidiferro, il quale ci avrebbe poi aiutato ad affermare la supremazia di Thorin sotto la montagna.

Quei giorni di attesa non portarono a niente. Per di più Dàin tardò ad arrivare e quello stupido di uno Hobbit ebbe il coraggio di consegnare l'Arkengemma nelle mani degli Elfi Silvani. A pensarci bene, forse, quella fu una mossa arguta, sta di fatto che Thorin s'infuriò e finì per dichiarare guerra a Thranduil e a Bard.

Ah, poveri noi, chi s'immaginava che quella non sarebbe stata la nostra battaglia, chi s'immaginava che quella guerra dichiarata non avrebbe mai preso vita sul campo di battaglia.

Bolg, figlio di Azog, il Grande Orco delle Montagne Nebbiose, era tornato per rivendicare la morte del padre; Goblin, orchi e mannari all'orizzonte, si avvicinavano pericolosamente. Delle aquile, probabilmente allarmate dal movimento sospetto dei goblin, giungevano in nostro aiuto.

La battaglia dei cinque eserciti era iniziata.

Lo Hobbit era scomparso, mentre gli uomini di Dale e gli Elfi, per la prima volta dopo anni, si schierarono con noi, ogni divergenza venne messa da parte.

-Fratello, è il nostro momento!-

Fili era accanto a me. Anche se terrorizzato da quel pericolo che avrebbe presto affrontato, riusciva a sorridere.

Annuii e con lui mi lanciai in battaglia, brandendo un arco trovato in mezzo al tesoro e una spada.

Non potevamo permettere che qualcuno si prendesse ciò che dopo tanto eravamo riusciti a riottenere. Quando uscimmo dalla montagna e alzammo lo sguardo, uno spettacolo agghiacciante si presentò davanti ai nostri occhi inesperti.

Orchi ovunque.

La battaglia doveva iniziare. Per vincere avremmo dovuto fare del nostro meglio, per vincere non sarebbe bastata la forza di ognuno di noi, dovevamo combattere tutti insieme per farcela.

Thorin stava dando il meglio di sé contro Bolg, Bilbo non si trovava ancora, Gandalf cercava di aiutare come meglio poteva, miliardi di frecce infestavano il cielo.

Riuscii a uccidere parecchi orchi grazie all'aiuto delle mie frecce, prima che un urlo mi lasciasse senza respiro.

Mi girai di scatto alla ricerca di mio fratello. Non riuscivo a trovarlo.

Iniziai a cercarlo in lungo e in largo, non era visibile, non stava combattendo.

Udii nuovamente quell'urlo, questa volta un po' più soffocato, evitai abilmente le frecce che mi si paravano davanti e scansai tanti orchi che mi caricavano, uccidendone un altro paio nella foga del momento.

Quando riuscii a trovarlo, Fili era alle prese con un orco che cercava di uccidere Thorin, ormai gravemente ferito, disteso a terra, agonizzante.

Mi avvicinai a mio fratello, uccisi quell'orco con un colpo ben assestato e iniziai a difendere mio zio: ero pronto a morire per difenderlo.

Io e Fili combattemmo a lungo, le aquile ci aiutarono molto: prelevavano qualche orco e lo scaraventavano su una qualche roccia, lasciandolo così senza vita.

Ma la nostra forza non poté molto contro quell'esercito immane di orchi e goblin che ci assalivano da tutte le parti.

Avevo perso di vista Fili, non potevo controllare che tutto stesse andando bene poiché ero intento a difendere la mia vita.

Sentii un urlo che squarciò il cielo e mi voltai di scatto, il terrore negli occhi.

Fili era stato trafitto da una lancia, si stava accasciando al suolo, sanguinante, respirava affannosamente.

Un calore improvviso invase il mio volto, lacrime salate presero a solcarmi le guance. Piangere non fu un gesto molto virile da parte mia, ma la cosa m'importava poco in quel momento: mio fratello stava morendo.

Ogni lacrima rigava dritta fino al mento dove, raggruppatasi con qualche sua compare, scendeva fino a bagnare il terreno.

Ogni lacrima un ricordo.

Settantasette anni di ricordi, un numero infinito di lacrime.

Il dolore riempì il mio cuore, sentivo come se quella lancia fosse riuscita a colpire indirettamente anche me.

-Kili- riuscì poi a urlare Fili, ma io non risposi. Non potevo. Non riuscivo.

Lacrime, solo lacrime.

-Fratello mio- Fili parlava a tratti, interrompendosi ogni tanto per sputare sangue.

E io piangevo, senza riuscire a dire niente, cercando di difendermi dagli attacchi degli orchi che in quel momento sembravano un gioco in confronto al dolore che stavo provando.

Piangevo, piangevo e basta… mentre lui moriva.

-Continua a combattere con onore e lealtà, per entrambi.-

-Lo farò, fratello.- Avevo la voce frammentata dalle lacrime che mi bruciavano in petto, ma dovevo fare qualcosa per evitare che soffrisse di più di quanto non avesse già fatto.

Continuai quindi a difendere Thorin e Fili. Ero solo contro tutti quegli orchi, ma dovevo farcela.

Ero consapevole che molto probabilmente non sarei mai più stato in grado di sentire la voce di mio fratello, né la sua risata, non avrei più potuto fargli qualche dispetto, non avrei più avuto un compagno di squadra squilibrato quanto me disposto ad appoggiare ogni mia iniziativa, ma dovevo fare di tutto per impedire che morisse, almeno dovevo tentare.

Mi lanciai all'inseguimento degli orchi, con gli occhi pieni di rabbia e le lacrime che pian piano andavano asciugandosi, lasciando dei solchi sul mio volto, solchi che in quel momento simboleggiavano il mio dolore.

Avevo la vista appannata e pensavo ai momenti passati con mio fratello mentre cercavo di massacrare orchi e goblin, probabilmente facendomi del male da solo. Eppure non potevo farne a meno.

Fili era sempre stato il mio punto di riferimento e ora lo stavo perdendo miseramente.

Mi aveva insegnato a stare al mondo, a infischiarmene dei giudizi altrui, ma il suo giudizio mi trafiggeva come una spada e metteva in discussione perfino il mio diritto d'esistere. Ed era vero, me n'ero sempre reso conto: non avevo il diritto di esistere. Ero apparso per caso, esistevo come una pietra, una pianta, un microbo. La mia vita andava a capriccio, in tutte le direzioni. A volte mi dava avvertimenti vaghi, a volte non sentivo che un ronzio senza conseguenze. Io ero un errore, nato per sbaglio in una vita tanto ingiusta. All'inizio mi sentivo scaricato, sbeffeggiato, non amato. Anche Fili non mi voleva bene, ma con il passare del tempo ci eravamo avvicinati sempre più, fino a che lui, mio fratello, aveva imparato ad amare questo errore, aveva imparato a rispettare ogni parte di me, riuscendo così a guadagnarsi la mia stima ed il mio rispetto.

E ora di tutto questo rimaneva solo il dolore.

Un dolore soffocante, crudele. Nient’altro.

Stava morendo lui, mio fratello, la prima persona che era riuscita ad accettarmi per quello che ero, a volermi bene.

Il solo pensiero di perderlo mi stringeva il cuore in una morsa.

Quando mi girai per controllare la situazione, vidi Fili sdraiato a terra, al fianco di Thorin. Non si muoveva, non respirava: era morto.

Fu con la morte nel cuore, la sua, che continuai a combattere, anche se la mia anima era morta con lui. Volevo morire, ma Thorin aveva ancora bisogno di me.

Continuai a combattere fino all'ultimo: l'avevo promesso a mio fratello.

Avevo la vista appannata dal dolore, dalle lacrime, dalla rabbia, ma cercai comunque di portare a segno quanti più colpi possibile e uccisi altri orchi, prima che qualcosa mi fermasse.

Qualcuno mi aveva attaccato alle spalle, qualcuno mi aveva colpito con una freccia.

Seppur dolorante cercai di continuare a combattere, ma quell'orco sleale che mi aveva colpito la prima volta a tradimento non smise di attaccarmi finché non mi vide a terra, in attesa che la morte si avvicinasse a me per accogliermi tra le sue braccia.

In quel momento, un'ultima lacrima scese dai miei occhi e andò a bagnare il suolo.

Non ero riuscito a difenderli.

Non ero riuscito a difendere mio fratello.

Non ero riuscito a difendere Thorin.

Non ero riuscito a lasciare il segno.

Arrivò qualcuno o qualcosa e sbaragliò i nemici, Bolg venne ucciso, non ero stato io, Thorin respirava ancora, Fili ormai era morto da un po'.

In quella che fu la prima e l'ultima battaglia combattuta dalla mia spada inesperta morii… tra lacrime e sangue.

Con un sogno infranto e l'angoscia nel cuore.

 

 

 

 

 

 

 

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Note:

L'età di Kili e Fili viene rivelata nelle appendici, dove si rivela che Fili aveva ottantadue anni all'epoca della battaglia dei cinque eserciti e Kili settantasette. Ho deciso di attenermi a queste informazioni.

  
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