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Autore: cicatricialpostodelleali    12/06/2014    1 recensioni
Mi asciugai la fronte con la maglietta, sbuffando e alzando gli occhi. Incontrai quelli azzurri di un giovane che mi stava accanto. Notai subito le manette ai polsi e in seguito un piccolo ma evidente tatuaggio catturò la mia attenzione. Un triangolo dai lati rossi illuminava la zona, per ogni lato accanto c'era una piccola lettera, una 's', una 'm' e una 'b'. Sembrava come il simbolo di un supereroe. Alzai lo sguardo verso quello del ragazzo, anche il suo era fisso su di me. Sobbalzai quando sul suo viso si formò un ghigno.
"Non tutti i supereroi sono buoni." Disse come leggendomi nel pensiero.
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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SUPERHERO.



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Capitolo 1.



 

Mi asciugai la fronte con la maglietta, sbuffando e alzando gli occhi. Incontrai quelli azzurri di un giovane che mi stava accanto. Notai subito le manette ai polsi e in seguito un piccolo ma evidente tatuaggio catturò la mia attenzione. Un triangolo dai lati rossi illuminava la zona, per ogni lato accanto c'era una piccola lettera, una 's', una 'm' e una 'b'. Sembrava come il simbolo di un supereroe. Alzai lo sguardo verso quello del ragazzo, anche il suo era fisso su di me. Sobbalzai quando sul suo viso si formò un ghigno. 

"Non tutti i supereroi sono buoni." Disse come leggendomi nel pensiero.
 

"Marco Ployd!" Urlò una signora, catturando l'attenzione del ragazzo, che si allontanò rivolgendomi un ultimo sguardo agghiacciante. Mi allontanai dalla zona per poi ripensare a quello che avrei ricavato da questa giornata di volontariato. Crediti, ottimo. In fondo facevano sempre comodo. Ma ne valeva davvero la pena di andare a dare da mangiare a dei criminali per un paio di crediti scolastici? Mi asciugai di nuovo dal sudore, quelle che tutti definivano come celle freddissime erano in realtà degli ammassi d persone su persone, che portavano poi a un'evitabile aumento di temperatura. Non ero pronta ad attraversare la solita, monotona vita quotidiana, anche se non mi potevo lamentare, dala vita avevo avuto molto, e gliene ero infinitamente grata.

****

"Arrivederci!" Urlai firmando la lista che mi avrebbe consentito a prendere i crediti. La risposta non fu molto accogliente, neanche da parte dell'amministratore, che mi guardò solo in modo torvo e mi cacciò con un cenno del capo. Lo guardai estraniata e mi voltai alzando le spalle.

Appena uscita dall'edificio mi misi su una panchina. L'aria notturna era sempre stata una cosa piacevole soprattutto d'inverno, quando a tarda sera non c'è nessuno nelle vicinanze, e tu puoi godere di quel silenzio che ti regala la possibilità di pensare. Quella gradevole temperatura e quel simpatico vento che ti faceva svolazzare i capelli. Sorrisi pensando a tutto quello che mi era capitato, cercando di prolungare il tutto con qualche scusa da dire poi ai miei. Per non tornare a casa. Che poi, casa? Era solo un edificio, che assomigliava più a una gabbia, una gabbia di persone troppo normali, troppo ordinarie, che a fine serata cominciavano a urlarsi contro, mentre io mi rintanavo in camera a sentire la musica, o magari a leggere un bel libro con la luce fioca della lampadina sopra il mio letto. In effetti è strano come da piccoli il rapporto dei genitori debba essere essenzialmente equilibrato, come si faccia di tutto pur di mettere pace, pur di far abbassare quelle vci che erano altrettanto assordanti allora. Non so esattamente cosa fosse cambiato. Ma qualcosa era cambiato di sicuro. Forse la speranza che pian piano lasciava anche il mio di corpo, sussurrando un leggero "Ho fallito anche con lei", come una piccola farfalla che cerca di tenerti compagnia il più possibile, ma che tu continui ad ignorare giorno dopo giorno sempre più. Quella poteva essere una casa? No, non poteva essere definita come una semplice parola, era qualcosa di molto più complesso di questo. Sospirai distratta alzandomi dalla panchina e andandomi a nascondere in un vicolo cieco. Spalle contro il muro, appoggiata in modo da non sforzare le gambe. Erano così buguardi chi pensava che la notte dovesse essere temuta. O forse era proprio questo che la rendeva bella agli occhi delle poche persone che, come me, non la temevano anzi l'adoravano. Il buio che impedisce di vedere, anche le cose negative, che ti permette di vagare con la mente e rimanere lì, ad osservare e contemplare il tutto che i tuoi occhi non riescono a percepire. Ma tu lo vedi, lo senti. 

Sobbalzai al rumore di passi sempre più pesanti che venivano verso di me, allontanandomi sempre di più dalla fonte del rumore. Tutto questo servì a poco, in breve tempo fui stretta da due braccia.

"Zitta! Non fiatare, se dici qualcosa ti ammazzo." Riconobbi gli occhi azzurri scintillare sotto la luce del lampione. Era il ragazzo dal tatuaggio che avevo visto in carcere, ne ero certa. Mugulai sotto la sua mano, per cercare di rassicurarlo, o di ribellarmi, la confusione era l'unica cosa che regnava nella mia testa in quel momento. Cosa stava succedendo? Lo vidi stringere gli occhi e poi riaprirli.

"Merda!" Imprecò quasi urlando.

"Dovrò portarti a casa." Per un attimo fui presa da un sospiro di sollievo, poi strabuzzai gli occhi. Quale casa? Come avendomi letto nel pensiero per la seconda volta nella giornata rispose.

"Nella casa del supereroe cattivo."

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti! c:

Eccomi qui con una nuova storia, è la prima 'non-fanfiction' che faccio quindi vi prego di darmi un parere. Questa storia è in realtà un insieme di avventure che però si sono rivelate formare un vero e proprio racconto che io ho decis di trascrivere. 

Spero tutto ciò vi piacerà e che apprezzerete il mio lavoro, grazie a tutti coloro che leggeranno e ancora di più per quelli che commenteranno.

Un bacio. ♥

  
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