Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: VexDominil    12/06/2014    0 recensioni
Una scelta è sempre una scelta. Anche se presa per le decisioni sbagliate.
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
If I put my hands around your wrists, would you fight them?
If I put my fingers in your mouth, would you bite them?
So many things that I would do if I had my way with you
I can keep secrets that I know that you want me
The Bravery, Hatefuck




Luke, povero piccolo e distrutto Luke.
Non sembrava esistere più, assomigliava a una briciola sulla tovaglia che, dopo il pranzo, era stato scossa giù dal balcone.
Si vedeva che non stava bene del tutto, forse per quel tremolio che lo colpiva nei momenti più inaspettati o la scomparsa del suo sorriso perenne. O per quel bagliore stravagante che aveva negli occhi, chi lo sa.
Si era perso in se stesso e non si raccapezzava più, forse non gli importava così tanto, alla fine, di ritrovare la strada.
Era come se la sua anima si fosse appallottolata all'interno del corpo, insensibile agli stimoli esterni, concentrata solo su quel che sentiva, solo su di sé.
Stava tutto tornando a galla, mentre lui affogava.
A volte sentiva una lieve pressione allo stomaco e vedeva di sfuggita un baluginio verde bottiglia, ma quando provava a rendere la sensazione più forte, essa scompariva.
L'unica cosa che sapeva era di stare vivendo per abitudine, senza scopo altro che lavorare e crollare ogni dannata sera o qualsiasi momento in cui ritornava a casa, non aveva troppa importanza il quando.
Si stava liberando di tutti i sentimenti, le paure, le emozioni nascosti negli anni.
Di certo non gli faceva male, ma era sfiancante e doloroso.
Non ne stava facendo parola con nessuno, sarebbe stato inutile farlo.
Un certo tipo di dolore non si può mostrare a nessuno, perché è così personale che ciò renderebbe ancora più deboli e stremati coloro che ne sono affetti.
 
Norge stava accompagnando Temi a casa, in auto.
Lei normalmente non l'avrebbe usata, non era nemmeno sua, ma con gli ultimi cambiamenti aveva bisogno di spostarsi velocemente.
Poi le faceva comodo passare qualche tempo con l'amica che, con suo grande sollievo, era uscita da tutto il caos che le si era creato intorno con grande tranquillità.
"Sembra così pacifica, come se non fosse tornata da poco tempo nella sua legittima abitazione. Non mi ha ancora raccontato nulla di ciò che ha passato con mio fratello o di come si è sentita all'idea di dover abbandonare tutto. Non mi ha nemmeno chiesto come sta lui. Eppure mi pareva che avessero una buona intesa..."
Erano soli piccoli segni che le avevano indotto questo pensiero, come un'occhiata di sfuggita, modi di dire comuni o una festa di addio con tutto il bel mondo.
Non si erano parlate per tutto il tragitto, ma non si erano preoccupate: erano stanche o prese da altri pensieri, così si erano godute solo il reciproco calore.
Era ottimo, era da molto che non passavano del tempo insieme e si dovevano riabituare una all'altra.
Temi aveva un lieve sorriso ed era concentrata a guardare avanti, persa a respirare la pace che c'era.
Non la spaventava l'assoluto vuoto di casa sua né il buio che ci avrebbe trovato.
Avrebbe potuto dormire definitivamente senza sentirsi un'ospite in pericolo.
A lei piaceva la solitudine, non amava avere intorno numerose persone, perché queste si comportavano diversamente da come era abituata e a volte cambiavano del tutto.
In più non tollerava molto il rumore.
Da Hillar ce n'era sempre stato abbastanza, ma erano stati giorni splendidi al sole, con solo loro due.
Mentre si apprestava a chiudere la portiera, dopo che era scesa dalla macchina davanti al suo indirizzo, le venne un dubbio.
"E' finita?"
Norge la guardò spalancando gli occhi di colpo, poi annuì.
"Sì, è finita." Coincisa e senza nessuna fuga di emozioni.
Era solo un semplice fatto, null'altro.
Nessuna delle due sapeva se si intendesse la situazione di Temi o la relazione tra l'infermiera e Luke.
Forse entrambe le cose.
 
La signora Sisu osservava suo figlio e non lo capiva.
Certo, non lo vedeva spesso e ormai era adulto, ma aveva sempre pensato di conoscerlo come la sua borsetta preferita.
Invece, all'improvviso era diventato più emotivamente scarno e piatto, simile al padre.
Questo era ciò che più temeva.
Ma non lo sarebbe mai diventato, almeno per il guardaroba.
Le era venuto mezzo coccolone quando qualche giorno prima aveva suonato alla sua porta in maglione e jeans.
Lui, che non usciva mai se non in giacca e cravatta, per non disubbidire almeno in quello al padre, che ci aveva sempre tenuto molto a una bella presenza.
Le era apparso divinamente più giovane o mortalmente più vecchio, a seconda del riflesso della luce, e non sapeva se quello era un bene.
Lo aveva sentito così vicino da risultare distante e non aveva prestato molto attenzione alle frasi di circostanza che Hillar le aveva detto.
Quello non era suo figlio.
Il simulacro era suo, ma non il modo di parlare, il tono, gli argomenti, tutto quello che lo rendevano lui.
Il suo volto era pieno solo di disonesta astuzia e di superiorità volgare, senza il ben minimo senso di sé.
Sembrava stesse interpretando il peggior criminale da sitcom e che gli riuscisse pure bene.
Ne era stata così sconvolta da iniziare a tremare come una foglia e allora aveva capito che era arrivato il momento.
Non lo aveva cresciuto così, per diventare anche peggio del padre, non aveva nascosto alcuni dei suoi brutti voti al marito per non sapere nemmeno chi fosse diventato o non aveva ascoltato i suoi  problemi per essere disgustata da quel che vedeva.
La sua vita, che da anni era rasserenata solo da Hillar e dall'alcol, si era infranta.
Nulla le apparteneva più o aveva senso ora.
Si era preparata da tempo, quella decisione era stata posticipata solo perché aveva ancora un filo che la tratteneva, e finalmente poteva andarsene in modo onorevole.
Era sicura di aver tollerato abbastanza dalla vita.
Nessuno le avrebbe rimproverato niente, né sua figlia, più costruita che procreata, perché non era indipendente, né sua madre, morta da tempo, perché non era abbastanza composta, né sua sorella, chissà dove, perché si era lasciata ingannare dalle cornici, nemmeno dagli specchi!, invece che guardarsi intorno.
Non riusciva a sopportare il gelo che aveva attorno e tra poco non l'avrebbe dovuto sopportato più.
 
Ebneye rifletteva sul suo incontro con Norge.
La ammirava, sul serio, il fatto che fosse venuta da sola lo aveva incuriosito, ma era stato il suo piano ben congeniato ad affascinarlo.
Aveva una mente testarda e senza troppe giravolte e il rispetto che gli altri malavitosi provavano per lei era decisamente meritato.
Solo perché non se ne accorgeva ancora non li aveva del tutto in pugno.
Aveva trovato buffo che non avesse toccato nulla a parte la sua sedia, mentre a sua disposizione aveva tè e biscotti a volontà.
Lui stesso aveva mangiato e bevuto un po', per avvertirla che non c'era nessun pericolo, ma lei aveva rifiutato con nonchalance, accusando diete e altre stupidaggini che entrambi sapevano non avere nessuna importanza per lei.
Sapeva come distogliere l'attenzione dal rifiuto e rendere una persona felice della sua presenza, ma la sua determinatezza era la fredda lama nascosta tra mucchi di calde coperte.
Norge aveva subito esposto il suo progetto e gli aveva chiesto solo un piccolo permesso, perché, tanto, aveva già tutti gli altri.
Eccola la prova del suo potere!
Un cenno con la testa sarebbe stato sufficiente per mandare in porto l'operazione.
Raza aveva ascoltato interessato tutto ciò che la donna avrebbe migliorato nel giro della prostituzione e ci aveva pensato su molto.
Aveva già concesso un territorio migliore ai Sisu che, prontamente, lo avevano diviso con il loro superiore, rinunciando all'opportunità di creare un loro impero, ma questo quando alla guida c'era ancora il padre.
Ora Norge sembrava del tutto intenzionata a liberarsi di Busco e a diventare indipendente, senza tener conto di nessuno.
Questo avrebbe scatenato molti guai, prima tra tutti nella famiglia stessa dei Sisu.
Ne valeva la pena?
Ovviamente.
Un sorriso scalcagnato, da truffatore professionista, era comparso e lei aveva saputo di averlo in pugno.
Si erano guardati e avevano intravisto tutto ciò che nascondevano, paure e trame comprese.
Lui, con la pelle sottile intorno agli occhi e le mani scheletriche, non era poi tutto questo assassino deliziato dalla morte e lei, con le narici sempre inarcate, aveva un mare di preoccupazioni da dragare da sola.
Ma il sepolcro si era richiuso subito e qualche frase di circostanza aveva coperto tutto.
 
Hillar stava bene.
Non si lamentava né si dava alle feste più sfrenate, semplicemente andava a letto presto e si metteva i suoi vecchi maglioni, che aveva riscoperto comodi e pratici.
Suo padre aveva dato di matto quando l'aveva visto così mentre parlava con Busco, ma Hillar aveva fatto spallucce e, del resto, Tommy non sembrava nemmeno essersene accorto.
Invece Saverio sì, ma non gli interessava, anche se aveva ridacchiato tutto il tempo, senza cercare di nascondersi proprio del tutto.
Stava bene e tutto era tranquillo, a casa.
Cosa avrebbe dovuto volere di più?
Non c'era più nulla sul tavolo della cucina, comunque.
Qualche giorno dopo la partenza di Temi era entrato nella stanza che lei aveva occupato e si era guardato in giro.
Non aveva lasciato nulla di suo, a parte la pistola e l'assegno.
Sembrava non fosse mai vissuta lì.
Hillar sapeva per esperienza che si dimenticava sempre qualcosa quando si facevano dei traslochi, ma non c'era nemmeno una matita della ragazza.
Proprio non si capacitava, ricordava perfettamente il disordine che caratterizzava la specializzanda, i fogli sparsi sulla tavola mentre lei camminava per la stanza gesticolando e ripassando a voce alta.
Come poteva aver fatto una pulizia così totale?
Questo fatto gli dava una strana sensazione: da una parte era contento di non ritrovarsi tra i piedi dei souvenir spiacevoli, ma dall'altra gli sembrava di aver vissuto con un fantasma e non era molto tranquillo.
A volte sentiva quasi la sua presenza, si aspettava di trovarsela appoggiata alla porta che lo guardava sorridendo, ma non c'era.
Era solo la sua fantasia.
 
Françoise sorrideva mentre sorseggiava il vino che Saverio le aveva versato nel calice, ma non lo stava veramente guardando.
Stava pensando a Hillar.
Era una sensazione leggera, vagamente lussuriosa, che le regalava uno sguardo ammiccante e un'espressione gioiosa.
Con il suo ragazzo non era così.
Era come avere una zona calda e forse un po' opprimente sul petto, che l'accompagnava quasi sempre.
Amava Saverio, ma solo l'altro riusciva a essere rassicurante e insieme avventuroso.
Tremava sempre la notte, quando era sola, pensando a quel che poteva accadere a Sal o a lei, se le cose fossero andate storte.
Cercava sempre di non chiedere nulla su ciò di cui si occupava, ingenuamente credeva di poter sfuggire così ai mali che avrebbero potuto colpirli.
Hillar era un ragazzo normale, senza strani retroscena.
Era affascinante e a volte leggermente ambiguo, ma il suo sorriso era una garanzia di felicità, mentre i movimenti sempre nervosi le mettevano un'ansia che non conosceva limiti.
 
Saverio l'aveva invitata a cena, perché non voleva farle notare il suo stato di tensione perenne e la sua continua disattenzione.
Norge lo stava umiliando sempre di più e ormai sognava pure il suo sorriso sardonico.
Sapeva di star deludendo Tommy ma più cercava di porre rimedio alla situazione, più non aveva successo ed era frustrato.
Non pensava a nulla che non fosse il suo lavoro, tutto il resto era abitudine e movimenti ripetitivi.
Sapeva di provare qualcosa per la ragazza che gli stava davanti, ma tutto quel che gli veniva in mente era il tempo che stava sprecando lì invece di usarlo per studiare una strategia per mettere fuori gioco l'infermiera.
Quanto odiava il sorriso che Busco le riservava ogni volta che lei trovava un nuovo piano!
Per lui c'era stata al massimo una pacca sulla spalla ogni tanto, altre volte assolutamente nulla, solo un borbottio indistinto e delle nuove missioni.
Tommy era l'unica persona che poteva assurgere a figura semi-paterna per Saverio ma Norge era come una sorellina noiosa, la cocca di papà, che rubava tutta la sua attenzione in una specie di insana soddisfazione.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: VexDominil