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Autore: quiapeccavinimis    12/06/2014    1 recensioni
In quelle estati di cristallo ed afa e lucciole inseguite tra l'erba alta Iwaizumi Hajime si chiedeva spesso quanto, in quel loro correre a perdifiato con le braccia spalancate, Oikawa Tooru ci avrebbe messo a spiccare il volo.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Agapornis
(αγάπη 'love'; όρνις 'bird')
 


and you'll always be
 

C'erano stati giorni in cui nulla sembrava essere più importante dell'arrivo delle vacanze estive.
Giorni in cui il Sole picchiava così forte, ben piantato nella sua fetta di cielo e zaffiri e nuvole evanescenti, e poco importava del fatto che fosse mattina o pomeriggio, quel chiarore continuava a far sentire tutti come se fossero stati messi sotto un'enorme lente di vetro, come tante formiche.
Giorni in cui un fin troppo giovane Iwaizumi Hajime stringeva l'asta del retino per insetti tra i palmi imbruniti e si recava ciabattando nella casa accanto alla propria con le tempie scoperte imperlate dal sudore soltanto per quella manciata di passi.
« Vieni a caccia di cose schifose? »
« ... ew. »
« Però vieni vero, Scemokawa? »
Giorni in cui la piccola smorfia di prima si trasformava in un ancor più piccolo sorriso, giorni di calura torrida nei quali non c'era davvero nulla che Hajime ricordasse essere più brillante della maniera con la quale Tooru Oikawa si illuminava e fuggiva dalla madre al grido concitato e allegro di « Aspettami qui, Iwa-chan! »

 

a part of me


Nulla era più importante dell'erba rinsecchita o del tempo passato a mangiare ghiaccioli che immancabilmente finivano per scivolare loro sulle dita. Sotto quel cielo preso e ritagliato a misura delle loro teste in cui l'infanzia si era consumata, persa e allungata così come le loro gambe e le loro braccia scottate dal Sole sotto le magliette leggere, come se fossero stati fatti di gomma.
Estati abbastanza afose da lasciarli senza fiato dopo un paio di passi nelle quali entrambi correvano col fiatone e le guance paonazze, gli sfiancanti allenamenti di pallavolo ancora ben lontani, rinchiusi nei sogni e nelle loro mani da bambini che toccavano palloni da pallavolo come se si fossero trattati di trofei.
Estati immobili nel tempo come i quadri esposti in una galleria d'arte, testimoni di una realtà tangibile ormai possibile soltanto nella staticità fumosa dei loro ricordi.
Anni brillanti immersi nell'innocenza tipica che l'infanzia è solita trascinarsi alle spalle, anni in cui Oikawa Tooru scoppiava a piangere se una farfalla smetteva di volare perché accidentalmente le aveva sfiorato le ali.
(Le stesse ali che in futuro avrebbe tanto desiderato possedere e strappare da tutti coloro che con esse potevano librarsi al di sopra della sua fin troppo umana natura.)
« Sei uno stupido! Non puoi toccare così una farfalla! »
Un naso piccino e vagamente all'insù tratteneva a stento la tristezza per quella crudele rivelazione. Per la disperata consapevolezza di aver appena impedito a qualcosa di volare.
« M-ma io volevo s-soltanto — le a-ali sono la parte più bella! »
Colpire sulla nuca Oikawa Tooru durante una di quelle estati lo costringeva ad immergere per un istante le dita nel castano dei suoi capelli umidi di sudore. Quelli che comunque, in ogni momento dell'anno, erano soliti profumare di vaniglia, di pane appena sfornato, dei biscotti al cioccolato che madre di Tooru preparava ogni giorno. Quelli che estate o inverno che fosse si ritrovava sul cuscino assieme alla testa del loro proprietario.
« Idiota! Non puoi toccar loro le ali, altrimenti smettono di volare! »
« M-ma sono così belle! Se fossi una farfalla ed avessi le ali, tutti potrebbero toccarle! Tu saresti il primo, Iwa-cha! »
(Ma la sua schiena rimase sempre vuota mentre quelle estati si susseguivano e le ali delle farfalle si sostituivano a quelle nero pece di un corvo sempre più inarrivabile.)

 

you made me who I am


Persino imbronciarsi era terribilmente faticoso mentre il cielo era così azzurro e le cicale gracidavano forte nascoste chissà dove per tutta la notte. Mentre il paesaggio ardeva e lucciava e sembrava andare a fuoco e Iwaizumi Hajime con lui quando un certo cretino si lamentava di quanto fosse bollente e poi finiva comunque per addormentarglisi addosso.
“Perché Iwa-chan tiene lontano gli incubi”, diceva senza pensarci troppo, strofinando una guancia contro la spalla dell'altro e sorridendo abbastanza da far credere ad 
Hajime che avesse male alle guance.
Da fargli credere che fosse proprio un idiota.

 

but I gotta say, I'm not afraid


« Ma non sei una farfalla e non puoi avere le ali! Andiamo a cercare altri insetti, forza! »
« Perché no? Sarebbe bellissimo averle– e volare via lontano– a te non piacerebbe, Iwa-chan? »
La realtà dei fatti era molto più semplice perché 
Iwaizumi Hajime era sempre stato un tipo estremamente semplice: volare non faceva per lui nonostante la strafottenza tipica ed ingenua di qualsiasi bambino nei confronti del mondo, quella sensazioni di beata onnipotenza che terminava appena messo piede alle medie, scemando completamente una volta arrivati alle superiori.
Eppure quella volta, in quel vibrante pomeriggio estivo, nel fissare il volto di Tooru immerso nel cielo lontano - sempre troppo lontano - con tanto di braccia nude spalancate sotto quella scolorita canottiera verde, gli era sembrato come se l'altro stesse già fluttuando a diversi metri di distanza dalla sua semplice e solida terra.
E, per un attimo e uno solo, l'idea che il suo migliore amico avesse potuto volare via davvero l'aveva inorridito.
Forse Oikawa Tooru non era fatto per essere una farfalla, ma nel suo muovere le braccia non aveva potuto non notare come una naturale predisposizione ad innalzarsi al di sopra del mondo. E quell'orrore iniziale si era trasformato in paura e la paura in un non volare dove io non possa vederti, idiota e quello in un ben più semplice e sincero non lasciarmi qua da solo.

 

to test my wing span


« No. Forse... non mi piacerebbe. »
« Volare deve essere stupendo, smettila di fare l'imbronciato ed ammettilo, Iwa-chan! »
« N-non sono imbronciato, scemo! » erano soltanto gli occhi di quel cretino ad essere così brillanti da rendergli faticoso il guardarlo in viso. Ma non era imbronciato. « Dico solo che non mi piacerebbe perché... uhm, p-perché non sempre le cose che volano via tornano nel posto dal quale se ne sono andate, e a me piace qua! Mi piace dove viviamo e il Giappone e anche quando giochiamo a pallavolo! »
Braccia sottili fendevano l'ar
sura c
he li inglobava e Oikawa Tooru lo guardava da sotto quel ridicolo cappello di paglia a falda larga che sua madre lo costringeva a portarsi dietro. Perché era fragile, Tooru, nonostante volesse volare.
E lo guardava e sorrideva di uno di quei sorrisi ancora sinceri, ancora genuini, pregni di un candore che si sarebbe perso del tutto nel tempo.
« Anche a me piace qua. Qua ci sei tu, Iwa-chan. Non volerei mai abbastanza lontano da non poter ritornare da te, lo giuro. »

 

'cause they say if you love something let it go, let it go, let it go


In quelle estati di cristallo ed afa e lucciole inseguite tra l'erba alta Iwaizumi Hajime si chiedeva spesso quanto, in quel loro correre a perdifiato con le braccia spalancate, Oikawa Tooru ci avrebbe messo a spiccare il volo.
Quanto a lungo sarebbe durata quella sua promessa quando qualcuno come lui era già praticamente destinato ad andarsene lontano, sparendo assieme agli uccelli migratori al cambiare della stagione.
« Iwa-chan, vieni! »
E poi c'erano momenti in cui 
Hajime pensava che se si fosse impegnato abbastanza da far finta di avercele, le ali, forse il pensiero di volare non gli avrebbe fatto più così paura.
Forse, nell'afferrare la mano morbida e appiccicosa di ghiacciolo alla fragola di Oikawa Tooru nella propria come in quelle estati ormai lontane, sarebbe potuto rimanere ugualmente al fianco di quel cretino che piangeva sempre tanto e sorrideva troppo a lungo persino tra le nuvole.
Quella mano che sembrava quasi un prolungamento della propria mentre in grandi falcate correvano lungo il pendio assolato e Tooru reggeva il capello di paglia contro la sua testa d'ambra e rideva, e ridevano assieme, e nulla sembrava essere più lontano da loro come in quegli istanti, con le loro mani unite e le ali ancora sopite e la certezza di un futuro ancora lontano.
« Voliamo insieme, Iwa-chan? »

 

Open up the gate
'cause your lovebirds flying away


« … devo proprio? »
« Ahh, non puoi direi di no! Non puoi, non puoi! »
« E smettila di urlare Oikawa, va bene! »
Mano nella mano in quei pomeriggi assolati 
Iwaizumi Hajime trascinava l'altro per quelle stradine silenziose e quell'asfalto incandescente, diretti chissà dove sino al tramonto.
Perché volare via era spaventoso, ma lasciare che quello stupido lo facesse da solo era impensabile.




Note Autore
Agapornis - Il nome scientifico del genere deriva dal greco e significa uccelli che si amanoIl nome comune "inseparabili" si fonda sul loro comportamento: essi, infatti, si scelgono a vita.

   
 
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