Your
gift –
Lui vive in te
La
primavera era ormai alle porte. Il vento soffiava sempre più
tiepido man mano
che i giorni progredivano e il giardino di casa si riempiva di fiori.
Ed era
appunto nel giardino che Sakura passava la maggior parte del tempo.
Sedeva
sulla sua amata panchina bianca, leggeva un libro, studiava le arti
mediche. E
cullava un fagottino rosa, cantando ninne nanne e facendo buffe
smorfie. Dalle
case accanto si potevano udire i gridi acuti della bambina e le parole
delle
canzoni che la giovane cantava; i vicini non potevano fare a meno di
sorridere
a quel grazioso quadretto familiare.
Il
cancello del giardino cigolò e poi si richiuse bruscamente,
attirando
l’attenzione di Sakura. Un uomo dai folti capelli biondi si
stava avvicinando a
lei, le labbra distese in un grande sorriso.
–
Ciao,
amore.
Si
chinò
sul viso della moglie e le baciò la fronte. Poi
accarezzò con delicatezza una
guancia della figlia, sorprendendosi come sempre della morbidezza della
sua
pelle.
–
Allora,
che fa la mia bambina?
–
La tua
bambina non vuole addormentarsi – sbuffò la
ragazza spazientita – Saranno
almeno due ore che siamo qui. E continua a strillare. Non la capisco
proprio,
io casco dal sonno.
Il
ragazzo sogghignò e prese tra le braccia sua figlia. La
maneggiava molto
delicatamente, con precauzione, come se temesse di ferire quella
bambola.
–
Questa
bambina mi ha completamente cambiato la vita –
affermò, guardandola con
tenerezza.
–
Lo so.
Lo dici almeno tre volte al giorno.
–
Se lo
dico così spesso, vuol dire che ne sono davvero convinto, no?
– O
significa che te ne sei completamente innamorato.
–
Cosa
c’è, adesso? Siamo gelose?
Sakura rise,
con un sorriso di superiorità.
–
Dovrei
temere la concorrenza di una mocciosa?
La
piccola strillò di indignazione. Il ragazzo rise piano.
–
Mi
sembra che non sia d’accordo.
–
Già.
La
bambina ritornò tra le braccia della madre. Lei
sospirò e infine si alzò in
piedi.
–
Avanti,
è ora di fare pranzo.
Quel
giorno, Sakura aveva deciso di fare una sorpresa a Naruto e,
contrariamente
alle sue abitudini, aveva servito al posto del marito una grande
ciotola di
ramen. Gli occhi del ninja brillarono d’entusiasmo.
Ringraziò sua moglie con la
bocca piena di tagliolini.
–
Sei
fantastica!
– E
tu sei
peggio di un bambino: parli ancora con la bocca piena.
Troppo
occupato a ingozzarsi del suo cibo preferito, Naruto accennò
a una risatina di
scuse e riprese il suo pasto selvaggio. Intanto la ragazza si occupava
della bimba,
legata saldamente al seggiolone.
–
Com’è
andata, oggi?
–
Lo sai
anche tu. Documenti su documenti, come sempre. Mi domando quando questa
noia
finirà e finalmente potrò dedicarmi a qualcosa di
più avventuroso.
–
Ma
sapevi già dai tempi di Tsunade com’era la vita di
un Hokage, no?
–
Sì, lo
sapevo, lo sapevo… Ah, che fine ingloriosa per il ninja
più forte della Foglia.
–
Ninja
più forte? Credevo che il più forte fosse
Kakashi…
–
Ma
Kakashi non è l’Hokage. Io devo essere migliore di
lui se mi hanno scelto, non
pensi?
–
Non
cambierai mai, Naruto – sbottò Sakura esasperata
– Quando ti deciderai ad
abbassare quella tua maledettissima cresta?
–
Mai,
cara. Ci sono nato, così. Ce l’ho nel sangue.
Fin
troppo stufa di cercare di discutere seriamente con quella testa
quadra, Sakura
ricominciò a imboccare la bambina con gesti bruschi, facendo
stizzire la
piccola.
Piano
piano si calmò. Quando la piccola ebbe finito di mangiare,
la tolse dal
seggiolone e se la posò tra le braccia. Poco dopo dormiva
già.
Mentre
cercava in tutti i modi di trasferirla nel suo lettino senza
svegliarla, notò
Naruto che, a braccia conserte come se fosse a scuola, le fissava perso
nei
suoi pensieri. Trattenne a stento una risata.
–
Chiudi
quella bocca, sembri un emerito cretino.
Il Sesto
Hokage, catapultato bruscamente sulla Terra, rimase spiazzato. Poi
esibì un
sorriso leggermente imbarazzato.
–
Scusa,
Sakura. Έ che… sei così dolce quando coccoli la
nostra bambina. Ti trasformi
completamente. E siete così carine insieme…
La
ragazza arrossì violentemente, poco avvezza a complimenti
così espliciti da
parte di Naruto. Furiosa di essersi scoperta in quel modo, mise il
broncio.
Suo
marito, ridendo, si sedette accanto a lei e cinse le sue spalle con un
braccio.
Con le labbra sfiorò la guancia della giovane e
sussurrò contro la sua pelle.
–
Ti amo.
Tremando,
Sakura sospirò.
–
Anch’io.
–
Sei
bellissima.
–
Grazie.
– E
anche
lei lo è.
–
Lo so.
–
Nostra
figlia…
Naruto
baciò la bambina sulla fronte, come aveva fatto con sua
moglie prima di entrare
in casa.
–
Kushina, sei la stella della nostra vita, lo sai?
Sakura
sospirò di nuovo: quel Naruto così dolce la
faceva impazzire.
Raramente
aveva provato una felicità così intensa
così a lungo. La morte di Sasuke aveva
lasciato sconvolta tutta Konoha. I sopravvissuti del Gruppo Sette ne
avevano
sofferto infinitamente. Il solo ricordo stringeva il cuore a Sakura e
Naruto.
Avevano
continuato a cercare il loro compagno. Avevano accumulato disfatte su
disfatte.
Ma non si erano arresi. Poi, un giorno, un ninja straniero era arrivato
alla
Foglia portando una notizia: avevano rinvenuto il cadavere di un ninja
traditore nativo del loro villaggio. Il suo nome era Sasuke Uchiha. Si
sospettava che l’assassino fosse il pluriomicida Itachi
Uchiha, suo fratello.
Lo
sapevano, la loro sfida era inevitabile; e sapevano ugualmente bene che
la vita
di un ninja era piena di lutti, che eventi del genere potevano essere
anche
all’ordine del giorno. Ma non riuscivano a rassegnarsi il
loro sogno di
riunione del gruppo sette si era trasformato in una ricerca vana.
Si
sentivano svuotati di qualsiasi emozione.
Fino a
quando,
un giorno, venne presentata la richiesta di candidatura di Naruto a
Hokage.
Naruto,
abbassando il capo, rifiutò. I suoi amici esplosero in tutta
la loro rabbia,
nel saperlo.
–
Insomma, combatti tutta una vita per conquistare quel titolo e ora
rinunci? –
lo rimproverava Kiba. Altrettanto fecero Shikamaru, Neji, Choji. Ma
Naruto restò
fermo nel suo proposito, attirandosi l’astio di tutti.
Un giorno
qualcuno suonò freneticamente il campanello di casa Uzumaki.
Naruto,
maledicendo chiunque lo stesse disturbando, aprì la porta a
una Sakura
ansimante e accaldata da una recente corsa. Era assolutamente
sbigottito.
Dal
funerale del loro compagno non si erano più parlati.
Incontrati sì, sulla tomba
spoglia che si confondeva con le altre lapidi del grigio cimitero di
Konoha, ma
non parlati. Invece quella volta, lei gli urlò:
–
Tu sei
pazzo!
–
Ma
cosa…
–
Naruto,
ma come ti viene in mente di rifiutare l’incarico di Hokage?
– chiese lei a
bruciapelo.
Il
ragazzo aveva chinato il capo, sconfitto.
–
Sakura,
io non ce la faccio.
–
Questa
è solo una scusa e lo sai. Non puoi rinunciare a tutti i
tuoi sogni! Sasuke è
morto, ma… noi siamo vivi. Non puoi lasciarti andare in
questo modo.
Chinò
lo
sguardo, imbarazzata. Naruto ne approfittò per chiederle la
domanda che tanto
l’aveva assillato.
–
Sakura,
perché non mi hai parlato più fino ad oggi?
–
Io… Non
ce la facevo. Mi ricordavi troppo… lui.
La sua
voce era pericolosamente vicina al pianto.
–
Sakura,
ci ho sofferto tantissimo.
–
Mi
dispiace…
Con
enorme orrore del ragazzo, vide Sakura scoppiare in singhiozzi. Dandosi
mentalmente dell’idiota, abbracciò la ragazza,
mormorandole parole di conforto
e di scuse.
–
Scusa,
Sakura. Scusami tanto, non volevo. Hai ragione, non devo lasciarmi
andare così…
dopotutto, sono o non sono Naruto Uzumaki? Sono stato un pazzo a voler
rinunciare proprio adesso al mio sogno. Accetterò, Sakura,
te lo prometto. Ma
ora smetti di piangere, ti scongiuro!
La
giovane si asciugò le lacrime.
–
Sono
patetica – sussurrò.
–
No,
solo molto stanca.
–
Mi
dispiace di aver pianto.
–
Non ci
pensare.
–
Naruto,
grazie.
–
Prego –
rispose il ragazzo, arrossendo d’imbarazzo. Aveva invitato la
sua amica a bere
un bicchiere d’acqua e dopo lei se n’era andata.
Avevano
continuato a vedersi sempre più spesso, anche dopo la
proclamazione ufficiale
di Naruto a Hokage. Il ragazzo, anche se occupato dai numerosi impegni,
trovava
sempre il tempo di stare con la ragazza che amava da una vita. Poi, un
giorno,
si presentò alla ragazza con un anello. Un mese dopo erano
sposati. L’anno
successivo era nata Kushina.
Qualche
mese prima, la bambina aveva compiuto un anno. Ogni giorno che passava
era
accompagnato da bisticci, risate, strilli. Quella bambina allegra e
vivace come
suo padre aveva conquistato la sua vita. Se solo due anni fa pensava
che non
sarebbe mai più stata felice, ora era convinta di non volere
di più dalla vita.
Le
bastavano Naruto e Kushina e Sasuke non era più il ninja
traditore che l’aveva
lasciata sola quando era innamorata di lui e che l’aveva
fatta soffrire, ma
solo un ricordo, l’amico che avevano sempre cercato, il
compagno del Gruppo
sette che ora non c’era più.
***
–
Sakura,
ti devo parlare.
La
ragazza, distogliendo lo sguardo da Kushina, guardò suo
marito con
preoccupazione.
– Έ
successo qualcosa? Non ti ho trovato a casa stamattina, mi sono
preoccupata…
Si
bloccò, notando finalmente la barba rada che chiazzava le
sue guance, le
occhiaie e gli occhi stanchi. Mai aveva visto Naruto in quello stato.
–
Che
cosa è successo? – domandò con voce
leggermente stridula.
–
Un attacco
di ninja della Pioggia al Villaggio della Sabbia – rispose
Naruto – Non si
conoscono ancora le loro intenzioni. Ma una cosa è certa: se
continua così, è
guerra.
Il
silenzio calò nella cucina. Sakura conosceva
l’implicazione di quelle parole,
ma non aveva il coraggio di esprimerlo a voce.
– E
quindi… se scoppiasse la guerra…
–
Sì,
entreremmo in guerra anche noi, in quanto alleati del Villaggio della
Sabbia –
completò la frase Naruto, scurendosi in viso.
–
Ma… è
necessario che combatta anche tu?
–
Non lo
so. Qui alla Foglia c’è carenza di ninja,
perché la maggior parte sono
coinvolti in altre missioni.
–
Puoi
richiamarli!
–
Sarebbero comunque troppo pochi.
–
Ma se
tu vai alla Sabbia, chi resterà al Villaggio?
–
Resterà
Kakashi. Dopotutto, è lui che Tsunade ha indicato come suo
successore oltre a
me, no?
Bloccando
l’ennesima domanda della ragazza, l’Hokage
precisò:
–
Sakura,
calmati. È stato solo un attacco, potrebbero risolvere la
questione
diplomaticamente! Poi, probabilmente, il Consiglio mi terrà
qui a controllare
la situazione. Non ti preoccupare…
Ma ormai
era troppo tardi. Sakura tornò a cullare Kushina con la
fronte aggrottata. La
bambina sembrò accorgersi del suo cambiamento
d’umore, poiché diventò seria
anche lei.
–
Kushina
è molto sensibile al tuo stato d’animo –
commentò Naruto.
Poi,
guardandola negli occhi:
–
Non
sarai preoccupata, vero?
Sakura
non voleva che suo marito pensasse che non si fidasse di lui. Gli
rivolse il
più rassicurante sorriso che era riuscita a comporre.
–
No, ma
cosa ti viene da pensare?
–
Meno
male – rise Naruto sollevato. Non aveva intuito
l’inquietudine che ancora
turbava l’animo della moglie.
In quel
momento la piccola Kushina cominciò a frignare. Si
stropicciava gli occhi con i
piccoli pugni, piagnucolando.
– Έ
ora
di dormire – ordinò la ragazza con tono severo.
–
Aspetta, faccio io.
Sotto lo
sguardo stupito di sua moglie, Naruto sollevò la bambina con
attenzione e la
depose sul lettino della sua camera. Sakura si fermò sulla
soglia della stanza,
intenerita, mentre guardava i tentativi inutili del marito di
rincalzare le
lenzuola, ostacolato dai movimenti vivaci della piccola.
Digrignò i denti,
mentre la piccola scoppiava a ridere, mettendo in bella mostra i
dentini che le
erano spuntati.
–
Ci
prendi gusto, eh? – ringhiò l’Hokage.
Ma, invece di spaventare Kushina, ottenne
l’effetto opposto. Alle risate della bimbetta, si aggiunsero
anche quelle di
sua madre.
–
Ma
allora vi siete messe d’accordo!
Quando
riuscì nel suo intento, guardò la bambina che si
dimenava sotto le coperte,
ipnotizzato. Poi, riscuotendosi, intonò una ninna nanna.
Sakura
non l’aveva mai sentito cantare. Eppure non era assolutamente
stonato: aveva
una bella voce, vibrante, come le fusa di un gatto. Incantata,
osservò la
figlia che, per effetto della nenia, smetteva di dibattersi e abbassava
le
palpebre lentamente. Si ridestò solo quando Naruto
spostò la sedia, provando ad
alzarsi senza fare rumore, ma ottenendo l’effetto opposto.
Probabilmente notò
l’aria rapita della ragazza, perché si
grattò la nuca con una mano, mentre le
guance si imporporavano leggermente.
–
Sono
proprio così stonato? – chiese, pregando
perché non sembrasse così imbarazzato.
–
No…
anzi… – sussurrò la ragazza, con voce
trasognata. Il rossore sulle guance
dell’Hokage aumentò. Sakura sorrise per la
goffaggine del ninja più forte del
villaggio.
–
Dai,
ora andiamo a dormire…
Era
ancora notte fonda, quando un’esplosione sconvolse il
villaggio addormentato. I
muri di tutti gli edifici della Foglia tremarono per un tempo che
sembrò infinito.
Poi tutto tacque e un silenzio opprimente scese su Konoha, talmente
concreto
che sembrava di poterlo toccare.
–
Che…
che cosa è stato?
Naruto
notò il terrore nella voce di Sakura. La sua mano stringeva
convulsamente il
bordo del lenzuolo. Improvvisamente sussultò.
–
Kushina! – gridò con uno sguardo terrorizzato.
Il
giovane Hokage sentì il sangue delle sue vene gelarsi
repentinamente. Prima che
la moglie potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, si
scaraventò fuori dal
letto e, incurante delle schegge di vetro dei vasi caduti a terra, si
precipitò
nella camera della bambina. Venne raggiunto poco dopo da Sakura che si
appoggiò
allo stipite della porta.
–
Kushina…?
– domandò con voce debole.
Sentì
sopraggiungere un sospiro di sollievo.
–
Dorme
ancora. Non si è nemmeno accorta della scossa.
La
ragazza sentì le gambe cedere sotto un peso che si
sbriciolava. Quando la vista
si schiarì, vide gli occhi azzurri di Naruto a pochi
centimetri dal suo viso.
Tentò di alzarsi in piedi, ma cadde di nuovo a terra.
–
Cos’hai?
–
Io…
Furono
interrotti dal fragore di un’esplosione. Fuori dalla finestra
si scorgeva il
bagliore di un fuoco.
–
Ma cos…
Il ninja
si affacciò per capire cosa diavolo stesse succedendo.
Sakura notò il suo volto
sbiancare all’istante.
–
Cosa
succede, Naruto?
–
Non era
un semplice terremoto – mormorò –
Έ… un attacco di ninja stranieri.
E
aggiunse:
–
Devo
andare a dare una mano.
–
No! –
urlò istintivamente Sakura. Naruto esibì un
sorriso tirato.
–
Sono
l’Hokage, non posso restare con le mani in mano.
–
Ma è
pericoloso! E Kushina?
–
Resterai tu con lei.
–
Va
bene… – cedette Sakura – Torna vivo, ti
prego.
–
Ma
certo. Dubiti di me?
–
No.
Come potrei?
La
ragazza sorrise incerta. Suo marito, fulmineamente, premette le sue
labbra
contro le sue, togliendole il fiato. Durò pochi secondi, poi
si divisero.
E Naruto
scomparve nelle tenebre della notte.
L’attesa
era sempre più snervante. A Sakura sembrava che il tempo non
passasse mai. Per
distrarsi, pensava alla bambina, che in quel momento sgambettava tra le
sue
braccia. Poco dopo iniziò a frignare debolmente.
–
Probabilmente hai fame, piccola – mormorò la
ragazza per calmarla – Ora andiamo
a mangiare.
Preparò
il biberon con insolita lentezza, non prima di aver assicurato la
bambina al
seggiolone. Il latte bolliva monotono. Quando fu pronto, si accorse che
sua
figlia si era addormentata di nuovo.
Ricordò
lo sguardo di Naruto mentre la guardava dormire. Il suo pensiero la
fece
tremare d’ansia. Riprese ad osservarla. Il suo respiro era
leggerissimo, quasi
impercettibile, come quello di una bambola. Le sue lunghe ciglia
sfioravano le
guance rosee e paffute. I suoi lineamenti così fini erano
deliziosi e i suoi
capelli cominciavano a crescere, assumendo un colore rosa molto simile
a quello
di sua madre. Tutti gli sconosciuti che le incrociavano, si fermavano
deliziati
e commentavano melensi:
–
Ma
com’è bella questa bambina! Somiglia tanto a sua
madre!
Poi
notavano l’azzurro dei suoi occhi, così intenso da
sembrare violento, in
contrasto con la delicatezza delle sue fattezze.
Quell’azzurro così vitale,
così paradossalmente caldo, quando s accendevano di passione
e d’amore…
Accarezzava
il capo della bambina da diverso tempo. Lisciava i suoi capelli, le
sfiorava
una guancia, toccava le sue ciglia sottili, seguiva il profilo della
fronte.
Svegliò Kushina per farla mangiare e lei, mezzo intontita
dal sonno, non
protestò. Quando la riadagiò sul suo lettino, la
piccola si addormentò di
colpo.
Vegliava
sulla figlia da pochi minuti, quando sentì il campanello
squillare. Fuori dalla
finestra, era giorno chiaro.
“Devo
essermi addormentata” pensò sbadigliando
“Ma chi è a quest’ora? Devono essere
le sette di mattina…”
Suonarono
ancora, impazientemente. Trascinando i piedi, Sakura
ciabattò fino alla porta.
Dietro, la figura alta e snella di Shikamaru.
“Shikamaru?
Ma cosa è venuto a fare così
pres…”
Il solo
pensiero
era così terribile da farla impallidire. Solo allora si
accorse dello sguardo
grave del jonin, delle sue occhiaie e del sangue che imbrattava i suoi
vestiti.
–
Sakura…
Gli occhi
verdi della ragazza si posarono angosciati in quelli scuri e penetranti
del
ragazzo. Che vennero subito abbassati.
–
Sakura…
l’attacco dei ninja della Pioggia… ci hanno presi
di sorpresa… è stato
difficile respingerlo…
Era un
tentativo fiacco di evitare un argomento scottante. Ma alla kunoichi
non andava
di aspettare. Senza tanti preamboli, chiese a precipizio:
– E
Naruto? Come sta?
–
Έ…
stato colto alle spalle anche lui.
–
Sta
molto male? – ripeté la ragazza con un filo di
voce.
–
No –
rispose Shikamaru, voltando il viso per non guardare in faccia la
ragazza.
– Έ
morto.
La luce
che entrava nella stanza era soffocante. Sakura non voleva vedere la
luce del
sole perché, immersa nel buio com’era, ne sarebbe
rimasta sicuramente accecata.
Dalla stanzetta in fondo al corridoio giunse il pianto disperato della
bambina,
che si era svegliata all’improvviso. La sua testa girava
pericolosamente, ma si
sforzò di restare in piedi.
–
Naruto…
Kushina… sta piangendo… devo…
Non
riuscì più a reggere e accolse come
un’ancora di salvezza il buio in cui
precipitò.
***
–
Mamma?
Mamma mi stai ascoltando?
Sakura si
riscosse improvvisamente. Era di nuovo caduta nel vortice di quei
ricordi
dolorosi. Di fronte a lei, una bambina attendeva fremente una risposta.
–
Cosa
c’è, Kushina?
–
Me lo
avevi promesso!
–
Cosa?
–
Di
portarmi al parco – replicò lei, rossa in viso
– Sto sempre a casa con la
nonna, che non mi può accompagnare perché le
fanno male le gambe. Tu, invece,
sei sempre in ospedale. Ma lavori solo tu nell’ospedale, in
tutto il villaggio?
La
ragazza sorrise. Quella bambina le ricordava tanto la sua seconda
personalità,
così permalosa… ma dopotutto era anche il suo
ritratto. Quella smorfia di decisione e quegli occhi sfavillanti non
erano
sicuramente sconosciuti.
–
Dai,
andiamo! – strillò Kushina impazientemente,
trascinandola fuori.
Tutti
dicevano che somigliava maggiormente a lei. Forse era per via dei
capelli, di
uno strano rosa pesca, un arancio rosato che brillava di riflessi
biondi alla
luce del sole. Forse era per il viso, ovale, dal piccolo naso.
– E
per
la fronte spaziosa – aggiungeva Kushina imbronciata.
Solo gli
occhi, nel suo aspetto fisico, erano quelli del padre, lo riconoscevano
tutti.
Azzurri come il cielo, come l’oceano. Accesi, splendenti,
infuocati come se
ardessero. Non era raro che gli amici del defunto Sesto Hokage si
perdessero in
quegli occhi, così familiari.
–
Due
zaffiri. Uguali a quelli di tuo padre – aveva commentato una
volta Kiba,
tradendo un filo di malinconia. Al che la bambina lo aveva guardato
piegando la
testa di lato, come se non lo capisse e cercasse di comprenderlo
osservandolo
da un’altra angolazione.
Al parco
non c’erano molti bambini. La maggior parte di loro
frequentava l’Accademia o
rimaneva in custodia ai nonni, come Kushina: i genitori non avevano
tempo per
accompagnarli, impegnati con le missioni o più semplicemente
con il proprio
lavoro. Nonostante ciò, la bambina, grazie alla propria
natura estroversa,
aveva già trovato due compagni con cui giocare. Ora
correvano per il prato,
giocando probabilmente a nascondino. Sakura tirò fuori un
libro di medicina e
iniziò a leggere.
Il tempo
scorreva velocemente. Prima di quanto pensasse, il tramonto aveva tinto
di
rosso il cielo. Rivolse un’occhiata circolare al parco e vide
sua figlia
chiacchierare con i suoi nuovi amici seduta sul prato. Le dispiaceva
interromperla, ma c’era un altro posto dove dovevano
assolutamente passare.
–
Kushina! – gridò – Bisogna andare via,
sbrigati!
La
bambina, visibilmente scocciata, urlò a sua volta
all’indirizzo della madre:
–
Perché?
È ancora presto!
Poi,
all’improvviso, sembrò ricordarsi di qualcosa.
–
Ah. Va
bene, vengo.
–
Dai,
questa volta ci mettiamo poco – la rassicurò
sorridendo sua madre.
La
piccola annuì e corse a salutare i suoi compagni di giochi,
nei quali Sakura
riconobbe tratti degli Hyuga e degli Inuzuka. Cercò con gli
occhi i suoi ex
compagni di Accademia, senza trovarli.
–
Mamma,
andiamo! Altrimenti non facciamo in tempo –
protestò Kushina.
Camminando,
giunsero su un’altura. Un cancello cingeva un’ampia
fetta di prato.
All’interno, una distesa di tombe.
La
bambina, che fino a quel momento aveva cianciato allegramente, tacque
rispettosamente.
Varcato
il cancello, si diressero senza indugi ad una tomba bianca, la
più bianca di
tutte. Sakura aveva in mano due gigli, comprati al negozio di Ino.
Prima di
dedicarsi ad essa, si soffermò sul sepolcro accanto, molto
più piccolo e spoglio.
Kushina osservò la madre mentre infilava uno dei fiori sul
vaso sottile davanti
alla lapide. Non sapeva chi fosse l’uomo che vi era sepolto.
Aveva chiesto alla
madre, ma si era sentita rispondere:
–
Un
carissimo amico. Mio e di tuo padre.
Sulla
tomba c’era scritto Sasuke Uchiha.
Aveva
sentito diverse voci al villaggio che definivano quell’uomo
un traditore di
livello S. E anche l’unico sopravvissuto del clan Uchiha.
L’ultimo
sopravvissuto si faceva per dire, perché ormai era morto. Ma
la bambina pensava
che fossero tutte bugie: sua madre non poteva essere amica di un ninja
traditore. Decise che avrebbe dovuto farsela raccontare meglio, quella
storia.
Dopo
essersi soffermata lì per qualche minuto, Sakura si
spostò alla tomba immacolata.
Era completamente coperta di fiori freschi, nonostante fossero passati
quasi
sei anni dal funerale. Una macchia grandissima e colorata, dove il
giglio
spiccava per il suo biancore.
Sapeva
che quei fiori provenivano da tutti gli abitanti del villaggio. Dal
primo
all’ultimo ninja, tutti portavano un fiore ogni tanto e
Kakashi l’aveva inclusa
nelle sue tappe quotidiane, dopo la visita al suo amico Obito.
La
bambina lesse ancora: Naruto Uzumaki. A differenza del defunto della
tomba
accanto, sapeva benissimo chi era: era suo padre, il Sesto Hokage,
morto nel
tentativo di proteggere
Aveva
molte sue foto, da bambino, da ragazzo. Ma quella a cui teneva di
più era
quella che lo raffigurava con la mamma, con il vecchio maestro Kakashi
e un
altro ragazzo di cui non sapeva il nome. Si guardavano in cagnesco e
non
sembravano andare d’accordo. Chissà chi era.
Sapeva
anche che quella foto l’avevano scattata dopo la loro
promozione a genin. La bambina
sussultò, poi chiese alla madre:
–
Quando
entrerò nell’Accademia?
–
Ci
vorrà ancora un po’, piccola. Devi soltanto avere
un po’ di pazienza. E
dopotutto hai solo sette anni.
–
Ma se
non sono abbastanza brava? – chiese Kushina lamentosa.
Sakura
sorrise.
–
Non
penso proprio. Come potresti tu non essere brava, essendo la figlia del
Sesto
Hokage e la nipote del Quarto?
Lei
sembrò pensarci su. In effetti no, non era possibile.
Rispose al sorriso della
madre.
– Έ
vero,
hai ragione. E sai una cosa? Diventerò anch’io
Hokage. Il migliore Hokage che
sia mai esistito. Come papà. C’è
già stato un Hokage donna, no?
–
Sì,
certo.
Sakura
guardava i suoi occhi brillare come diamanti. Non conosceva suo padre,
ma nel
carattere era assolutamente uguale a lui.
In quegli
occhi azzurrissimi baciati dal sole morente, la ragazza vedeva tutto il
suo
entusiasmo, tutta la sua determinazione, tutto il suo calore. Possibile
che due
esseri che non si erano neanche conosciuti fossero così
simili tra loro?
–
Papà è
morto per salvare il villaggio, non è così?
–
Sì, è
così.
–
Allora
è un eroe!
–
Già.
–
Sono la
figlia di un eroe?
Sakura
annuì, sempre sorridente.
–
Diventerò anch’io un’eroina.
–
Sai,
piccola, gli assomigli tantissimo.
– A
chi?
– A
tuo
padre.
–
Davvero? – chiese lei, con gli occhi luminosi come due stelle.
–
Sì.
–
Somiglio a mio padre. Somiglio al Sesto Hokage – ripeteva lei
contenta.
–
Dai,
torniamo a casa.
Aveva
smesso da tempo di essere triste per suo marito. Non aveva
più Naruto, ma aveva
sua figlia, la loro figlia; e pensava che meglio di così non
avrebbe potuto
essere.
Parlando
e chiacchierando, madre e figlia imboccarono la via di casa. Guardando
la
bambina saltellare allegramente, Sakura dovette correggersi.
“No,
piccola. Tu non gli somigli. Lui vive in
te. Ci protegge, ci osserva, ride con noi. Anche se
è morto, continua a
starci accanto. Attraverso te.”
“Ti
voglio bene, bambina mia.”
FINE
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NA:
Questa è la storia che ha partecipato al famoso contest (a
cui sono arrivata sesta
– ultima =.= –). Ho postato appena ho superato il
trauma post-concorso. Inizialmente
era divisa in tre capitoli, ma non avrei potuto aggiornarli causa breve
vacanza. Ve li do tutti insieme.
Vi prego,
commentate!
Bacioni
DarkMartyx
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