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Autore: BlackMoonRising    11/08/2008    4 recensioni
Ora che la vita di Sakura è perfetta, può dimenticare gli incubi del suo passato; Sasuke e la delusione che lui le ha procurato rimarranno solo un brutto ricordo. È sposata con Naruto, il ragazzo innamorato di lei fin dal primo giorno in cui l’ha vista. E hanno avuto una splendida bambina dagli enormi occhi azzurri. Ma un Ninja non smette mai di soffrire, ormai lo sa benissimo. E quando la vita la metterà a dura prova nel modo più cruento, Sakura si rifugerà in sua figlia, così simile a suo padre e con il quale condivide gli stessi sogni.
Sesta classificata al contest "Maternità" indetto da SweetAudy
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Your gift – Lui vive in te

 

La primavera era ormai alle porte. Il vento soffiava sempre più tiepido man mano che i giorni progredivano e il giardino di casa si riempiva di fiori.

Ed era appunto nel giardino che Sakura passava la maggior parte del tempo. Sedeva sulla sua amata panchina bianca, leggeva un libro, studiava le arti mediche. E cullava un fagottino rosa, cantando ninne nanne e facendo buffe smorfie. Dalle case accanto si potevano udire i gridi acuti della bambina e le parole delle canzoni che la giovane cantava; i vicini non potevano fare a meno di sorridere a quel grazioso quadretto familiare.

Il cancello del giardino cigolò e poi si richiuse bruscamente, attirando l’attenzione di Sakura. Un uomo dai folti capelli biondi si stava avvicinando a lei, le labbra distese in un grande sorriso.

– Ciao, amore.

Si chinò sul viso della moglie e le baciò la fronte. Poi accarezzò con delicatezza una guancia della figlia, sorprendendosi come sempre della morbidezza della sua pelle.

– Allora, che fa la mia bambina?

– La tua bambina non vuole addormentarsi – sbuffò la ragazza spazientita – Saranno almeno due ore che siamo qui. E continua a strillare. Non la capisco proprio, io casco dal sonno.

Il ragazzo sogghignò e prese tra le braccia sua figlia. La maneggiava molto delicatamente, con precauzione, come se temesse di ferire quella bambola.

– Questa bambina mi ha completamente cambiato la vita – affermò, guardandola con tenerezza.

– Lo so. Lo dici almeno tre volte al giorno.

– Se lo dico così spesso, vuol dire che ne sono davvero convinto, no?

– O significa che te ne sei completamente innamorato.

– Cosa c’è, adesso? Siamo gelose?

Sakura rise, con un sorriso di superiorità.

– Dovrei temere la concorrenza di una mocciosa?

La piccola strillò di indignazione. Il ragazzo rise piano.

– Mi sembra che non sia d’accordo.

– Già.

La bambina ritornò tra le braccia della madre. Lei sospirò e infine si alzò in piedi.

– Avanti, è ora di fare pranzo.

 

Quel giorno, Sakura aveva deciso di fare una sorpresa a Naruto e, contrariamente alle sue abitudini, aveva servito al posto del marito una grande ciotola di ramen. Gli occhi del ninja brillarono d’entusiasmo. Ringraziò sua moglie con la bocca piena di tagliolini.

– Sei fantastica!

– E tu sei peggio di un bambino: parli ancora con la bocca piena.

Troppo occupato a ingozzarsi del suo cibo preferito, Naruto accennò a una risatina di scuse e riprese il suo pasto selvaggio. Intanto la ragazza si occupava della bimba, legata saldamente al seggiolone.

– Com’è andata, oggi?

– Lo sai anche tu. Documenti su documenti, come sempre. Mi domando quando questa noia finirà e finalmente potrò dedicarmi a qualcosa di più avventuroso.

– Ma sapevi già dai tempi di Tsunade com’era la vita di un Hokage, no?

– Sì, lo sapevo, lo sapevo… Ah, che fine ingloriosa per il ninja più forte della Foglia.

– Ninja più forte? Credevo che il più forte fosse Kakashi…

– Ma Kakashi non è l’Hokage. Io devo essere migliore di lui se mi hanno scelto, non pensi?

– Non cambierai mai, Naruto – sbottò Sakura esasperata – Quando ti deciderai ad abbassare quella tua maledettissima cresta?

– Mai, cara. Ci sono nato, così. Ce l’ho nel sangue.

Fin troppo stufa di cercare di discutere seriamente con quella testa quadra, Sakura ricominciò a imboccare la bambina con gesti bruschi, facendo stizzire la piccola.

Piano piano si calmò. Quando la piccola ebbe finito di mangiare, la tolse dal seggiolone e se la posò tra le braccia. Poco dopo dormiva già.

Mentre cercava in tutti i modi di trasferirla nel suo lettino senza svegliarla, notò Naruto che, a braccia conserte come se fosse a scuola, le fissava perso nei suoi pensieri. Trattenne a stento una risata.

– Chiudi quella bocca, sembri un emerito cretino.

Il Sesto Hokage, catapultato bruscamente sulla Terra, rimase spiazzato. Poi esibì un sorriso leggermente imbarazzato.

– Scusa, Sakura. Έ che… sei così dolce quando coccoli la nostra bambina. Ti trasformi completamente. E siete così carine insieme…

La ragazza arrossì violentemente, poco avvezza a complimenti così espliciti da parte di Naruto. Furiosa di essersi scoperta in quel modo, mise il broncio.

Suo marito, ridendo, si sedette accanto a lei e cinse le sue spalle con un braccio. Con le labbra sfiorò la guancia della giovane e sussurrò contro la sua pelle.

– Ti amo.

Tremando, Sakura sospirò.

– Anch’io.

– Sei bellissima.

– Grazie.

– E anche lei lo è.

– Lo so.

– Nostra figlia…

Naruto baciò la bambina sulla fronte, come aveva fatto con sua moglie prima di entrare in casa.

– Kushina, sei la stella della nostra vita, lo sai?

Sakura sospirò di nuovo: quel Naruto così dolce la faceva impazzire.

Raramente aveva provato una felicità così intensa così a lungo. La morte di Sasuke aveva lasciato sconvolta tutta Konoha. I sopravvissuti del Gruppo Sette ne avevano sofferto infinitamente. Il solo ricordo stringeva il cuore a Sakura e Naruto.

Avevano continuato a cercare il loro compagno. Avevano accumulato disfatte su disfatte. Ma non si erano arresi. Poi, un giorno, un ninja straniero era arrivato alla Foglia portando una notizia: avevano rinvenuto il cadavere di un ninja traditore nativo del loro villaggio. Il suo nome era Sasuke Uchiha. Si sospettava che l’assassino fosse il pluriomicida Itachi Uchiha, suo fratello.

Lo sapevano, la loro sfida era inevitabile; e sapevano ugualmente bene che la vita di un ninja era piena di lutti, che eventi del genere potevano essere anche all’ordine del giorno. Ma non riuscivano a rassegnarsi il loro sogno di riunione del gruppo sette si era trasformato in una ricerca vana.

Si sentivano svuotati di qualsiasi emozione.

Fino a quando, un giorno, venne presentata la richiesta di candidatura di Naruto a Hokage.

Naruto, abbassando il capo, rifiutò. I suoi amici esplosero in tutta la loro rabbia, nel saperlo.

– Insomma, combatti tutta una vita per conquistare quel titolo e ora rinunci? – lo rimproverava Kiba. Altrettanto fecero Shikamaru, Neji, Choji. Ma Naruto restò fermo nel suo proposito, attirandosi l’astio di tutti.

Un giorno qualcuno suonò freneticamente il campanello di casa Uzumaki.

Naruto, maledicendo chiunque lo stesse disturbando, aprì la porta a una Sakura ansimante e accaldata da una recente corsa. Era assolutamente sbigottito.

Dal funerale del loro compagno non si erano più parlati. Incontrati sì, sulla tomba spoglia che si confondeva con le altre lapidi del grigio cimitero di Konoha, ma non parlati. Invece quella volta, lei gli urlò:

– Tu sei pazzo!

– Ma cosa…

– Naruto, ma come ti viene in mente di rifiutare l’incarico di Hokage? – chiese lei a bruciapelo.

Il ragazzo aveva chinato il capo, sconfitto.

– Sakura, io non ce la faccio.

– Questa è solo una scusa e lo sai. Non puoi rinunciare a tutti i tuoi sogni! Sasuke è morto, ma… noi siamo vivi. Non puoi lasciarti andare in questo modo.

Chinò lo sguardo, imbarazzata. Naruto ne approfittò per chiederle la domanda che tanto l’aveva assillato.

– Sakura, perché non mi hai parlato più fino ad oggi?

– Io… Non ce la facevo. Mi ricordavi troppo… lui.

La sua voce era pericolosamente vicina al pianto.

– Sakura, ci ho sofferto tantissimo.

– Mi dispiace…

Con enorme orrore del ragazzo, vide Sakura scoppiare in singhiozzi. Dandosi mentalmente dell’idiota, abbracciò la ragazza, mormorandole parole di conforto e di scuse.

– Scusa, Sakura. Scusami tanto, non volevo. Hai ragione, non devo lasciarmi andare così… dopotutto, sono o non sono Naruto Uzumaki? Sono stato un pazzo a voler rinunciare proprio adesso al mio sogno. Accetterò, Sakura, te lo prometto. Ma ora smetti di piangere, ti scongiuro!

La giovane si asciugò le lacrime.

– Sono patetica – sussurrò.

– No, solo molto stanca.

– Mi dispiace di aver pianto.

– Non ci pensare.

– Naruto, grazie.

– Prego – rispose il ragazzo, arrossendo d’imbarazzo. Aveva invitato la sua amica a bere un bicchiere d’acqua e dopo lei se n’era andata.

Avevano continuato a vedersi sempre più spesso, anche dopo la proclamazione ufficiale di Naruto a Hokage. Il ragazzo, anche se occupato dai numerosi impegni, trovava sempre il tempo di stare con la ragazza che amava da una vita. Poi, un giorno, si presentò alla ragazza con un anello. Un mese dopo erano sposati. L’anno successivo era nata Kushina.

Qualche mese prima, la bambina aveva compiuto un anno. Ogni giorno che passava era accompagnato da bisticci, risate, strilli. Quella bambina allegra e vivace come suo padre aveva conquistato la sua vita. Se solo due anni fa pensava che non sarebbe mai più stata felice, ora era convinta di non volere di più dalla vita.

Le bastavano Naruto e Kushina e Sasuke non era più il ninja traditore che l’aveva lasciata sola quando era innamorata di lui e che l’aveva fatta soffrire, ma solo un ricordo, l’amico che avevano sempre cercato, il compagno del Gruppo sette che ora non c’era più.

 

***

 

– Sakura, ti devo parlare.

La ragazza, distogliendo lo sguardo da Kushina, guardò suo marito con preoccupazione.

– Έ successo qualcosa? Non ti ho trovato a casa stamattina, mi sono preoccupata…

Si bloccò, notando finalmente la barba rada che chiazzava le sue guance, le occhiaie e gli occhi stanchi. Mai aveva visto Naruto in quello stato.

– Che cosa è successo? – domandò con voce leggermente stridula.

– Un attacco di ninja della Pioggia al Villaggio della Sabbia – rispose Naruto – Non si conoscono ancora le loro intenzioni. Ma una cosa è certa: se continua così, è guerra.

Il silenzio calò nella cucina. Sakura conosceva l’implicazione di quelle parole, ma non aveva il coraggio di esprimerlo a voce.

– E quindi… se scoppiasse la guerra…

– Sì, entreremmo in guerra anche noi, in quanto alleati del Villaggio della Sabbia – completò la frase Naruto, scurendosi in viso.

– Ma… è necessario che combatta anche tu?

– Non lo so. Qui alla Foglia c’è carenza di ninja, perché la maggior parte sono coinvolti in altre missioni.

– Puoi richiamarli!

– Sarebbero comunque troppo pochi.

– Ma se tu vai alla Sabbia, chi resterà al Villaggio?

– Resterà Kakashi. Dopotutto, è lui che Tsunade ha indicato come suo successore oltre a me, no?

Bloccando l’ennesima domanda della ragazza, l’Hokage precisò:

– Sakura, calmati. È stato solo un attacco, potrebbero risolvere la questione diplomaticamente! Poi, probabilmente, il Consiglio mi terrà qui a controllare la situazione. Non ti preoccupare…

Ma ormai era troppo tardi. Sakura tornò a cullare Kushina con la fronte aggrottata. La bambina sembrò accorgersi del suo cambiamento d’umore, poiché diventò seria anche lei.

– Kushina è molto sensibile al tuo stato d’animo – commentò Naruto.

Poi, guardandola negli occhi:

– Non sarai preoccupata, vero?

Sakura non voleva che suo marito pensasse che non si fidasse di lui. Gli rivolse il più rassicurante sorriso che era riuscita a comporre.

– No, ma cosa ti viene da pensare?

– Meno male – rise Naruto sollevato. Non aveva intuito l’inquietudine che ancora turbava l’animo della moglie.

In quel momento la piccola Kushina cominciò a frignare. Si stropicciava gli occhi con i piccoli pugni, piagnucolando.

– Έ ora di dormire – ordinò la ragazza con tono severo.

– Aspetta, faccio io.

Sotto lo sguardo stupito di sua moglie, Naruto sollevò la bambina con attenzione e la depose sul lettino della sua camera. Sakura si fermò sulla soglia della stanza, intenerita, mentre guardava i tentativi inutili del marito di rincalzare le lenzuola, ostacolato dai movimenti vivaci della piccola. Digrignò i denti, mentre la piccola scoppiava a ridere, mettendo in bella mostra i dentini che le erano spuntati.

– Ci prendi gusto, eh? – ringhiò l’Hokage. Ma, invece di spaventare Kushina, ottenne l’effetto opposto. Alle risate della bimbetta, si aggiunsero anche quelle di sua madre.

– Ma allora vi siete messe d’accordo!

Quando riuscì nel suo intento, guardò la bambina che si dimenava sotto le coperte, ipnotizzato. Poi, riscuotendosi, intonò una ninna nanna.

Sakura non l’aveva mai sentito cantare. Eppure non era assolutamente stonato: aveva una bella voce, vibrante, come le fusa di un gatto. Incantata, osservò la figlia che, per effetto della nenia, smetteva di dibattersi e abbassava le palpebre lentamente. Si ridestò solo quando Naruto spostò la sedia, provando ad alzarsi senza fare rumore, ma ottenendo l’effetto opposto. Probabilmente notò l’aria rapita della ragazza, perché si grattò la nuca con una mano, mentre le guance si imporporavano leggermente.

– Sono proprio così stonato? – chiese, pregando perché non sembrasse così imbarazzato.

– No… anzi… – sussurrò la ragazza, con voce trasognata. Il rossore sulle guance dell’Hokage aumentò. Sakura sorrise per la goffaggine del ninja più forte del villaggio.

– Dai, ora andiamo a dormire…

 

Era ancora notte fonda, quando un’esplosione sconvolse il villaggio addormentato. I muri di tutti gli edifici della Foglia tremarono per un tempo che sembrò infinito. Poi tutto tacque e un silenzio opprimente scese su Konoha, talmente concreto che sembrava di poterlo toccare.

– Che… che cosa è stato?

Naruto notò il terrore nella voce di Sakura. La sua mano stringeva convulsamente il bordo del lenzuolo. Improvvisamente sussultò.

– Kushina! – gridò con uno sguardo terrorizzato.

Il giovane Hokage sentì il sangue delle sue vene gelarsi repentinamente. Prima che la moglie potesse aggiungere qualsiasi altra cosa, si scaraventò fuori dal letto e, incurante delle schegge di vetro dei vasi caduti a terra, si precipitò nella camera della bambina. Venne raggiunto poco dopo da Sakura che si appoggiò allo stipite della porta.

– Kushina…? – domandò con voce debole.

Sentì sopraggiungere un sospiro di sollievo.

– Dorme ancora. Non si è nemmeno accorta della scossa.

La ragazza sentì le gambe cedere sotto un peso che si sbriciolava. Quando la vista si schiarì, vide gli occhi azzurri di Naruto a pochi centimetri dal suo viso. Tentò di alzarsi in piedi, ma cadde di nuovo a terra.

– Cos’hai?

– Io…

Furono interrotti dal fragore di un’esplosione. Fuori dalla finestra si scorgeva il bagliore di un fuoco.

– Ma cos…

Il ninja si affacciò per capire cosa diavolo stesse succedendo. Sakura notò il suo volto sbiancare all’istante.

– Cosa succede, Naruto?

– Non era un semplice terremoto – mormorò – Έ… un attacco di ninja stranieri.

E aggiunse:

– Devo andare a dare una mano.

– No! – urlò istintivamente Sakura. Naruto esibì un sorriso tirato.

– Sono l’Hokage, non posso restare con le mani in mano.

– Ma è pericoloso! E Kushina?

– Resterai tu con lei. La Foglia ha bisogno di me.

– Va bene… – cedette Sakura – Torna vivo, ti prego.

– Ma certo. Dubiti di me?

– No. Come potrei?

La ragazza sorrise incerta. Suo marito, fulmineamente, premette le sue labbra contro le sue, togliendole il fiato. Durò pochi secondi, poi si divisero.

E Naruto scomparve nelle tenebre della notte.

 

L’attesa era sempre più snervante. A Sakura sembrava che il tempo non passasse mai. Per distrarsi, pensava alla bambina, che in quel momento sgambettava tra le sue braccia. Poco dopo iniziò a frignare debolmente.

– Probabilmente hai fame, piccola – mormorò la ragazza per calmarla – Ora andiamo a mangiare.

Preparò il biberon con insolita lentezza, non prima di aver assicurato la bambina al seggiolone. Il latte bolliva monotono. Quando fu pronto, si accorse che sua figlia si era addormentata di nuovo.

Ricordò lo sguardo di Naruto mentre la guardava dormire. Il suo pensiero la fece tremare d’ansia. Riprese ad osservarla. Il suo respiro era leggerissimo, quasi impercettibile, come quello di una bambola. Le sue lunghe ciglia sfioravano le guance rosee e paffute. I suoi lineamenti così fini erano deliziosi e i suoi capelli cominciavano a crescere, assumendo un colore rosa molto simile a quello di sua madre. Tutti gli sconosciuti che le incrociavano, si fermavano deliziati e commentavano melensi:

– Ma com’è bella questa bambina! Somiglia tanto a sua madre!

Poi notavano l’azzurro dei suoi occhi, così intenso da sembrare violento, in contrasto con la delicatezza delle sue fattezze. Quell’azzurro così vitale, così paradossalmente caldo, quando s accendevano di passione e d’amore…

Accarezzava il capo della bambina da diverso tempo. Lisciava i suoi capelli, le sfiorava una guancia, toccava le sue ciglia sottili, seguiva il profilo della fronte. Svegliò Kushina per farla mangiare e lei, mezzo intontita dal sonno, non protestò. Quando la riadagiò sul suo lettino, la piccola si addormentò di colpo.

Vegliava sulla figlia da pochi minuti, quando sentì il campanello squillare. Fuori dalla finestra, era giorno chiaro.

“Devo essermi addormentata” pensò sbadigliando “Ma chi è a quest’ora? Devono essere le sette di mattina…”

Suonarono ancora, impazientemente. Trascinando i piedi, Sakura ciabattò fino alla porta. Dietro, la figura alta e snella di Shikamaru.

“Shikamaru? Ma cosa è venuto a fare così pres…”

Il solo pensiero era così terribile da farla impallidire. Solo allora si accorse dello sguardo grave del jonin, delle sue occhiaie e del sangue che imbrattava i suoi vestiti.

– Sakura…

Gli occhi verdi della ragazza si posarono angosciati in quelli scuri e penetranti del ragazzo. Che vennero subito abbassati.

– Sakura… l’attacco dei ninja della Pioggia… ci hanno presi di sorpresa… è stato difficile respingerlo…

Era un tentativo fiacco di evitare un argomento scottante. Ma alla kunoichi non andava di aspettare. Senza tanti preamboli, chiese a precipizio:

– E Naruto? Come sta?

– Έ… stato colto alle spalle anche lui.

– Sta molto male? – ripeté la ragazza con un filo di voce.

– No – rispose Shikamaru, voltando il viso per non guardare in faccia la ragazza.

– Έ morto.

La luce che entrava nella stanza era soffocante. Sakura non voleva vedere la luce del sole perché, immersa nel buio com’era, ne sarebbe rimasta sicuramente accecata. Dalla stanzetta in fondo al corridoio giunse il pianto disperato della bambina, che si era svegliata all’improvviso. La sua testa girava pericolosamente, ma si sforzò di restare in piedi.

– Naruto… Kushina… sta piangendo… devo…

Non riuscì più a reggere e accolse come un’ancora di salvezza il buio in cui precipitò.

 

***

 

– Mamma? Mamma mi stai ascoltando?

Sakura si riscosse improvvisamente. Era di nuovo caduta nel vortice di quei ricordi dolorosi. Di fronte a lei, una bambina attendeva fremente una risposta.

– Cosa c’è, Kushina?

– Me lo avevi promesso!

– Cosa?

– Di portarmi al parco – replicò lei, rossa in viso – Sto sempre a casa con la nonna, che non mi può accompagnare perché le fanno male le gambe. Tu, invece, sei sempre in ospedale. Ma lavori solo tu nell’ospedale, in tutto il villaggio?

La ragazza sorrise. Quella bambina le ricordava tanto la sua seconda personalità, così permalosa… ma dopotutto era anche il suo ritratto. Quella smorfia di decisione e quegli occhi sfavillanti non erano sicuramente sconosciuti.

– Dai, andiamo! – strillò Kushina impazientemente, trascinandola fuori.

Tutti dicevano che somigliava maggiormente a lei. Forse era per via dei capelli, di uno strano rosa pesca, un arancio rosato che brillava di riflessi biondi alla luce del sole. Forse era per il viso, ovale, dal piccolo naso.

– E per la fronte spaziosa – aggiungeva Kushina imbronciata.

Solo gli occhi, nel suo aspetto fisico, erano quelli del padre, lo riconoscevano tutti. Azzurri come il cielo, come l’oceano. Accesi, splendenti, infuocati come se ardessero. Non era raro che gli amici del defunto Sesto Hokage si perdessero in quegli occhi, così familiari.

– Due zaffiri. Uguali a quelli di tuo padre – aveva commentato una volta Kiba, tradendo un filo di malinconia. Al che la bambina lo aveva guardato piegando la testa di lato, come se non lo capisse e cercasse di comprenderlo osservandolo da un’altra angolazione.

Al parco non c’erano molti bambini. La maggior parte di loro frequentava l’Accademia o rimaneva in custodia ai nonni, come Kushina: i genitori non avevano tempo per accompagnarli, impegnati con le missioni o più semplicemente con il proprio lavoro. Nonostante ciò, la bambina, grazie alla propria natura estroversa, aveva già trovato due compagni con cui giocare. Ora correvano per il prato, giocando probabilmente a nascondino. Sakura tirò fuori un libro di medicina e iniziò a leggere.

Il tempo scorreva velocemente. Prima di quanto pensasse, il tramonto aveva tinto di rosso il cielo. Rivolse un’occhiata circolare al parco e vide sua figlia chiacchierare con i suoi nuovi amici seduta sul prato. Le dispiaceva interromperla, ma c’era un altro posto dove dovevano assolutamente passare.

– Kushina! – gridò – Bisogna andare via, sbrigati!

La bambina, visibilmente scocciata, urlò a sua volta all’indirizzo della madre:

– Perché? È ancora presto!

Poi, all’improvviso, sembrò ricordarsi di qualcosa.

– Ah. Va bene, vengo.

– Dai, questa volta ci mettiamo poco – la rassicurò sorridendo sua madre.

La piccola annuì e corse a salutare i suoi compagni di giochi, nei quali Sakura riconobbe tratti degli Hyuga e degli Inuzuka. Cercò con gli occhi i suoi ex compagni di Accademia, senza trovarli.

– Mamma, andiamo! Altrimenti non facciamo in tempo – protestò Kushina.

Camminando, giunsero su un’altura. Un cancello cingeva un’ampia fetta di prato. All’interno, una distesa di tombe.

La bambina, che fino a quel momento aveva cianciato allegramente, tacque rispettosamente.

Varcato il cancello, si diressero senza indugi ad una tomba bianca, la più bianca di tutte. Sakura aveva in mano due gigli, comprati al negozio di Ino. Prima di dedicarsi ad essa, si soffermò sul sepolcro accanto, molto più piccolo e spoglio. Kushina osservò la madre mentre infilava uno dei fiori sul vaso sottile davanti alla lapide. Non sapeva chi fosse l’uomo che vi era sepolto. Aveva chiesto alla madre, ma si era sentita rispondere:

– Un carissimo amico. Mio e di tuo padre.

Sulla tomba c’era scritto Sasuke Uchiha.

Aveva sentito diverse voci al villaggio che definivano quell’uomo un traditore di livello S. E anche l’unico sopravvissuto del clan Uchiha. L’ultimo sopravvissuto si faceva per dire, perché ormai era morto. Ma la bambina pensava che fossero tutte bugie: sua madre non poteva essere amica di un ninja traditore. Decise che avrebbe dovuto farsela raccontare meglio, quella storia.

Dopo essersi soffermata lì per qualche minuto, Sakura si spostò alla tomba immacolata. Era completamente coperta di fiori freschi, nonostante fossero passati quasi sei anni dal funerale. Una macchia grandissima e colorata, dove il giglio spiccava per il suo biancore.

Sapeva che quei fiori provenivano da tutti gli abitanti del villaggio. Dal primo all’ultimo ninja, tutti portavano un fiore ogni tanto e Kakashi l’aveva inclusa nelle sue tappe quotidiane, dopo la visita al suo amico Obito.

La bambina lesse ancora: Naruto Uzumaki. A differenza del defunto della tomba accanto, sapeva benissimo chi era: era suo padre, il Sesto Hokage, morto nel tentativo di proteggere la Foglia. Di lui non ricordava niente, tranne il suo sorriso. Un sorriso aperto e luminoso. Strano.

Aveva molte sue foto, da bambino, da ragazzo. Ma quella a cui teneva di più era quella che lo raffigurava con la mamma, con il vecchio maestro Kakashi e un altro ragazzo di cui non sapeva il nome. Si guardavano in cagnesco e non sembravano andare d’accordo. Chissà chi era.

Sapeva anche che quella foto l’avevano scattata dopo la loro promozione a genin. La bambina sussultò, poi chiese alla madre:

– Quando entrerò nell’Accademia?

– Ci vorrà ancora un po’, piccola. Devi soltanto avere un po’ di pazienza. E dopotutto hai solo sette anni.

– Ma se non sono abbastanza brava? – chiese Kushina lamentosa.

Sakura sorrise.

– Non penso proprio. Come potresti tu non essere brava, essendo la figlia del Sesto Hokage e la nipote del Quarto?

Lei sembrò pensarci su. In effetti no, non era possibile. Rispose al sorriso della madre.

– Έ vero, hai ragione. E sai una cosa? Diventerò anch’io Hokage. Il migliore Hokage che sia mai esistito. Come papà. C’è già stato un Hokage donna, no?

– Sì, certo.

Sakura guardava i suoi occhi brillare come diamanti. Non conosceva suo padre, ma nel carattere era assolutamente uguale a lui.

In quegli occhi azzurrissimi baciati dal sole morente, la ragazza vedeva tutto il suo entusiasmo, tutta la sua determinazione, tutto il suo calore. Possibile che due esseri che non si erano neanche conosciuti fossero così simili tra loro?

– Papà è morto per salvare il villaggio, non è così?

– Sì, è così.

– Allora è un eroe!

– Già.

– Sono la figlia di un eroe?

Sakura annuì, sempre sorridente.

– Diventerò anch’io un’eroina.

– Sai, piccola, gli assomigli tantissimo.

– A chi?

– A tuo padre.

– Davvero? – chiese lei, con gli occhi luminosi come due stelle.

– Sì.

– Somiglio a mio padre. Somiglio al Sesto Hokage – ripeteva lei contenta.

– Dai, torniamo a casa.

Aveva smesso da tempo di essere triste per suo marito. Non aveva più Naruto, ma aveva sua figlia, la loro figlia; e pensava che meglio di così non avrebbe potuto essere.

Parlando e chiacchierando, madre e figlia imboccarono la via di casa. Guardando la bambina saltellare allegramente, Sakura dovette correggersi.

“No, piccola. Tu non gli somigli. Lui vive in te. Ci protegge, ci osserva, ride con noi. Anche se è morto, continua a starci accanto. Attraverso te.”

 

“Ti voglio bene, bambina mia.”

 

FINE

 

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NA: Questa è la storia che ha partecipato al famoso contest (a cui sono arrivata sesta – ultima =.= –). Ho postato appena ho superato il trauma post-concorso. Inizialmente era divisa in tre capitoli, ma non avrei potuto aggiornarli causa breve vacanza. Ve li do tutti insieme.

Vi prego, commentate!

Bacioni

DarkMartyx

 

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