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Autore: Marichiaaa    13/06/2014    0 recensioni
Sasha White, 17 anni e una vita davanti da vivere a modo suo.
Come tutte le ragazze della sua età è alla ricerca della felicità e sta andando proprio a prendersela ed i suoi idoli la aiuteranno.
Questa non è la solita storia, penso che come rispecchia me, possa rispecchiare molte altre ragazze che vorrebbero scappare e rifugiarsi altrove.
Buona lettura!
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sasha White, 17 anni e una vita davanti da vivere a modo suo.
Come tutte le ragazze della sua età è alla ricerca della felicità e sta andando proprio a prendersela.
 
Sasha’s POV.
«Sasha, porta le valige in camera.» La signora dai bei vestiti è mia madre, che mi da ordini come al solito e io cosa posso dire? «Si mamma.» Presi due valige con entrambe le mani e mi avviai verso l’ascensore, ma eccola di nuovo. «Stupida come fai a portarle in camera se non hai la chiave?» Quanto odiavo mia madre. O mi ignorava o mi odiava, non c’erano scuse. Appena mi porse la chiave portai le valige nella camera 313 del Grand Hotel di Roma. Noi eravamo persone altolocate, o almeno i miei lo erano. A me non importava niente. «Noi andiamo a fare un giro per la città – esclamò mia madre attaccandosi al braccio di mio padre come una cozza. – ci vediamo stasera.» Non risposi neanche. Ecco, sola di nuovo, ma tanto avevo deciso cosa fare, sarei andata via una volta per tutte, ormai avevo organizzato tutto. Mi cambiai, indossando uno short e una canottiera bianca abbinata alle converse. Mi truccai e legai i capelli in uno chignon e in un attimo fui pronta ad uscire. Anch’io volevo godermi Roma, a costo di farlo da sola. Camminai a piedi per molto tempo e andai a fare shopping, avevo bisogno di abiti nuovi e fortunatamente per quanto i miei genitori mi ignorassero non mi avrebbero mai lasciata senza carta di credito.
Sarei scappata con loro, i miei idoli. Appena sarebbero partiti mi sarei nascosta e sarei arrivata in Inghilterra con loro. Mi serviva un passaggio, o forse qualcuno con cui ricominciare. Avevo convinto i miei genitori a portarmi al concerto, ma loro non osavano immaginare cosa li attendeva, tutto ciò per le sofferenze che mi avevano provocato negli anni. Come potevano essersi pentiti di avermi adottata?
 
Intanto si era pure scatenata la pioggia, così mi misi ad aspettare un autobus che chissà magari con la sfiga che ho non sarebbe neanche passato, così avrei preso la febbre e non sarei potuta andare al concerto e magari non mi avrebbe permiso di scappare. Tanto andava sempre tutto storto quando si parlava di me. Stesi alla fermata un’ora o giù di lì e l’autobus non accennava a passare. «Servizi pubblici di merda.» sbottai dando un calcio ad un palo davanti a me. In quel momento un ragazzo su una vespa si fermò davanti a me e scese da essa. «Se stai aspettando l’autobus puoi aspettarlo fino a domani. – Lo guardai interrogativa. – C’è sciopero fino a domani mattina.» Osservai meglio il ragazzo dagli occhi azzurri che mi avevano distolto dalle sue parole. «Ehm, - Si schiarì la voce. – Ti senti bene?» Scossi la testa al suono della sua voce. «Si si scusa. Ma sei proprio sicuro di questo sciopero?» Ecco lo sapevo io che anche stavolta qualcosa sarebbe andata storta, come poteva non farlo? Avevo una rabbia dentro che avrei buttato quel palo a terra con un calcio. «Purtroppo si. – Mi rispose intanto il ragazzo che si stava bagnando sotto la pioggia per parlare con me per motivi ignoti, ma almeno era stato gentile. – Se vuoi ti do un passaggio.» I miei occhi si illuminarono in un instante e intanto le parole di mia madre si facevano spazio nella mia mente: Non parlare con gli sconosciuti. La mandai a fanculo mentalmente. «Beh, si grazie.» Lo vidi sorridere in modo da illuminare ancora di più i suoi bellissimi. «Perfetto. – Si tolse il casco che aveva in testa e me lo porse. – Metti questo.» Lo allacciai saldamente intorno al collo. «E tu?» Mi fu istintivo dire. «Oh, non preoccuparti. Dove si va?» Lui salì sulla vespa rossa ed io lo imitai salendo dietro di lui appena mi fece cenno. «Al Grand Hotel.» Lui fece una leggera risatina. «Vado lì anch’io. – Mise in moto. – Tieniti forte…ehm.» Mi strinsi a lui. «Sasha.»
Così partì e in poco più di dieci minuti arrivammo all’hotel. Scesi immediatamente slacciandomi il casco. «Grazie mille… com’è che ti chiami?» Lo vidi armeggiare col cavalletto della vespa e subito dopo lasciarla e prendere il casco che avevo ancora in testa «Lucas.» Gli porsi la mano. «E’ un piacere conoscerti.» Gli sorrisi. «Per me è lo stesso.» «Allora, tu stai qui?» Gli chiesi mentre entrammo dentro. Lui esitò un attimo e poi rispose. «Ehm, io qui ci lavoro. – Restai sorpresa non lo avrei mai detto. – Si, faccio il cameriere.» Lui mi sorrise senza farsi troppi problemi. «Senti avrei un po’ di fame, vieni su in camera con me e chiamiamo per farci portare qualcosa.» Senza smettere di sorridere Lucas annuì e salimmo in camera. Ordinammo un panino e un gelato. Intanto parlammo molto. Era molto simpatico, aveva un anno in più di me e un sorriso magnifico. Ma non dovevo farmi distrarre dal mio obiettivo, non ero venuta qui per trovarmi un romano con cui flirtare. «Mentre che ci portano da mangiare andrei a fare una doccia, ti dispiace?» Lui scrollò la testa ed io presi un cambio dalla mia valigia e portai il tutto in bagno. «Fa come se fossi a casa tua.» Dissi prima di scomparire in bagno.
 
Avevo intenzione di essere rapida, non potevo lasciarlo li per molto da solo, anche se i miei genitori non sarebbero tornati prima dell’ora di cena. Mentre ero dentro la doccia sentivo un rumore, anzi della musica forte, molto forte provenire dalla stanza del piano di sopra corrispondente alla mia. Questa continuava imperterrita impedendomi di rilassarmi. Odiavo quando qualcuno si metteva tra me e il mio relax, eccome se lo odiavo. Legai un’asciugamano intorno al mio corpo e uscii dalla doccia carica di rabbia. «Hei Sasha ma che fai?» Mi chiese Lucas vedendomi fiondare alla porta. «La senti questa musica? Come faccio a rilassarmi così.» Mi misi a gesticolare come una pazza e uscii dalla porta dirigendomi al piano di sopra mentre Lucas mi gridava di fermarmi. Arrivammo davanti alla stanza e cominciai a bussare. Ovviamente nessuno sentiva con quella musica. «Tu sei pazza!» Esclamò il biondino. Io lo guardai fulminandolo e continuai a suonare finchè qualcuno non mi aprì la porta ed io entrai e accecata dalla rabbia cominciai a gridare. Senza neanche vedere il mio interlocutore «Vi sembra normale tenere la musica ad un volume così alto? Una persona non puo’  neanche rilassarsi sotto la doccia. Siete dei maleducati, abbiate rispetto, non siete a casa vostra!» Dopo di ciò la musica fu spenta per sentire ciò che stavo dicendo, la mia rabbia stava andando via e stava tornando la lucidità. Davanti a me vidi cinque ragazzi, ma non cinque ragazzi qualunque, i miei idoli. Dopo questo, solo il buio.



SAAAAALVE GENTE.
SONO TORNATA SU EFP CON UNA STORIA CHE SPERO POSSA PIACERE E IN CUI POSSIATE RISPECCHIARVI. 
A ME PERSONALMENTE PIACE L'IDEA, POI STA A VOI DECIDERE. ATTENDO DELLE RECENSIONI E SPERO DI AGGIORNARE PRESTO. VI SALUTO!  LA PROSSIMA VOLTA VI MOSTRERO' L'ASPETTO DEI NOSTRI PERSONAGGI. XX.
  
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