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Autore: _Lady di inchiostro_    13/06/2014    6 recensioni
"Posso ancora fare qualcosa, posso ancora sperare che lei si salvi, posso ancora riconsegnarla alla sua famiglia. Con una forza di volontà che non sapevo di avere, impongo alle mie dita di muoversi. Le apro e le chiudo, finché non sono più così intorpidite da impedirmi di muoverle. Con un grande sforzo riesco a imporre all'intera mano di raggiungere la tasca destra dei pantaloni. Sembra che io abbia riacquistato il senso del tatto, perché le mie dita tastano qualcosa di piccolo e rotondo.
I morsi della notte. "
[...]
"Quello che conta in questo momento, l'obiettivo che mi sono prefisso fin dall'inizio degli Hunger Games, è che lei sopravviva. Perché lei ha una famiglia, una famiglia che l'aspetta e che deve sfamare. Io, invece, non ho nessuno. Katniss è la mia famiglia e se dovesse morire, proprio qui davanti ai miei occhi, non mi rimarrebbe che un grande vuoto. Forse impazzirei."
Agli Hunger Games può esserci un solo vincitore.
L'amore non può vincere sulla morte. Forse anche Peeta se ne rende conto, mentre Seneca Crane annuncia che la precedente rettifica è stata cancellata.
Ma se fosse lui a possedere i morsi della notte?
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tributi rimasti, c'è stato un cambiamento. La precedente modifica verrà eliminata per ritornare alla precedente regola. Può esserci un solo vincitore.” *




Guardo in alto, sperando di veder apparire il viso del capo dei Pacificatori sull'azzurro cielo. Ma, ovviamente, non succede nulla.
Il silenzio prende nuovamente posto nell'arena. Si avverte solo il lento fruscio delle foglie e i veloci respiri miei e di Katniss. Mi rendo conto solo adesso che i miei battiti sono accelerati e sento una pesantezza proprio all'altezza del cuore, come se avessi ingoiato un macigno capace di trascinarmi nella densa oscurità del sottosuolo. Sento la vena del collo pulsarmi e il sangue sembra fluire più velocemente lungo tutto il corpo, carico di una dose di paura che rischia di uccidermi.
Le gambe mi tremano e le mani sono rosse e sudate. Sono nel panico. Mi ero ripromesso più volte di restare calmo mentre facevo i miei allenamenti in privato. Ma ora è diverso.
Devo uccidere Katniss.
Devo uccidere l'altro tributo del Distretto 12.
Devo uccidere la donna che amo.
Non posso farlo. Non possono chiedermi di farlo!
Cerco di pensare a una scorciatoia, a un qualsiasi modo per evitare questa situazione. Ma niente. Sento mille pensieri che mi rimbombano in testa, eppure nessuno di questi sembra sensato. Perché questi miei pensieri sono tutti rivolti a lei. Nella mia mente affiora il suo bel viso, i suoi lineamenti perfetti, le sue mani che mi hanno sfiorato.
Benché mi fossi imposto di non farlo, mi volto. Cerco disperatamente i suoi occhi, le sue meravigliose pupille grigie, capaci di infondermi sicurezza e sostegno. Ma adesso quei bellissimi occhi sono spenti, vuoti.
Sento come se ogni osso del mio corpo si fosse improvvisamente spezzato in due, che il macigno che avevo nel petto si stesse facendo più pesante e che la forza di gravità si fosse ad un tratto azzerata, schiacciandomi sull'erba umida.
Barcollo un po', ma rimango miracolosamente in piedi. Continuo a fissare Katniss, il dolore si fa sempre più acuto. Sembra che la notizia della rettifica non l'avesse neanche toccata, eppure io so che il panico le sta attanagliando lo stomaco. Lo so, la conosco bene oramai.
Rimaniamo a scambiarci sguardi per diversi minuti, forse troppi per gli standard di Capitol City. Eppure, anche se volessi muovermi, anche se volessi andare da lei per stringerla contro il mio corpo e accarezzare ogni dettaglio e imperfezione del suo viso, non posso farlo. I miei muscoli sono diventati duri come la pietra, le mie braccia sembrano penzolare lungo il corpo. Vorrei parlare, ma sembra che le miei labbra siano incollate. Sento la gola secca e in bocca ho un disgustoso sapore amaro.
Vorrei fare tante cose, per lei, ma sembra che tutto ciò che penso di fare sia tremendamente sbagliato.
Poi ricordo. Posso ancora fare qualcosa, posso ancora sperare che lei si salvi, posso ancora riconsegnarla alla sua famiglia. Con una forza di volontà che non sapevo di avere, impongo alle mie dita di muoversi. Le apro e le chiudo, finché non sono più così intorpidite da impedirmi di muoverle. Con un grande sforzo riesco a imporre all'intera mano di raggiungere la tasca destra dei pantaloni. Sembra che io abbia riacquistato il senso del tatto, perché le mie dita tastano qualcosa di piccolo e rotondo.
I morsi della notte.
Le bacche dal succo mortale che poco prima rischiavano di uccidermi.
Katniss le aveva gettate non appena mi aveva trovato. Tremava, sembrava quasi che lo sparo del cannone le rimbombasse ancora nelle orecchie. Ed era sollevata nel vedere che non ero io a essere morto, bensì la ragazza dai capelli rossicci. Trovammo il suo corpo riverso a terra poco più avanti, con le bacche strette a pugno. Aveva mangiato lei i morsi della notte. Katniss si era abbassata a chiuderle le palpebre, come per far sembrare che si fosse addormentata in un sonno che durerà in eterno. Anche io mi sono abbassato, mente Katniss si allontanava. E ho preso le bacche dalla mano della ragazza.
Non so perché l'ho fatto. Volevo essere sicuro di avere un'arma di riserva nel caso la situazione degenerasse.
Come adesso.
Mio malgrado, abbasso lo sguardo sulle piccole e letali bacche bluastre. Una si è aperta e il suo succo maledetto è sparso sul palmo della mia mano. Sento quasi la pelle corrosa, come se un potente acido potesse distruggere ogni lembo di pelle della mia mano. Ma, in un certo senso, non m'importa. Non m'importa del dolore che avrei provato. Non m'importa della mia sofferenza.
Quello che conta in questo momento, l'obiettivo che mi sono prefisso fin dall'inizio degli Hunger Games, è che lei sopravviva. Perché lei ha una famiglia, una famiglia che l'aspetta e che deve sfamare. Io, invece, non ho nessuno. Katniss è la mia famiglia e se dovesse morire, proprio qui davanti ai miei occhi, non mi rimarrebbe che un grande vuoto. Forse impazzirei.
Deglutisco – anche se la mia bocca è più arsa di un deserto – e poso nuovamente il mio sguardo sulla mia compagna. Non si è mossa, sembra quasi una statua greca, il cui aspetto raggiunge quasi l'apice della bellezza. Respiro profondamente. Non so come, ma sono riuscito a riprendere il controllo del mio corpo, di ogni emozione interiore che provavo. Forse è la consapevolezza di quello che sta per accadere che mi rende così deciso, quasi sicuro.
<< Katniss... >> non so come, ma sono riuscito a pronunciare il suo nome, anche se un po' malamente.
Il suono della mia voce sembra provocarle un tremito lungo tutto il corpo.
<< Peeta... >> abbassa velocemente lo sguardo, come se non volesse incontrare i miei occhi.
Ad un tratto sento come se una saetta mi avesse colpito in pieno petto. Per un attimo non sono più sicuro di voler continuare. Non posso vederla in questo stato, lei che nonostante tutte le difficoltà ha sempre cercato di sorridere per sua sorella. Ed è appunto per sua sorella che devo continuare. La piccola Primrose Everdeen ha ancora bisogna di sua sorella. Stavo per ricominciare a parlare, ma Katniss mi precede.
<< Se stai per chiedermi di ucciderti, sappi che non posso farlo.>> dice, il tono di voce freddo e duro come una lastra di ghiaccio.
Sorrido debolmente. In un certo senso lo immaginavo.
<< Perché no? >> domando << Hai già ucciso altri tributi. Io non sono diverso da loro. >>.
<< E invece sei diverso, Peeta. >> urla, i suoi occhi puntati verso i miei << Tu non sei spietato come gli altri, come me. Tu sei buono, forse troppo per questi giochi. Tu meriti di vivere, come meritava di vivere la piccola Rue e tutti quei poveri tributi buoni come te. Per questo non posso ucciderti >>.
La sua voce è quasi strozzata mentre parla, i suoi occhi sono diventati lucidi. Dice queste parole, ma io so che vuole tornare disperatamente da sua sorella.
Lei non vuole uccidermi, lo so bene.
Ma so anche che non lascerebbe mai sua sorella nella triste realtà del Distretto 12.
Cerco di sorridere per scacciare le lacrime imminenti. Abbasso lo sguardo sul mio pugno, sento le bacche pesanti sul mio palmo. Sembra quasi che quei frutti velenosi abbiano la pesantezza delle anime di chi li ha mangiati. E tra poco, vi sarà la mia anima a renderle ancor più pesanti.
<< Allora, se questo è ciò che desideri, non te lo chiederò. >> dico << Ti chiedo solo di farmi una promessa. Voglio che dopo gli Hunger Games, tu continui a sorridere. Voglio vederti felice, voglio che tu scacci i brutti ricordi stando a contatto di chi ti ama. Ne sei capace Katniss? Sorriderai anche quando la vita sarà dura? >>.
Lei sembra turbata dalle mie parole. Fa un piccolo sorriso di scherno, quasi come se quello che le sto chiedendo sia troppo per lei.
<< Sorridi Katniss. Fallo per me... >> le sussurro dolcemente.
Mi guarda, i suoi occhi mostrano, che dentro di lei, sentimenti contrastanti le stanno infliggendo duri colpi. Eppure, con mia grande sorpresa, sul suo viso spunta un lieve sorriso. Come i sorrisi che rivolgeva a sua sorella, estasiata davanti alla vetrina del panificio dei miei.
<< Era l'ultima cosa che volevo vedere. >> dico, aprendo il palmo della mano e mostrando i morsi della notte
La fisso a lungo, come per memorizzare ogni dettaglio di lei, ogni parte del corpo che mi rammentasse un episodio vissuto con lei.
<< Ti amo... >> le sussurro velocemente.
Poi, rapidamente, ingoio quei frutti a cui ero scampato poco prima.
Sento Katniss gridare il mio nome, ma non riesco a risponderle. La mia bocca è piena di un disgustoso sapore che mi impedisce di parlare. Sento l'esofago bruciare, mentre quel liquido scende giù fino allo stomaco. Improvvisamente, sento la bile risalire e, inevitabilmente, sputo quella massa densa che avevo in bocca.
Cerco di mettere a fuoco la mia vista oramai offuscata e, noto con orrore, che la mia mano è interamente ricoperta di sangue. Solo in quel momento, le mie gambe sembrano non reggere più il peso del mio corpo morente e mi lasciano cadere all'indietro, così che io possa vedere il cielo ancora una volta prima di morire.
Katniss mi è subito vicina. Sta piangendo, grosse lacrime cadono sul mio corpo. Sono calde a contatto con la mia fredda pelle. Mi scuote e urla, ma riesco a percepire poco perché ogni suono attorno a me è diventato ovattato.
<< Sei uno stupido! Non dovevi farlo! >> è questo che continua a urlarmi, mentre mi scuote invano.
Vorrei consolarla, dirle che andrà tutto bene, ma fiotti di sangue mi escono dalla bocca ogni volta che cerco di aprirla. Inizio a vedere lo sfondo dietro di lei bianco, come se fosse diventata un angelo che mi conduce verso il mio destino eterno. Le accarezzo dolcemente la guancia, intreccio le mie dita tra i suoi castani capelli.
E all'improvviso, la rivedo bambina.
La rivedo con due trecce, mentre era in piedi su uno sgabello e si apprestava a cantare.
E risento la sua voce. La sua bellissima voce che mi fece capire che ero spacciato.
Ora è tutto bianco intorno a me.
In un giorno molto lontano, ci rivedremo Katniss. E finalmente, potremo stare insieme, penso, mentre quel biancore continua ad avvolgermi.
L'ultima cosa che sento è lo sparo del cannone, prima di cadere per sempre nell'oscurità.

*: non ricordo se le parole di Seneca fossero effettivamente queste. In tal caso, fatemelo sapere!

Angolo dell'autrice principiante:
Salve popolo di EFP! c:
Allora, premetto che questa è la mia prima storia in assoluto su questo sito, ma da parecchio tempo desideravo pubblicare una mia storia. Per tutti i fan di Peeta e non, l'idea mi è venuta tempo fa, in un periodo molto angosciate per la sottoscritta.
E niente, è uscito fuori questo ammasso di parole (y).
Se vedete eventuali errori o vi sembra che i personaggi siano particolarmente OOC ( perchè, diciamolo, Katniss è OOC * sigh *), non esitate a farmelo sapere con una recensione.
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento. Sarò lieta di continuare a scrivere in questo fandom adorabile, magari migliorandomi.
Alla prossima e mai,
_Lady di inchiostro_













 

  
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