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Autore: GiulsG_Flow    14/06/2014    0 recensioni
Joey è una ragazza dal passato misterioso che pare essere terribile per lei da ricordare, vive in un presente altrettanto orribile ma quando si trasferisce in una nuova città incontra due gemelli Gerard e Christian. I due sono così simili e allo stesso tempo così diversi che Joey ne è incuriosita, ma pare che nemmeno loro se la passino tanto bene...Amore, amicizia e coraggio sono gli elementi di questa storia...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ciao mamma,

Qui la vita prosegue tranquilla ma senza di te è un altra cosa. Ieri ho pianto guardando una tua foto e ripensando a quando siamo andate insieme allo zoo. Tu hai detto che somigliavo ad una scimmia dispettosa e ti ho tenuto il broncio per tutta la giornata,non ero davvero arrabbiata volevo solo che,per farti perdonare,mi comprassi lo zucchero filato. Noi ci capivamo davvero e il fatto che ora non posso più parlarti dei miei problemi,dei miei sogni,dei progressi fatti con il basso e con la voce mi ha fatto sentire male. Il dolore è arrivato di corsa e ha stretto il cuore così forte che non ho fatto in tempo a trattenere le lacrime. Poi è arrivato Mike e mi ha abbracciato come solo lui sa fare,mi ha rivolto uno dei suoi sorrisi speciali. Te li ricordi? Il nostro rapporto è migliorato molto da quando viviamo qui, sai? Papà però non è più quello di prima,non c'è mai in casa e così io e Michael passiamo molto tempo assieme. Domani iniziamo la nuova scuola. E' vicina a casa,papà dice che è una buona scuola e che è un posto tranquillo. Non ho paura di affrontare il primo giorno,darò nell'occhio il meno possibile e non parlerò con nessuno. Non voglio farmi dei nuovi amici né ricominciare una nuova vita. Il perché tu lo sai.

Ora devo andare,prima di imbrattare la pagina con le lacrime che,per l'ennesima volta, mi hanno riempito gli occhi.

Ti voglio bene.

 

Tua Joey.

 

Richiusi il quaderno e lo riposi nel cassetto del comodino,pensai che avevo scritto davvero poco quella sera e che mi sarei rifatta domani. Avrei descritto il nuovo istituto,gli insegnanti,i miei compagni,la mensa,il cortile,i bagni. Avrei osservato tutto con attenzione catturando tutti i dettagli e poi lo avrei raccontato alla mamma. Mi alzai dal letto dirigendomi verso la scrivania,afferrai l'opuscolo della scuola che mio padre mi aveva riportato qualche giorno fa. Sulla copertina c'era la foto dell'ingresso:un cartello giallo e verde piazzato al centro di un'aiuola riportava a grandi caratteri il nome della scuola,ai suoi lati c'erano due cespugli a cui era stata data una forma rettangolare e poco distante c'era un unica panchina di un rosso acceso. Era carina tutto sommato. Mi immaginai mentre entravo dalla porta a vetri e mi dirigevo verso il mio armadietto,i ragazzi si riunivano in gruppi caotici e raggiungevano le diverse aree dell'istituto,il bidello passava lo straccio sulle scale e ogni tanto qualche matricola scivolava rovinosamente sul bagnato scatenando le risate dei ragazzi più grandi. Forse mi sarebbe piaciuto andare a scuola lì,mi sarei fatta degli amici e avrei preso buoni voti. Un lampo mi attraversò la testa,stavo pensando ad un mucchio di sciocchezze. Mi ero ripromessa di non farmi coinvolgere troppo,di non fare nuove amicizie e soprattutto di non innamorarmi. Semplicemente mi sarei fatta gli affari miei senza star li a raccontare la storia della mia vita ad ogni studente che mi chiedeva “Ehi sei nuova?”. Per quanto riguarda i buoni voti mi sarei impegnata anche se non si può trasformare l'odio per lo studio in buona volontà così come se niente fosse -JOEY!- la voce di mio fratello riecheggiò per la casa,sembrava disperato. Mi precipitai al piano di sotto e raggiunsi la cucina -Cosa succede?- ansimai preoccupata sposando lo sguardo da Mike alla pentola sui fornelli da cui proveniva un fumo nero e denso -Credo di aver bruciato i cereali.- sgranai gli occhi e lo guardai allucinata -Perché diavolo hai messo i cereali in padella?- mio fratello non si rendeva conto di ciò che faceva quando era sotto acido o quando era ubriaco marcio,mi guardò un po' imbambolato e poi prese a canticchiare un motivetto a me sconosciuto -Michael?- lui sorrise sornione -Avevo fame.- biascicò cercando di sedersi su una sedia li vicino -Ma non potevi chiamarmi?- lo guardai mentre cercava di afferrare lo schienale per trascinarla verso di se -Tu ti eri chiusa in camera e non volevo disputare.- fece una pausa,scosse la testa e si corresse -Disturbare. Non volevo disturbare.- Mike fece per sedersi ma la seggiola era ancora troppo lontana dal suo posteriore perché lui facesse centro. Cadde a terra con un tonfo e lanciò un grugnito di dolore,si massaggiò le natiche e fece per alzarsi -Ti aiuto.- dissi sottovoce avvicinandomi e prendendolo sotto braccio.

Lo trascinai in camera sua e si lanciò sul letto appisolandosi all'istante. Mi fermai a guardarlo nella penombra, era tutto rannicchiato su un fianco con le mani sotto il cuscino e la bocca semiaperta, mi fece una tenerezza tremenda -Ho solo te fretellone, non fare scherzi ok?- sorrisi incorniciando nella mia testa l'immagine del volto angelico di Mike, sembrava tornato bambino e anch'io avrei voluto andare a dormire con quella tranquillità innocente come quando d'estate ci appisolavamo sotto l'albero nel giardino della casa al mare e stavamo li delle ore accarezzati dal venticello fresco e dagli sguardi dolci della mamma. Poi ci svegliavamo e correvamo dentro per la merenda, la mamma faceva sempre i biscotti, quelli con i pezzi di cioccolato e la vaniglia che piacevano tanto a papà e noi li divoravamo tutti inzuppandoli nel latte. Sarebbe un sogno tornare indietro, dimenticarsi tutti questi anni passati a cercare di crescere il più in fretta possibile e ricominciare la mia vita da capo.

 

 

Il mattino seguente avrei di gran lunga preferito restare raggomitolata sotto le coperte a ronfare ma il sole aveva deciso che era ora di venirmi a rompere le scatole, un piccolo raggio impertinente aveva inondato la mia faccia e la luce mi pungeva le palpebre. Fui costretta a svegliarmi.

Ripulii la padella dove la sera prima Mike aveva intelligentemente abbrustolito i cereali e cossi due uova e una striscia di pancetta per mio padre,misi a scaldare il caffè e ne trangugiai una tazza in fretta per poi salire le scale ed andare a prepararmi. Solita routine, cambiava solo la città. Cercai di vestirmi il più elegante possibile ma mi ritrovai ad indossare una canottiera bianca,i soliti jeans strappati sulle ginocchia e le mie consumatissime sneakers. Decisi che in fondo quel look sarebbe andato più che bene per una che non voleva dare nell'occhio. Infilai un blocco a quadretti e due penne nello zaino poi sgattaiolai silenziosamente nella stanza di Michael che dormiva ancora, non credo che oggi sarebbe venuto a scuola. Frugai nel cassetto della sua scrivania fino a trovare quello che cercavo. Sistemai il pacchetto delle sigarette nella tasca, fui tentata di baciare mio fratello sulla fronte ma solo per un attimo poi uscii velocemente dalla camera guardando in basso come se così facendo avessi fatto meno rumore, come una ladra.

Mio padre era già sceso in cucina e ascoltava il telegiornale ingoiando avidamente le uova che gli avevo preparato -Io vado a scuola.- gridai con la mano sulla maniglia del portone in legno massiccio pronta ad immergermi nell'incasinato e devastato mondo che c'era fuori, sorrisi sarcastica. Come se qua dentro non fosse tutto incasinato e devastato, però magari questa volta mio padre si sarebbe affacciato dalla cucina augurandomi una buona giornata, magari mi avrebbe detto di divertirmi e di fare la brava, di studiare e di non rispondere male ai professori, magari mi avrebbe fermato chiedendomi se volevo un passaggio, insomma magari avrebbe fatto ancora il padre -Sta zitta sto ascoltando!- fu la sua rabbiosa risposta. Che sciocca. Che cavolo gli importava a lui se era il primo giorno di scuola? Come ho fatto a pensare a delle cose così assurde? Joey sei davvero un'idiota. -Ciao!- gli urlai uscendo e sbattei la porta con tutta la forza e la rabbia che avevo.

Mi avviai lungo il marciapiede con le cuffie alle orecchie chiusa nel mio universo perfetto mentre fumavo una delle Marlboro di mio fratello, pensai a quanto non mi importasse della scuola e a quanto,invece, mi importasse della musica. La musica era tutto ciò che mi aveva lasciato mia madre,oltre al basso elettrico,lei mi aveva insegnato le note,gli accordi, a cantare! Io amavo cantare. Mi sentivo libera da ogni ansia e frustrazione,potevo esprimere la mia rabbia nei confronti di mio padre e di quella vecchia città senza fare del male alle persone ma semplicemente urlando,potevo esprimere l'amore per mio fratello e per mia madre,la mia paura di perdere tutto quello in cui credevo. Trasformando quello che provavo o vivevo in musica mi sentivo al sicuro. Mi dava il modo per esprimermi, per tirare fuori quello che a parole non usciva. Non avrei saputo vivere senza, tutto qui.

La mia nuova scuola sorgeva in tutto il suo squallore davanti ai miei occhi, al cartello giallo e verde che si vedeva nell'opuscolo mancavano due lettere,la panchina rosso fuoco era diventata color rosa pesca ed era mezza scassata, per terra il pavimento dell'ingresso era stato sostituito da fazzoletti di carta e mozziconi di sigarette. Decisi di aggiungere il mio a quelle che incorniciavano la panchina. Mi incamminai pigramente verso la porta pensando a come avrei trovato la mia classe quando una mano mi afferrò la spalla, mi voltai e vidi un bestione muscoloso alto circa il doppio di me che mi guardava strano -Si?- dissi togliendomi le cuffie e infilandomele in tasca -Ciao,sei nuova bellezza?Io le riconosco subito le novelline..- il tipo aveva un sorriso sghembo sulla faccia che sapeva di viscido e i suoi occhi passavano dal mio seno alle mie gambe senza soffermarsi neanche un attimo sul viso, tipico bamboccio senza cervello ma con una spaventosa quantità di inutili muscolacci -Si.- risposi secco con un espressione che non doveva essere molto cordiale perché lui disse -Cos'è quello sguardo così ostile?- si mise a sghignazzare e i suoi occhi brillavano di una luce strana, mi faceva ribrezzo. Trasmetteva un gelo che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque -Ti va di marinare la scuola e andare a divertirci tesoro?- inarcai le sopracciglia e lo guardai stupita, ma chi diavolo è questo cane in calore? Ne ho già abbastanza di questo posto! -Non ci penso nemmeno.- risposi girandogli le spalle e facendo per andarmene, mi stavo chiedendo dove fossi capitata quando una grossa risata alle mie spalle mi fece voltare ancora -Cosa c'è da ridere?- chiesi seccata da quella conversazione che era già durata troppo e che sarebbe finita male a parer mio -Tu NON puoi rispondermi così ragazzina.- disse sghignazzando sottolineando la parola “non” con un tono insopportabilmente fastidioso, decisamente troppo. -Io faccio quello che voglio.- il bestione allungò una mano e mi afferrò per un polso strattonandomi a se, mi prese il viso con l'altra mano e mi strinse le guance. Quella presa così possente e rabbiosa mi ricordò quella di mio padre e giuro che non c'è qualcosa al mondo che odio di più di chi mi mette le mani addosso. Ora te la faccio pagare, maledetto schifoso! Strinsi i denti -Chi ti credi di esser..- prima che finisse la frase gli allungai un calcio nei testicoli facendolo piegare in due dal dolore,una folla di ragazzi ci accerchiò immediatamente urlando e sbraitando. Due bionde ossigenate messe molto meglio di me a tette si avvicinarono correndo dal bestione che giaceva a terra sofferente -Oh santo cielo Tim! Cosa ti ha fatto?- le due piagnucolavano abbracciate a quel tipo. Non capivo perché lo adorassero così tanto,era un porco maniaco,viscido e arrogante che pretendeva che ogni cosa gli fosse dovuta. In ogni caso decisi che rimanere li non era una buona idea così gli rivolsi un ringhio minaccioso e girai i tacchi facendomi largo tra la folla che si era formata tutto intorno a noi, quando uscii da quell'incubo di persone sbraitanti tirai un sospiro di sollievo mi incastrai nuovamente le cuffie nelle orecchie e tornai ai miei pensieri.

All'interno la scuola era più o meno come l'avevo immaginata:matricole imbranate,gruppetti scalmanati di ragazze fanatiche del gossip,bidelli scorbutici che squadravano tutti. Non sapevo dove fosse il mio armadietto ne in che aula dovevo andare così pensai che prima sarebbe stato meglio trovare l'ufficio del preside o almeno una fottuta segreteria, mi guardai in torno irritata ma non trovai alcun indizio. Sbuffai,scommetto che in questa stupida scuola non esiste nemmeno la segreteria. Forse avrei dovuto chiedere a qualcuno, appoggiata ad una colonna c'era una ragazza con la gonna corta circondata da una decina di tizie vestite come lei: Cheer leader. Non mi sarei rivolta a loro nemmeno se qualcuno mi avesse minacciato. Ovunque mi giravo vedevo ragazzi poco svegli,bimbette starnazzanti e matricole confuse che sicuramente ne sapevano meno di me dell'ufficio del preside. Tra quella marea di persone all'improvviso spuntò una testa blu che apparteneva ad un ragazzo che sembrava avere la mia età, si stava rollando quella che pareva una sigaretta senza curarsi della gente che gli lanciava occhiate di disprezzo e rideva alle sue spalle,alzò la testa per un attimo e mi puntò gli occhi addosso con aria indifferente. Sostenni il suo sguardo per un secondo poi un brivido mi attraversò la schiena, tra tutte quelle persone i suoi occhi avevano allacciato proprio i miei. Mi fissava come se fossi un oggetto misterioso, con la fronte leggermente corrugata e la bocca inespressiva, non accennava a smettere così decisi di avvicinarmi. Avevo bisogno di aiuto e lui mi incuriosiva molto, avrei usato il pretesto della segreteria per attaccare bottone -Ehi senti potrei chiederti un'informazione?- gli dissi provando a sorridere il più possibile per non sembrare scorbutica, il ragazzo mi fissò con la stessa espressione di prima per qualche secondo poi tornò a rollare la sua sigaretta -Cosa vuoi?- rispose quasi in un sussurro strozzato, come se non parlasse da molto tempo e le sue corde vocali non fossero più abituate a muoversi -Sai dov'è l'ufficio del preside?- il tipo mi guardò di nuovo ma con aria divertita sollevando un angolo della bocca in un sorriso storto, gli occhi verdi gli brillavano ed erano così chiari che a tratti parevano trasparenti -Sei nuova?- la sua voce si era come svegliata da un lungo letargo e ora squillava allegra, annuii velocemente mentre quello continuava a squadrarmi dalla testa ai piedi -Ti accompagno, so la strada a memoria.- quella che doveva essere una battuta non mi fece granché ridere lo guardai perplessa mentre sghignazzava del suo umorismo. Questo ragazzo doveva essere un poco di buono, ma tu guarda se dovevo chiedere proprio ad un delinquente di basso borgo -Andiamo?- sbottai seccata dopo qualche minuto, il giovane dai capelli blu elettrico smise di ridere e mi fece la radiografia per l'ennesima volta. Sbuffai, tutti questi controlli fisici mi avevano stancata. Ma era una scuola o un ospedale? -Senti lo trovo da sola questo dannato ufficio.- mi girai dalla parte opposta e cominciai a camminare verso chissà quale misteriosa area della scuola -Aspetta!- la voce del ragazzo adesso era calda e dolce, risuonò dietro di me facendomi voltare. Mi sorrise debolmente come si fa ai bambini quando ti ispirano tenerezza -Stai andando dalla parte sbagliata.

 

Mentre camminavo verso la presidenza insieme a Gerard Adder (il ragazzo dai capelli blu elettrico) ebbi modo di osservare la scuola. I muri dei corridoi erano di un giallo chiaro ed erano per la maggior parte scrostati,le mattonelle erano grigio topo come gli armadietti. Alcune stanze erano numerate altre invece erano contrassegnate da una lettera dell'alfabeto greco,credo che servisse per distinguere i laboratori dalle aule normali . Le bacheche appese al muro erano piene di foglietti colorati e volantini, foto e articoli di giornale ritagliati. Per i corridoi non c'era anima viva solo qualche ragazzo del primo anno che si era perso,Gerard li guardava storto e loro fuggivano come il vento verso il bagno più vicino -Mi piace spaventarli.- il ragazzo scoppiò in una risata sonora che mi travolse -Sono così docili.- mi venne da sghignazzare pensado a quei poveri ragazzini mentre lui si asciugava le lacrime con il dorso della mano -Avrei potuto spaventare anche te con uno dei miei sguardi glaciali,dopotutto sei nuova.- mi guardò malizioso con i suoi occhi verdi brillanti, non risposi ricambiai solamente il suo sguardo e lo sostenni senza espressione, Gerard rise ancora senza motivo. Chissà perché non lo aveva fatto,magari mi trovava interessante e voleva conoscermi tanto quanto io volevo conoscere lui. Scossi la testa e cacciai quei ridicoli pensieri -Che ore sono?- chiesi curiosa di sapere a che ora avrei potuto assaporare le “delizie” della mensa e ansiosa di spezzare il silenzio e il vortice di pensieri che si stava formando nella mia testa. Il ragazzo tirò fuori dalla tasca un vecchio NOKIA scassato e ricoperto di adesivi e controllò il display -Le 9 meno un quarto.- sbuffò rimettendo il cellulare al suo posto -Okay.- risposi seria mentre mi scrostavo un unghia dallo smalto, ero un po' in imbarazzo e non sapevo nemmeno io il perchè. Quel ragazzo passava dall'allegria all'apatia in così poco tempo che non riuscivo a capire nulla di quello che gli passava per la testa, i suoi sguardi e i suoi movimenti tutto era così criptico in Gerard. Il non sapere come avrebbe potuto reagire mi metteva in difficoltà nel trovare un qualsiasi argomento di cui parlare così decisi di rimanere in silenzio ascoltanto lo strascinare dei nostri piedi sul pavimento.

Salimmo due rampe di scale e percorremmo un lungo corridoio senza porte a parte quella con scritto PRESIDENZA in fondo -Ecco,sei arrivata.- Gerard indicò la porta di legno scuro con la targhetta dorata -Senti è meglio che non ti fai vedere in giro con me,non sono molto amato in questo posto.- il ragazzo si passò una mano tra i capelli blu elettrico e prese a fissare le mie scarpe, uguali alle sue. Nel suo sguardo c'era un velo di tristezza -Non ne avevo intenzione.- risposi secca, lui alzò la testa e mi guardò con un'espressione tra il sorpreso e il divertito -Come siamo ciniche..tesoro.- sorrisi e lui fece scivolare lo sguardo sui miei occhi a quel punto avvicinai le labbra al suo orecchio alzandomi sulle punte dei piedi -L'ultimo tizio che mi ha chiamata così è finito a terra con le palle frantumate. Non credo che tu voglia fare la sua stessa fine.- sorrisi angelica ed entrai nell'ufficio del preside saltellando lasciando un Gerard spaventato a morte fuori.

  
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