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Autore: Bruck_5    14/06/2014    8 recensioni
Il mio abito bianco, quasi una vestaglia da notte, strisciava sul pavimento freddo. Cancellava le mie impronte e produceva un suono udibile solo all'orecchio degli umili. Portavo una candela in mano, il fuoco scioglieva la cera e con essa si portava via anche la paura.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi muovevo lentamente per le stanze della casa. Mi piaceva assaporare cautamente, quei dolci momenti di pace e tranquillità. Quasi come se nulla esistesse, come se fossi entrata a far parte di un film muto; i colori erano opachi, quasi distinguevo solo il nero ed il bianco e poi una luce, una luce molto forte. Ogni giorno appariva casualmente davanti ai miei occhi. Rifiutavo l'idea di seguirla. Non era per me, era per chi non aveva più nulla da fare sulla terra: io avevo ancora del lavoro da terminare.
Il mio abito bianco, quasi una vestaglia da notte, strisciava sul pavimento freddo. Cancellava le mie impronte e produceva un suono udibile solo all'orecchio degli umili. Portavo una candela in mano, il fuoco scioglieva la cera e con essa si portava via anche la paura; che poi, cosa avrei mai dovuto temere se non quella luce?
Il sole stava per sorgere, decisi di rinchiudermi in una stanza ed aspettare che tornasse il buio. Ma quelle risate amare e quei singhiozzi non mi permisero di rimanere lì dentro per molto. Scesi le scale. Mi domandai perché non scricchiolavano più sotto i miei piedi... Forse i miei genitori si erano finalmente decisi ad aggiustarle. Ma un'altra domanda sorgeva nei miei pensieri: di giorno sparivo, perché loro non mi cercavano mai? Perché quando gli passavo accanto sorridevano, ma non mi guardavano?
Sono tre giorni che non ci parliamo, eppure non ricordo di aver litigato con nessuno di loro.
Torno in me, raggiungo la sala. Li vedo lì, seduti sul divano, intenti a guardarsi l'un l'altro. Mia madre piange, mio padre la consola. Anche lui però si lascia sfuggire qualche lacrima. Provo ad avvicinarmi ma poi, ascolto i loro discorsi; parlano di me. Si domandano perché gli ho abbandonati. Ma io non ho fatto nulla...
Come un flash mi tornano in mente delle strane immagini. Ci sono io, nella mia stanza. Ho una corda attorno al collo, sono in piedi su una sedia. La corda passa sopra ad un gancio appeso al muro. E mi stringe il collo. Molto forte.
Senza accorgermene porto una mano sul mio petto e sento il respiro farsi pesante. Mi guardo i piedi: sono trasparenti.
Mi scende una lacrima. Continuo a vedere altre immagini.
Sono ancora lassù; ho appena dato un calcio alla sedia. La corda mi ha soffocato. E' entrato mio padre; mi sta osservando. Recepisce tutto: sono morta.
Mi corre incontro, e diperato strappa la corda dal mio collo. Mi stringe tra le sue braccia. Entra anche mamma. Spalanca gli occhi, porta una mano alla bocca, poi si accascia sul pavimento e piange.
Perché mi sono uccisa?
E poi la vedo. Sulla mia scrivania. C'è un foglio, una lettera. Mi sforzo di ricordare cosa ho scritto: 
"Ehi,
sapete chi sono? Sapete perchè l'ho fatto? Sono sempre stata la figlia perfetta. E allora perché mi sono uccisa? Le apparenze ingannano.
Scusate, non resistevo più. Gli insulti, si erano trasformati in botte. Subivo violenze. Non ho avuto il coraggio di parlarvi, ma non pensiate di avere colpa. Voi non siete la causa di nulla.
Ai miei cari amici, voglio solo chiedere di non dimenticarmi. Non passate però, la vostra vita a rimpiengervi addosso. Non è nemmeno vostra la colpa. Soffrivo. Ho solo avuto l'idea di smetterla per sempre.
Sempre nei vostri cuori.
Vostra figlia ed amica."
E così mi sono suicidata. Ora i mie piedi sono spariti, e le cosce trasparenti.
Mi avvicino al divano, dove siedono i miei; mi siedo anch'io, per terra, ed aspetto di sparire completamente. Qualcuno però suona il campanello. Mio padre va ad aprire, ed eccolo lì: Michael.
Il mio migliore amico, aveva gli occhi rossi ed era tutto bagnato per via della pioggia. I suoi capelli, solitamente coloratissimi, oggi erano spenti. O almeno, io li vedevo spenti, ma sapevo che era così. Mi alzai. Senza alcuna pretesa allungai un braccio verso di lui e gli sfiorai una guancia. Lui , quasi come mi avesse sentito, portò la mano dove lo avevo appena toccato e spalancò leggermente gli occhi guardando mio padre.
Lui gli sorrise, compiaciuto. Sapevano che ero ancora lì con loro. Volevo dare la prova che li stavo per salutare, per sempre. 
Mia madre intanto si era avvicinata all'entrata ed aveva fatto accomodare Michael.
Io cominciai a fissare un foglio che stava sopra il tavolo della cucina. Lo guardavo intensamente e con tutta la frustrazione e la rabbia, mista a gioia  e compassione che stavo provando in quel momento, trovai in me, una forza incredibile. Sul foglio cominciarono ad apparire lettere. Erano scritte con il sangue. Davanti ai loro occhi, io stavo dando segno della mia presenza.
Terminai di scrivere. Mi era rimasta solo la testa. Ora vedevo quella luce, così forte. Emanava calore e pace. Capii che dovevo seguirla. Guardai per un'ultima volta quelle tre splendide persone. Michael si alzò in piedi si girò verso le scale, dov'ero io; quasi come se mi vedesse, sorrise e disse "Aspettami..."
Sorrisi anche io e poi sparì completamente; sul foglio avevo scritto solo un semplice: "A presto :) "

  
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