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Autore: SugarCuber    15/06/2014    0 recensioni
[...] - Per questo, mia cara, dovrà pagarmi profumatamente, lo sa?- le chiedo sussurrandole lentamente in un orecchio. Lei incrocia il mio sguardo, e mi sorride celando malamente l’evidente disgusto per le mie parole.
-I soldi non mi mancano, ragazzo- afferma socchiudendo gli occhi, con una punta di sdegno a colorarle il tono.
-Non cerco soldi. Non maneggio cose così volgari da un mucchio di tempo- dico imitando il suo tono affettato. –Voglio segreti.. Segreti su Snow.. ehm.. sul Presidente Snow- La guardo, e lei mi rivolge uno sguardo eloquente.
-Ne ho molti, Odair-
-Allora otterrà molto piacere per ogni singola parola che mi svelerà-
-Dunque devo preparare le valige per andare in Paradiso- [...]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Mi chiamo Finnick Odair, pensavo di avere qualcosa di speciale. Era vero: avevo più guai di chiunque altro al mondo.

Odio essere qui. Stare in questo posto, tra tutta questa gente, a sorridere continuamente e ad ammiccare in modo sensuale a donne e uomini desiderosi di poter affermare di aver trascorso una notte con ‘’La leggenda di Panem’’, lo detesto con tutta l’anima. Ho ucciso per ritornare indietro, nel mio amato Distretto 4, nella mia casa vicino alla spiaggia, dal mio mare, e cosa me ne viene in cambio? Questo. Non l’ho fatto per ricevere chissà quale tipo di onore dalla Capitale, ma perché la prospettiva di non poter più poggiare il mio sguardo su quello dell’unica donna che amavo e che fino al resto dei miei giorni amerò, era devastante per me,  e continua tutt’ora ad essere impensabile. Ho ucciso, imbrogliato, sedotto individui, di cui non sapevo nemmeno il nome, grazie a quella punta di fascino che mi è stata concessa alla nascita, con il solo ed esclusivo intento di ritornare da lei, dalla mia dolcissima Annie Cresta. Cercare ogni giorno di apparire come il decadente oggetto del desiderio della Capitale è, per la maggior parte del tempo, un lavoro davvero estenuante. Devi essere sempre pronto a non rifiutare la ‘Generosa  compagnia’ di individui di alto livello nella scala sociale, devi far di tutto per apparire sempre splendido, allegro, sensuale, ed in ottima forma. Spesso bisogna trattare con alcune delle persone più viscide che l’Universo abbia mai pensato di concepire, i quali non fanno altro che lanciarti occhiate allusive mentre divorano ogni minuscolo frammento di te con i loro occhi così dannatamente offuscati dalla sfrenatezza e dallo sfarzo che la Capitale ha concesso loro sin dalla nascita. Alla loro presenza, tutto ciò che vorresti fare è scappare via a gambe levate, e magari nasconderti in un angolino buio, lasciando scorrere impetuosamente le lacrime e sguinzagliando i sentimenti, permettendoti di esplodere in un mucchio di forti singhiozzi. Ma l’unica cosa che puoi fare è rimanere accanto a loro ed ascoltarli con un’espressione volutamente rapita in volto, cercando di celare il disgusto palese che quelli individui suscitano in te.  Non che tu abbia qualche possibilità di rifiutarti di farlo, intendiamoci. Se osi farlo, rifiutare voglio dire, la paghi piuttosto cara. Anche se a questo punto non so davvero più capace di distinguere se sia più giusto andare in contro a morte certa o rimanere qui, in questa  landa desolata dove le lacrime sono tutto ciò che ti rimane per non uscire completamente fuori di testa. Ma poi, quando ti ritrovi da solo a pensare che probabilmente la morte sarebbe una probabile ipotesi per riuscire a concludere la propria vita in modo relativamente degno,  nella tua mente si materializza il volto delle persone che più ami. Si delineano poco a poco, e mentre tu, ad occhi serrati, pugni stretti e mascelle contratte, osservi il presentarsi lento e costante del viso dei tuoi cari dentro le tue palpebre, realizzi ciò che è meglio fare. Ti ripeti che non sarai solo un’altra Grande Tristezza nella vita di quelle persone. Che loro non verseranno una sola lacrima per te o per la tua possibile morte. Così stringi i pugni, guardi in alto, ti ripeti di non piangere e mandi giù, anche se la tua gola non vuole saperne di deglutire. Piangere era l’unica alternativa per evitare di andare fuori di testa. Ma la stragrande maggioranza della Capitale non lo capiva, anzi, lo trovava un gesto alquanto miserevole. Probabilmente non è un gesto che ci si aspetta da uno che ha ucciso per non essere ucciso. Sono disumani quelli lì, ogni persona con un minimo di cervello non ci metterebbe molto ad odiarli. “Piangere, che azione degna di una donna!” solevano ripetere gli uomini colti di Capitol City ai loro bambini. Mi era capitato di essere stato invitato in casa di alcune donne, e di aver visto gli insegnamenti impartiti ai loro figli. Che spettacolo disgustoso. I capitolini nascevano, crescevano e vivevano in un mare di valori anti-democratici e caratterizzati da non uguaglianza e repressione verso la cultura del diverso. Il pluralismo era totalmente negato. Se avevi un’idea contrastante alle scelte di Snow, la tua testa rotolava per la piazza cittadina senza che nemmeno tu te ne fossi reso conto. Se la tua prima scelta non è Snow, beh, mi auguro che per lo meno tu sia furbo abbastanza da nasconderti o che abbia sufficiente coraggio ed audacia per scappare il più lontano possibile da qui, oppure, che sia intelligente quanto basta per decidere in autonomia di porre fine alla tua vita. Se Snow riesce a prenderti, sei spacciato, in tutti i sensi in cui un essere umano può esserlo.  La gente di Capitol City, mi ha sempre impressionato, dai modi al loro stravagante aspetto. La prima volta che li vidi, mi spaventai a morte. Alcuni avevano la pelle tigrata, altri nasi troppo sporgenti, o pance fin troppo rigonfie per i loro esili corpi. Altri, invece, avevano in sé dei lineamenti gradevoli se strizzavi un occhio, e poi facevi la stessa cosa con l’altro. Se osi rifiutare anche una sola offerta proposta da loro ed il Presidente lo viene a sapere, per te sono guai grossi. Egli ti fa segretamente prelevare da un gruppo di Pacificatori, ed in seguito ti fa torturare da alcuni degli addetti più qualificati per questo genere di trattamenti. Una volta, ho sentito che uno ci ha rimesso le penne dopo che lo ebbero ‘Strapazzato’, per usare il loro gergo. Lo conoscevo vagamente. Una volta o due eravamo rimasti a parlare insieme, ed era venuto fuori che una delle sue.. (come posso definirle?).. ‘Dame di compagnia serali’, si era divertita a seminare sulla pelle di una delle sue spalle del liquido corrosivo, che aveva, appunto, sciolto lo strato primario di pelle di questo povero ragazzo. Non capirò mai le strane abitudini della gente di Capitol City, ma arrivare a squagliare la pelle di una persona mi sembra assurdo persino per me, ed io ne ho viste tante.. Troppe. Per fortuna la bruciatura non era grave perché l’uomo in questione se ne era liberato in fretta, sciacquandosi la spalla con molta acqua. Dopo quella volta, egli rifiutò ogni sorta di avance da parte di questo particolare tipo di donna. “Assatanata” sarebbe una definizione azzeccata per lei. Quando il nostro caro Presidente Coriolanus Snow lo venne a sapere, non esitò un solo istante a decretare il destino dell’uomo. Lo fece prelevare dal suo Distretto, di notte, affinché nessuno potesse diventare uno scomodo testimone che lo accusasse della morte di un’innocente, e lo fece portare a Capitol City, nella sua gigantesca villa. Una volta lì, lo picchiò personalmente, fino a quando lo stesso Presidente iniziò a sputare sangue per la stanchezza. Pensate ora alle condizioni del poveretto. Venne picchiato per molte ore, e poi, la morte lo accolse benevolmente tra le sue amichevoli braccia, sottraendolo una volta per tutte a quella che comunemente viene definita “Vita”. Il giorno dopo, tutto il paese celebrava e piangeva la sua morte. Snow presenziò ai funerali, e fece addirittura un discorso in onore del nostro ex-vincitore Drew (si, il disgraziato si chiamava così). Mi ricordo ancora le sue parole:”Era una persona cara a tutta la Nazione. Ha servito il nostro paese in maniera eccezionale. Un ragazzo così forte e virtuoso non meritava assolutamente la morte. Era troppo giovane, e ci è stato strappato senza il minimo ritegno. Ora ci sentiamo tutti un po’ sconvolti per aver perduto quello che era stato uno dei pilastri dei nostri amati Hunger Games. Egli era un simbolo. Il simbolo di come anche in un solo uomo sia racchiusa la speranza necessaria a far andare avanti l’intera Nazione. Ed insieme agli altri Vincitori, continuerà a vivere nei ricordi che noi abbiamo di lui e nei magistrali insegnamenti che aveva saggiamente trasmesso a tutti noi. Ci mancherai, caro ragazzo. Rendiamo onore al tuo coraggio e alla tua voglia di vivere strappata dalle fredde mani della Morte. Addio, ragazzo mio”. E, non ci crederete mai, fece addirittura in modo che una lacrima scorresse sul volto. Snow che piange.. ora posso anche morire con le parole in bocca:”Dopo questa, le ho viste proprio tutte quante”. Che gran faccia tosta che ebbe! Lo uccise personalmente, eppure tenne un discorso in suo onore. La cosa mi ha sempre disgustato e avvilito allo stesso tempo, perché ciò significava che, nonostante le bizzarre abitudini sessuali della gente di Capitol, tutti noi vincitori, “eletti” per questo tipo di lavoretti, avremo dovuto assorbire, senza aver alcuna possibilità di ribattere, ogni tipo di particolare tortura da parte delle nostre ‘Dame’. Avrei tanto voluto fuggire il più lontano possibile da lì, ma se fossi scappato, chi avrebbe pensato alla mia Annie? Dovevo e devo tutt’ora rimanere e combattere per lei, perché il mondo è già abbastanza difficile da affrontare, se poi l’abbandonassi, significherebbe il definitivo crollo per lei. Ed io non voglio che desideri ogni giorno la morte, come faccio io. Gli altri vincitori sono tutti al corrente di ciò che accade nei retroscena della Capitale, eppure nessuno muove mai un dito per far in modo che tutto il marcio che vi è in profondità scompaia definitivamente. Tutti abbassano la testa, e continuano a mandare avanti le loro stupide, inutili, e danneggiate vite. Perché si, dall’Arena dei giochi non si esce. Non ci sono vincitori, solo sopravvissuti, e tutti noi siamo parte di quell’enorme gruppo di persone terrorizzate a morte che hanno smarrito la propria anima dentro quella mortale Arena. Si pensi alla mia Annie. Lei è impazzita lì dentro, anche se a me non piace pensarla così. Lei può tramutarsi nella persona più dolce e calorosa di questo mondo, se vuole. Lei non è pazza, solo.. solo “Rotta”. L’hanno danneggiata, e prima o poi ne pagheranno le conseguenze. Prima o poi ucciderò Snow, vendicando l’innocenza perduta di Annie. Ma nonostante aver combattuto ogni sorta di battaglia fisica e mentale per ritornare dall’amore della mia vita, ora sono qui ormai da un po’, nudo su questo letto vuoto e freddo. La squallida donna con cui sono appena stato ha levato le tende qualche ora fa, lasciandomi da solo e al buio. In questo momento l’unica cosa in grado di rallegrarmi, almeno in parte,  è che inizio a comprendere quali sono i punti deboli di quel bastardo che mi costringe a fare tutto questo. Inizio a percepire quali sono le falle nel sistema, e soprattutto inizio a capire che di crepe ce ne sono non poche, e che non sono nemmeno così piccole come credevo. Dopotutto, potrebbe esserci ancora speranza per cambiare.. se solo ci fosse qualcuno tanto coraggioso da assumersi il peso di una rivoluzione sulle proprie spalle e soprattutto le sue gravi conseguenze sull’intera popolazione.  Lo giuro, un giorno Snow me la pagherà per questo Inferno. Ma per il momento, mi limito a rimanere immobile su questo letto, a cercare di immaginare di non aver appena tradito la mia Annie per l’ennesima volta. Ogni volta che la mia mente formula un ricordo collegato anche solo minimamente alla mia Ann, la mia mano si para sulla collana da lei regalatami, ed inizia a strofinare con insistenza la conchiglia legata ad un prezioso filo azzurro, intrecciato alla perfezione dalle sue dita sottili. Me la immagino continuamente mentre prova e riprova a fabbricare questa collana, ogni volta non riuscendoci perché un filo era poco teso da un lato oppure troppo tirato dall’altro. Me la rivedo mentalmente mentre ne disfa il complicato intreccio per poi ricominciare daccapo, con quella sua solita espressione buffa e concentratissima. Me la immagino mentre si arrabbia quando l’intreccio fallisce oppure la rivedo che gioisce come una bambina il giorno di Natale solo perché è riuscita a completare l’opera. Mi ricordo il dolce sorriso a solcarle il viso quando mi regalò, tempo fa, questa meravigliosa collana. Era così entusiasta all’idea che avessi un pezzo di lei ovunque andassi. Lei diceva che era per ricordarmi casa, ma a me piaceva pensare che ci fosse un messaggio segreto dietro le sue parole, e che la realtà dei fatti fosse che lei aveva fatto quella collana con lo scopo di avere il suo ricordo sempre nella mia testa. Probabilmente non era così, ma a un uomo è concesso sognare, no? Quando, però, vengo a Capitol City, non sopporto l’idea di indossarla mentre sono con.. le mie Dame. Il solo fatto di guardare un’altra donna al di fuori di Annie mi da il voltastomaco. Ecco, moltiplicate ora questa sensazione per una buona dose di frustrazione, un’abbondante pizzico di odio verso il mondo e un leggero velo di intenso e straziante dolore. Mi sento sporco ogni volta che una donna viene a trovarmi. Il pensiero di passare la notte con persone che nemmeno conosco è davvero orribile, degradante, bruciante,umiliante, per usare dei sinonimi. In più, indossare quella collana mentre sono con loro mi fa sentire enormemente lurido. Ma tutte le volte che sfioro questa conchiglia è come se mi sentissi all’istante meglio. La sfrego in continuazione quando sono in questo posto o in un tale stato emotivo. Tanto è vero che a volte ho il presentimento di stare per romperla, ma anche se capitasse, Annie non si arrabbierebbe, anzi, mi sorriderebbe, radiosa e con gli occhi scintillanti, e me ne farebbe un’altra, probabilmente anche più bella di questa. Amo il fatto che lei mi regali questo tipo di oggetti, per me significano tantissimo, perché un conto è un regalo comperato, un altro paio di maniche sono i doni realizzati con le proprie mani, soprattutto se la creatrice di quegli oggetti è la mia dolcissima Annie. Lei mette un pezzetto di se stessa in ogni oggetto che crea per me, ecco perché li trovò così infinitamente speciali e preziosi, perché in fin dei conti, posso affermare realmente che lei sia accanto a me in ogni secondo. Ha diviso la sua anima, e me ne ha donato un frammento tramite questo splendido ciondolo, in modo che io non mi sentissi mai solo. Non so se lei sia consapevole o meno del fatto che l’unica cosa che desidero in questo strano Universo equivale a passare ogni singolo minuto che mi resta da vivere assieme a lei, ma francamente, la cosa che più mi interessa è non perderla, anche se questo significa passare il resto della mia vita a recitare la parte dell’ “amico speciale di Annie”. In questo momento tutto ciò che la mia mente è in grado di concepire è il fatto che sono riuscito a nasconderle questa cosa della “Vendita del mio corpo”. È umiliante e deprimente pensare di avere dei segreti con la persona più importante della mia vita, ma, d’altro canto, lo faccio solo per la sua sicurezza.  Temo che un giorno la verità su questa storia possa venire a galla, e ciò che tento di evitare è proprio di farla soffrire inutilmente. Se lo sapesse, ne verrebbe irreparabilmente distrutta. Ma scommetto uno a dieci che se avessi la forza sufficiente per raccontarle ogni cosa nei minimi particolari, lei mi perdonerebbe. Perché mi conosce troppo bene, e saprebbe meglio di chiunque altro ciò che provo facendo tutto questo, mettendo da parte il mio onore personale, il mio orgoglio, i miei sentimenti verso di lei. Capirebbe perfettamente che odio tutto questo, che l’unico mio scopo è quello di proteggerla dalle grinfie di Snow, perché se qualcuno osasse torcerle uno solo di quei suoi perennemente arruffati capelli castani, sarebbe morto nel giro di qualche millesimo di secondo. Amo la mia Annie, e queste maledette persone non riuscirebbero a cambiare ciò nemmeno fra un milione di anni. Fino al giorno in cui morirò, l’ho promesso a me stesso, spenderò il mio cuore per lei. E sono pronto a qualunque cosa, persino ad uccidere, per saperla al sicuro e felice. Lei è la mia piccola, pazza Annie e nessuno può toccarla oltre a me. Lei è mia, ed io sarò suo fino a quando la morte me lo permetterà. E, forse, anche dopo di essa continuerò ad amarla, perché dei sentimenti così forti non possono soccombere a nulla di soprannaturale o umano. Dei sentimenti così intensi sono destinati a durare in eterno, fino alla fine dei tempi, e magari anche dopo, nel nulla più totale, il mio amore per lei vivrà, splendente come una stella, più abbagliante del sole stesso e più forte di qualunque altra cosa esistente. La mia piccola Ann.. Chissà cosa sta facendo in questo momento. Una volta, tempo fa, mi ha proposto di scappare insieme. In pratica il piano era di prendere di nascosto una delle barche giù al molo del Distretto 4 e di dirigersi, con l’aiuto delle tenebre, il più lontano possibile da lì. Ripete sempre che oltre a Panem deve pur esserci qualcos’altro, qualcun altro. Magari ha anche ragione, ma non posso permettermi di rischiare che i pacificatori ci prendano e la giustizino davanti a me. Può passare la mia morte, ma la sua no. Assolutamente no. Però la sua proposta era sempre risuonata allettante alle mie orecchie. Avrebbe significato libertà incondizionata, indomita, da respirare a pieni polmoni, assieme a lei. Avrebbe significato felicità, libertà di vivere insieme senza la paura di possibili ritorsioni da parte di quel serpente di Snow. Chissà quando mi sono innamorato di Annie.. l’unica cosa che posso affermare con assoluta certezza è che mi ha colto totalmente alla sprovvista. So che diciannove anni sono pochi per affermarlo con tutta questa sicurezza, ma lo giuro, un giorno Annie sarà mia moglie. Me la immagino già percorrere lentamente una lunga navata di una chiesa gremita di gente venuta ad assistere al coronamento del nostro sogno d’amore. Lei avrebbe avuto lo sguardo fisso sul pavimento, imbarazzata dal fatto di attirare tutti gli sguardi su di sé, con un leggero velo bianco di tulle a coprirle il viso,  ma che non sarebbe riuscito a celare completamente il rossore delle sue guance, gli occhi lucidi, ed il ritmico accelerare del suo respiro ad ogni passo che avrebbe compiuto verso la nostra futura vita insieme. Il vestito, candidissimo, le sarebbe caduto addosso a pennello, disegnando delicate e graziose linee sul suo corpo minuto, facendola apparire più bella di una principessa. E poi, a metà percorso, avrebbe alzato gli occhi dal pavimento, guardandosi attorno, confusa da tutti quelli sguardi avidi della sua magnificenza, le sarebbero venute le lacrime agli occhi e avrebbe cercato di fuggire, iniziando a singhiozzare convulsamente. Ma quando avrebbe alzato lo sguardo su di me, sarebbe stato come se la tempesta che le stava montando dentro, si fosse placata all’istante. Mi avrebbe sorriso in quel modo tanto dolce e radioso che solo lei è in grado di fare al mondo, e si sarebbe asciugata le lacrime, lasciando i suoi occhi arrossati e gonfi, ma non le sarebbe importato. Si sarebbe diretta, a passo lento, verso l’altare, dove ci sarei stato io ad aspettarla in trepidante attesa del suo “Si”, e non avrebbe staccato lo sguardo dal mio, eliminando il resto del mondo intorno a noi come solo io e lei siamo capaci di fare. E quando mi avrebbe sorriso, io mi sarei sciolto, e mi sarei dovuto reggere a qualcosa per non cadere a terra, svenuto a causa dell’emozione. Quel suo sorriso è in grado di calmare i pensieri peggiori che si insinuano nella mia mente. Quel suo sorriso è tutto il mio mondo, quello per cui lotto ogni giorno, l’unica cosa per cui sono costretto a fare ciò che faccio. E quando avrebbe raggiunto l’altare io le avrei alzato il velo, gettandoglielo delicatamente dietro il capo, incontrando i suoi meravigliosi occhi color smeraldo, ed i nostri sorrisi si sarebbero concatenati l’uno all’altro, così reciprocamente indispensabili per la nostra rispettiva sopravvivenza e sanità mentale. Lei mi avrebbe detto di “Si”, ed io mi sarei sentito l’uomo più felice del mondo, potendo affermare di aver conquistato la donna più magnifica dell’ intero universo, e al diavolo le chiacchiere del Distretto, io la amo e la sposerò. È una promessa questa, anche se probabilmente Snow mi impedirà anche solo di pensare ad una così rosea ipotesi che riguardi la situazione tra me ed Annie. Mi porto un braccio al viso, affinché i miei occhi siano coperti da tutto l’orrore e lo squallido falso luccichio di questa prigione dorata che è Capitol City.
-Annie..- mormoro in solitudine. Ogni volta che chiudo gli occhi mi pare di vederla, seduta sulla nostra spiaggia, con lo sguardo perso nel vuoto a contemplare il mare, e con delle lacrime pesanti a solcarle il bel viso.  E a tali visioni mi è impossibile non pronunciare il suo nome, perché questo semplice freno inibitore, che mi auto impongo, mi sconvolge interiormente come solo poche cose sono state in grado di fare in vita mia. È un bisogno sempre più crescente, e alla fine mi ritrovo a ripetere il suo nome, che rimbomba tra le ampie mura di questa stanza, provocandomi fitte di nostalgia acute nel petto. La voglio qui. La desidero qui, accanto a me, mentre la circondo con un braccio stringendola delicatamente a me, avvertendo il tocco dolce delle sue dita sul mio petto, sentendo la sua testa posarsi sulla mia spalla, annusando il profumo inebriante della sua pelle, dei suoi capelli, inspirando a fondo tutta la sua essenza di cui ho tanto bisogno in momenti del genere. Ma la mia Ann non c’è. È diventato inutile anche solo sperarci, ma il semplice fatto di ripetere il suo nome mi fa sentire relativamente meglio. –Ann- ripeto ancora e ancora. Ho iniziato a sfregare il suo ciondolo. Stavolta non è perché mi sento sporco per quello che ho compiuto, ma perché mi manca terribilmente, e stringere tra le dita qualcosa di suo mi conforta. La sua voce riecheggia nella mia mente, e ciò mi da sollievo e dolore allo stesso tempo. La sua voce mi dice le stesse parole che ha pronunciato prima che partissi alla volta di Capitol City per l’ennesima volta:” Finn, ritorna da me in fretta.. impazzirò senza di te” e non c’era stata alcuna traccia di autocommiserazione in quelle parole, solo di dolore, di impazienza, di rancore verso lo spettro invisibile della Capitale che le stava rubando, ancora una volta, la persona che tra tutte riusciva a farla riemergere dal buio del suo inconscio. 
-Lo farò. Sbaglio o te l’ho promesso Ann? Lo sai che sono quel tipo di persona che mantiene la parola data, no amore mio?- dico ad alta voce, convinto di essere completamente solo.
-Che promessa dovrai mantenere, scusa?-  mi domanda una voce troppo acuta per appartenere alla mia Annie. Sposto velocemente il braccio, che mi oscura la visuale, dal mio volto alle lenzuola del letto. E inorridisco quando poso lo sguardo su quello della donna di Capitol City che si erge, sicura di sé, davanti al mio letto. Afferro immediatamente una vestaglia di seta marrone, che mi ricorda fin troppo i capelli della mia adorata Annie, e me la infilo, coprendo la mia completa nudità. Mi avvicino a lei, assumendo il totale controllo della situazione, e andandole incontro con passo lento e seducente. Quando sono abbastanza vicino da riuscire a toccarla, le afferro una mano, portandomela alla bocca, quella che solo la mia Annie è autorizzata a baciare, e le poso un leggero bacio sul dorso della stessa. Lei rimane incantata da me, rapita in chissà quale sogno ad occhi aperti, addirittura tremante. Quando sfoggio uno dei miei sorrisi migliori, mi sembra completamente ed incondizionatamente disarmata. Si sfila i guanti, e poi il cappello, ed in seguito la pesante pelliccia (presumo di volpe) che le stringeva il corpo, adagiandoli su una sedia. La donna sfoggia un’elegante (troppo formale per i miei gusti) vestito viola, che mette in risalto la sua bocca colorata da un rossetto in tinta. Le sue labbra hanno qualcosa di strano, sono troppo rigonfie, idem per i suoi zigomi, carichi di trucco. Le sue pupille sono la cosa più spaventosa. Sono come gli occhi di un gatto, riflettono la luce in maniera impressionante, e le sue iridi sono ovali, più nere del nero stesso. Inarco un sopracciglio, e lei pare stare per svenire. Così alza una mano, che inizia a sventolare davanti al volto, in modo che maggior aria affluisca al suo viso, completamente rosso e deturpato da chissà quante operazioni chirurgiche effettuate in base alle passeggere mode di Capitol City. Le porto una mano al collo, sganciandole la collana di grandi e preziose perle, che riesco a sfilare, e la poso sul tavolino accanto a noi. Inizio ad accarezzare il suo collo, mentre lei diventa paonazza. Con noncuranza mi avvicino di più alla sua figura, e le piazzo una languida scia di baci sul collo. Sto attento a non baciarle la bocca, quella è una zona riservata ad una sola persona, e questa persona non è lei. La sento gemere piano sotto il tocco vorace delle mie labbra, ed in un secondo il suo vestito cade ai suoi piedi. La prendo in braccio, gettandola con foga sull’ampio letto dietro di noi. Quanto odio tutto ciò che sta per accadere. A volte penso che il suicidio potrebbe far cessare in un secondo tutte le mie sofferenze, ma poi la mia mente lavora sul futuro di Annie, immaginandola sola, orribilmente disperata, deperita, e desiderante la morte più di qualsiasi altra cosa al mondo, e questa visione mi impedisce di fare cose avventate. In fondo, se respiro ancora il merito è decisamente della mia Ann. Lei non sa l’effetto che può fare sulla gente. Mi lascio sfuggire un sorriso mentre mi piazzo sopra il corpo della giovane donna senza fiato, che da me desidera solo ed esclusivamente una cosa. Rimango un secondo a lasciarle credere di star contemplando il suo corpo, facendo gonfiare il suo ego, mentre in realtà cerco di trattenere un conato di vomito per ciò che da qui a poco accadrà. La mia mano va istintivamente a pararsi sulla collana di Annie, iniziando a sfregare insistentemente la conchiglia marrone.. marrone proprio come il colore dei suoi capelli. Il ricordo delle sue ciocche castane, perennemente arruffate, mi provoca le peggiori fitte di nostalgia. Tutto questo è troppo da sopportare persino per uno come me. Ma devo farlo. Non c’è alcuna alternativa. Mi sfilo la collana, riponendola in un cassetto del comodino al fianco del letto, indugiando un secondo prima di richiuderlo. “Scusami, Ann. Mi dispiace tantissimo.” dico mentalmente, cercando di trattenere le lacrime incombenti. Scrollo il capo, oppresso da una grigia cappa di disperati pensieri, e ritorno a fissare la donna sotto di me, cercando di apparire il Finnick arrogante che qui tutti conoscono addirittura meglio di me. Chissà cosa sta dicendo. Le sue labbra si muovono, vedo che è così, ma non riesco a sentirla. Le mie orecchie si saranno rifiutate di ascoltarla. Beh, per lo meno non sarà così terribile come immaginavo se non sentirò nemmeno la sua voce. Tiro un profondo respiro e, sfoggiando uno dei miei sorrisi più magnetici, calo su di lei, sganciandole il reggiseno e sfilandole gli slip stravaganti che aveva indosso, con calma e lentezza impressionanti. Mi tolgo la vestaglia marrone, e la appoggio su uno dei battenti del letto. E così ritorno a guardarla, stuzzicandola con lo sguardo, e lei impallidisce tutto d’un tratto, ma sinceramente non me ne importa nulla. Prima finiamo, meglio è. Ricomincio a baciarle il collo, la spalla, i seni con particolare insistenza, mentre lei affonda le sue dita tra i miei capelli, scendendo poi sulla mia schiena ed esplorando i confini della stessa. Soffoco un urlo, e continuo a muovere le labbra sul suo corpo. Le bacio il petto, e pian piano scendo all’ombelico, nel quale affondo la lingua, e la sento gemere ancora e ancora, e ancora. Bacio ogni centimetro del suo corpo: le sue braccia, le gambe, i suoi piedi, le sue cosce, l’inguine, tranne le sue labbra, e un secondo dopo sono dentro di lei, muovendomi freneticamente avanti ed indietro, fino a sentirla urlare. E lei grida, strilla e mi graffia la schiena con le unghie affilate. Non mi fermo, anzi, accelero il mio ritmo, ora scaricando quasi tutta la mia rabbia su quella donna. Spingo più forte, affondando con quasi violenza dentro di lei, fino a quando inizia ad implorarmi di fermarmi, mentre si contorce sotto di me. Esco da lei, e crollo dall’altra parte del letto, trattenendo le lacrime e con i sensi di colpa che mi attanagliano l’anima, non lasciandola andare. È sempre così, oramai. Tutto questo mi sta lentamente uccidendo, ed io non posso fare nulla per evitarlo. È una tortura insopportabile, non più accettabile. Rimango in uno spaventoso silenzio, con gli occhi sgranati fino all’inverosimile, mentre il mio respiro, spezzato da ciò che è appena accaduto, inizia lentamente a stabilizzarsi. Annie. Tutto ciò a cui riesco a pensare è lei. Se continuo, se faccio felice ogni mia singola ospite, lei sarà per sempre al sicuro. Ed in questo momento mi convinco che posso farcela, perché lei è più importante di qualsiasi altra cosa al mondo, anche di me stesso.
-Fallo ancora.- mi ordina la donna, risvegliandomi dal mio stato di semi incoscienza in cui ero finito. Obbedisco alle sue parole, e mi riposiziono sopra di lei,facendomi spazio tra le sue gambe. Mi guarda con palese desiderio negli occhi, e sono così disgustato che quasi le sputerei in faccia una serie infinita di insulti. Ma le sorrido, cercando di non apparire il più devastato possibile dalle sue azioni e sopratutto dalla sua presenza.
- Per questo, mia cara, dovrà pagarmi profumatamente, lo sa?- le chiedo sussurrandole lentamente in un orecchio. Lei incrocia il mio sguardo, e mi sorride celando malamente l’evidente disgusto per le mie parole.
-I soldi non mi mancano, ragazzo- afferma socchiudendo gli occhi, con una punta di sdegno a colorarle il tono.
-Non cerco soldi. Non maneggio cose così volgari da un mucchio di tempo- dico imitando il suo tono affettato. –Voglio segreti.. Segreti su Snow.. ehm.. sul Presidente Snow- La guardo, e lei mi rivolge uno sguardo eloquente.
-Ne ho molti, Odair-
-Allora otterrà molto piacere per ogni singola parola che mi svelerà-
-Dunque devo preparare le valige per andare in Paradiso- “Paradiso”? Una come te che usa un ragazzo come pupazzo sessuale, in Paradiso? Allora io sono il Diavolo travestito da uomo.” Vorrei tanto urlarle, ma mi trattengo dal farlo, altrimenti Snow lo verrebbe a sapere, e poi chissà cosa farebbe ad Annie. Scuoto impercettibilmente la testa, cercando di elaborare un pensiero coerente.
-Prepari delle rivelazioni compromettenti più che le valige- le dico in tono glaciale, ma sorridendole comunque. Lei non fa caso alle mie parole, è rapita da qualcosa sul mio viso. Un senso di disgusto profondo misto a nausea mi pervadono il petto. Sollevo le sue gambe con le mie braccia, e rientro ancora dentro di lei, con evidente meccanicità. La donna spalanca gli occhi, aprendo la bocca, in cerca d’aria. E strilla nuovamente sotto le mie sempre più necessarie spinte. In questo momento obbligo la mia mente a sostituire quel disgustoso volto con i tratti angelici della mia Annie, e ci riesco, perché vedo gli occhi della donna, ansimante sotto di me, mutare e assumere il colore e la forma di quelli della mia adorata Annie. Sento gli angoli della mia bocca inarcarsi all’insù, lasciando trasparire una sincera felicità, per la prima volta dopo tanto tempo, e la donna mi guarda compiaciuta, come credendo che il mio sorriso sia dovuto alla sua presenza. E sono in Paradiso. La donna assume il resto dei tratti facciali di Annie, ed io non sono più capace di trattenermi. La stringo forte tra le mie braccia, calmando le spinte e diventando più delicato. Le accarezzo i capelli, e lei mi sorride. I suoi occhioni verdi mi comunicano tutta la gioia di essere lì assieme a me, e ciò che sono capace di fare e abbassarmi su di lei e toccare le sue labbra con le mie, trascinandola in un bacio disperato ed impetuoso, racchiudente in sé tutto il turbinio di contrastanti emozioni provate sino a questo istante. La mia Annie è qui assieme a me. Qui, con me e solo con me. Non riesco a crederci.. Continuo a baciarla, spingendo dentro di lei con delicatezza. Lei si stacca da me, e mi chiede con gentilezza di smettere. Le accarezzo per un’ultima volta i suo meravigliosi capelli corvini, ed esco da lei, facendola sussultare. Ricado nuovamente dall’altra parte del letto, esausto, ma con una pesante leggerezza nel cuore. Annie è qui. Qui accanto a me. Sento delle dita posarsi sul mio petto, mentre io ho gli occhi chiusi, ed un sorriso varca il mio volto.
-Ti amo, Annie- affermo coprendomi gli occhi con un braccio, oscurandomi la visuale. –Non puoi nemmeno immaginare quanto, amore mio-
-Chi è Annie?- chiede una voce stridula. Sposto il braccio dal mio viso, e quando metto a fuoco il volto della donna che ha parlato, la delusione mi colpisce forte come un pugno nello stomaco, facendomi precipitare in un oscuro baratro dal quale non è possibile riemergere. Sento le lacrime in trepidante attesa di baciare l’aria, ma le respingo, mandandole indentro. Allontano leggermente la donna da me, ripensando di aver immaginato tutto ciò che è successo. Annie non è mai stata qui. Annie non mi stava sorridendo poco fa. Annie è ancora a casa a contemplare la spiaggia, torturata dai suoi terribili demoni interiori. La donna mi guarda con un’espressione confusa che aleggia sul suo viso. Decido di soffocare le mie emozioni, e mi concentro su di lei, fissandola, impassibile, attento a non tradire alcuna emozione.
-Nessuno. I miei segreti ora.- dico in tono glaciale, e la donna al mio fianco sbarra gli occhi, ma poi scuote la testa, e si ricompone.
-Sei consapevole del fatto che è davvero una lunga storia?- mi chiede poco convinta se rivelare oppure no ciò che ha in mente.
-Ho tutto il tempo a disposizione, non si preoccupi per questo.- dico, mantenendomi emotivamente distaccato da lei. La guardo con impazienza, e lei si decide a parlare.
-Bene, se è così..- comincia, ed intanto rifletto sulla mia ultima affermazione. In effetti è vero che ho tutto il tempo a disposizione, Snow non mi permetterebbe mai di rifiutare la compagnia di una delle mie spasimanti, e se lo facessi probabilmente me la farebbe pagare il più cara possibile. Non potrei scappare da qui nemmeno volendo. Lui mi tiene in pugno, ma mi sono ripromesso di continuare a portare avanti il proposito di proteggere Annie, anche se ciò comporta la mia sofferenza o il mio dolore, o la mia distruzione. È una missione, la più importante,  e se questo significa sacrificare me stesso per il suo bene, allora è ciò che sono disposto a fare. Pagherò qualunque prezzo per la sua felicità. Lei è l’unica cosa che conta davvero nella mia vita, l’unica cosa per cui sono pronto a morire. Resterò in vita sino al giorno in cui la saprò al sicuro, poi potrò anche morire. Annie è tutto, e nessuno, finché avrò una piccola ed insignificante briciola di ossigeno nei mie polmoni, potrà permettersi di torcerle un solo capello. Annie è mia, ed io sono suo. E nulla di ciò che mi offriranno, dai segreti alle pietre preziose, potrà cambiare tutto questo.                                                                                                                    
Ti amo, Annie. Ricordatelo sempre.
 
 
 
Hella, sono SugarCuber e sono ritornata all’attacco, se così si può dire, con le mie storie riguardanti la Fannie oppure i singoli personaggi che le danno vita, ergo, Finnick ed Annie. LOL Beh, questo non è il mio genere, in realtà, ma volevo dedicare uno sguardo al tema della prostituzione contenuto nella storia di Finnick. Insomma, chi non ha mai pensato, leggendo Hunger Games: “Cavolo, mi piacerebbe proprio leggere qualcosa a proposito di questo e di quest’altro!”, e beh, ecco qui cosa mi assillava da un po’: la prostituzione del mio adoratissimo Finnick. Che altro dire? Spero vi piaccia, e boh, lasciatemi tante recensioni. Buyah! P.S.: In realtà questa storia sarebbe dovuta essere un rating Rosso, però non me la sentivo di mettere quel rating. Quindi è a metà tra rating rosso ed arancione xD Tanto per specificare. Lol        
-SugarCuber
  
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