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Autore: Bombay    15/06/2014    3 recensioni
La nave è compromessa, l’equipaggio è in pericolo, il capitano James Kirk può fare solo una cosa per salvarli: sacrificare se stesso.
[Star Trek - Into Darkness]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Fandom: Star Trek (Reboot cinematografico)
Genere: fantascienza
Tipo: One shot
Rating: PG
Personaggi: James Tiberius Kirk
Spoiler: sì, sul film Star Trek Into Darkness
Beta: Koa
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Gene Roddenberry (J.J. Abrams). I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.

Senza via di scampo
di Bombay
 
Raggiungere la sala macchine è una vera impresa, ma se non facciamo in fretta tutto l’equipaggio della mia nave sarà condannato: non posso permetterlo.
Riprendo fiato per un solo momento mentre l’ingegnere cerca d’indirizzare l’energia dalla consolle di comando.
“No, no, no” sbotta, sconfortato scuotendo il capo. “Che c’è?”
“Gli alloggiamenti sono disallineati. Non c’è alcun modo di deviare la potenza” mi informa, con voce contratta “la nave è perduta signore, non posso salvarla.”
“Non è perduta” rispondo e, mentre m’incammino verso l’entrata della sala del nucleo, Scott mi tallona: “No, Jim aspetti. Jim! Se andiamo là dentro moriremo. Lo capisce? Le radiazioni ci uccideranno. Mi vuole dare ascolto? No, che diavolo sta facendo?” So bene cosa significhi aprire il portello, ma non ho scelta, né soluzione più… logica.
“Sto aprendo la porta, vado dentro.”
“Quella porta è lì per impedire che veniamo irradiati, saremo morti prima di arrivare lassù.”
Cerca ancora di convincermi e su una cosa ha ragione, non posso coinvolgerlo. Questa  impresa spetta a me, a me soltanto
“Lei non ci verrà, infatti.”
 
***
 
Inserisco i codici e la porta stagna si apre.
Entro mentre, alle mie spalle, il portellone si chiude. Lotto con il senso di panico che mi coglie. Non ho tempo da perdere, ho fatto la mia scelta. Sblocco il secondo, striscio carponi lungo il cunicolo respirando a fatica: l’aria è gravida di radiazioni.
Stringo i denti e proseguo, non posso mollare proprio ora, la vita di tutto l’equipaggio dipende da me, non devo arrendermi.
Esco nella sala del reattore, è immensa. So di dover arrivare al nucleo, ma per un momento vengo preso dallo sconforto; come faccio ad arrivare fin lassù in così poco tempo?
Inizio ad arrampicarmi e faccio sempre più fatica, gli occhi mi bruciano e la vista si appanna. Digrigno i denti issandomi e faccio leva sulle braccia.
Avrei bisogno di fermarmi per riprendere fiato, ma non ho tempo. La nausea mi attanaglia lo stomaco, ci sono quasi.
Mi aggrappo alla parte superiore e cerco di riallineare la parte inferiore, ma i miei colpi sono troppo deboli.
Continuo con disperazione crescente, non sono arrivato fino a qui per fallire!
Con un ultimo disperato calcio il nucleo torna in asse e l’energia esplode travolgendomi e sbalzandomi indietro. Con violenza cado rotolando a terra, l’urto è tanto violento da togliermi il respiro.
Avverto la familiare vibrazione della nave, chiudo gli occhi mi viene da ridere e piangere insieme. Ce l’ho fatta. Sto per perdere i sensi, ma non voglio arrendermi quindi apro gli occhi di scatto: non voglio morire qui.
A fatica ripercorro la strada a ritroso, mi sembra molto più lunga.
Ora capisco, cosa deve aver provato mio padre, la motivazione che lo ha spinto a sacrificare la sua vita, per salvare mia madre, me e tutto l’equipaggio della Kelvin.
Per anni mi sono interrogato sul perché abbia compiuto quella scelta estrema, lasciandomi solo, con solo il suo ricordo e la sua fama.
Ora, mentre arranco per il condotto per tornare indietro, comprendo.
Mi lascio cadere contro il vetro, l’ultima barriera che mi divide dal resto della mia gente.
Qui il mio viaggio si ferma e l’angoscia, la disperazione e la paura prevalgono.
Con un ultimo sforzo chiudo il boccaporto alle mie spalle e il processo di decontaminazione inizia, per me però non c’è più nulla da fare. Sollevo gli occhi, ho il fiato corto e respirare è un supplizio, Spock chiede a Scotty di aprire il portello. Che illogica richiesta, penso tra me, ovviamente il capo ingegnere rifiuta.
Sappiamo entrambi che non è possibile, entrando qui ho firmato la mia condanna a morte solo ora però mi rendo pienamente conto di quello che ho fatto.
La nave è salva e con lei l’equipaggio.
Spock s’inginocchia davanti al vetro e sul suo volto è dipinta un’espressione sofferente e disperata, la sua maschera di impassibilità si è sgretolata, ma non vederlo calmo e controllato provoca in me un’ondata di panico.
“Io ho paura, Spock” confesso e le lacrime mi riempiono occhi.
“Mi aiuti a non averne.” So che è una richiesta stupida e illogica, ma ne ho davvero bisogno. “Come riesce a non provare niente?”
Lui però scuote la testa: “Non so come faccio, e ora non ci sto riuscendo” ammette, senza vergogna e con la voce contratta.
Non so dove trovo ancora la forza di parlare, superando la stanchezza, contrastando il dolore.
Vorrei dirgli tante cose, ma non ho più tempo.
“Voglio che sappia perché non l’ho lasciata morire, perché sono tornato per lei…”
“Perché lei è mio amico” conclude per me, mentre una lacrima solca la sua guancia pallida.
Nonostante tutto riesco a sorridere e una gioia profonda mi attraversa, poso la mano sul vetro, imita il mio gesto senza esitazione, congiungo le dita nel tipico saluto vulcaniano: questo è un addio. Sento le forze venirmi meno, tutto diventa scuro, indistinto, buio.

 
---
 
Note dell’Autrice: era un po’ che volevo esplorare i pensieri di Jim mentre si sacrifica per salare la nave ed ecco quello che è saltato fuori.
Grazie a chi segue e recensisce!
Alla prossima.
Un Kiss
Bombay
 
Versione revisionata il 17.06.14
   
 
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