Le piastrelle del pavimento del bagno erano fredde e l'odore pungente del
detergente avvolgeva un ragazzo dai capelli neri che, stancamente, si guardava
nello specchio sporco.
L'aveva fatto di nuovo. Di questo passo non ne sarebbe
uscito, e lo sapeva bene.
Con un po'di carta igienica e con dell'acqua fredda
Bill si struccò completamente, i capelli bagnati di sudore ed acqua piovana
cadevano lisci e scomposti lungo quel volto magro e troppo pallido. Gettò per
terra il tutto. In quel sudicio bagno della stazione centrale di Hamburg,città
dove si erano fermati per l'ennesima tappa della Tournée. Lì Bill Kaulitz era
andato a nascondersi, dopo essere letteralmente scappato dall'Hotel dove
alloggiavano i suoi amici. Hotel dove, nemmeno a dirlo, un ragazzo biondo stava
passando la serata in modo spensierato in compagnia di una Pamela,una groupie
come tante.
In quel momento all'Imperial di Hamburg due ragazzi stavano
fumando tranquillamente sul tetto, in compagnia di alcuni membri dello staff.
Aveva appena smesso di piovere.
"Domani mattina partiamo alle quattro,
cazzo. Nemmeno un po' di tempo per dormire..sono già le undici." commentò
Georg, con un sorriso compiaciuto. Amava quella vita
sregolata.
"Recupereremo a tempo debito. Ora dobbiamo lavorare.
Conservare le energie per soddisfare chi ci segue" rispose Gustav, pacato
come di suo solito, dopo aver spento la sigaretta in un posacenere sistemato lì
accanto.
"C'è qualcuno che si sta dando molto da fare, in questo
senso." con una strizzatina d'occhi, Georg accennò con la testa alla
porta che riconduceva al loro corridoio.
"Ci sarà un motivo se fra noi
è quello che ha bisogno di più sonno."
Sia Gustav che Georg risero,
allegri. Uno riservato e l'altro troppo timido, non si dedicavano seriamente
all'amore, perché per loro veniva prima la musica.
C'era un ragazzo moro
chiuso in un bagno sporco per il quale non era così.
Per lui la musica era
imprescindibilmente collegata all'amore che provava. Amore che scorreva
palpabile in ogni sua canzone, in ogni nota che usciva dalle sue labbra e si
sublimava in un bacio, raramente. Troppo raramente.
Bill si sentiva male.
Stringendo per il collo una bottiglia di vodka rubata dal bar dell'Hotel, ormai
semivuota, si lasciava andare ai pensieri più pessimisti che ora gli sembravano
i meno illusi.
Tom l'abbracciava e lo baciava ogni tanto, anche sulle labbra.
Come un fratello.
Ma Tom abbracciava e baciava spesso anche altre persone,
come un amante.
Bill non sapeva spiegarsi come fosse nato il suo sentimento e
nemmeno aveva mai provato a farsene una ragione: per lui era normale. Tom c'era
sempre stato. Bill per lui avrebbe fatto di tutto. Aveva fatto di
tutto.guadagnando tanto amore. Sorrisi impagabili, gratitudine per essere stato
un raggio di sole. Tutto,tranne il riflesso del suo stesso sentimento..non
poteva che essere così.
"Illuso."sillabò, strascicando le
vocali a causa degli effetti dell'alcool.
Aveva tanto freddo. Era uscito in
mezze maniche, i jeans e la maglietta erano fradici a causa della pioggia, così
come le scarpe da ginnastica. Le piastrelle non restituivano alcun calore. Si
sentiva debole, anche perché aveva di nuovo rimesso tutto, in quel bagno.
Le
analisi che i medici conducevano, i nomi che cercavano di dare alla sua
malattia.era tutto vuoto e privo di senso. Lui non rimetteva per lo stress,
perché non assimilava. Non era bulimico né anoressico. Era solo disperatamente
innamorato. Insensatamente innamorato, disperatamente innamorato.
Poggiò le
palme delle mani sulle piastrelle, si lasciò cadere su un fianco. Si strinse in
posizione fetale, le mani chiuse a pugno una sopra l'altra, le ginocchia
serrate, le gambe raccolte.
Era ubriaco, di sicuro. Avvertiva l'ebbrezza. Si
rendeva vagamente conto di essere nel posto sbagliato. L'indomani gli avrebbero
fatto problemi quando sarebbe tornato.L'indomani.
Tom Kaulitz fu
svegliato dal solito trillo del telefono dell'albergo. Nel dormiveglia si vestì,
si preparò, raccolse le sue cose.e dieci minuti dopo era nella hall, come Georg
e Gustav. Sbrandato alle 4 del mattino.
Si guardò intorno per cercare la
sagoma assonnata del fratello appoggiata a qualche divano o ad una parete, ma
non lo scorse. Si avvicinò così a Dave.
"Dov'è Bill? Dorme
ancora?"
"Lo stiamo aspettando, sarà in ritardo. Forse non ha
sentito la sveglia."
"Bill è molto puntuale, mi sembra
strano"
Dave chiamò una ragazza che indossava un tailleur di un viola
prepotente dalla reception.
"Bill Kaulitz della 308 doveva essere qui
dieci minuti fa. Abbiamo una tabella di marcia. Manderebbe qualcuno a
controllare?"
La ragazza scosse la testa e con un sorriso cortese
rispose
"L'occupante della 308 ha consegnato le chiavi ieri attorno
alle dieci prima di recarsi al bar dell'Hotel. Non è ancora
rientrato."
Tom, rimbambito dal sonno, commentò
"Si è
addormentato al bar?"
"No signore, non c'è nessuno dentro.
Hanno chiuso due ore fa."
Dave sbuffò. Prese il cellulare e iniziò a
chiamare, Tom immaginava, quello di Bill.
Le chiamate a Bill aumentavano
proporzionalmente con i tic nervosi di Dave. Tom iniziò a preoccuparsi.
Georg
e Gustav parlavano concitatamente dell'accaduto.
Ad un certo punto, verso le
cinque, la voce di Dave risuonò nella hall.
"Finalmente ti degni di
rispondere! Ma dove sei?!"
Tom tese le orecchie, ma non potè
sentire.
"L'appuntamento era qui, invece! Perché non mi rispondevi?!
.Che? Lo sai che lo devi tenere sempre vicino! A tra poco!"
Dave
chiuse la comunicazione con uno scatto secco del telefono.
Rivolto al gruppo
affermò
"E' già sul pullman, aveva capito che ci trovavamo lì.
Andiamo"
Bill era rientrato un'ora prima. Aveva buttato via i
vestiti puzzolenti dopo essersi cambiato con quello che c'era sull'autobus,
lavato, truccato, pettinato ad hoc. Il profumo forte e dolciastro delle
Marlboro, unitamente ad un'ingente dose di deodorante, bagnoschiuma, shampoo e
dentifricio avevano cancellato la puzza della vodka e del vomito.
La porta
dell'autobus si aprì, Bill,che aveva il suo I-pod nero nelle orecchie, lo lasciò
sul tavolo e salutò tutti come se fosse stato lì ad aspettarli da
ore.
Scaricati i suoi bagagli, Tom prese posto accanto a lui.
"Cosa
ci fai qui, cucciolo? Hai fatto sbiancare il povero vecchio Dave"
Tom
sorrideva. Quel bellissimo sorriso innocente e divertito.
Bill sorrise con la
stessa espressione. Dentro stava bruciando.
"Non riuscivo a dormire su
quel materasso da quattro soldi e sono venuto qui. Non rispondevo perché ho
lasciato il cellulare in bagno.quando ho fatto la doccia prima di
addormentarmi."
"Ma dai, quei materassi non erano poi così
male!" commentò Tom, una mano a coprire le sue risate.
"No,
forse per te che non hai avuto modo di starci fermo, sopra." ribatté
Bill. Non voleva essere acido, tuttavia non riuscì a coprire del tutto il suo
disappunto.
Tom sorrise, attirando Bill a sé per un braccio. Lo fece sedere
sulle sue ginocchia, di schiena, e l'abbracciò energicamente.
"Povero
il mio Bill che non conosce le gioie dell'amore."
"Piantala,
Tom" aveva sbuffato Bill.
No. Lui conosceva bene le gioie dell'amore.
Ma ancora meglio, il dolore..
Si abbandonò all'abbraccio di Tom,
che gli schioccò un bacio rumoroso sulla guancia.
I due gemelli rimasero
fermi in quella posizione finchè l'autobus non lasciò Hamburg. Le luci erano
spente, l'abitacolo illuminato solo dai lampioni biancastri e dalla
luna.
"Tutte le volte che guardo il cielo mi viene in mente 1000 Meere
adesso, lo sai, cucciolo?"
Sussurrò Tom, accarezzando un braccio di
Bill.
"Perché la distanza che separa gli amanti è di 1000
stelle?"
"Sì, per via di quel pezzo. Tu sei.proprio un poeta,
Bill."
Bill sentì le lacrime affacciarsi agli occhi, ma le ricacciò
indietro. Quei complimenti gli facevano un doppio effetto: lo facevano sentire
bene, e lo gettavano in un baratro.
"Mi vuoi bene,
Tom?"
Chiese poi tutto ad un tratto,irrigidendo un po'la schiena. Tom
lo fece scivolare sulla gamba destra fino a trovarsi viso a viso con
lui.
Bill appoggiava la testa nell'incavo del gomito del braccio destro di
Tom, sollevato all'altezza della spalla, appoggiato contro il vetro. Con la
sinistra gli teneva la mano.
Tom lo baciò dolcemente sulle labbra. Un bacio
che durava solo pochi secondi, come tutti i loro fino a quel momento. Un bacio
inconsapevole dell'effetto che aveva.
"Certo, più che a chiunque
altro."
Quelle parole risuonarono come un'eco in una valle vuota. Bill
sorrise.
"Anche io. Anche io. Conti più di
chiunque altro, di ogni altra cosa..Ma per te non sono più da tempo la cosa più
importante.."
Pensò il
moro,curandosi di non guardare in faccia il
fratello.
"Bill"
Alzando la testa, Bill fu sorpreso di
vedere molta preoccupazione negli occhi del gemello.
"Stai bene,
Bill?"
I calci e i pugni arrivavano da ogni parte. Talmente
tanti, una pioggia insistente accompagnata da risate come tuoni, non capiva
nemmeno da che parte e da chi giungessero, e non ci faceva caso.finchè tutto non
era cessato all'improvviso, ed erano comparsi loro tre. Georg, i capelli corti e
ricci, il ragazzo più forzuto della zona. Gustav, taciturno, era spesso
sottovalutato. E poi..Tom, il suo Tom, che lo salvava sempre dai maltrattamenti
a scuola. Tom il teppistello. Tom che l'aveva aiutato ad alzarsi e sfoggiando un
fresco livido rosso accanto al solito bel sorriso gli aveva domandato, come
mille volte aveva fatto.
"Ti fa male da qualche parte,
Bill?"
Senza che potesse evitarlo, si trovò in lacrime. Tom
ebbe un sobbalzo, si trovò a guardare Bill con la bocca aperta, sorpreso,
incapace di gestire una situazione che non si aspettava di
certo.
"Scusa, va tutto ok"
"Non è vero, se piangi
non va bene." preoccupato, Tom accarezzò il viso di Bill, bagnato.
L'abbracciò.
Quel calore confortante Bill lo aveva assimilato in modo
maniacale negli anni precedenti, eppure in quel momento gli toglieva aria, lo
bruciava al solo contatto.
Bill si alzò con uno scatto secco lasciando Tom
basito, le braccia ancora aperte, seduto.
"Lasciami stare"
sibilò, allontanandosi deciso verso le cuccette.
Tom non seppe spiegarsi
come, ma aveva percepito improvvisamente un gelo interiore letale. Un groppo gli
era salito in gola. Si era trovato dietro al fratello in poche falcate. L'aveva
preso per la maglietta. Avrebbe voluto dirgli molte cose. Chiedere perché.
Tirarlo a sé e stringerlo forte. Invece non era possibile. Rimase fermo, così
com'era..
Bill non si girò.
La voce di Tom non voleva saperne di
uscire.
Qualcosa in quel momento e per sempre, era cambiato.
"Io
ti." sussurrò Bill.
Tom alzò la testa di scatto, i suoi occhi
iniziarono a lacrimare senza che lo volesse.
A Bill doleva la testa. Sempre
così prima di una delle sue puntate in bagno. Puntate nascoste, così frequenti
che ormai, senza che nessuno si fosse mai accorto di nulla, si erano fatte
talmente frequenti da portarlo ben sotto i 50 kg. La linea di confine era stata
attraversata.
Tom per la prima volta lo strinse a sé completamente, e nel
terrore per quello che stava accadendo, cui non sapeva dare nome, gemette. Le
sue mani accarezzando la felpa di Bill avevano trovato qualcosa, qualcosa che
non si aspettava.afferrò i pesi da due chili ciascuno e li osservò,come ad
aspettare il momento in cui si sarebbe reso conto che non erano tali. Che non
aveva in mano 4 kg, ma oggetti senza utilità. Spaventato, voleva gridare contro
Bill, ma riuscì solo a rantolare.
"Cosa è successo? Cosa
sono?!"
Bill impallidì ulteriormente.
Tom li lanciò sul sedile
accanto.
Bill stava alzando lo sguardo per incrociare quello del fratello e
dirgli qualcosa..ma Tom fu più veloce, e in breve Bill sentì nella bocca il
sapore del sangue.
Tom stava davanti a lui, il braccio ancora alzato, la mano
ancora aperta per lo schiaffo potente che gli aveva appena dato. Lo sguardo
arrabbiato, le lacrime calde ferme sulle guance. Delusione e paura brillavano
vicine nei suoi occhi.
Bill portò lentamente una mano al viso, che doleva.
Non osava più guardare Tom.
"Mi hai mentito, bugiardo, bugiardo! Come
hai potuto?! Io credevo che ti stessi impegnando per guarire!"
Bill
sentì la voce morire. Il fiato farsi freddo. Non sapeva rispondere.
Tom
l'afferrò per gli avambracci, stringendo con le dita allenate da anni di note
per accompagnare quella voce che adesso non voleva saperne di uscire.
Gli
gridò in faccia, "Bill! Perché?!" poi rimase a guardarlo. Sentì le
energie calare, la rabbia trasformarsi in dolore. Dimentico di allentare la
presa sulle braccia del gemello, non si curò di graffiarle più o meno
leggermente mentre si lasciava scivolare in basso,ad abbracciarne la vita,
piangendo come un bambino.
Bill sorrise. Un sorriso anormale. Un sorriso che
rassomigliava a quello della Pietà.
I suoi occhi erano fissi su Tom, senza
realmente vederlo. Su quel ragazzo così fiero e sereno che piangeva
disperatamente abbracciato a lui. Lui, che l'amava e che non avrebbe mai voluto
ridurlo a tanto. L'aveva maledetto.
Si lasciò cadere anche lui, vicino a
Tom.
Tom piangeva in un angolo del salotto. Raggomitolato,stringeva
fra le mani quel che restava di un piccolo angelo di vetro che fino a poco prima
stava brillando su una mensola. Gli piaceva come rifletteva la luce, così aveva
voluto toccarlo, ma l'aveva frantumato. Simone l'avrebbe sgridato di certo.
Bill, che lo chiamava da un po', fu il primo a trovarlo e a scoprire che cosa
era accaduto. Quella scena gli sarebbe rimasta impressa a lungo: nella luce
calda di quel salotto polveroso, dove fino a poco prima solo l'angelo rotto
brillava, suo fratello l'aveva aiutato ad alzarsi sorridendo, gli aveva medicato
le dita ferite, le aveva baciate e sorridendo, mentre gli stringeva le mani con
affetto, gli aveva detto "D'ora in poi io sarò il tuo
angelo"
"Tomi." chiamò, a bassa voce. Accarezzò
la testa del fratello, coperta come al solito da un grande
cappello.
"La mia mano, ora e sempre, sulla tua.non dicevi
così?" chiese Tom. La voce tremava, ma la rabbia era passata. Era solo
dolore e paura.
Bill annuì.
"Perché vuoi lasciarmi,
Bill?"
Spiazzato, Bill interruppe le carezze. Tom alzò la
testa.
"Non lascerò mai la tua mano, Tom."
Tom, in ginocchio
davanti a Bill, ne prese una mano. Si meravigliò di quanto fosse fredda, di
quanto quelle dita fossero sottili.come aveva potuto non
accorgersene?
"Perdonami"
"Perdona tu me. Io..sono
sporco, Tom"
Tom corrugò leggermente le sopracciglia, nell'alzare lo
sguardo ed incrociare quello gemello ed enigmatico di Bill.
"Cosa stai
dicendo? Bill, hai sbagliato, è vero.ma tu sei.sei molto puro, e soffri tanto.io
non sono stato capace di capirlo fino in fondo, quindi se sei così malmesso è
anche colpa mia. Ma ora non ti lascerò più solo. Ti starò
vicino."
Bill sorrise scuotendo la testa.
Nel fare quel gesto, ebbe
un capogiro. Concentrandosi su Tom, riprese a parlare.
"Nessuno può
redimermi da qualcosa di cui non mi voglio liberare."
"Cosa
stai dicendo? Redimerti? Per quale peccato?"
Bill accarezzò nuovamente
Tom, per poi voltarsi.
"Bill.dove stai andando? Io sento che ti
allontani."
"Crudele e meraviglioso, il disegno che mi ha
voluto tuo fratello."
Per Tom i rumori del mondo
tacquero.
"Crudele, perché non posso amarti
completamente.meraviglioso, perché mi permette comunque di avere un eterno
pretesto per starti accanto."
Tom osservava Bill affascinato.
Il sole splendeva alto quella mattina a Loetschen, ma lui era abbagliato da
Bill, che camminava in equilibrio su quel muretto davanti a lui. Canticchiava
una vecchia canzone. Talmente affascinato dalla scena, si era dimenticato di
concentrarsi sui piedi, e aveva perso l'equilibrio.convinto di essere finito nei
rovi un metro e mezzo sotto di loro, si era invece ritrovato fra le braccia di
Bill che, radioso, il viso ricoperto di piccoli tagli da cui già compariva
brillante il color rubino,aveva esclamato "Ce l'ho fatta, ti ho
protetto!" "ma Bill, il tuo viso." Bill gli aveva dato un
bacio casto sulla fronte."Io sono un angelo. Il tuo angelo. Proteggerti è
il mio compito" E Tom da lì mille volte si era sentito salvato, da quel
sorriso.
Tom vide qualcosa che non avrebbe voluto. Vide suo fratello
sorridere come se davvero fosse stato qualcosa di molto diverso da lui. Quel
sorriso aveva qualcosa di strano. Vi era rimasto catturato all'interno un
istante eterno. Un riflesso brillante di qualcosa che non se ne sarebbe mai
andato.
E poi, la mano di Bill sul proprio cuore. Un colpo di tosse, un
sorriso triste. Tom immobile. Un bacio, l'ultimo bacio.e Bill cadde a terra,
leggero come una piuma.
L'angelo di vetro, dopo un breve volo,cadde al
suolo con il suo primo ed ultimo suono. Frammenti di luce brillarono ovunque
nella stanza, per l'ultima volta.
Tom avrebbe voluto dirgli molte cose.
Chiedere perché. Tirarlo a sé e stringerlo forte. Invece non era possibile.
Rimase fermo, così com'era.
...nel luogo dove il
cuore di Bill aveva smesso per sempre di battere.
******
Erano passati cinque anni.
Dave bussò alla porta del
camerino.
"Tra dieci minuti si inizia!!"
Un bel ragazzo dai
capelli neri lunghi fino alle spalle finiva di ritoccarsi la matita nera sugli
occhi castani. Il giubbotto di pelle gli tirava leggermente sui gomiti.
Nella
stanza accanto, altri due ragazzi, uno piuttosto alto e muscoloso dai capelli
liscissimi lunghi fino alla vita ed uno robusto con un cappellino nero in testa
stavano accordando i loro strumenti, controllandoli l'ultima volta.
Tom si
sedette ad accordare la Gibson. Suonare con le unghie finte non era affatto
semplice.
Finì prima del tempo. Fra cinque minuti sarebbe di nuovo salito sul
palco. Lì nella sua voce che accompagnava la chitarra, Bill avrebbe vissuto di
nuovo, anche se solo per un'ora.
Si alzò in piedi e si affacciò alla finestra
ampia e lucida dell'Hotel. Il Tokio Dome gli si stagliava davanti in tutta la
sua grandezza.
Meccanicamente si diresse verso una grossa sacca rossa, dalla
quale estrasse una scatola dove era stato scritto con un pennarello nero
"Bill".
"Avresti voluto vederla anche tu, Tokio."
Sussurrò
Tom. A distanza di anni non aveva smesso di parlare, quando si trovava solo,
come se Bill fosse stato lì presente ad ascoltarlo.
Aprì la scatola, che
oppose una leggera resistenza. Non l'aveva mai aperta da quel giorno di cinque
anni fa, in cui avevano liberato il bus da tutti gli effetti personali di Bill.
Si era ripromesso di farlo una volta realizzato il loro sogno di visitare la
capitale. E lo stava facendo, anche se non era facile.
Sfiorò con le dita un
aeroplanino di plastica colorata. Sentì improvvisamente una grande nostalgia,
che riuniva in sé la voglia di piangere e di sorridere ai ricordi che vi erano
legati.
Spostò l'aeroplanino sul davanzale, per continuare a frugare.
Braccialetti di borchie, il collare, un disegno raffigurante un paesaggio fatto
solo a matita.Tanti piccoli pezzi di quello che Bill era stato.e poi.
Tom lo
trovò. Non l'aveva più visto da allora, non l'aveva nemmeno più cercato.lucido e
nero, con una stellina disegnata con la scolorina. L'I-pod personale di Bill.
Quello che stava ascoltando quel giorno, lo stesso che infilava fra i capelli
per comporre, per canticchiare.così spesso, in passato.
Senza chiedersene il
motivo, il ragazzo lo accese. La traccia era in pausa. L'ultima canzone
ascoltata da suo fratello.osservando sé stesso allo specchio, Tom si portò le
cuffie alle orecchie..e in quel momento, gli parve che il suo riflesso, fra le
lacrime, avesse finalmente sorriso.
I walk a lonely road
The
only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to
me and I walk alone
I walk this empty street
On the Boulevard of broken
dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone
I
walk alone I walk alone
I walk alone and I walk alone
My shadows the
only one that walks beside me
My shallow hearts the only thing that's
beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Till then I'll
walk alone.
[FINE]
__________________________________________
(C) song by Green Day_Boulevard of broken dreams