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Autore: SchwarzEngel    13/08/2008    4 recensioni
L’angelo di vetro, dopo un breve volo,cadde al suolo con il suo primo ed ultimo suono. Frammenti di luce brillarono ovunque nella stanza, per l’ultima volta.
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'angelo di Vetro by zwi

Le piastrelle del pavimento del bagno erano fredde e l'odore pungente del detergente avvolgeva un ragazzo dai capelli neri che, stancamente, si guardava nello specchio sporco.
L'aveva fatto di nuovo. Di questo passo non ne sarebbe uscito, e lo sapeva bene.
Con un po'di carta igienica e con dell'acqua fredda Bill si struccò completamente, i capelli bagnati di sudore ed acqua piovana cadevano lisci e scomposti lungo quel volto magro e troppo pallido. Gettò per terra il tutto. In quel sudicio bagno della stazione centrale di Hamburg,città dove si erano fermati per l'ennesima tappa della Tournée. Lì Bill Kaulitz era andato a nascondersi, dopo essere letteralmente scappato dall'Hotel dove alloggiavano i suoi amici. Hotel dove, nemmeno a dirlo, un ragazzo biondo stava passando la serata in modo spensierato in compagnia di una Pamela,una groupie come tante.
In quel momento all'Imperial di Hamburg due ragazzi stavano fumando tranquillamente sul tetto, in compagnia di alcuni membri dello staff. Aveva appena smesso di piovere.
"Domani mattina partiamo alle quattro, cazzo. Nemmeno un po' di tempo per dormire..sono già le undici." commentò Georg, con un sorriso compiaciuto. Amava quella vita sregolata.
"Recupereremo a tempo debito. Ora dobbiamo lavorare. Conservare le energie per soddisfare chi ci segue" rispose Gustav, pacato come di suo solito, dopo aver spento la sigaretta in un posacenere sistemato lì accanto.
"C'è qualcuno che si sta dando molto da fare, in questo senso." con una strizzatina d'occhi, Georg accennò con la testa alla porta che riconduceva al loro corridoio.
"Ci sarà un motivo se fra noi è quello che ha bisogno di più sonno."
Sia Gustav che Georg risero, allegri. Uno riservato e l'altro troppo timido, non si dedicavano seriamente all'amore, perché per loro veniva prima la musica.
C'era un ragazzo moro chiuso in un bagno sporco per il quale non era così.
Per lui la musica era imprescindibilmente collegata all'amore che provava. Amore che scorreva palpabile in ogni sua canzone, in ogni nota che usciva dalle sue labbra e si sublimava in un bacio, raramente. Troppo raramente.
Bill si sentiva male. Stringendo per il collo una bottiglia di vodka rubata dal bar dell'Hotel, ormai semivuota, si lasciava andare ai pensieri più pessimisti che ora gli sembravano i meno illusi.
Tom l'abbracciava e lo baciava ogni tanto, anche sulle labbra. Come un fratello.
Ma Tom abbracciava e baciava spesso anche altre persone, come un amante.
Bill non sapeva spiegarsi come fosse nato il suo sentimento e nemmeno aveva mai provato a farsene una ragione: per lui era normale. Tom c'era sempre stato. Bill per lui avrebbe fatto di tutto. Aveva fatto di tutto.guadagnando tanto amore. Sorrisi impagabili, gratitudine per essere stato un raggio di sole. Tutto,tranne il riflesso del suo stesso sentimento..non poteva che essere così.
"Illuso."sillabò, strascicando le vocali a causa degli effetti dell'alcool.
Aveva tanto freddo. Era uscito in mezze maniche, i jeans e la maglietta erano fradici a causa della pioggia, così come le scarpe da ginnastica. Le piastrelle non restituivano alcun calore. Si sentiva debole, anche perché aveva di nuovo rimesso tutto, in quel bagno.
Le analisi che i medici conducevano, i nomi che cercavano di dare alla sua malattia.era tutto vuoto e privo di senso. Lui non rimetteva per lo stress, perché non assimilava. Non era bulimico né anoressico. Era solo disperatamente innamorato. Insensatamente innamorato, disperatamente innamorato.
Poggiò le palme delle mani sulle piastrelle, si lasciò cadere su un fianco. Si strinse in posizione fetale, le mani chiuse a pugno una sopra l'altra, le ginocchia serrate, le gambe raccolte.
Era ubriaco, di sicuro. Avvertiva l'ebbrezza. Si rendeva vagamente conto di essere nel posto sbagliato. L'indomani gli avrebbero fatto problemi quando sarebbe tornato.L'indomani.

Tom Kaulitz fu svegliato dal solito trillo del telefono dell'albergo. Nel dormiveglia si vestì, si preparò, raccolse le sue cose.e dieci minuti dopo era nella hall, come Georg e Gustav. Sbrandato alle 4 del mattino.
Si guardò intorno per cercare la sagoma assonnata del fratello appoggiata a qualche divano o ad una parete, ma non lo scorse. Si avvicinò così a Dave.
"Dov'è Bill? Dorme ancora?"
"Lo stiamo aspettando, sarà in ritardo. Forse non ha sentito la sveglia."
"Bill è molto puntuale, mi sembra strano"
Dave chiamò una ragazza che indossava un tailleur di un viola prepotente dalla reception.
"Bill Kaulitz della 308 doveva essere qui dieci minuti fa. Abbiamo una tabella di marcia. Manderebbe qualcuno a controllare?"
La ragazza scosse la testa e con un sorriso cortese rispose
"L'occupante della 308 ha consegnato le chiavi ieri attorno alle dieci prima di recarsi al bar dell'Hotel. Non è ancora rientrato."
Tom, rimbambito dal sonno, commentò
"Si è addormentato al bar?"
"No signore, non c'è nessuno dentro. Hanno chiuso due ore fa."
Dave sbuffò. Prese il cellulare e iniziò a chiamare, Tom immaginava, quello di Bill.
Le chiamate a Bill aumentavano proporzionalmente con i tic nervosi di Dave. Tom iniziò a preoccuparsi.
Georg e Gustav parlavano concitatamente dell'accaduto.
Ad un certo punto, verso le cinque, la voce di Dave risuonò nella hall.
"Finalmente ti degni di rispondere! Ma dove sei?!"
Tom tese le orecchie, ma non potè sentire.
"L'appuntamento era qui, invece! Perché non mi rispondevi?! .Che? Lo sai che lo devi tenere sempre vicino! A tra poco!"
Dave chiuse la comunicazione con uno scatto secco del telefono.
Rivolto al gruppo affermò
"E' già sul pullman, aveva capito che ci trovavamo lì. Andiamo"

Bill era rientrato un'ora prima. Aveva buttato via i vestiti puzzolenti dopo essersi cambiato con quello che c'era sull'autobus, lavato, truccato, pettinato ad hoc. Il profumo forte e dolciastro delle Marlboro, unitamente ad un'ingente dose di deodorante, bagnoschiuma, shampoo e dentifricio avevano cancellato la puzza della vodka e del vomito.
La porta dell'autobus si aprì, Bill,che aveva il suo I-pod nero nelle orecchie, lo lasciò sul tavolo e salutò tutti come se fosse stato lì ad aspettarli da ore.
Scaricati i suoi bagagli, Tom prese posto accanto a lui.
"Cosa ci fai qui, cucciolo? Hai fatto sbiancare il povero vecchio Dave"
Tom sorrideva. Quel bellissimo sorriso innocente e divertito.
Bill sorrise con la stessa espressione. Dentro stava bruciando.
"Non riuscivo a dormire su quel materasso da quattro soldi e sono venuto qui. Non rispondevo perché ho lasciato il cellulare in bagno.quando ho fatto la doccia prima di addormentarmi."
"Ma dai, quei materassi non erano poi così male!" commentò Tom, una mano a coprire le sue risate.
"No, forse per te che non hai avuto modo di starci fermo, sopra." ribatté Bill. Non voleva essere acido, tuttavia non riuscì a coprire del tutto il suo disappunto.
Tom sorrise, attirando Bill a sé per un braccio. Lo fece sedere sulle sue ginocchia, di schiena, e l'abbracciò energicamente.
"Povero il mio Bill che non conosce le gioie dell'amore."
"Piantala, Tom" aveva sbuffato Bill.
No. Lui conosceva bene le gioie dell'amore. Ma ancora meglio, il dolore..
Si abbandonò all'abbraccio di Tom, che gli schioccò un bacio rumoroso sulla guancia.
I due gemelli rimasero fermi in quella posizione finchè l'autobus non lasciò Hamburg. Le luci erano spente, l'abitacolo illuminato solo dai lampioni biancastri e dalla luna.
"Tutte le volte che guardo il cielo mi viene in mente 1000 Meere adesso, lo sai, cucciolo?"
Sussurrò Tom, accarezzando un braccio di Bill.
"Perché la distanza che separa gli amanti è di 1000 stelle?"
"Sì, per via di quel pezzo. Tu sei.proprio un poeta, Bill."
Bill sentì le lacrime affacciarsi agli occhi, ma le ricacciò indietro. Quei complimenti gli facevano un doppio effetto: lo facevano sentire bene, e lo gettavano in un baratro.
"Mi vuoi bene, Tom?"
Chiese poi tutto ad un tratto,irrigidendo un po'la schiena. Tom lo fece scivolare sulla gamba destra fino a trovarsi viso a viso con lui.
Bill appoggiava la testa nell'incavo del gomito del braccio destro di Tom, sollevato all'altezza della spalla, appoggiato contro il vetro. Con la sinistra gli teneva la mano.
Tom lo baciò dolcemente sulle labbra. Un bacio che durava solo pochi secondi, come tutti i loro fino a quel momento. Un bacio inconsapevole dell'effetto che aveva.
"Certo, più che a chiunque altro."
Quelle parole risuonarono come un'eco in una valle vuota. Bill sorrise.
"Anche io. Anche io. Conti più di chiunque altro, di ogni altra cosa..Ma per te non sono più da tempo la cosa più importante.." Pensò il moro,curandosi di non guardare in faccia il fratello.
"Bill"
Alzando la testa, Bill fu sorpreso di vedere molta preoccupazione negli occhi del gemello.
"Stai bene, Bill?"

I calci e i pugni arrivavano da ogni parte. Talmente tanti, una pioggia insistente accompagnata da risate come tuoni, non capiva nemmeno da che parte e da chi giungessero, e non ci faceva caso.finchè tutto non era cessato all'improvviso, ed erano comparsi loro tre. Georg, i capelli corti e ricci, il ragazzo più forzuto della zona. Gustav, taciturno, era spesso sottovalutato. E poi..Tom, il suo Tom, che lo salvava sempre dai maltrattamenti a scuola. Tom il teppistello. Tom che l'aveva aiutato ad alzarsi e sfoggiando un fresco livido rosso accanto al solito bel sorriso gli aveva domandato, come mille volte aveva fatto.
"Ti fa male da qualche parte, Bill?"


Senza che potesse evitarlo, si trovò in lacrime. Tom ebbe un sobbalzo, si trovò a guardare Bill con la bocca aperta, sorpreso, incapace di gestire una situazione che non si aspettava di certo.
"Scusa, va tutto ok"
"Non è vero, se piangi non va bene." preoccupato, Tom accarezzò il viso di Bill, bagnato. L'abbracciò.
Quel calore confortante Bill lo aveva assimilato in modo maniacale negli anni precedenti, eppure in quel momento gli toglieva aria, lo bruciava al solo contatto.
Bill si alzò con uno scatto secco lasciando Tom basito, le braccia ancora aperte, seduto.
"Lasciami stare" sibilò, allontanandosi deciso verso le cuccette.
Tom non seppe spiegarsi come, ma aveva percepito improvvisamente un gelo interiore letale. Un groppo gli era salito in gola. Si era trovato dietro al fratello in poche falcate. L'aveva preso per la maglietta. Avrebbe voluto dirgli molte cose. Chiedere perché. Tirarlo a sé e stringerlo forte. Invece non era possibile. Rimase fermo, così com'era..
Bill non si girò.
La voce di Tom non voleva saperne di uscire.
Qualcosa in quel momento e per sempre, era cambiato.
"Io ti." sussurrò Bill.
Tom alzò la testa di scatto, i suoi occhi iniziarono a lacrimare senza che lo volesse.
A Bill doleva la testa. Sempre così prima di una delle sue puntate in bagno. Puntate nascoste, così frequenti che ormai, senza che nessuno si fosse mai accorto di nulla, si erano fatte talmente frequenti da portarlo ben sotto i 50 kg. La linea di confine era stata attraversata.
Tom per la prima volta lo strinse a sé completamente, e nel terrore per quello che stava accadendo, cui non sapeva dare nome, gemette. Le sue mani accarezzando la felpa di Bill avevano trovato qualcosa, qualcosa che non si aspettava.afferrò i pesi da due chili ciascuno e li osservò,come ad aspettare il momento in cui si sarebbe reso conto che non erano tali. Che non aveva in mano 4 kg, ma oggetti senza utilità. Spaventato, voleva gridare contro Bill, ma riuscì solo a rantolare.
"Cosa è successo? Cosa sono?!"
Bill impallidì ulteriormente.
Tom li lanciò sul sedile accanto.
Bill stava alzando lo sguardo per incrociare quello del fratello e dirgli qualcosa..ma Tom fu più veloce, e in breve Bill sentì nella bocca il sapore del sangue.
Tom stava davanti a lui, il braccio ancora alzato, la mano ancora aperta per lo schiaffo potente che gli aveva appena dato. Lo sguardo arrabbiato, le lacrime calde ferme sulle guance. Delusione e paura brillavano vicine nei suoi occhi.
Bill portò lentamente una mano al viso, che doleva. Non osava più guardare Tom.
"Mi hai mentito, bugiardo, bugiardo! Come hai potuto?! Io credevo che ti stessi impegnando per guarire!"
Bill sentì la voce morire. Il fiato farsi freddo. Non sapeva rispondere.
Tom l'afferrò per gli avambracci, stringendo con le dita allenate da anni di note per accompagnare quella voce che adesso non voleva saperne di uscire.
Gli gridò in faccia, "Bill! Perché?!" poi rimase a guardarlo. Sentì le energie calare, la rabbia trasformarsi in dolore. Dimentico di allentare la presa sulle braccia del gemello, non si curò di graffiarle più o meno leggermente mentre si lasciava scivolare in basso,ad abbracciarne la vita, piangendo come un bambino.
Bill sorrise. Un sorriso anormale. Un sorriso che rassomigliava a quello della Pietà.
I suoi occhi erano fissi su Tom, senza realmente vederlo. Su quel ragazzo così fiero e sereno che piangeva disperatamente abbracciato a lui. Lui, che l'amava e che non avrebbe mai voluto ridurlo a tanto. L'aveva maledetto.
Si lasciò cadere anche lui, vicino a Tom.

Tom piangeva in un angolo del salotto. Raggomitolato,stringeva fra le mani quel che restava di un piccolo angelo di vetro che fino a poco prima stava brillando su una mensola. Gli piaceva come rifletteva la luce, così aveva voluto toccarlo, ma l'aveva frantumato. Simone l'avrebbe sgridato di certo. Bill, che lo chiamava da un po', fu il primo a trovarlo e a scoprire che cosa era accaduto. Quella scena gli sarebbe rimasta impressa a lungo: nella luce calda di quel salotto polveroso, dove fino a poco prima solo l'angelo rotto brillava, suo fratello l'aveva aiutato ad alzarsi sorridendo, gli aveva medicato le dita ferite, le aveva baciate e sorridendo, mentre gli stringeva le mani con affetto, gli aveva detto "D'ora in poi io sarò il tuo angelo"

"Tomi." chiamò, a bassa voce. Accarezzò la testa del fratello, coperta come al solito da un grande cappello.
"La mia mano, ora e sempre, sulla tua.non dicevi così?" chiese Tom. La voce tremava, ma la rabbia era passata. Era solo dolore e paura.
Bill annuì.
"Perché vuoi lasciarmi, Bill?"
Spiazzato, Bill interruppe le carezze. Tom alzò la testa.
"Non lascerò mai la tua mano, Tom."
Tom, in ginocchio davanti a Bill, ne prese una mano. Si meravigliò di quanto fosse fredda, di quanto quelle dita fossero sottili.come aveva potuto non accorgersene?
"Perdonami"
"Perdona tu me. Io..sono sporco, Tom"
Tom corrugò leggermente le sopracciglia, nell'alzare lo sguardo ed incrociare quello gemello ed enigmatico di Bill.
"Cosa stai dicendo? Bill, hai sbagliato, è vero.ma tu sei.sei molto puro, e soffri tanto.io non sono stato capace di capirlo fino in fondo, quindi se sei così malmesso è anche colpa mia. Ma ora non ti lascerò più solo. Ti starò vicino."
Bill sorrise scuotendo la testa.
Nel fare quel gesto, ebbe un capogiro. Concentrandosi su Tom, riprese a parlare.
"Nessuno può redimermi da qualcosa di cui non mi voglio liberare."
"Cosa stai dicendo? Redimerti? Per quale peccato?"
Bill accarezzò nuovamente Tom, per poi voltarsi.
"Bill.dove stai andando? Io sento che ti allontani."
"Crudele e meraviglioso, il disegno che mi ha voluto tuo fratello."
Per Tom i rumori del mondo tacquero.
"Crudele, perché non posso amarti completamente.meraviglioso, perché mi permette comunque di avere un eterno pretesto per starti accanto."

Tom osservava Bill affascinato. Il sole splendeva alto quella mattina a Loetschen, ma lui era abbagliato da Bill, che camminava in equilibrio su quel muretto davanti a lui. Canticchiava una vecchia canzone. Talmente affascinato dalla scena, si era dimenticato di concentrarsi sui piedi, e aveva perso l'equilibrio.convinto di essere finito nei rovi un metro e mezzo sotto di loro, si era invece ritrovato fra le braccia di Bill che, radioso, il viso ricoperto di piccoli tagli da cui già compariva brillante il color rubino,aveva esclamato "Ce l'ho fatta, ti ho protetto!" "ma Bill, il tuo viso." Bill gli aveva dato un bacio casto sulla fronte."Io sono un angelo. Il tuo angelo. Proteggerti è il mio compito" E Tom da lì mille volte si era sentito salvato, da quel sorriso.

Tom vide qualcosa che non avrebbe voluto. Vide suo fratello sorridere come se davvero fosse stato qualcosa di molto diverso da lui. Quel sorriso aveva qualcosa di strano. Vi era rimasto catturato all'interno un istante eterno. Un riflesso brillante di qualcosa che non se ne sarebbe mai andato.
E poi, la mano di Bill sul proprio cuore. Un colpo di tosse, un sorriso triste. Tom immobile. Un bacio, l'ultimo bacio.e Bill cadde a terra, leggero come una piuma.

L'angelo di vetro, dopo un breve volo,cadde al suolo con il suo primo ed ultimo suono. Frammenti di luce brillarono ovunque nella stanza, per l'ultima volta.

Tom avrebbe voluto dirgli molte cose. Chiedere perché. Tirarlo a sé e stringerlo forte. Invece non era possibile. Rimase fermo, così com'era.

...nel luogo dove il cuore di Bill aveva smesso per sempre di battere.


******


Erano passati cinque anni.
Dave bussò alla porta del camerino.
"Tra dieci minuti si inizia!!"
Un bel ragazzo dai capelli neri lunghi fino alle spalle finiva di ritoccarsi la matita nera sugli occhi castani. Il giubbotto di pelle gli tirava leggermente sui gomiti.
Nella stanza accanto, altri due ragazzi, uno piuttosto alto e muscoloso dai capelli liscissimi lunghi fino alla vita ed uno robusto con un cappellino nero in testa stavano accordando i loro strumenti, controllandoli l'ultima volta.
Tom si sedette ad accordare la Gibson. Suonare con le unghie finte non era affatto semplice.
Finì prima del tempo. Fra cinque minuti sarebbe di nuovo salito sul palco. Lì nella sua voce che accompagnava la chitarra, Bill avrebbe vissuto di nuovo, anche se solo per un'ora.
Si alzò in piedi e si affacciò alla finestra ampia e lucida dell'Hotel. Il Tokio Dome gli si stagliava davanti in tutta la sua grandezza.
Meccanicamente si diresse verso una grossa sacca rossa, dalla quale estrasse una scatola dove era stato scritto con un pennarello nero "Bill".
"Avresti voluto vederla anche tu, Tokio."
Sussurrò Tom. A distanza di anni non aveva smesso di parlare, quando si trovava solo, come se Bill fosse stato lì presente ad ascoltarlo.
Aprì la scatola, che oppose una leggera resistenza. Non l'aveva mai aperta da quel giorno di cinque anni fa, in cui avevano liberato il bus da tutti gli effetti personali di Bill. Si era ripromesso di farlo una volta realizzato il loro sogno di visitare la capitale. E lo stava facendo, anche se non era facile.
Sfiorò con le dita un aeroplanino di plastica colorata. Sentì improvvisamente una grande nostalgia, che riuniva in sé la voglia di piangere e di sorridere ai ricordi che vi erano legati.
Spostò l'aeroplanino sul davanzale, per continuare a frugare. Braccialetti di borchie, il collare, un disegno raffigurante un paesaggio fatto solo a matita.Tanti piccoli pezzi di quello che Bill era stato.e poi.
Tom lo trovò. Non l'aveva più visto da allora, non l'aveva nemmeno più cercato.lucido e nero, con una stellina disegnata con la scolorina. L'I-pod personale di Bill. Quello che stava ascoltando quel giorno, lo stesso che infilava fra i capelli per comporre, per canticchiare.così spesso, in passato.
Senza chiedersene il motivo, il ragazzo lo accese. La traccia era in pausa. L'ultima canzone ascoltata da suo fratello.osservando sé stesso allo specchio, Tom si portò le cuffie alle orecchie..e in quel momento, gli parve che il suo riflesso, fra le lacrime, avesse finalmente sorriso.


I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and I walk alone
I walk this empty street
On the Boulevard of broken dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone
I walk alone I walk alone
I walk alone and I walk alone

My shadows the only one that walks beside me
My shallow hearts the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
'Till then I'll walk alone.


[FINE]

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(C) song by Green Day_Boulevard of broken dreams

  
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