PROLOGO –
“In un’epoca, millenni
distante al odierno periodo ed in un luogo oscurato e ormai sommerso da anni
sopra un oceano di sabbia, viveva e prosperava un giovane condottiero conosciuto
in tutto il suo popolo e perfino nei paesi esteri.
Era di nobili origini:
alto, robusto e fiero attraversava le porte della sua città sempre agghindato
del proprio onore e della gloria a lui porte dal suo popolo. Fin da infante
aveva conosciuto l’ arte del saper maneggiare una spada, trasmessagli dal nobile
ceppo a cui apparteneva, ma mai nessuno, neanche il suo onorevole padre,
avrebbero mai pensato che un giorno quel bambino così dotato potesse divenire un
eroe o chissà un immane nemico.
Nell’epoca in cui io, Amir
Kasser, sto scrivendo questa leggenda, l’uomo di cui vi ho parlato è una
leggenda, ovunque si ergono statue in suo onore, l’annuale della sua caduta
viene celebrato ogni volta con un sacrificio animale in nome della sua forza
protettrice che veglia su di noi, in ogni casa nobiliare vi si trovano pitture
col suo ritratto o il suo viso intarsiato per sempre su un blocco di gesso o
granito. Tutti noi lo vediamo come un’anima protettrice e benevola, che ci cura
e si prende cura della nostra città, difendendoci solo col risuonare del suo
potente nome, da nemici mille volte più potenti di
noi.
Ma non è sempre stato così,
negli anni in cui quest’uomo visse la gente lo disprezzava, credeva potesse
essere il loro peggior nemico, uno scandalo nella vita tranquilla di quel tempo,
una feccia per il mondo dorato di cui faceva parte quella gente. Così che un
giorno l’uomo svanì e non rimase che polvere e sabbia ad accogliere il suo
repentino cambiamento. Al popolo andava bene così, lui se n’era andato e loro
avrebbero trovato un altro eroe da elogiare.
Ma è andata veramente in
questo modo, veramente l’uomo dalla potente spada se n’era andato, e se sì,
dove, perché?
Quando si crede ad un eroe
lo si vede come un immortale, un uomo baciato dagli dei, che non potrà mai
perire se non sotto i colpi del suo feroce e potente padre. Per questo molti di
noi, del popolo che abita in mezzo alle rovine appartenenti alla città del
nostro personale dio, non credono alla sua caduta. Molti di noi continuano a
scavare nella sabbia nella speranza di trovare una parte del tessuto del suo
vestito o un gioiello a lui appartenuto. Nessuno di loro lo cerca come un corpo
fisico, poiché egli è uno spirito, un generoso angelo dalle ali iridescenti che
semina pace e prosperità.
Ma allora perché poco dopo
la sua morte la città dove aveva trascorso la maggior parte della sua vita, se
non sicuramente la parte più gioiosa, era caduta un giorno, sotto le fiamme di
un enorme incendio che aveva disintegrato tutto e tutti? E perché solo noi: gli
Horus , siamo sopravvissuti a quella catastrofe?
Bè, sicuramente una delle
risposte è questa: noi abbiamo il dono di saper parlare con gli spiriti dei
defunti. Abbiamo il compito di portare i fantasmi rimasti incatenati in
quest’epoca e guidarli verso la ‘luce’ o per meglio dire,
l’aldilà.
Ma abbiamo anche la
capacità di saper ascoltare le parole e le preghiere degli spiriti sofferenti
condannati per l’eternità a vagare per il mondo. Uno di questi appartiene
all’eroe del nostro popolo ed è bloccato su questa terra da più di 2000 anni.
Soltanto il ritrovamento del suo cadavere e la lettura della formula magica
riporteranno in vita il suo corpo.
Badate bene, questo
documento è stato scritto appositamente per far conoscere al mondo intero, di
questa e di altre ere, la vita reale dell’uomo che ha segnato indelebilmente la
storia di questa civiltà. La ‘Leggenda del Guerriero di
Carta’…”
“Bè non continui?”
“Mi dispiace ma il racconto
finisce qui, è stato scritto migliaia di anni fa, ormai il foglio si è
completamente distrutto”
“Vuoi dire che abbiamo
scavato per due mesi solo per trovare un ridicolo rotolino di papiro contenente
un racconto così breve, e per giunta incompleto?”
“Esatto, è proprio
così!”
“Ah!...Io me ne vado a
letto. Sono stanco di te, di voi e di tutta questa situazione! Se nemmeno un
immortale ci può salvare vuol dire che siamo davvero perduti. E per sempre
stavolta!”
“Non dovresti dire così,
Kawa, se c’è ancora un piccolo spiraglio di speranza lo dobbiamo solo a questo
documento, e poi fallo per tua sorella, sta facendo di tutto per non farci
pesare questa questione e tu non fai altro che smontare tutti i suoi castelli di
sabbia. Sai quanto ci tiene a noi e alla nostra felicità, vediamo di ripagarla
nel giusto modo.”
Kawa si girò verso l’amico
che lo aveva accompagnato nel viaggio, suo imminente cognato, e lo squadrò con
aria truce. Era difficile per lui mantenere un contegno in quella situazione,
figurarsi in un momento come quello dove tutto ciò in cui avevano sperato per
mesi era svanito sotto ai loro occhi.
Riportò lo sguardo davanti
a sé, aldilà del piccolo fuocherello da accampamento, che avevano acceso per la
notte, c’era sua sorella Yunee, che con gli occhi nocciola sembrava scavare nel
profondo dei colori di quelle fiammelle. Alzò lo sguardo ad incontrare il suo e
con un leggero sorriso di complicità, data da anni passati insieme, riportò lo
sguardo stanco sulla brace, concentrandosi sui propri
pensieri.
Accanto a lei, seduta nella
medesima posizione, ma con le mani in grembo e gli occhi fissamente puntati
verso di lui, stava Fary, con il volto pallido rivolto sfacciatamente verso il
suo e gli occhi grigi fiammeggianti d’ira. Con quello sguardo, lo sapeva, voleva
invitarlo a contenere le proprie parole davanti a sua sorella, voleva
convincerlo a distendersi, ma allo stesso tempo lo minacciava se quel silenzioso
patto fosse stato sciolto.
Kawa non era così stupido
ed annuì alla compagna, mostrandole un sorriso di cortesia. Lei ricambiò e voltò
la scura testa ricoperta di riccioli neri verso la luna, come suo solito aveva
capito cosa voleva comunicarle.
Il ragazzo portò lo sguardo
alla sua destra dove gli altri suoi due compagni, dopo un’estenuante lotta per
accaparrarsi il posto migliore, si erano arrotolati nelle proprie coperte ed
avevano preso sonno quasi immediatamente.
Sorrise tra sé, ripensando
al motivo della loro venuta in quel posto così desolato, poi, coprendo in pochi
passi la strada che lo separava dal suo futuro cognato, Erin, prese la sacca che
teneva lì vicino e ne tirò fuori due coperte. Una la posò sulle spalle fragili
della sorella l’altra la usò per
sé, e trovato un luogo riscaldato dal fuoco, vicino agli altri due compagni, vi
si distese e chiuse gli occhi assonnati, sperando di ritrovare nel sonno la pace
che nella realtà non poteva cogliere.
“Secondo te per quale
motivo hanno soprannominato una leggenda vivente, un uomo che ha fatto storia
per la sua enorme forza: Guerriero di Carta?”, si sentì sussurrare vicino
all’orecchio.
Si girò lentamente ed
incontrò gli occhi verdi di Robin, il ragazzo che fino a pochi secondi prima
stava comodamente acciambellato nella sua coperta fingendo di dormire, che lo
fissavano con curiosità.
“Può darsi che sia un
dettaglio riguardante la sua morte. Forse lo hanno ricoperto di carta di papiro
e gli hanno dato fuoco, oppure è arrivata una strega cattiva e lo ha trasformato
in un rotolo di carta igienica egizia”. Risero spostando il loro sguardo verso
Fary, che intanto si era voltata verso di loro incuriosita dal loro discorso. La
ragazza li fulminò con lo sguardo, e con un leggero movimento delle dita della
mano destra fece spuntare accanto ai due compagni un piccolo fuocherello che
minacciava di incenerire le loro coperte.
Subito i due si alzarono
sbattendole e inveendo contro le “malefiche streghe di oggi”, scatenando le risa
della comitiva.
Solo Yunee non rideva,
presa com’era dalle sue riflessioni non aveva neanche seguito l’avvenimento e
alzando di poco lo sguardo, lo fissò sui suoi
compagni.
“Forse il nome che gli
hanno dato è una semplice contraddizione”.
“Che significa?”.Chiese
Kawa sbigottito, non si aspettava che la sorella avrebbe continuato il discorso
cominciato qualche minuto prima.
“Io credo ch sia una pura e
semplice contraddizione. Noi non sappiamo nulla di questo uomo e della morte che
ha subito. Ma io credo che questo soprannome affibbiatoli sia uno spiraglio
verso la sua storia.”
In quel momento tutta
l’attenzione del gruppo era incatenata alle parole proferite da quella piccola
figura che si intravedeva a malapena nascosta nell’oscurità della notte. Anche
Uriel, che aveva dormito fino a quel momento, si era risvegliato al sentire la
voce della ragazza.
“Sì, il nome ‘guerriero’ è
simbolo di forza e potere, e corrisponde a ciò che abbiamo letto nella
pergamena. Ma forse c’è stato qualcosa che ha fatto capitolare tutto questo
vigore. O forse qualcuno..”
“Pensi che il nostro uomo
sia stato ucciso da qualcuno più forte di lui?” Chiese Erin, fissandola con
vivacità.
“No, forse..E’ stato
l’amore.”
Tutti si guardarono
sbigottiti, nessuno riusciva a credere che una leggenda fosse stata soffocata da
un debole sentimento. Nessuno riusciva a capire come mai una stella tanto
brillante fosse potuta cadere e svanire così nel nulla senza dare più tracce di
sé. Ma soprattutto nessuno riusciva a capacitarsi di come quel ragionamento,
forse sbagliato, aveva riacceso gli animi di tutti, soprattutto quello di
Yunee.
Nel silenzio generale, Erin
si alzò, andò al piccolo tavolino, rinchiuso nella stretta tenda che aveva
portato personalmente per riparare le attrezzature e i viveri dalle tempeste di
sabbia, e prese il grande libro nero che vi stava appoggiato
sopra.
Si avvicinò agli altri con
un sorriso.
“Sapete, anche io ho fatto
una scoperta importante. Il libro che abbiamo tra le mani è realmente il Libro
dei Morti, come avevamo pensato fin dall’inizio, non vi è nessun codice di
apertura o trabocchetto. Ma ho notato qualcosa di molto strano, quando prima ho
aperto il libro per esaminarlo non vi era scritto niente. Le pagine, fatte
interamente di metallo scuro, erano vuote.
Vi so citare solo una
vecchia leggenda, si dice che nel vero Libro dei Morti, le parole della
resurrezione vengano automaticamente scritte sulle sue pagine, da una forza
sovrannaturale, quando si ha di fronte la salma del defunto. Tutto questo perché
le parole cambiano da persona a persona, tengono conto delle qualità fisiche e
morali del defunto ma anche delle motivazioni per cui si chiede che torni
indietro.”
“Questa leggenda non
l’avevo mai sentita, quindi sei veramente sicuro che sia lui?” Chiese
Robin.
“Al cento per cento. Sennò
non mi sarei arrischiato a dirvelo. Comunque” – diede un’occhiata fugace
all’orologio da polso. “Sentite i notiziari di questa
sera!”
Corse verso la tenda e ne
tirò fuori una radiolina nera che usavano per rimanere in contatto con il mondo
esterno. L’accese e la sintonizzò sulla prima stazione che trasmettesse
informazioni utili:
“Buona sera signori,
apriamo il notiziario con i soliti aggiornamenti riportatici dai nostri
giornalisti sparsi per tutto il pianeta. Aumenta sempre di più il numero degli
invocatori in pellegrinaggio verso
Ma adesso passiamo ad una
notizia flash. L’archeologo Deakin ha, da poche ore, riesumato dalle sabbie del
deserto egizio un tempio antichissimo risalente a ben 4.000 anni fa. Proprio in
questo momento dovrebbe essere con noi in collegamento
telefonico.”
Si sentì un fruscio e poi
il rumore di un telefono che veniva alzato.
“Professore è con noi?”
Chiese il giornalista.
“Sì, eccomi sono qui. E’ un
piacere essere lì con voi e rendere partecipi gli spettatori a casa della
strabiliante scoperta avvenuta poche ore fa.” Esordì l’archeologo. Il fruscio in
sottofondo intanto si era alzato, sembrava che diventasse sempre più violento.
Si sentirono i rumori dei
passi di Deakin e il fruscio finalmente scomparire.
“Credo proprio che lei sia
capitato in una bella tempesta di sabbia, professore, vuole rimanere in linea ed
aspettare che tutto si calmi prima di parlarci del
ritrovamento?”
“No, la ringrazio
infinitamente. Mi sono già messo al riparo, sa qui ci siamo abituati, non avevo
mai visto onde di sabbia così alte, sembra quasi che sia un monito a non
avvicinarsi alla vallata.” Esordì Deakin, ridendo della sua
battuta.
“Sembrerebbe proprio di sì,
forse non è stata una buona idea andare fin laggiù anche se per una buona
causa!”E anche il giornalista rise.
“Bè, diciamo che il lavoro
era molto impellente e troppo importante per poter essere cestinato solo per
delle stupide tempeste di sabbia.”- continuò l’archeologo. – “E poi si sa che
Disaster non è mai stata una cittadina tranquilla, si capisce già dal nome!”
Scherzò.
La radio venne
spenta.
“Disaster? Ma è esattamente
dietro al nostro accampamento, disterà sì o no due chilometri!” Esclamò
Kawa.
“Esattamente ed è per
questo che domani andremo a fare un salto agli scavi, questa faccenda mi puzza
un po’. E’ difficile credere che un tempio risalente a 4.000 anni fa e poco
distante dalla città di origine del nostro guerriero non centri affatto con
lui.” Esordì Erin.
“Oddio hai ragione!
Ma..Come ci organizziamo?” Chiese Uriel.
“Semplice gli facciamo
un’improvvisata durante una tempesta di sabbia, mentre nessuno sarà al campo per
poterci vedere.”
“Cosa? Ma stai scherzando
spero. Noi non possiamo andare là in quelle condizioni atmosferiche, ci
ammazzeremo!”Uriel era diventato un pezzo di
pietra.
“Niente paura, abbiamo gli
elementi dalla nostra parte.” E scambiò uno sguardo d’intesa con Fary.
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Oddio che
faticata!
Alla fine ce l’ho fatta a
finire questo primo, piccolo capitolo.
Non so nemmeno da cosa mi è
venuta l’ispirazione di scrivere tutto questo, so solo che è nato così dalla mia
testa un pomeriggio d’estate mentre stavo gioiosamente spaparanzata sul letto a
poltrire.
Questa è una delle
pochissime fic serie che ho scritto, ero indecisa se introdurla nella categoria
dei Fantasy o dei Drammatici, però ho optato per questa perché mi sembra la più
appropriata.
A proposito, i luoghi
descritti e citati nel racconto, per buona parte sono frutto della mia mente e
per pochi dettagli sono veramente esistenti (Tebe ad esempio e alcune cittadine
egizie).
I nomi dei personaggi sono
stati inventati da me, come si può ben capire dalla schifezza che è venuta
fuori, io nemmeno me li ricordo più! ^_-
Adesso vi saluto e vi
lascio con la speranza del post del nuovo capitolo.
….Posso essere un po’
sfacciata?! Me lo lasciate un commentino?(occhi
dolci)
Un bacione a tutti quelli
che mi seguono e a chi mi ha sempre sostenuta. A
presto!