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Autore: GredandForge    15/06/2014    3 recensioni
La seconda cosa che le disse Erika quando s'incontrarono per la prima volta per discutere dell'affitto fu: «Sono una giornalista ed in questo periodo sto avendo degli incarichi molto importanti, perciò è probabile che non mi vedrai spesso oppure che avremo persone importati e famose in casa». E per gente "famosa" Shirley non aveva pensato ad attori di Hollywood, ma al solito attore locale, conosciuto solo dalle casalinghe disperate.
Genere: Comico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James McAvoy, Nuovo personaggio
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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La seconda cosa che le disse Erika quando s'incontrarono per la prima volta per discutere dell'affitto fu: «Sono una giornalista ed in questo periodo sto avendo degli incarichi molto importanti, perciò è probabile che non mi vedrai spesso oppure che avremo persone importati e famose in casa». E per gente "famosa" Shirley non aveva pensato ad attori di Hollywood, ma al solito attore locale, conosciuto solo dalle casalinghe disperate.
La prima fu che i suoi genitori erano britannici puro sangue e che il suo nome di battesimo era straniero per via di suo padre: adorava le bionde tedesche e credeva che dandole un nome "ariano” l'avrebbe aiutata in quanto a bell'aspetto. Non gli si poteva dar torto: Erika era una bellissima ragazza bionda, dal fisico perfetto, gli occhi azzurri e i lineamenti tipici dei bevitori di birra. Una barbie proveniente dal Devon con un nome teutonico. A confronto, lei, Shirley Dorothy Evans, attaccante di una misera squadra di calcio femminile di serie inferiore, era uno spaventapasseri. Troppo minuta, capelli di un castano anonimo e costantemente spettinati, occhi nocciola (cangianti, perché avere un colore di merda era una cosa, ma avere un colore di merda che prende tutte le tonalità più schifose era un'altra), naso a patatina e polpacci un tantino muscolosi, non troppo per fortuna.
Erika le era stata simpatica fin dall'inizio e non ci aveva pensato molto prima di accettare la sua offerta, ma dopo quella sera se ne pentì.
Era rincasata come di consueto alle 22.43, dopo i soliti allenamenti -con lunghi capelli castani ondulati raccolti in una specie di chignon- e la doccia fatta in fretta negli spogliatoi, pregando di arrivare in tempo in metro. Non era ancora arrivata l'estate, ma quella era stata una giornata abbastanza calda, tanto da costringere Shirley a togliersi la maglietta mentre scattava sull'ultima rampa di scale, prima di aprire la porta dell'appartamento.
In casa regnava un silenzio innaturale. Erika doveva essere ancora fuori, altrimenti le avrebbe inviato un messaggio, perché quando lei era in casa non c'era MAI silenzio.
Prima di uscire l’aveva avvertita che sarebbe andata a cena fuori, aveva un’importante intervista da fare e i due interessati le avevano proposto una cena lontano da occhi indiscreti.
Percorse il corridoio, una voce molto calma stava parlando dell'ultimo film Marvel uscito pochi giorni prima. Erika doveva essersi addormentata lasciando la tv accesa, tipico.
La porta del salotto era chiusa e senza pensarci due volte Shirley la aprì, entrando nella stanza.
In quel momento indossava il pantalone grigio di una tuta ed il suo reggiseno blu. La maglia arancione era stretta nella mano destra, mentre la sinistra reggeva il borsone sulla medesima spalla. «Erika cosa c'è per cena?» chiese senza notare le due figure sedute sulle due poltrone vicino alla coinquilina, sveglia.
«Pizza, ma credo sia meglio per te che tu vada in camera. Distrai i nostri ospiti» le disse con un filo d'imbarazzo l'interpellata.
Shirley aveva dovuto assumere tutte le sfumature di rosso conosciute e conosciute, ed il suo intero busto doveva essersi trasformato in quello di Johnny Storm, perché coloro che la stavano fissando erano due dei protagonisti di "X-men: Days of future past". Uno di loro era per giunta sulla lista dei suoi attori preferiti.
L'altro solo Hugh Jackman.
Shirley non aggiunse altro, chiuse la porta e corse in camera.
«Lei è la coinquilina di cui parlava un attimo fa?» chiese “Logan” con un mezzo sorriso rivolto al compare.
Erika annuì imbarazzata: «Mi dispiace che abbiate dovuto assistere a questa scena» si affrettò a scusarsi la giornalista «Presa dall’intervista ho dimenticato di avvertirla dicendole che avremmo avuto ospiti e…»
«Signorina Burton non si preoccupi» disse il compare di Jackman «Anzi, potrebbe dirmi dove posso trovare la sua coinquilina, vorrei scusarmi per questo piccolo equivoco personalmente. Dopotutto, è colpa mia se siamo finiti nel suo appartamento»
«Signor McAvoy non credo—» provò a dire Erika, ma il giovane uomo la fermò con un gesto della mano. “In fondo al corridoio, sulla destra, la porta blu. Ma, mi creda, è meglio se lascia fare a me”
«No, voglio risolvere questa faccenda personalmente» disse il bell’attore, levandosi in piedi «Hugh, ti dispiace se continui l’intervista senza di me?»
«Va pure, siamo qui ad aspettarti» gli rispose l’amico.
Il cuore di Erika batteva all’impazzata. Si maledisse mentalmente: perché aveva lasciato che quei due s’intrufolassero in casa sua? Sapeva benissimo che Shirley aveva una “cotta” per McAvoy. E forse era proprio quella la ragione, voleva che l’amica incontrasse l’attore dei suoi sogni.
James bussò delicatamente alla porta indicatagli da Erika. Era una semplice porta in legno, colorata con una particolare sfumatura di blu molto scura.
Questa si aprì lentamente, lasciando intravedere la figura minuta della ragazza che poco prima era piombata in salotto. Aveva ancora i capelli raccolti in uno chignon disordinato ed i pantaloni grigi, ma adesso indossava una maglia a mezzemaniche larga del medesimo colore della porta e sul suo naso ricoperto da lentiggini, erano posati degli occhiali da vista neri dalla montatura vintage. Strabuzzò gli occhi verde-nocciola appena lo vide.
James si affrettò ad inserire un piede tra la porta e il vano, in modo che la ragazza non gli chiudesse la porta in faccia: «Non voglio farti del male!» esclamò prontamente, levando le mani al soffitto «Né tanto meno prenderti in giro o altro… Voglio solo chiederti scusa»
James inclinò un po’ la testa, inarcando le sopracciglia con fare innocente.
La ragazza non disse nulla, aprì ancora un po’ la porta e ne venne fuori. Quando gli fu davanti la richiuse alla sue spalle. James non poté non notare che era più bassa di quello che aveva creduto vendendola in salotto.
Shirley poggiò la schiena ala porta, mettendo uno dei suoi piedi scalzi davanti l’altro. Erano bianchissimi, come il resto della sua pelle.
«Tra i due quella che deve scusarsi sono io» disse debolmente, con la voce incrinata per qualche motivo, presumibilmente l’imbarazzo, guardando le dita affusolate e contratte dei suoi piedi. «Mi dispiace per essere irrotta in salotto durante l’intervista, non sapevo…»
«No» la interruppe James posandole la mano destra sulla spalla sinistra, sentì Shirley sussultare «La colpa è mia, se non avessi proposto ad Erika di venire qui, tutto questo non sarebbe successo. Sai, al ristorante abbiamo incontrato dei paparazzi e non sapevamo dove continuare l’intervista, così ho pensato che la casa di Erika fosse l’unica soluzione. E quella più vicina»
Shirley non sapeva cosa dire. Il suo attore preferito era lì, davanti a lei, in casa sua, e si stava scusando per qualcosa che non dipendeva da lui. Rimase in silenzio, con il cervello pieno di parole che doveva affrettarsi a riordinare, prima di dire qualcosa di sbagliato e completamente senza senso.
«Sono perdonato?» chiese inclinando ulteriormente la testa James, in modo da poter vedere il viso tondo della ragazza.
Shirley alzò il capo, perdendosi in un nanosecondo in quei splendidi occhi azzurri. Tutto quello che era riuscita ad elaborare nella sua mente svanì come la schiuma sul parabrezza dopo che vi è stato gettato un secchio d’acqua. Si limitò quindi ad annuire.
«Grazie» le sorrise «Ora scusami, ma ho un’intervista da terminare. Conosci Erika meglio di me» le fece l’occhiolino e lasciò scivolare la sua mano lungo il braccio della ragazza, prima di allontanarsi.
Ora o mai più, Shirley.
La ragazza si staccò dalla porta: «Posso chiederle un favor-»
James si arrestò, sorridendo: «Solo se mi dai del “tu” e mi chiami James» le rispose, rimanendo di spalle.
Shirley deglutì, poteva farcela, nei suoi sogni si rivolgeva sempre a lui con fare confidenziale ed ora era proprio lui che glielo chiedeva, nella vita reale: «James posso chiederti un favore?» disse tremante.
L’attore si girò per trequarti, sorridendole: «Autografo?»
«Ed una foto»
Con due falcate James la raggiunse: “Facciamo in fretta!”
«Oh, tranquillo, Erika può aspettare ancora un po’» rise Shirley, aprendo la porta della camera, per prendere la fotocamera.







Spazio alla demente:
Inizio col dire che questa cosa (perché non oso definirla in altro modo se non "cosa") è stata partorita dalla mia mente molto malata alle 14.15 circa di qualche pomeriggio fa, faceva caldo ed ero annoiata. E dopo questo piccolo declaimer avrete capito molte cose.
Vi dico già da ora che non pubblicherò nient'altro fino ad Agosto. I motivi sono due; il primo, e quello più importante: parto, dal 20 luglio al 31 agosto sarò a New York, quindi sarà praticamente impossibile continuare a scrivere. E secondo ed ultimo: anche se so come continuare la storia, perché è già scritta nella mia mente -che ancora non è guarita, al momento non è che ne abbia tanta voglia...
Bene, detto questo vi abbandono e vado a preparare la mia valigia.

Andrea


***

Johnny Storm, membro dei Fantastici 4 e conosciuto come Human Torch o Torcia Umana, è un personaggio della Marvel Comic, creato da Stan Lee e Jack Kyrbi

(Mi sento molto wikipedia quando parlo così)
   
 
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