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Autore: comesetasullebraccia    16/06/2014    2 recensioni
E ti amavo così; tu rimanevi rinchiuso nella tua bolla ed io non avevo la forza per farla esplodere.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ricordi quando una sera camminavamo in silenzio per il porto? Io gridavo e tu ridevi, due ragazzi fatti di pensieri. Avevi gli occhi un po’ lucidi -forse per la canna fumata prima- e contavo i secondi che trattenevi il fumo e sorridevo senza motivo. Avevo una bottiglia di birra in mano vuota e trascinavo i piedi per terra. Dove stavamo andando? Cosa stavamo facendo? Facevi delle facce strane, e quando ridevi, Dio, quando ridevi io avrei voluto prenderti come stavi e baciarti. Ma non potevo, e forse tu non avresti voluto. Rimanevi nella tua bolla, lontano e distante, credevi di essere il re del Mondo -soprattutto quando eri ubriaco da far paura- e io ridevo a crepapelle perché non potevo fare altro. Dicevi «amo il tuo sorriso» quando avevo i denti separati e li odiavo «io continuo ad amarli» e facevi un altro tiro di Chesterfield. Dicevi che le fumavi solo perché costavano poco -secondo me solo perché non riuscivi a reggere le Malboro!- e facevo finta di crederti. Faceva freddo, ricordo, e la gonna nera non mi proteggeva tanto dalla brezza marina, e tu invece, avvolto nel tuo giaccone pesante, non ti accorgesti neanche che tremavo dal freddo, forse non solo per questo. Tentavo qualche volta di avvicinarti o per lo meno di sfiorarti le mani ruvide, e tu niente, sembrava che non lo capissi, e rimanevi ancora una volta assorto nella tua bolla. Che era di noi? Te e me, me e te. Niente. Ci nascondevamo dentro castelli di sabbia perché avevamo paura. Ma paura di che? E quando tentai, inutilmente, di accendere la settima sigaretta di quella sera, mi bruciai, e tu ridesti per il mio lamento, e a quel punto bruciò anche il mio cuore. «Coglione» e ridemmo, per la millesima volta. Forse ci piaceva, stuzzicarci e ridere, perché di notte rimanevamo a guardare i soffitti spogli e piangere lacrime colme di frustrazioni e tristezze. Ci eravamo seduti sul nostro solito scoglio e tu avevi iniziato a rollare l'ultimo pezzo di fumo. L’ odore penetrava nelle narici, ed io pensavo che anche per quella volta non mi avrebbe fatto nessun effetto, come al solito «Questa è potente!» dicevi ridacchiando «Se non ti prende questa volta, giuro che ti uccido!» esclamasti euforica. Dopo un po’ di tentativi riuscisti a chiuderla e me la passasti « prima le donne! » avanzasti la mano verso il mio viso « Ti ho già detto che sei un coglione?» «Vaffanculo» ed iniziai a inspirare avidamente, facendomi bruciare la gola, mi vennero le lacrime agli occhi ma continuai ad inspirare. «Me la finisci!» dopo qualche altro tiro te la passai. E mi baciasti la guancia, e il punto che avevi toccato iniziò a bruciare e far arrivare il dolce dolore fin sotto pelle. Sorrisi e guardai l’orizzonte poco illuminato, l’orizzonte che per anni avevo immaginato chiusa in camera mia ogni notte, l’orizzonte che rifletteva le speranze abbattute e le piccole battaglie perse. E guardai la nostra relazione spronfondare, sempre di più, in un oceano senza fine, chiaro come i tuoi occhi e scuro come il mio smalto. Ti avevo guardato e avevo riso, trovando buffa la tua faccia di assoluta contemplazione silenziosa del paesaggio. Ma io amavo il tuo viso, quello che sembrava di un bambino per l’assenza di una barba e che nascondeva ancora i solchi delle lacrime della notte prima. E ti amavo così; tu rimanevi rinchiuso nella tua bolla ed io non avevo la forza per farla esplodere, così mi limitavo ad amarti da fuori.
  
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