Film > Howl's moving castle
Ricorda la storia  |      
Autore: Marge    16/06/2014    4 recensioni
Scritta per il contest Fandom in WonderLand.
Un giorno, Sophie si accorge di essere leggermente cresciuta: riesce a baciare Howl senza doversi sporgere sulle punte dei piedi. Ma come reagirà lui quando, invece, lei comincerà a superarlo? E quando la sua testa toccherà il soffitto?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calcifer, Howl, Sophie | Coppie: Howl/Sophie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia fa parte della saga Flowers Wall, da me creata. Se volete un aiuto per districarvi fra tutte le storie, consultate la cronologia!


MAD AS A HATTER



Da quando Howl aveva riammodernato il Castello, creando nuovi angoli, camere e rispostigli, la vita per Sophie era diventata decisamente più semplice. Sembrava che il mago le avesse letto nel pensiero: aveva ingrandito la cucina e fatto apparire, proprio lì accanto, una bellissima dispensa grande quanto la sua vecchia cameretta a Market Chipping. Sophie aveva battuto le mani saltellando quando l’aveva vista, al pensiero di tutte le provviste che avrebbe potuto ospitare. Era sempre lì che Howl la scovava quando non riusciva a trovarla: Sophie adorava mettere in ordine tutti i barattoli su cui aveva scritto con elegante calligrafia il contenuto, sapere di avere sempre pronto un barile di farina e un’enorme cassetta di patate; ramoscelli di spezie di tutti i tipi pendevano dal soffitto assieme alle teste d’aglio e un paio di fiaschi di buon vino riposavano all’ombra, per le grandi occasioni.
“Il laboratorio della Strega dei Manicaretti” scherzava lui posandole un bacio in fronte.
Fu allungandosi per prendere un barattolo di cardamomo in cima allo scaffale che Sophie si accorse di essere leggermente più alta. Solitamente doveva fare un saltello per arrivarvi o salire sul panchetto, ma le bastò alzarsi sulle punte dei piedi per afferrarlo senza alcuno sforzo. Incuriosita, provò di nuovo con il barattolo dello zafferano, che era lì accanto: nessuna fatica per arrivarci. Sorrise tra sé e sé: “Ho solo diciotto anni, del resto. Sono ancora una fanciulla in crescita, nonostante tutti i guai che Howl mi ha fatto passare.”
Prese una matita e si appoggiò allo stipite della porta della dispensa; cercando di rimanere il più dritta possibile, fece un segno proprio sopra la testa. Si allontanò e osservò soddisfatta la tacca.
“Vedremo quanto sarò cresciuta, tra un anno!” e tornò in cucina con il barattolo del cardamomo sotto braccio: per cena avrebbe preparato un ottimo stufato speziato.


Qualche giorno dopo, Howl e Sophie erano pigramente sdraiati al sole nella terrazza del Giardino; una lieve brezza primaverile soffiava fino alle loro narici il profumo dei fiori cresciuti lungo lo steccato.
Sophie strappava a uno a uno i fili d’erba ingialliti e li infilava nelle orecchie di Howl.
“Non è possibile passare una mezzora tranquilla, assieme a te!” esclamò lui esasperato. Sophie ridacchiò tra sé e sé e il mago si alzò a sedere. Cominciò a togliere i fili d’erba dalle orecchie e dai capelli: “Avrei voluto solo dormicchiare un po’ qui stretto tra le tue braccia. Sei una fanciulla davvero crudele che gioca con il mio cuore, Sophie Hatter.”
“Non sono abituata a starmene con le mani in mano, lo sai! E il mio pensiero corre sempre a tutti i libri che abbiamo da riordinare nella libreria.”
“I libri sono in ordine” ribatté lui. Si alzò in piedi.
“Dipende dal concetto di ordine, suppongo” sospirò lei. Gli tese la mano per farsi aiutare.
Quando furono in piedi, una davanti all’altro, sorrise: “Sembri uno spaventapasseri, con tutti quei fili tra i capelli. Ti donano, sai?”
Lui spalancò gli occhi: “Sei davvero un tipo singolare! Ti si direbbe figlia di una Strega, piuttosto che cappellaia.”
Ma poi sorrise e si avvicinò per baciarla, perché Sophie aveva i capelli color delle stelle che risplendevano sotto i raggi del sole.
“Che cosa buffa” commentò lei staccandosi per un momento. “Guarda, sono alta come te: non devo più sporgermi sulle punte dei piedi, per baciarti.”
Howl scrollò le spalle e le cercò nuovamente le labbra.


“Per la barba di Merlino!” esclamò qualche mattina dopo Sophie – da quando viveva con Howl, aveva cominciato a copiare alcune delle sue espressioni più colorite.
Si era svegliata senza fiato, sognando di venire soffocata con una sciarpa di seta. Si era strattonata la camicia da notte, improvvisamente ristretta attorno al suo corpo.
Mentre Howl borbottava al suo fianco qualcosa come: “Fa’ silenzio, Sophie, non è ancora l’alba!” lei si era accorta che i suoi piedi penzolavano nel vuoto, ben oltre il bordo del letto.
“Howl, Howl!” chiamò, la voce tremante, in preda al panico.
Nell’alzarsi per scuoterlo, sbatté la testa sul soffitto inclinato e sotto di lei le doghe del letto scricchiolarono. Solo allora Howl si degnò di aprire gli occhi.
La vista lo lasciò senza parole.
“Cosa mi è successo?” domandò Sophie. Howl, grande un terzo di lei, la guardava con viso terrorizzato.
“Howl, aiutami!” piagnucolò allora in preda allo spavento. Lui si vestì in gran fretta, borbottò qualcosa tra sé e sé e sparì.


A malapena era riuscita a passare per le porte fino giù nella cucina del Castello, senza smettere di far gocciolare lacrime giù per le guance. “Howl è fuggito via, l’ho terrorizzato” spiegò tra i singhiozzi a Calcifer. Continuava a crescere: mentre parlava, la testa arrivò a toccarle il soffitto. Era stata costretta prendere una vecchissima camicia da notte, enorme, che chissà per quale motivo Howl non aveva voluto gettar via; e nonostante fosse davvero grande, cominciava anch’essa a starle stretta.
“Fra un po’ farò esplodere il Castello” esclamò spaventata. Doveva starsene tutta rannicchiata.
“Forse dovremmo uscire” propose il demone del fuoco.
Quando fu fuori riuscì finalmente a tirare un gran sospiro.
“Almeno qui riesco a respirare” commentò. Era ancora spaventata, ma la vista di quel giardino immenso, pieno di fiori multicolori e sormontato da uno splendido cielo azzurro, l’avevano rinfrancata un pochino.
Camminarono insieme fino al ciglio di uno dei laghi, che ora pareva a Sophie molto più simile a uno stagno; Calcifer cercava di gonfiarsi il più possibile, ma ormai, rispetto a lei, sembrava anche lui poco più grande della fiammella di una candela.
“Howl troverà una soluzione” disse Calcifer con piglio sicuro mentre si sedevano sul ciglio. “Non aver paura, Sophie.”
“Non ne sarei così sicuro” disse una vocina accanto a loro. Sophie sobbalzò provocando una piccola frana di sassi verso l’acqua.
“Chi è là?” domandò Calcifer. Udirono in risposta una tossetta stizzosa provenire da un punto proprio vicino al piede sinistro di Sophie.
La fanciulla allungò la mano.
“Attenta, potresti schiacciarmi!”
A quelle parole, i due si accorsero di una farfalla azzurrina seduta sull’erba scivolosa. Teneva tra le zampine un sigaro da cui aspirava grandi boccate.
“Non dovresti fumare tanto” disse Sophie.
“Non dovresti dare giudizi, visto che sei così ingombrante e non riesci neanche a chiuderti la camicia da notte” rispose la farfalla stizzita. Tirò una boccata e unì le labbra a O per fare tanti piccoli cerchi di fumo.
“È così evidente?” si rabbuiò Sophie. Aveva creduto che, all’aperto, le sue dimensioni sarebbero risaltate di meno.
“Chi sei tu?” chiese allora Calcifer.
“Chi siete voi, piuttosto?” ribatté la farfalla.
“Noi siamo Calcifer, il demone del focolare” cominciò lui spalancando la bocca, come a volerne fare un sol boccone. Sophie sventolò una mano per fargli cenno di calmarsi.
“Io sono Sophie.”
“Sophie e basta?”
“Sophie Hatter.”
La farfalla ridacchiò. “Bel nome proprio! Dovresti andare a cercare il Cappellaio, allora.”
Sophie spalancò gli occhi: “Lui potrà aiutarmi?”
“Chissà…” mormorò l’altra. “Ad ogni modo, lo trovi laggiù” e indicò con il sigaro la casina di Howl, dove la ruota girava placidamente.
“Dobbiamo andare!” esclamò allora Sophie. Balzò in piedi e cominciò a correre a precipizio nell’erba.
“Sophie, aspettaci!” urlò Calcifer, ma lei aveva tanta foga che ben presto il demone rimase indietro.


Quando arrivò alla casina, la sua testa superava di poco le tegole del tetto. Si chinò per vedere se vi fosse qualcuno dentro, ma era buio. Sbuffò e le lacrime le salirono di nuovo agli occhi: come avrebbe fatto a tornare delle giuste dimensioni? E se avesse continuato a crescere senza fine, come avrebbe potuto vivere ancora al Castello con Howl?
Un rumore improvviso la distrasse dai suoi tragici pensieri. Si asciugò il viso con un lembo della camicia e fece il giro della casina.
Lo spettacolo che le apparve davanti gli occhi la meravigliò a tal punto che non seppe cosa dire: un ragazzo dai lunghi boccoli rosso fuoco sedeva su di un trono tutto fatto di tazzine da thè rovesciate. Tra le mani ne teneva una fumante e ne osservava il contenuto con attenzione. “Siete arrivata, finalmente! È quasi rintoccata l’ora” disse senza alzare lo sguardo. Mandò giù tutto d’un fiato il contenuto della tazzina. Un enorme cappello verde acqua gli copriva la testa, ma anche quello, più che un capello vero e proprio, sembrava una tazza da thè rovesciata, con tanto di manico sull’orecchio sinistro.
“L’ora per cosa?” chiese Sophie con voce roca. Deglutì ancora una volta per farsi forza e ricacciare indietro tutte le lacrime.
“L’ora per te di crescere un po’, non trovi?” chiese lui scrollando le spalle. Da quella altezza e a causa del cappello, Sophie non riuscì a guardarlo bene in volto.
“Suppongo di essere cresciuta davvero fin troppo, signore. Quel che vorrei, in realtà, è tornare delle mie dimensioni. La farfalla blu ha detto che…”
“Oh, quella!” la interruppe l’altro. “Da quando gli sono spuntate un paio di ali, crede davvero di sapere tutto. In realtà è difficile sapere qualsiasi cosa, a mio parere. Non trovi?”
“Io non so nulla” ammise Sophie. “Vorrei solo tornare delle mie dimensioni.”
Il ragazzo sventolò la tazzina.
“Quante storie. Lo desideri davvero?”
Sophie annuì stringendo le mani davanti al petto.
“Purtroppo, c’è un però. Ho bevuto tutta la pozione.”
“Oh” riuscì solo a dire lei. Era davvero senza parole e la testa le girava confusamente.
“L’ho proprio appena bevuta, sai? Potrebbe esserne rimasta un po’ sulle mie labbra” aggiunse il giovane.
“E in quel caso, come potrei io mai…” cincischiò Sophie. Si grattò una spalla perplessa e timorosa.
“Basterà un solo bacio” disse lui. “Uno solo veramente, e potrai tornare delle tue dimensioni. Sono quasi completamente sicuro che funzionerà.”
“Ma…” balbettò lei, colorandosi in volto. “Come posso baciarvi, io che sono così grande rispetto a voi?”
“Non sarà un problema affatto.”
“Ma…” titubò ancora. “…io, in realtà, non posso. Non posso baciare altri che Howl, capite?”
Un sorrisetto comparve sotto l’ala del cappello verde acqua.
“Allora chiudete gli occhi. Sarò io a baciarvi, e voi tornerete delle giuste dimensioni.”
Un soffio di vento passò fra di loro, profumato dei fiori del giardino. Sophie, in un solo attimo, si decise e serrò gli occhi. Rimase immobile mentre i passi del giovane si avvicinavano. Il bacio le arrivò dal basso; lui si aiutò anche con le mani che strinse attorno alle sue braccia grosse come tronchi d’albero. Dopo un primo tocco, sentì la camicia da notte attorno a sé farsi leggermente più comoda; si ritrovò dunque ad aprire le labbra, a succhiar via la pozione da quelle del giovane, finché lui stesso non si staccò.
Sophie non si mosse. Aspettò, per essere sicura che la camicia da notte fosse nuovamente larga, larghissima attorno a sé.
Un refolo di vento fece volteggiare la stoffa leggera attorno alle gambe. Allora aprì gli occhi e le apparve il color pervinca del panciotto del giovane. Alzò gli occhi, libera finalmente di osservare quell’impudente, che pure l’aveva salvata, dritto in volto.
“Howl!” esclamò. I suoi occhi azzurri la guardavano brillanti. Sentì la rabbia montarle dentro: “Come ti è venuto in mente di architettare tutto questo?”
Girò sui talloni e si allontanò a gran passi.
“Sophie! Ehi, Sophie!” la rincorse lui. Il cappello gli volò via. “Non ho organizzato io tutto questo, lo giuro!”
La afferrò per un braccio. “La pozione funziona solo a questo modo. Tu, piuttosto, non dovresti confessare di aver mangiato i miei funghi incantati, l’altro giorno?”
Sophie si concentrò; poco dopo nella sua mente tornò il ricordo: “Ne ho assaggiato appena un pezzettino, poi li ho buttati via: erano andati a male.”
“Niente affatto!” protestò Howl. “Erano incantati e mi erano costati molta fatica.”
“Non avresti dovuto lasciarli sul tavolo della mia cucina” ribatté mettendo le mani sui fianchi.
In quel momento arrivò Calcifer, ridotto a una fiammella con il fiatone.
“Sophie! Sei tornata delle giuste dimensioni!”
“Grazie alla mia pozione” sottolineò Howl.
“Cosa hai fatto ai capelli? Sono di nuovo arancioni, ma tu odi l’arancione.”
“Oh, è talmente fuori di testa che per prendersi gioco di me sarebbe capace di tingerseli perfino di rosa!” sbuffò Sophie incrociando le braccia al petto. Howl alzò gli occhi al cielo.
“Dunque, è tornato tutto nella norma?” chiese Calcifer. “Sbrighiamoci a tornare al Castello, sta per piovere!”
Mentre correvano verso la porta del Castello furono investiti da uno sciame di tazzine di thè che sbattevano furiosamente le alette azzurre.


***
Scritta per il contest “Fandom in Wonderland” in cui si richiedeva di trasportare i personaggi del fandom scelto appunto nel Paese delle Meraviglie. Non so se ho raggiunto appieno l’obiettivo, ma trovo comunque che Howl e Sophie siano perfetti per questi ruoli e un crossover tra i due libri sarebbe magnifico. Ho cercato di prendere alcuni elementi classici della storia di Alice e di ri-adattarli all’opera di Miyazaki, mantenendo allo stesso tempo l’atmosfera di entrambe le opere.
Una spiegazione sul titolo: “Mad as a hatter” (lett., matto come un cappellaio) è un modo di dire inglese per indicare qualcuno fuori di testa; il cognome di Sophie è proprio Hatter, cioè cappellaio (in onore alla professione di suo padre e di lei in seguito). Da quando mi sono imbattuta in questa frase, anni fa, ho sempre voluto utilizzarlo per una storia su Sophie, e questa mi sembra perfetta!
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Howl's moving castle / Vai alla pagina dell'autore: Marge