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Autore: SimonQuestor    13/08/2008    1 recensioni
E' una storia che ha per luogo... Il mondo di Harry Potter. La storia riguarda molti dei personaggi della Rowling. Tra i numerosi piani di Lord Voldemort, vi è anche quello di impossessarsi di un piccolo quanto potente amuleto: l'Anello di Giada; i poteri di questo sono sconosciuti quasi a tutti, tanto che anche gli attuali possessori, che l'hanno ereditato dopo secoli e secoli dalla sua creazione, ne sono a conoscenza. E' un oggetto pericoloso passato di padre in figlio, di famiglia in famiglia.
Genere: Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Il trio protagonista, Mangiamorte
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Note dell'Autore

Premetto che è la mia prima fanfiction. Spero vi piacerà.





Capitolo Uno: La Vecchia Strega


Hogsmeade non poteva fare a meno di mostrarsi in tutto il suo splendore, nei rari finesettimana di totale libertà concessi dalla presidenza agli studenti di Hogwarts. I negozi sfoderavano tutte le loro migliori “armi” a propria disposizione per affascinare e attrarre i ragazzi al loro interno. Non che ne avessero bisogno più di tanto. Chi non conosce Mielandia, o Zonko? Per non parlare poi della leggendaria locanda “I Tre Manici di Scopa”. E la neve che ricopriva ogni cosa, rendeva la cittadina ancora più fantastica e piena di promesse per chi vi si avventurava.
Luci colorate illuminavano gli interni e le vetrine, stracariche di ghiotte mercanzie. Mielandia esponeva i più innovativi dolciumi, alcuni dei quali assomigliavano a dei gattini di liquirizia che miagolavano davvero; Zonko invece nuove trappole e diavolerie, tra cui un nuovo A.G. ( Anti Gazza ), a forma di dentiera mordace; dal locale più famoso di Hogsmeade provenivano invece risate, il vocio delle conversazioni e di tanto in tanto il rumore di vetri infranti e poi ricostruiti con un colpo di bacchetta.
Fiumane di persone, residenti e gitanti, percorrevano i vicoli, chi carico di pacchetti, chi combattuto su cosa comprare con i propri risparmi.
Solitaria per una delle stradine laterali, passeggiava con molta flemma Minerva McGranitt, docente di Trasfigurazione alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Alta più di due cattedre sovrapposte, si stagliava maestosa nel paesaggio invernale del villaggio. Avvolta in una calda veste scozzese vere smeraldo, il mantello fluttuante ad ogni fredda ventata, gli occhi, protetti dai vecchi occhiali squadrati dalla montatura semplice ma elegante, vigilavano attenti come quelli d’un falco su tutto ciò che la circondava. Alle mani erano infilati soffici guanti verdi orlati di pregiato pizzo. I capelli raccolti nella solita crocchia, nascosta però dal cappello dalla tesa larga.
Anche la vecchia insegnante, quel giorno aveva deciso di recarsi al villaggio per bere qualcosa dalla cara Rosmerta. Già, nonostante l’aspetto arcigno ed altero, anche lei si concedeva un bicchierino ogni tanto. Ma non poteva di certo sperare di non essere interrotta da decine e decine di studenti che puntualmente cercavano di adularla, senza mai ottenerne ovviamente il minimo risultato.


“Buongiorno Professoressa McGranitt!” la salutò un sorridente Quindicenne dal colorito scuro e i capelli neri e cortissimi, accompagnato dal suo fidato amico, Seamus Finnigan, che si unì a lui nel salutare la Capocasata.
“ ’Giorno, Thomas, Finnigan.” rispose, secca e senza fermarsi, costringendoli quindi ad affrettarsi per starle dietro.
“Posso offrirle qualcosa?”
“Temo che lei sia già troppo impegnato per quei compiti extra sull’Incantesimo Tracerta.” Ribatté, con una punta di sarcasmo non troppo nascosta.
Dean Thomas in effetti non era ancora riuscito a trasformare il proprio nastrino in una lucertola, mentre Hermione Granger riusciva anche a farla diventare delle dimensioni di un’iguana.
“Oh certo…”Mormorò amaro, allontanandosi poi con Seamus, e riempiendola insieme di silenziosi insulti per la sua cattiveria.


“Dannate scarpe moderne…Non le fanno più come un tempo”
Rimpiangere il passato e tutte ciò che lo riguarda, un’altra delle cose che adorava con tutta se stessa. Le vecchie scarpe senza tacco ma comode e sicure. Non come le diavolerie di oggi. Ma purtroppo non le vendevano più. Svoltò all’angolo di una strada, dopo la bottega di un libraio, che a quanto pare non faceva troppi affari, vista l’affluenza. Si inoltrò sempre più attraverso il labirinto di stradine, conoscendo però la scorciatoia che portava dritto dritto ai Tre Manici di Scopa. Ma qualche metro più avanti, delle strane voci attirarono la sua attenzione.



“Stupida ragazzina dammelo e forse non ti ucciderò!” Ringhiò un’aspra voce maschile, alternata a dei rochi sospiri che lasciavano capire come fosse impegnato in uno sforzo fisico che richiedeva buona parte della sua attenzione.
“Vattene…Lasciami stare! Ti ho detto che non posso!” Singhiozzò di rimando la ragazzina stretta nella morsa delle forti braccia dell’uomo. Era minuta e abbastanza gracile, eppure sembrava opporre una degna resistenza al suo assalitore. Le forze dell’assalitore parevano essere convogliate su una delle due esili mani della ragazza, che invece tentava di ritrarla il più possibile per impedirgli di strapparle qualcosa che evidentemente egli voleva rubarle. Da quella confusione, di tanto in tanto appariva a mezz’aria uno sfarfallio di luce verde, che immediato come nasceva, spariva, per poi riapparire dopo un po’, al ritmo scoordinato delle agitate movenze della fanciulla.
Tuonò l’omaccione, terrorizzando ancor più la giovane, che non dimostrava più di quattordici anni. Il viso era sconvolto da un’espressione atterrita, che nascondeva però la determinazione necessaria per sostenersi ed opporsi al rapinatore. Non troppo alta, mingherlina, dai lineamenti sottili di una giovane adolescente in crescita, con dei lunghi e ricci capelli ramati. Dava l’impressione di un bastoncino nelle zampe di un orso. E in effetti, ad un orso assomigliava quell’uomo. Alto, e robusto quanto lei era magra, dalla muscolatura possente che rendeva evidente alla sola vista la propria forza; capelli corti e neri e lineamenti duri. Il volto atteggiato ad una maschera di furore, nonostante sembrasse quasi divertirsi nel torturare la povera malcapitata. Ma voleva ciò che lei gli negava così ostinatamente. Doveva ottenerlo.
Eppure lei era così stupida…Pareva disposta a tutto, pur di non consegnarglielo, sebbene potesse essere uccisa da un momento all’altro, se solo lui l’avesse voluto. Di sicuro una Grifondoro della peggior specie. Di quelle che sono convinte che tutto è possibile, anche nei peggiori momenti, e che comunque vada, alla fine loro se la caveranno. Così tronfi da credere di essere così abili e così potenti da poter sbaragliare tutto e tutti senza troppe difficoltà,. Oh li aveva sempre odiati, anche quando era a scuola, ed era un orgoglioso Serpeverde. Fiero di vestirsi dei colori della casata fondata da Salazar, che più di tutto onorava la nobiltà del sangue magico e la furbizia.
Sì, decisamente Antonin Dolohov era più che degno di appartenere a quella fratellanza. Scaltro e crudele, sapeva agire in modo da non finire mai male. Non cercare mai rogne con i più forti, spadroneggiare sui deboli, adulare chi di dovere e puntare il dito contro chi era ai margini della società: questi i canoni della sua vita. Il tutto unito a poteri magici fuori dal comune, che l’avevano portato a diventare uno dei più temibili bulli a scuola. E ora uno dei più temuti Mangiamorte. Perché il Signore Oscuro non aveva dovuto faticare affatto per averlo dalla sua parte, tutt’altro. Dolohov era stato più che onorato di entrare a far parte del suo esercito, e da allora continuava a servirlo fedelmente uccidendo e straziando, ottenendo via via più fiducia ed incarichi più importanti. Ed ora il suo compito era quello di recuperare l’Anello di Giada, estorcendolo a quella Rosie Mitterthoot, sciocca quanto tutti i membri della sua famiglia. L’Oscuro Signore era più che interessato ad ottenere quel prezioso manufatto. Non che avesse informato il suo servo del perché lo volesse: non lo riteneva necessario. Il Mangiamorte si era convinto che lo affascinava la bellezza di quell’anello, che per altro, si mormorava fosse appartenuto addirittura a Morgana in persona. Anche se probabilmente si trattava semplicemente di chiacchiere diffuse dalla famiglia Mitterthoot per darsi arie e pavoneggiarsi con tutti gli altri.
Ad ogni modo, quella bambinetta stava dando fin troppi problemi. Portò velocemente una mano alla tasca del mantello ed estrasse la bacchetta magica. Con un gemito di terrore, Rosie la fissò atterrita. Il colorito del suo viso si fece più pallido che mai. Checché il suo assalitore ne pensasse, lei aveva davvero paura anche se cercava di dare battaglia. Quella bacchetta sfoderata aveva un solo significato: l’anello l’avrebbe avuto a tutti i costi. Ma lui non sapeva, lui non capiva…Non poteva dargli quell’anello contro la propria volontà, né lui avrebbe potuto comunque impadronirsene. O meglio, avrebbe potuto, ma il gioiello di giada avrebbe poi perso tutti i suoi poteri. Ma ovviamente lui non le credeva, convinto che fosse soltanto un banale mezzuccio per cercare di scappare. In che pasticcio si era cacciata! Lei che voleva soltanto indossare il regalo appena inviatole da sua madre, per il finesettimana ad Hogsmeade! Maledetta vanità!

“L’hai voluto tu, ragazzina.” Un ghigno maligno attraversò da parte a parte le labbra del Mangiamorte. Levò la bacchetta, dandole una leggera scossa. “Imper…


Successe tutto in un istante. Non riuscì a terminare la pronuncia della formula, che uno schizzo di luce verdastra lo colse in pieno petto, propagandosi poi per tutto il suo corpo e lasciandolo immobile. Il perverso sorriso era ora segnato da una nota di rabbia. Qualcuno l’aveva immobilizzato.


Rosie serrò gli occhi nel vederlo far ondeggiare la bacchetta. L’avrebbe maledetta con chissà quale sortilegio oscuro. Per qualche istante si chiese che tortura l’aspettava ora, e in che modo sarebbe finita. Pensò il peggio, perché non poteva sicuramente sapere cosa quello scellerato aveva intenzione di fare. Tirò un profondo sospiro, anche se i polmoni dolevano a causa dello sforzo, come del resto soffriva tutto il suo corpo. Avrebbe voluto piangere, far scorrere via tutte le lacrime che si erano raccolte dietro ai suoi occhi ormai arrossati, ma non ci riusciva, impedita dal panico. Nemmeno un singhiozzo. E questo rendeva il tutto ancora più insopportabile per lei. Eppure il momento della fine sembrava non arrivare mai. Anche se lei non si accorgeva, che in realtà il suo assalitore era stato bloccato da una fattura, certa che fosse soltanto una sua impressione, quella che il tempo non passasse mai, causata dalla paura di morire e di vivere quindi gli ultimi istanti di vita. Quanto avrebbe voluto che almeno passasse in fretta…


Minerva McGranitt era completamente ferma, quasi come se l’incantesimo che aveva appena scagliato avesse colpito anche lei, erta in tutta la sua altezza. Il braccio proteso che terminava con una punta di legno che era la sua bacchetta. Sembrava che indossasse una maschera di durezza e forza, e tutte le rughe che le increspavano la fronte e le gote non facevano che accentuare quell’impressione: emanava un alone di potenza, e quell’espressione prometteva di punire colui che stava malmenando un’indifesa ragazzina. Nonostante fosse anziana, non era affatto una strega da poco. Tutt’altro, la Docente di Trasfigurazione era il risultato si lunghi anni di studio, ma soprattutto di vita e di lotta contro ciò che si definisce “Male” e che negli ultimi anni si serviva di Voldemort per operare secondo i propri scopi. No, quella donna assomigliava ad una tremenda statua, una di quelle alle quali con sì tanta facilità dava vita con un leggiadro tocco di bacchetta.


“Giù quelle sporche mani da Rosie, prima che te le riduca in due poltiglie informi.” Sibilò con un impeto di orgoglio notando come l’allieva appartenente alla Sua casata si fosse opposta alle molestie del Mangiamorte fin ora, perfettamente udibile da tutti e due, e con una tale decisione che non lasciava spazio a dubbi. Dolohov avrebbe fatto meglio a fuggire, o si sarebbe dovuto preparare ad una dura battaglia. Ma in ogni caso non l’avrebbe lasciato scappare tanto facilmente comunque.


Ci mancava soltanto quella Vecchia Bacucca! Cosa diavolo ci faceva lì, in quel vicoletto così poco frequentato e distante abbastanza dal centro dal dissuadere chiunque dall’avventurarvisi?! Evidentemente i pensionati hanno voglia di fare delle cose insolite per sentirsi ancora giovani. O ancor più semplicemente, Antonin Dolohov era perseguitato dalla sfortuna. Perché la presenza di quella donna era un ostacolo per il suo piano, che non aveva minimamente immaginato. E non sarebbe stato facile sbarazzarsene, né poco dispendioso di energie e di tempo. E non appena riuscì a liberarsi dall’Incantesimo di Ostacolo lanciatogli, si voltò repentinamente verso la Professoressa e ringhiò similmente ad un mastino rabbioso. Serrò la mascella, atteggiando il viso in un’espressione di puro astio. Una scarica di odio sembrava cominciare da lui e arrivare all’antagonista, come una nera scarica elettrica, che li legasse saldamente.

“Oh, la vecchia chioccia è venuta a salvare il suo pulcino!”

“Questa vecchia chioccia ti ridurrà in brandelli!”

“Patetica.”

A dire il vero, Minerva non aveva ancora potuto riconoscere l’uomo, dato che indossava una maschera argentata, recante un eterno ghigno malefico che annunciava terrore e morte a chiunque la guardava, ed un lungo abito nero lucido, compreso di cappuccio che ammantava ulteriormente la già occultata figura di Dolohov. Né ne conosceva così bene la voce da poterla distinguere fra le tante. Ma era un Mangiamorte ed aveva attaccato una dei suoi studenti. Andava fermato.

“Ci sono molte cose patetiche al giorno d’oggi. Una di queste è l’assurdità che ci sia ancora gente disposta a seguire come pecore un pazzo posseduto da deliri di potere e morte!” Urlò con furia contro il Mago Oscuro.

“Ah sì? E queste cose te le suggerisce il tuo caro Silente, senza cui tu e i tuoi amichetti sareste smarriti?!” Biascicò l’altro di rimando, con tono canzonatorio.

Stupeficium!” Gridò la donna con un sibilante movimento della bacchetta, sparando un getto di luce rossa che mancò per poco la spalla sinistra del nemico.

Ribatté il suo nemico, agitando a sua volta la bacchetta facendone partire un’ombra simile ad uno spaventoso volatile nero, che volò a tutta velocità contro l’anziana strega, che di tutta risposta lo mandò in fumo.
E poi imperversò la battaglia. Sprazzi colorati e splendenti partirono da ambo le parti, spediti dai corrispettivi stregoni per finire l’avversario, ma colpendosi raramente e di striscio. Degli scudi apparivano talvolta a proteggerli dagli altrui attacchi. Ad un certo punto, per ordine della magia di Minerva, una moltitudine di palle di neve si sollevò dal terreno, andando poi ad una velocità inaudita contro il Mangiamorte. Questi riuscì a pronunciare “Protego” appena in tempo, anche se alcuni proiettili di ghiaccio riuscirono a perforare le sue difese. E a sue spese scoprì che la neve era stata resa da quell’incantesimo molto più compatta, dura quanto diamanti cristallini. Cosicché si trovo il vestito lacerato in più punti, la maschera ammaccata, anche se comunque ancora abbastanza integra da nascondergli il volto, vari punti delle braccia e delle gambe che dolevano, ed una ferita alla guancia da cui sgorgò un rivolo di sangue scarlatto. Non poteva combattere in quelle condizioni. La vecchia era un osso troppo duro, e l’avrebbe messo totalmente fuori gioco in pochi secondi.
E così, con un’ultima occhiata velenosa, sparì improvvisamente con un sonoro pop.


Rosie tirò finalmente un ultimo sospiro di sollievo nel vederlo Smaterializzarsi. Le sembrò però di ricominciare a respirare soltanto adesso, come se fin ora le avessero tenuto un bavaglio premuto contro la bocca. Scoprì di essere scossa da fremiti, e di avere gli arti doloranti, per non parlare poi della mano e del collo. Ma non osava alzarsi. Non ancora. Quel brutto ceffo sarebbe potuto riapparire da un momento all’altro per coglierle di sorpresa. La destra teneva ancora stretto l’anulare adornato con quel prezioso anello, che le aveva procurato quel guaio. Non che avesse capito perché era così determinato a rubarglielo. Al pari del suo assalitore, era completamente all’oscuro dei segreti poteri di quello che a prima vista appariva uno splendido, ma pur sempre normale, gingillo. Sapeva soltanto che non avrebbe mai potuto darglielo, perché così c’era scritto sul biglietto che accompagnava il regalo da parte di sua madre. Ma nemmeno lei sapeva delle doti segrete dell’Anello di Giada. Quel segreto era andato perduto col passare delle generazioni e col passare di famiglia in famiglia, ed ora non era altro che un comune anello con una pietra incastonata.
Sollevò un timido ed impaurito sguardo verso la McGranitt, contenta come non mai che ella fosse lì. L’aveva vista sistemare quel colosso con un’abilità straordinaria, anche se alcune battute erano state così veloci che non era riuscita a seguirle del tutto. Ma al di là del duello ora desiderava soltanto che la riaccompagnasse ad Hogwarts, al sicuro, magari in un letto dell’Infermeria dove Madama Chips l’avrebbe potuta rimettere in sesto in un batter d’occhio, o quasi.


“Vieni cara, torniamo a scuola.” La rassicurò con voce affettata la strega, che fece qualche passo in avanti piegandosi sulle ginocchia e circondandole le spalle con un braccio. L’aiutò poi a rimettersi in piedi e a fare qualche passo. Sembrava riuscisse a camminare e non c’era bisogno di alcuna barella.

“Professoressa…Professoressa McGranitt…Grazie…Io…” Farfugliò incerta la ragazzina ancora scioccata.

“Non preoccuparti cara, è normale essere così scossi. Hai dato prova di grande coraggio, degno di una Grifondoro.” Pronunciò con un velato tono d’orgoglio, che probabilmente sfuggì all’alunna che si sentì comunque rincuorata dalle sue parole.


E così si incamminarono, dirette all’imponente castello che anche da lì era perfettamente visibile in tutta la sua grandezza, come un rifugio di pietra, pronto ad accogliere chiunque ne avesse avuto bisogno.





Continua…
  
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