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Autore: throughtsun    16/06/2014    1 recensioni
Questa non è una storia. Non lo è, per cui se vuoi una storia non leggere questo testo. Sono pensieri. Non c'è una trama, è un delirio di parole perché io una storia non la so scrivere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello che ho scritto qui sotto non ha alcun senso, e l'ho voluto pubblicare soltanto perché mi piace pensare di avere (quasi) tutto quello che scrivo da qualche parte che non sia solo il mio computer, ma che sia lì, su internet, e a chiunque vada di leggere qualcosa che ho scritto basta un link. E' una questione di praticità e, perché no, di curiosità di ascoltare il parere degli altri. So bene che non è una storia e mi dispiace se ti ho deluso, con questo ammasso di pensieri, però spero che troverai qualcosa di interessante in quello che ho scritto. Me lo auguro! 
Nic





La lineetta nera lampeggia insistente sul foglio bianco, e sembra parlare, dire “forza” “su” “avanti”. Ogni parola è separata da un momento in cui la linietta scompare. Poi riappare, e ti invita a scrivere, e sono parole ritmate, uguali, invitanti.
Perché, niente da dire al riguardo, non c’è niente di più invitante che un foglio bianco per una mente creativa. E niente di più invitante di una lineetta che ti invita a scrivere. È un invito invitante, per una mente creativa.
Il punto è che spesso una mente creativa diventa un po’ meno creativa.
No, non è proprio così, ad essere onesti.
Le idee ci sono anche, e la creatività non se n’è mica andata via. C’è solo da vedersela con l’autocritica.
Parlo di quella vocina che quando ti siedi, con il tappetino del mouse perfettamente allineato alla scrivania, il computer carico e la mente pure, e senti il bisogno di metterti a scrivere, si diverte a demolire ogni singola idea che la Creatività cerca di formulare. E che diamine, le dico io, apprezza il fatto che almeno delle idee ci siano! E le mi dice che l’importante non è solo scrivere, lo sai? Conta anche che cosa ti metti a scrivere. Perché uno mica si può sedere così e bam, scrive quello che gli viene, di getto, di stomaco. Che infelice scelta di parole, questo getto e stomaco insieme.
Ma in realtà non è così. Prendi per esempio me adesso, dico  io alla vocina autocritica – prendi per esempio adesso. Non so dove andare a parare, però uno scrive, scrive per ripulirsi un po’ la testa, un poco anche l’anima, se ce n’è una. Insomma, scrivere è come andare alla spa. Solo un po’ meno fisico – e un po’ meno caro. Perché tanto scrivere non costa niente, eppure io finisco sempre col lasciar stare, lasciare l’icona di Word in basso, nella barra degli strumenti, che come la lineetta nera dalle parole ritmate mi dice “dai, aprimi, scrivimi, sfogati”. Ma io non so proprio cosa scrivere. E di cosa mi dovrei sfogare? Pff, nessuno vuole leggere una storia triste. E poi mi dico ehy, ma tu non devi mica scrivere per gli altri? Mi faccio delle gran belle conversazioni tutta sola, nella mia testa.
Non c’è da stupirsi che ho iniziato a parlare da sola.
Penso che sia un po’ una valvola di sfogo, alla fine. Perché se non puoi scrivere – o non vuoi, per essere onesti, allora le parole cercano un altro buco, e c’è la bocca, che è un buco letterale, e allora usciamo da lì, no? E io le lascio uscire.
Non volevo parlare di me che parlo da sola, però. Volevo scrivere una storia, di quelle con protagonista una ragazza che assomiglia tanto a te che la scrivi e anche un po’ a te che la leggi, o forse no, forse una protagonista che è antipatica e pian piano poi sveli perché è antipatica; per poi farle dire belle frasi, o fargliele pensare – per quelle che non sono come me e non parlano da sole e i pensieri rimangono dove dovrebbero stare. Di quelle frasi, dicevo, che le ragazzine si scrivono sul diario, o sulla porta del bagno della scuola  – anzi, no, ragazzine, non scrivete nei bagni! Povere bidelle.
La lineetta continua a lampeggiare ma io non ho scritto niente di sensato, però va bene così, perché alcune parole non puoi dirle ad alta voce, perché non sono fatte per essere pronunciate, sono fatte per essere scritte, perché alcune volte hai proprio voglia di farlo e chisseneimporta se sono sconnesse e vuote e quando hai finito di scrivere non lo vuoi neanche rileggere perché è solo un delirio? Intanto un poco hai scritto, ed è un passo in più, perché infondo le tue dita appartengono ai tastini del computer. Vabbé, se scrivi a mano appartengono ad una penna – beato te se scrivi a mano. Io mi faccio male. Forse perché le uniche cose che scrivo a mano sono l’assegno e i compiti in classe – quella volta al mese. Se mi esercitassi di più forse non mi farei male. Ma forse anche no, perché allora baderei più al come che al cosa. Un po’ come stai facendo adesso, penserai tu, ma io ti dico di no, che adesso sto pensando a farlo e basta, non penso al come e non penso al cosa e neanche al fatto che mi brucia la lingua perché ho bevuto il tè troppo in fretta e neanche al fatto che fuori c’è un tempo schifoso e siamo a giugno e neanche al fatto che ho una montagna di panni da mettere a posto. Tanto lo so che non lo farò fino a quando non sarà una questione di sopravvivenza.
Un po’ come la scrittura, penso io. Un po’ come la scrittura, che io scrivo per sopravvivenza, quando le parole non possono e non vogliono essere dette e allora le scrivo, e anche se non scrivo di niente almeno scrivo ed è un passo in più.
E vabbè, ho scritto altre cretinate. Forse un giorno una storia la riesco a scrivere. Forse.
Intanto tu, lineetta nera che lampeggi, non smettere di lampeggiare. Per piacere.
  
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