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Autore: cristhinah    14/08/2008    14 recensioni
Matrimonio combinato? Fidanzato arabo, bello come un dio greco? Anna Richardson, diciassettenne inglese, non sta capendo più nulla.
Una normalissima sera scopre di avere origini medio orientali e d'un tratto la sua famiglia di origine la rivuole a casa, per combinarle il matrimonio con l'affascinante e orgoglioso ragazzo, a lei promesso..
Di lì a poco sarà catapultata in un mondo tutto nuovo e sconosciuto,in una società medio-orientale molto diversa dall' occidentale Londra.
Lontana da quelli che credeva i suoi genitori, vivrà intrighi e sarà catapultata in una sfera occulta della società giordana,in compagnia di personaggi misteriosi, detentori di importanti segreti...

Prima originale pubblicata... please recensite :) Accetto tutti i tipi di commenti costruttivi e ogni consiglio saprete darmi ;)
Genere: Romantico, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensieri, parole, nuvole. Guardo il cielo e mi sento stanca, abbagliata da tutto questo splendore azzurro. Forse non dovrei passare le mie giornate a guardare il cielo, non dovrei neanche provare a scrutare le ultime nuvole bianche, gli ultimi sprazzi candidi immersi nel turchino. Ma che dico? Le nuvole non sono bianche. Le nuvole acquistano sempre nuovi colori.

Mentre scruto così una libertà che non mi appartiene, mi ritorna in mente quella sera di giugno di alcuni anni fa, quando ancora il mondo non mi si era voltato contro. E piango. Era stata la prima volta in cui avevo incontrato l’ambasciatore e sua moglie. La prima volta in cui mi fu detta la verità. I miei primi diciassette anni di vita erano stati una menzogna. Non furono queste le esatte parole, ma il senso è abbastanza azzeccato. Appartenevo ad un altro mondo, non certo il mondo londinese che avevo imparato ad amare. Persino quelli che credevo fossero i miei genitori avevano recitato una commedia. Il loro ‘ volermi bene ’ però non lo era stato, mi avevano assicurato. Si, ora che ci penso, diventa tutto più distinto e chiaro..

 

" Anna, questa sera abbiamo ospiti" mi gridò la mamma dalle scale, mentre stavo finendo la mia ultima ricerca sul Tibet. Sospirai. Da quando mio padre era divenuto alto funzionario diplomatico del governo londinese, ogni sera avevamo sempre ospiti. Erano doveri diplomatici, mi diceva. Cominciava a diventare stancante però tutto questo tram tram che non finiva più. A volte riuscivo a scamparla e andavo a cena con i miei amici Matt e Joey, quella sera però capii subito che la mia presenza era tassativamente richiesta. Sospirai ancora e mi grattai la punta del naso con il cappuccio della biro. Riposi con cura i miei fogli e i compiti di ricerca che mi erano stati assegnati per le vacanze. Poi mi volsi verso la finestra e guardai fuori. Il panorama era spettacolare, Hyde Park si estendeva sotto il mio sguardo come una piccola giungla verde. Era una meravigliosa sera estiva.

Rapidamente, pensai a prepararmi con cura. Scelsi un vestito Chanel che mi aveva regalato la nonna. Lo adoravo, era di seta blu notte e si intonava perfettamente con i capelli scuri e la carnagione olivastra. Non mi truccai. Non mi piaceva impiastricciarmi il viso con cosmetici che rovinavano la pelle. D’altronde non che ne avessi bisogno granché. Al contrario di molte ragazze di quell’età ero abbastanza soddisfatta del mio aspetto, sebbene fosse molto diverso dai tipici canoni inglesi. Comunque non che me ne curassi poi tanto. Se c’era una cosa che detestavo erano tutte le smorfiose della mia scuola che pensavano unicamente alle apparenze. Era proprio per questo motivo che spesso evitavo di andare alle feste. Tutti mi volevano, mi cercavano, mi invitavano unicamente perché ero figlia del console Richardson. Le ragazze più snob, avevano persino cercato di farsi invitare a casa mia, unicamente per vedere il lusso con i propri occhi. Sarebbero comunque rimaste deluse. Sebbene socialmente avevamo una posizione, la mia famiglia non si era mai montata la testa. Mio padre aveva duramente lavorato tutta una vita per raggiungere quel livello. Tutto quel piccolo mondo di certezza di cui sto parlando, comunque, quella sera mi si sgretolò davanti. Alla fatidica cena con gli ospiti, conobbi gli ambasciatori della Giordania.

La donna era giovane, avvolta da uno chador rosso sangue che però lasciava scoperto il viso, e l’uomo emanava un’autorevolezza particolare. Appena entrai nella sala da pranzo presi nota subito che i miei genitori non c’erano. " Rahim, è identica a Lina" sussurrò la donna, colta da uno strano tremore. L’uomo non proferì parola, seguitando solamente a guardarmi.

In principio, pensai di trovarmi dinanzi ad una coppia di folli maleducati, ma poi il senso di tutto si chiarì, anche se ancora oggi trovo arduo accettarlo. In quel preciso istante infatti fecero la loro comparsa i miei genitori che mi guardarono con una strana espressione.

" Mamma, papà? Cosa sta succedendo…?" chiesi incerta. Nessuno mi rispose. Mia madre scoppiò a piangere. Fu allora che le corsi incontro.

" Mamma, cosa hai? Che ti metti a fare piazzate adesso?! Abbiamo ospiti!" bisbigliai imbarazzata. Poi mi rivolsi sorridendo nervosa agli ospiti che ancora mi osservavano " Scusatela, è un po’ stanca, probabilmente ha anche l'emicrania. Sapete, ci soffre". Non mi risposero. Dannazione alla loro sfacciataggine. Non smettevano un attimo di fissarmi, un atto di mancata educazione. Non me ne curai e mi avvicinai a mio padre per scuoterlo. Anche lui però mi fissava strano.

" D’accordo… cosa succede?" dissi conciliante, mentre una strana preoccupazione mi avvolgeva le viscere. Mio padre, gli occhi stanchi e la barba brizzolata, mi fece cenno di sedermi. Ma non mi sedetti.

" Anna" mi disse – Ancora oggi riesco a ricordarmi del tono della sua voce- " Domani mattina partirai per la Giordania, insieme a questi due signori che sono i cugini del tuo fidanzato".

Mi ci vollero due secondi per realizzare , poi scoppiai a ridere sinceramente divertita. " Papi, ma cosa dici?" Poi tornai seria; non era da mio padre scherzare di fronte a due sconosciuti. Lo guardai in viso e capii che era serio. Sbiancai.

Mia madre non la smetteva di piangere e lentamente si era afflosciata sulla moquette del salone. Mio padre continuò imperterrito.

" Perdonaci, Anna…io.. noi non ti abbiamo mai detto che in realtà non eri veramente.. nostra figlia. Volevamo tanto un figlio e.. e ti abbiamo adottato. Eri così piccolina e fragile in quel lettino all’orfanotrofio! Dio mio perdonami, Anna… Ma ora è .. successo qualcosa di inaspettato. La tua vera famiglia ti ha ritrovato..e.." si interruppe e abbassò lo sguardo, portandosi le mani al volto.

Mi dovetti sedere per non svenire, e mi ci volle un po’ per digerire quel torrente di notizie.

La mia vera famiglia? Adottata? Fidanzato?

A quel punto intervenne l’ambasciatore arabo " Anna, il tuo vero nome è Amira e sei la figlia di Majid Nasser, generale militare giordano. Quando i tuoi genitori sono stati uccisi, degli oppositori politici ti hanno rapito e portato a Londra.Ora che ti abbiamo ritrovato potrai conoscere la tua vera famiglia che ti sta aspettando.."

Lo guardai incredula. Di colpo tutte le differenze fisiche, la mia pelle leggermente scura e alcuni strani atteggiamenti dei miei genitori furono spiegati. Non fu sufficiente per me quella spiegazione, per cui guardai sprezzante quella coppia di sconosciuti.

" Non mi interessa chi siete né cosa volete." Sibilai, gelida e incapace di mantenere l’educazione " Io non verrò mai con voi . La mia famiglia è questa." Guardai con disprezzo quell’arabo arrogante che rimase ferito dalle mie parole.

" Anna" singhiozzò mia madre " Sei nostra figlia e ti vorremo per sempre bene. Ci scriveremo e-mail, te lo prometto, verrò a trovarti spesso.Ma devi andare. Il giudice ha stabilito così e .. e..". scattai in piedi. " Cosa?!!" urlai fuori di me. " Hanno osato intentare una causa?!! E io non ne sapevo niente!! Quando pensavate di dirmi tutto questo!? Posso perdonarvi di non avermi detto che ero stata adottata ma non questo!" gridai furente. A quelle parole mia madre pianse più forte . Mio padre la tirò su di peso e l’abbracciò. Io, impotente , rimasi con le mani in mano. Mentre i due signori arabi voltarono le spalle e sparirono, le cameriere portarono via la cena ormai fredda. E così iniziò tutto. Iniziò la mia nuova vita. Sarei andata a vivere nella casa del mio " presunto" fidanzato. A quanto pare i miei genitori biologici avevano scelto mio marito molto prima della mia nascita. Ma se avevano pensato che io, diciassettenne inglese, potessi accettare un matrimonio combinato si sbagliavano di grosso. Non avrei reso vita facile a questo sbarbatello che osava definirsi il " mio fidanzato". Alla fine avrebbe dovuto arrendersi e rispedirmi a Londra, colto dall’esaurimento nervoso e con la sua resa, avrebbe dovuto piegarsi anche la sua famiglia. Almeno questo era il mio piano di battaglia iniziale. Non avrei ceduto mai a quell’assurda situazione e non avrei mai smesso di pensare alle persone che mi avevano cresciuta, come alla mia vera famiglia. E tanto piacere ai legami biologici, al sangue a tutte quelle stronzate.

 

 

 

 

 

  
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