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Autore: Melian    17/06/2014    0 recensioni
L'ultimo duello. Il duello. Yugi e il Faraone sono alla resa dei conti, faccia a faccia. Rivali ma non nemici. La consapevolezza che quello sarà l'ultimo scontro li conduce in un viaggio alla riscoperta di sè e dell'altro. Per il Faraone è arrivata l'ora di andare, ma cosa ci sarà dietro la Porta?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dark/Yami Yuugi, Yuugi Mouto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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.: BEHIND THE DOOR :.
 

Siamo qui, Yugi: faccia a faccia, un’ultima volta.
Occhi negli occhi, nei tuoi scorgo il riflesso del mio viso, così simile al tuo ma, allo stesso tempo, tanto diverso. Ti vedo combattere come mai prima d’ora.
Ed era giusto così: era giusto che quest’ultimo duello fossimo tu ed io a giocarlo. Mi sono battuto per vincere, diviso tra il desiderio di restare e quello di concludere il mio viaggio. Ma tu sei diventato più forte di me, hai superato ogni mia aspettativa e, anzi, io l’ho sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato: il momento in cui tu avresti tirato fuori la tua grinta, la tua forza.
Stupito, ho visto le Divinità Egizie sparire in un bagliore dorato: sei tu il vero Re dei Giochi. Nessuno prima d’ora era riuscito a sconfiggere Osiris, Obelisco e Ra, nessuno eccetto te.
Tu, Yugi, eri l’unico destinato a riuscirci, l’unico in grado di farlo dopo 3000 anni, perché tu, amico mio, sei la chiave dei miei ricordi, la chiave che mi permetterà di raggiungere la Sala della Giustizia. Non ho provato alcun rancore nel vedermi sottratte le Divinità, e come potevo provarne?
Ho schierato in campo i miei Incantatori: il Mago Nero e la Giovane Maga Nera, i Ka palpitanti di coloro che mi sono stati amici, Mahado e Mana. Ci hanno accompagnati sempre nelle nostre battaglie e tu hai sconfitto anche loro.
E quando il coperchio del Sarcofago d’Oro si è sollevato, ho compreso che era veramente finita. Quella scatola d’oro è identica a quella in cui i pezzi del Puzzle del Millennio erano sigillati, lo so perché me lo hai raccontato; è anche lo stesso scrigno nel quale tenevano le carte del nostro deck, come un piccolo tesoro, un segreto solo nostro. Conteneva un ultimo segreto che alla fine ha spazzato via la mia sicurezza.
Ero convito che avrei vinto.
Illuso.
E, ora, non ho più alcuna difesa: ti sto aspettando Yugi, sto attendendo il tuo ultimo attacco con cuore sereno, conscio di non aver più nulla da insegnarti, anche se, a dire il vero, sono io che ho imparato molte più cose da te di quanto tu possa mai immaginare. Ora so che sei in grado di condurre da solo la tua vita: allora afferrala, falla tua! Scegli la tua strada e percorrila fino in fondo!
Io ti sto aspettando!


Devo farlo realmente? Veramente dovrò ordinare questo attacco? L’ultima offensiva del nostro ultimo duello… il nostro duello.
Ma se lo faccio, se metto fine a questa sfida, dovrò dirti addio, dovrò rinunciare alla nostra amicizia, dovrò vederti sparire inghiottito dalla nebbia dei tuoi ricordi, catapultato indietro, nel tuo passato.
Ho paura. Non posso farlo!
È un prezzo troppo alto da pagare: temo che tu possa dimenticarmi, che il mio ricordo svanisca dai tuoi pensieri come un sogno cancellato dal sole del mattino.
Ho paura, Faraone!
Ho paura di perderti per sempre e non voglio lasciarti. Sono egoista, me ne rendo conto, ma non m’importa. Cosa farei senza di te? Noi siamo la stessa cosa e io, da solo, sarei perso, vacillerei, sbanderei, sarei cieco e sordo.
Tu sei la mia anima, tu sei il mio migliore amico, il primo in assoluto, sei una mano tesa nel buio della mia fragilità, la mia ancora di salvezza dal mare in tempesta della mia inesperienza di vita. Ho bisogno della tua guida, della tua mano che mi indichi il sentiero esatto da seguire, del tuo riflesso nello specchio: è ancora troppo presto perché tu vada via.
Stringo i denti, stringo il pugno fino a sentire male, alzo il viso e incontro il tuo sguardo: dietro la tua solita decisione e la tua voglia di vittoria, scorgo la serenità più pura, la consapevolezza che manca poco a che torni a casa.
No, non è presto. Non per te, almeno.
Questa notte, abbiamo fatto assieme un ultimo viaggio, mentre la nave scivolava sull’acqua, abbiamo condiviso corpo e mente un’ultima volta; ognuno ha scelto le proprie carte, ognuno l’ha fatto con lo scopo di riuscire a sconfiggere l’altro.
Mi ero deciso, sai? Mi ero rassegnato al fatto che la tua ora fosse scoccata e che avrei dovuto dare il meglio di me per aiutarti a tornare a casa. L’ho fatto e ora non mi resta che attaccare.
Tremo. Sono in bilico. Aiutami, Atemu!


Questa notte, Yugi, abbiamo affrontato un’ultima avventura. Questa notte, Aibou, mi sono preparato a dirti addio. Questa notte, quando passeggiavo nell’angolo più nascosto della tua mente, mi sono reso conto che veramente ero morto.
La mia vita è finita 3000 anni fa sul campo di battaglia, mentre tenevo la spada sguainata per proteggere la mia Keme [1] e la mia gente; si è conclusa tra la sabbia dorata del deserto, mentre l’odore dell’acqua di Hapi [2] giungeva in lontananza in una notte senza stelle.
La mia vita è ricominciata quando hai risolto il mistero del Puzzle; sono rinato perché tu hai avuto l’acume di rimettere insieme i pezzi di un rompicapo di cui non conoscevi la vera natura.
Avresti mai completato il Puzzle se avessi saputo che c’ero io all’interno? Non ne saresti stato spaventato? Se avessi saputo della mia presenza avresti potuto scegliere se accogliermi o meno.
Invece sono venuto in questo mondo dalla tenebra in silenzio, ho trovato rifugio nel tuo cuore, nella tua mente, nel tuo corpo e mi sono sentito per la prima volta dopo secoli finalmente completo. Mi sono domandato molte volte cosa facessi prima che tu mi liberassi, forse vagavo cieco e sordo nell’oscurità più totale, quell’oscurità che è sinonimo di morte.
Un morto che cammina.
Un’anima condannata a un esilio forzato ed eterno, destinata a non trovare pace, destinata all’oblio.
Mi hai dato luce, Yugi, mi hai dato vita.
Ero come un bambino: muovevo i miei primi incerti passi in un mondo che sapevo essere totalmente diverso da quello in cui ero sempre vissuto e che non ricordavo, ma che sentivo appartenermi. Questo tempo non era più l’epoca delle grandi piramidi che segnavano il corso di Ra nel cielo, degli obelischi che rappresentavano i raggi pietrificati del Sole in terra, né delle Sfingi dal volto severo, neppure dei templi fastosi adorni di fiori e profumati d’incenso. Non era più l’era dèi grandi palazzi dove risiedevano Re venerati come dei, coronati d’oro e d’argento.
Non lo era allora, tre anni fa, quando mi sono svegliato dal lungo sonno, e non lo è adesso, alla fine di ogni cosa.
Il futuro non mi appartiene: è tuo, Yugi. I giorni che verranno sono un regalo per te, per Jonouchi, Anzu e Honda; siete voi ad avere ancora lunghi anni dinanzi; io non ne ho più: dopo tre millenni di attesa, il mio tempo è scaduto.
Questa notte, ho intrapreso l’ultimo viaggio riservato alle anime dei morti.
Sai, Yugi, gli Egizi paragonavano la vita a una lunga navigazione e osservavano il Sole credendo che Ra si muovesse nel cielo su una barca, lungo una rotta antica quanto il mondo stesso e che accogliesse sul proprio naviglio le anime dei morti al calar della notte. Anche io ho compiuto il mio ultimo viaggio via mare: sono giunto lì dove sorge il sole e ora attendo che la barca solare scivoli lungo l’orizzonte, che mi prenda a bordo e mi conduca lì dove troverò riposo, nell’Amduat [3], nell’Aldilà.
Il mio unico rimpianto è dover lasciare te e tutti coloro ai quali ho voluto bene, l’unica cosa che veramente frena la mia voglia di tornare a casa è il sapere che dovremo dirci addio. Ma un addio, quando un legame è così forte, non può durare per sempre. E questo mi consola.
Sono ancora qui, Yugi, e ti sto ancora aspettando. L’ho capito: da solo non ne trovi la forza. Ma quella forza, Yugi, tu ce l’hai nel cuore, e io lo so, perché nessuno può conoscerti meglio di me, fratello mio. «Fallo, Yugi! Attaccami!»


La tua voce è così sicura. Hai fiducia in me, vero? Speri che io prenda questa decisione con risolutezza e senza rimpianti, non è così? Ma se troverò la forza di attaccare, questo lo dovrò solo a te: ora, finalmente, sono cosciente di poter fare delle scelte, so di possedere il coraggio di affrontare qualsiasi difficoltà.
Non sono più il bambino semplice che tutti conoscevano, sono cambiato in modo tanto radicale che quasi non mi riconosco; me ne sono reso conto solo adesso, quando ho attivato il dueling disk e ho evocato la mia prima creatura, schierandola contro di te.
Non sono più quel bambino troppo timido anche solo per sollevare lo sguardo, troppo impaurito per guardarsi attorno e bisognoso dell’appoggio degli altri per andare avanti.
E tu, Mou hitori no boku, Altro Me Stesso, mi hai aperto gli occhi, mi hai mostrato un mondo nuovo, fatto di fiducia in se stessi, di sfide appassionate, di pericolo, e, soprattutto, ricolmo di amicizia e affetto.
Sto arrivando. Ho deciso! Sopporterò una perdita tanto grande solo per amore fraterno.
Preparati, perché attaccherò! Sta in guardia, perché il duello è finito e questa Porta, su cui spicca l’Occhio di Ra che ci osserva in silente attesa, si schiuderà!
Ma cosa ci sarà dietro la Porta? Si aprirà, ti sottrarrà alla nostra vista per catapultarti in un luogo sconosciuto, dove certamente non potrò seguirti.
Eppure, il tempo dell’incertezza è giunto al termine, il momento in cui ti lascerò andare non può essere rinviato oltre.
Sono triste, il bambino che ancora è in me piange, urla, scalcia… mi fa male, mi sento precipitare, ma devo!
«E va bene! Mago Silente, attacca i suoi Life Points!» L’ho detto: ho dichiarato l’ultimo attacco, ho superato la mia incertezza, il mio egoismo.
Ti dono un fiore. Prendilo. E’ il mio regalo per te. Quel fiore porta il nome di libertà. Quel fiore dai colori dell’arcobaleno si nutre delle mie lacrime.
Suono di Life Points che scendono vertiginosamente a zero. Suono di lacrime che scivolano a terra come pioggia tintinnante rigandomi il volto.
Ho vinto.
Non volevo che andasse così: non volevo che mi vedessi piangere tanto disperatamente, ma non riesco a trattenermi. Mi lascio andare, cado in ginocchio sulla nuda pietra fredda che per me è ancor più dura di quanto lo sia realmente.
Questa notte non ho chiuso occhio: ho vegliato su di te, ho ripensato ai giorni trascorsi assieme… ora non ce ne saranno più.
Ho fatto un sogno mentre mi lasciavo trasportare dal mare dei miei pensieri. Ho sognato un gatto. Un gatto nero ha grattato alla porta della mia mente, mi ha fatto le fusa e mi ha invitato a seguirlo. Il suo malinconico miagolio mi ha condotto sulla sponda di un fiume, un nastro verde-azzurro tra la vegetazione lussureggiante.
Ho alzato lo sguardo e ho visto l’orizzonte aprirsi, farsi immenso, di color zaffiro, limpido e sereno.
Mi sono voltato e ho visto in lontananza le dune del deserto e in mezzo ad esse le sagome di immense piramidi; più vicino ho scorto un Palazzo sontuoso. Il gatto ha miagolato ancora e mi sono sentito come sollevare in alto, trasportato nel cielo dalle ali forti di un falco dal becco affilato e gli occhi scintillanti, abbaglianti. Il falco ha preso quota e ha sorvolato il Palazzo.
E' stato allora che ti ho visto. Eri fermo, te ne stavi su una balconata con lo sguardo rivolto alla tua città, alla tua gente. I tuoi occhi. Ho visto nei tuoi occhi l’amore per la tua terra, l’amore per quel deserto e per quelle piramidi, per quel fiume che non era altro che il Nilo.
E ho chiesto al falco di avvicinarsi, ma lui ha ripreso quota ed è salito ancora più in alto, dove non potevo vederti.
E il gatto ha miagolato ancora ed è diventato una leonessa e, infine, una donna. Era bella, non aveva ali, ma la sua figura si stagliava nitida contro il cielo; i suoi occhi erano così penetranti e più abbaglianti del fuoco tanto che ho dovuto distogliere il viso. Il suo occhio divenne l’Occhio del cielo, divenne il Sole.[4]
L’urlo del falco. Horus il dio Falco. Horus il dio dei venti. Horus che dà respiro. Horus il Faraone stesso.
Tra qualche anno, qualcuno parlerà della nostra avventura come fosse una leggenda, ma la verità è che non svanirai mai dalla mia anima; potranno parlare di leggende trasformatesi in miti, ma tu non sarai mai troppo lontano.
Tu sei il Falco. Tu sarai nel vento. Tu sarai il mio migliore amico per sempre.
Avrai nostalgia di questa vita? Penserai mai a questo futuro o credi che piramidi e templi siano un’alternativa assai più allettante?
Questa Porta si aprirà.
Avrò il tempo di salutarti ancora?


Una mano davanti agli occhi per proteggermi da un’onda d’energia color azzurro.
Ho perso. È la prima volta che accade. Assaporo la sconfitta per l’unica volta in questa mia esistenza.
Da quello che sentivo dire dai nostri avversari, la sconfitta dovrebbe avere il sapore più amaro che possa esistere, dovrei sentirmi umiliato e battuto. Non è così, non per me. Questa sconfitta la accetto: tu hai meritato la vittoria e io mi sento stranamente più leggero.
Libertà. Assaporo il gusto della libertà. È ancora una sensazione strana, ancora è troppo lontana da me, ma la sento arrivare piano, la sento impadronirsi del mio Spirito.
Ho avuto una visione. Mi sono affacciato dalla finestra della mia memoria e sono stato riportato indietro .Tutta la mia esistenza si è condensata in tre giorni. Per tre giorni il sole è sorto ed è sparito oltre l’orizzonte. In tre giorni ho ripercorso il cammino che mi ha portato al sacrifico della mia vita, che mi ha portato all’interno del Puzzle e infine a te e mi sono chiesto perché non ho sconfitto definitivamente Zorck 3000 anni fa, ma ho atteso di farlo solo ora, perché mi sono dimostrato debole, se debolezza devo considerare quanto è avvenuto in passato.
Voglio essere ottimista e credere che la nostra permanenza nel mio passato sia durata così poco solo perché quelli che dovevamo rivivere fossero gli avvenimenti più cruenti, i mie ultimi giorni.
Spero che la mia vita sia durata più a lungo, spero di aver avuto il tempo non solo per combattere, ma anche per amare. Ho avuto amici e servitori leali, fedeli sino alla fine e spero di aver avuto l’amore di una donna. Ho portato la corona doppia d’Egitto. La Corona Bianca e Rossa ornava la mia fronte. Ero Faraone, ero un dio in terra, ero un ragazzo… sono un ragazzo. Ho provato sentimenti forti e appassionati e ho imparato ad accettarli e a riconoscerli solo con la tua guida: è stato uno dei tuoi tanti doni.
Aibou, lo senti questo vento? È il vento del cambiamento, è il vento di libertà che sa di buono.
Grazie, Yugi.
Sono felice che tu ti sia dimostrato il miglior duellante tra noi, perché la mia sconfitta ha segnato anche la fine della mia prigionia nell’oblio.
La Porta, qualunque cosa nasconda, sarà il passaggio che mi condurrà alla casa dei miei padri, al luogo che mi è stato destinato 3000 anni or sono.
E tu, Yugi, sei stato la chiave che le consentirà di spalancarsi..
Mi avvicino a te, in lacrime, accoccolato su te stesso; sono certo che non volessi piangere, ma non sei riuscito a controllare le tue emozioni ed è anche e soprattutto per questo che sei tanto meraviglioso. Mi inginocchio dinanzi a te, ti pongo le mani sulle spalle e, finalmente, i nostri occhi tornano ad incontrarsi; ho fiducia che nei miei tu possa leggervi gratitudine.
«Alzati Yugi! I campioni come te non dovrebbero mai piangere in questo modo!»
È il mio ultimo consiglio, nient’affatto un rimprovero, ma un tentativo di consolarti, di farti forza. Le mie parole nascondono molto altro che non riesco a pronunciare, ma che tu già conosci, già intendi. Non ti dirò mai che i veri uomini non piangono; qualcuno potrebbe dirti che è così… mente, Yugi! Non ascoltarlo! Le lacrime non sono sinonimo di debolezza: non avere paura di esternare i tuoi sentimenti, mai. Gli occhi sono lo specchio dell’anima, ecco perché i tuoi sono così grandi, perché grandi sono le tue emozioni. Non cambiare, Yugi.
«Yugi, dobbiamo salutarci…». E sappiamo che è ora che le nostre strade prendano direzioni diverse, il nostro destino si è compiuto, nulla è stato lasciato al caso.
«Atemu…»
Il mio nome. Non sono più un’ombra. Non sono più uno Spirito irrequieto in cerca di qualcosa che non conoscevo, uno Spirito sempre pronto a dar battaglia, fremente, mai stanco di lanciarsi a capofitto in nuovi pericoli. Ho un nome. Tu l’hai trovato, amico mio.
Colui il cui nome viene pronunciato resta in vita. Lo dicono i papiri consunti dal tempo, lo dicevano i maghi e i sacerdoti egizi nella cerimonia della mummificazione, quando sulle pareti del sarcofago e della camera funeraria si incideva il nome del defunto e lo si ripeteva nelle preghiere.
Io ci credo, voglio crederci. Voglio essere vivo.
Il nome è intriso di magia; conoscere il nome di persone e oggetti significa avere potere su di essi. Il nome ti innalza al di sopra del cielo, ti solleva dal sarcofago, ti libera delle bende dell’imbalsamazione e ti illumina, ti fa tendere all’immortalità: chi conosce il proprio Ren Sheta [5] sale sulla barca di Ra, supera le dodici prove ed è ammesso alla corte di Osiri e Eseth.[6]
Il mio nome spalancherà la Porta.


«Faraone, ricordi il sole brillare sull’acqua del Nilo?»
Era sorta l’alba quando ti avevo ritrovato. Eri sparito, inghiottito dal buio per colpa del tuo antico nemico. Ti avevo ritrovato solo per poterti lasciare andare adesso, era il mio desiderio.
Annuisci: «Mi hai cercato e mi hai riportato a palazzo, dandomi la forza di continuare a combattere, come sempre!»
Una promessa è quello che ti chiedo: non dimenticarmi. «Ti ricorderò quando il sole spunterà all’orizzonte!»
«Ti ricorderò quando il sole brillerà alto!»
Dobbiamo separarci, siamo arrivati al capolinea; devi scendere dal treno; stavolta almeno è fermo e potrai farlo con calma. Niente più sfide contro il tempo, adesso il tempo è tuo.
«Addio!», è il mio saluto e la tristezza mi attanaglia, ma è bello vederti felice, perché è felicità quella che ti ombreggia nello sguardo.
«Addio!» Un sorriso sulle tue labbra segue il tuo ultimo saluto. Serenità, gratitudine, tristezza, malinconia, tutto in un sorriso.
Condividiamo le medesime sensazioni ancora una volta.
Non è stato un miraggio il nostro incontro. Il nostro legame non si attenuerà, è troppo profondo. Ci cercheremo e ci rincontreremo di notte, segretamente, al lume di candela: due fratelli che si racconteranno mille storie nella dimensione dei sogni.
Un ultimo sguardo e intuisco che sei pronto, che siamo pronti. Mi faccio da parte: è qualcosa che devi vivere da solo, è l’inizio del tuo personale viaggio, l’ultimo, quello che ti farà approdare su lidi inesplorati dagli esseri viventi, che ti donerà il meritato riposo.
Tu non eri veramente morto, malgrado lo credessi, non finché il tuo spirito era in me; non lo sarai nemmeno dopo aver varcato quella soglia, perché vivrai nei cuori di quanti abbiamo incontrato.
Sei davanti a quell’uscio. L’Occhio di Udjiat, l’Occhio di Ra inciso sulla pietra antica si illumina, percorso da un bagliore dorato. Un passo avanti, un attimo di indugio che subito sparisce, sostituito dalla tua espressione seria e forte che mostri sempre ai tuoi avversari e che pure io ho conosciuto, e poi schiudi le labbra.
«Sono il figlio del Faraone Akunakamon, il mio nome è Atemu!»
La Porta, lentamente, si apre, come a svelare un segreto inaudibile, lieto e terribile assieme.
Luce, un’onda di luce calda e avvolgente, ultraterrena, meravigliosa, che fa traboccare il cuore di non so quali sentimenti. Ti chiama, ti lega a sé, ti cinge e non vuole lasciarti e tu ti lasci trasportare, rispondi a quella chiamata, avvinto dal desiderio insaziabile di rivedere i volti amici della tua vera vita come un gabbiano attratto inesorabilmente dal mare, che è il suo nido.
Un tempo e uno spazio per ognuno di noi.
Il tuo spazio e il tuo tempo ti vengono offerti da questa Porta; oltre di essa troverai la tua casa millenaria, il rifugio per la tua Anima sfolgorante e guizzante come puro fuoco.
Avanzi, non ti volti indietro, forse non lo fai per paura di bloccarti qui e di non riuscire ad andare fino in fondo. Paura? No, tu non ne hai mai avuta, ma hai conosciuto l’amicizia vera e lasciarla andare non è semplice.
Vedo Jonouchi, Honda e Anzu con gli occhi lucidi. Immagino cosa possano provare; ti vengono incontro, perché non possono lasciarti andare in questo modo. Nessuno di noi quattro prova a fermarti, mio Faraone. Non è questo il nostro scopo; noi piuttosto vogliamo che ti si fissi nel cuore, indelebile, la nostra voce, il nostro volto, il nostro affetto. Non ti dimenticheremo.
Seto, Mokuba, Marik, Ishizu e Odion sono stati spettatori del nostro duello e ora sono spettatori della nostra separazione; anche loro, ognuno a proprio modo, ti hanno voluto bene.
Sei stato amico e rivale per ognuno di noi.
Il tempo non cancella, ma avvolge di un alone quasi magico ogni singolo ricordo e lo rende simile a una perla: custodirò ogni perla gelosamente.
Non ho più il Puzzle, era tuo, ero nostro… adesso giace assieme agli altri Oggetti del Millennio in una pietra che era la sua originaria sede. Non lo avrò più con me, ho detto addio anche a quell’oggetto d’oro e anch’esso mi mancherà.
Ma adesso mi sento in pace con me stesso, so di aver portato a termine la mia ultima missione, di averti dimostrato quanto valevo, di averti portato per mano a casa.
Ti voglio bene, Faraone! Sii felice, Atemu! Arrivederci, amico e fratello!


Ero pronto a lasciare questo mondo, mi avete trattenuto e non ho potuto ignorare la vostra voce così familiare.
Vi voglio bene teneramente e anche se non l’ho mai detto e non lo esprimerò mai a parole, è così.
Jonouchi, Honda, voi mi avete mostrato cosa vuol dire fare gioco di squadra, cosa vuol dire battersi l’uno per l’altro, mi avete regalato affetto e fiducia incondizionata.
Anche quando ci siamo ritrovati ad essere avversari, la nostra amicizia era posta al di sopra di tutto: era il nostro vessillo, Jonouchi, era la nostra ragione d’essere una squadra e io non l’ho mai tradita.
Anzu, cara Anzu. Hai cercato da me un amore che non potevo darti, ma devi sapere, amica mia, che c’è qualcun altro che può darti ciò che vuoi: finalmente, ora che andrò via, capirai che la persona di cui sei veramente innamorata è Yugi e non io, perché è lui che conosci a fondo, è lui che ha sempre un pensiero dolce per te, colui su cui potrai sempre contare.
E’ lui l’eroe, non io.
«Spiacente, ma tu non vai da nessuna parte, Faraone! Perché tutto quello che ci hai regalato lo porteremo nei nostri cuori!»
E io porterò voi nel mio, Jonouchi.
Uno sguardo anche a te, Seto, perché nonostante la rivalità, le incomprensioni, noi siamo sempre stati molto più simili di quanto entrambi possiamo credere.
In te arde l’anima vibrante di Seth, mio cugino, Sommo Sacerdote e successore sul trono d’Egitto. Ora quel Ka sfavillante ti lascerà per raggiungere il suo luogo di riposo; alla fine veramente il passato ti lascerà andare, non sarai più invischiato nella sua rete.
Ricorderò anche te e so che anche tu farai lo stesso.
Abbi cura di Mokuba e guardarti attorno ogni tanto: scoprirai di avere molti amici!
Così fa’ anche tu Marik, non lasciarti mai più cadere preda del buio, ma sii fiducioso nei confronti del mondo, Ishizu saprà essere una guida affettuosa.
Mi volto ancora, vi do di nuovo le spalle e ho il viso inondato di calda luce bianca.
Mi mancherete, ma io torno alla casa di mio padre, torno nella mia Ta-Meri [7].
Chiudo gli occhi, traggo un lungo respiro e avanzo con passo deciso, sollevo le palpebre e mi vedo circondato dalla luce, mi sento quasi sollevato e trasportato dal vento.
Ho varcato la soglia della Porta.
La Porta si è aperta al suono della mia voce, all’udire il mio nome e mi ha accolto come una madre amorevole.
Ta-Nutri [8] mi attende ancora, non si sarà dimenticata di me e perdonerà la mia lunga assenza.
L’eco dei miei passi rimbomba lungo questo immenso corridoio che trovo piacevole percorrere, e i miei vestiti non sono più identici ai tuoi, Yugi, ma sono quelli che spettano ad un Faraone: un manto color della notte, una veste di lino bianca, trattenuta alla vita da una cintura d’oro, come d’oro sono i bracciali e la corona; sono un Re che torna al suo regno.
Non odo più voci dietro di me, probabilmente la Porta si è chiusa e io ho già percorso una distanza troppo grande, ma so che ancora mi senti, so che ancora l’eco dei miei pensieri ti giunge.
Yugi, ciò che ti chiedo, l’ultima cosa che vorrei mi regalassi, è una preghiera.
Tu credi negli Dei, Yugi, lo so, per questo spero che tu pregherai per la salvezza della mia anima.
Non so se alla fine della vita tutti gli spiriti vadano nel medesimo luogo, ma so che, al di là di dei e dee, c’è un unico Dio, uguale per tutti, me lo hai detto tu e voglio provare a crederci.
Prega il tuo Dio, Aibou.
Chiedigli che il mio cuore superi l’ultima prova.
«Ti stavamo aspettando!»
Una voce amica.
Visi amici.
Sono tutti qui, per me.
«Benarrivato, figliolo.»
Mio padre, il suo volto segnato dal tempo si illumina in un sorriso.
«Da quando attendevate?» chiedo.
«Da 3000 anni, mio signore!», è Mahado a rispondermi.
«Ma io sapevo che alla fine ci avresti raggiunto!», l’allegria di Mana mi fa nascere un sorriso sulle labbra.
«Dove siamo?» voglio sapere.
«Nel Vestibolo della Sala della Giustizia…» Seth si avvicina, mi guarda con i suoi occhi blu, gli occhi di Seto  «Adesso che sei con noi, possiamo chiedere il permesso per entrare.»
Annuisco. Avanzo ancora e mi ritrovo davanti ad un gigantesca porta d’ebano istoriata, sembra che sia così immensa che tutta la storia del mondo sia dipinta su di essa.

"O voi, Spiriti divini, che fate penetrare le Anime perfette
nella dimora sacrosanta di Osiride,
lasciatemi camminare al vostro fianco, io, Anima perfetta!
Lasciatemi penetrare nel Santuario di Osiride,
che io possa intendere, come voi intendete,
vedere come voi vedete,
restare a mio piacimento, come voi, ritto o seduto!
" [9]

Le ante si schiudono.
È una Sala immensa quella che si presenta allo sguardo, sembra non avere fine, le pareti si estendono all’infinito e il Tribunale delle quarantadue divinità che assistono Osiride è già disposto.
È Anepu [10], Anubi, il dio dalla testa di sciacallo che ci accoglie e ci invita mutamente a seguirlo.
Una Bilancia. La Bilancia di Maat custodita da Thot.
Thot dal volto di ibis si fa avanti reggendo un rotolo di papiro: annoterà i nostri nomi e il giudizio pronunciato da Osiride al termine della Cerimonia della Pesatura e dopo aver udito la nostra Confessione.
«Dio grande, Signore di Verità e di Giustizia, Signore onnipotente, Toro dell’Amenti! [11]», saluto e cerco colui al quale sono rivolte quelle parole: Osiride seduto sul suo alto trono, in mano porta i simboli del potere faraonico, il Nekhekh e l’Heka [12].
Alla sua destra sta la Grande Madre e Maga Iside, la più bella tra le dee, la Regina; alla sua sinistra Nephtys. E Horus il Falco sta dinanzi suo padre, regge nella mano l’Ankh [13] d’oro: anche lui attende il verdetto del Re degli dei.
E ogni anima pronuncia la Confessione per mostrare che la sua anima è pura e meritevole, vere devono essere quelle parole, perché gli dei sanno scrutare il cuore, perché esso dovrà essere leggero.
E Toth spiega la Bilancia.
Avanza Maat [14] Signora della Giustizia e della Verità nel bel mezzo della Sala con passo lieve, nel palmo aperto della mano porta la sua piuma bianca, la Piuma della Verità.
La Piuma è posta sul piatto.
Anubi si avvicina e ad uno ad uno pone sull’altro piatto il cuore di quanti mi hanno accompagnato: il loro cuore è puro, perché è più leggero della Piuma della dea.
A loro spetta la vita nei Campi dei Beati.
E a me cosa accadrà? Sarò degno di un simile premio?
Anubi mi prende per mano come fa con ogni spirito, mi conduce alla Bilancia.
Yugi, prega per me, prega affinché trovi pace.
Se il piatto con sopra il mio cuore toccherà terra, non voglio la dannazione, non voglio tornare a vagare nel buio, cercherò piuttosto di tornare da te.
Una preghiera.
Gli Dei ascoltano le preghiere di coloro che sono puri e innocenti:  ti ascolteranno, Yugi.
Mi sembra di sentire sul collo il fiato di Ammit [15], mi pare di sentire il suo ringhio: è affamata, forse divorerà me.
Il mio cuore [16] è posto sul piatto.
È il momento di sapere se il mio viaggio avrà un esito felice.
Non ho lasciato quanti amavo per finire tra le fauci della Divoratrice di Anime, ho fiducia che questo non accadrà: ho detto il vero, sono stato sincero, di ogni peccato mi sono pentito e, se mai abbia commesso qualche colpa, mi sono riscattato sacrificandomi tre millenni fa.
Di nuovo Maat pone la sua Piuma sull’altro capo della Bilancia.
O cuore mio, non testimoniare contro di me! Non essermi contro durante il Giudizio. Non essermi ostile in presenza di Colui che tiene la bilancia.[17]
I piatti restano alla stessa altezza per un breve secondo che sembra dilatarsi incredibilmente.
E infine la Piuma della Verità spinge il piatto su cui giace verso il basso, fino a toccare il pavimento di pietra.
Il mio Ka [18] è salvo.
Il mio cuore è sincero.
Ammit non mi toccherà.
Ho udito un sussurro.
Era una voce amica.
Eri tu, Aibou.
«Voce Sincera! [19]» è il verdetto di Osiride, egli stesso ha pronunciato quelle parole.  «I Campi di Iaru!»
Horus stesso ci scorta, ci conduce dinanzi un’altra porta, è d’oro e d’argento e brilla come sole e luna assieme.
«Abbiamo atteso a lungo, ma ora troveremo una terra bella e ferace ad attenderci!»
È la voce rassicurante di mio padre.
Ha ragione: i Campi di Iaru sono stati creati a immagine e somiglianza dell’Egitto nel suo pieno splendore e noi saremo assieme re, sacerdoti, guerrieri, contadini e artigiani di quel mondo.
Anche l’ultima porta che mi si para dinanzi si schiude, la luce mi abbaglia e quando riapro gli occhi scorgo la mia Kemet adorna come una sposa: i campi di grano sono vastissimi e biondeggiano al sole, il Nilo scorre placido nel suo letto e si odono risa di gioia e canti di festa.
«Sono a casa!»
Le mie ultime parole prima del silenzio, perché la bellezza di questo paese mi toglie il fiato e nel mio cuore passato e presente si fondono, tutto ha un senso, diventa così chiaro da essere ovvio, ogni cosa prende il suo posto e tutto ciò che dovevo sapere di me stesso non mi è più ignoto.
Alzo il viso al cielo limpido.
Un ultimo pensiero prima di abbandonarmi alla gioia.
L’ultimo pensiero prima di respirare l’aria pura a pieni polmoni, prima di assaporare completamente la mia libertà, è per te, per la nostra amicizia che vive in eterno.
Arrivederci, Yugi. Non ti dimenticherò mai.

 

 



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NOTE


Questa storia è stata creata nel lontano, ormai, 2007. L'avevo pubblicata proprio qui, su EFP, ma non so come mai, mi sono accorta che non c'è più tra le mie fanfiction.
Così, voglio ripubblicarla e lo faccio senza cambiare una virgola di ciò che scrissi all'epoca, perchè... beh, chiamatemi nostalgica, ma rileggermi mi da la misura di come le cose, io, il mio stile di scrittura sia cambiato o meno nel tempo.

Buona lettura e grazie da adesso a tutti gli eventuali recensori.

Glossarietto:

[1] L’Egitto veniva chiamato dagli stessi suoi abitanti con vari nomi, uno dei quali è Keme o Kemit che vuol dire “Terra Nera” o “Terra Fertile”, dal colore del limo che il Nilo depositava durante le sue benefiche piene.

[2] Nome egizio del Nilo.

[3] Il Duat era l’Aldilà egizio. Chiamato Amduat col significato di “Tenebra-Notte”, o semplicemente Duat nella sua forma abbreviata.

[4] Yugi ha sognato un gatto, animale sacro della dea Bastet. La leonessa è Sekmeth, la dea delle malattie e della medicina assieme, una dea generosa e terribile contemporaneamente. Secondo la leggenda, l’Occhio del Sole, la dea Hathor adirata abbandonò il cielo aggirandosi per la terra sottoforma di leonessa di nome Sekmeth per l’appunto, venne infine placata da Ra ed ella si trasformò nella benigna Bastet.

[5] Il Ren Sheta era il Nome Segreto che veniva dato alla nascita ad ogni bambino dai suoi genitori o da un sacerdote. Una volta adulti, se ci si dimostrava degni, si poteva scoprire quale fosse il proprio Ren Sheta. Ritenuto talmente importante, era uno degli scopi per cui l’egiziano viveva e che doveva perseguire anche dopo la morte, poiché era elemento essenziale per accedere all’Aldilà.

[6] Osiri e Eseth sono i nomi egizi di Osiride e Iside.

[7] Ta-Meri significa “Terra Amata” ed era uno dei nomi dell’Egitto.

[8] Ta-Nutri significa “Terra degli dei”. Anche questo è un antico nome dell’Egitto.

[9] È una citazione dal Primo Capitolo del cosiddetto “Libro dei Morti”, un antico testo egizio contenente delle formule funerarie.

[10] Anepu era il nome egizio di Anubi.

[11] Erano le parole che il defunto doveva recitare per salutare Osiride e sono riportate nel Libro dei Morti.

[12] Pastorale e Flagello. Il primo simboleggiava il Sovrano che guidava il suo popolo come un pastore fa con il suo gregge, il secondo era il simbolo della protezione che il Faraone assicurava ai suoi sudditi.

[13] L’Ank era rappresentato da una croce ansata ed era il simbolo della vita e della rinascita dopo la morte.

[14] Maat era la dea della giustizia e garante dell’ordine universale. Alla morte, il defunto giungeva nella Sala della Giustizia dove vi era collocata la Bilancia della dea, su un piatto era posata la Piuma della Verità, sull’altro piatto veniva posto il cuore del defunto; se il cuore del defunto risultava più pesante della Piuma di Maat, allora esso veniva dato in pasto alla Divoratrice di Anime, che ne divorava il cuore, il corpo e il Ka, in modo che il defunto non potesse tornare a nuova vita; se invece il cuore del defunto risultava più leggero della Piuma, allora Osiride apriva al defunto le porte del paradiso. Tale procedimento è chiamato Psicostasia, ossia Pesatura del Cuore.

[15] Ammit è la Divoratrice di Anime, un essere crudele che si nutre del Ka, del cuore e del corpo dei defunti che si sono dimostrati indegni di vivere alla corte di Osiride e Iside e il cui cuore risulta più pesante della Piuma di Maat. Era un animale col capo di coccodrillo, il corpo di leone e le zampe posteriori di ippopotamo. Essere divorati da Ammit coincideva con la morte eterna.

[16] Il cuore per gli egizi aveva le stesse funzioni che oggi sono attribuite al cervello. Esso era considerato la sede dell’intelligenza e delle emozioni, da esso inoltre dipendeva la vita dell’individuo. Il cuore era considerato incapace di mentire e veniva posto sulla Bilancia di Maat durante il Giudizio di Osiride a testimonianza dei peccati del defunto.

[17] Formula 30b del Libro dei Morti.

[18] Il Ka è un concetto complicato da spiegare, perché molteplici sono i concetti che accompagna, il più importante dei quali è la rappresentazione dell’Anima di ogni uomo.

[19] Queste parole sono realmente riportate in antichi testi e costituiscono proprio il giudizio di Osiride nei confronti di un’anima pura.

[20] I Campi di Iaru si possono considerare a grandi linee come i Campi dei Beati della mitologia greca; rappresentavano l’Egitto in tutto e per tutto, con la particolarità che questo Egitto “celeste” era perfetto, abitato dagli dei e dalla gioia perpetua e ricco di altissimi campi di grano.

 

   
 
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