Rara Avis
Ascolto consigliato per la lettura.
- Puoi raccontarmi una storia? -
L'uomo carezzò distrattamente i capelli della bambina che lo osservava curiosa, la testa poggiata su un morbido cuscino e i grandi occhi nocciola senza l'ombra del sonno che avrebbero dovuto avere a quell'ora tarda.
- Ti ho mai raccontato la storia del cigno bianco e del cigno nero? -
-
No, papà. -
L'uomo sorrise.
- È una
bella storia, bambina mia. La più bella di tutte. -
*
La
storia inizia una mattina d'autunno, in un lago che non appartiene a
questo mondo. Sulla superficie di questo lago si rincorrevano le
libellule, raccogliendo gocce d'acqua fredda e riflettendo sulle loro
ali la luce dei primi raggi di un debole sole. Nulla lasciava
presagire ciò che sarebbe accaduto più tardi, e di
certo il giovane Principe del lago, impegnato ad osservare il proprio
piccolo regno con occhi pieni d'amore, non poteva sapere
dell'incontro che gli avrebbe sconvolto l'esistenza.
Lasciò
che la corrente lo trasportasse lontano dalla riva, un sorriso
pacifico in volto, per avvicinarsi ai suoi compagni e compagne, i
suoi sudditi, i suoi fratelli e sorelle. Questi lo accolsero
volgendogli versi di benvenuto e festa.
Amava la sua vita.
Amava
la sua esistenza.
Amava il suo piccolo regno, e i suoi
compagni.
Uno di loro, un esemplare che aveva visto sorgere meno
lune del Principe, si fece avanti. Appariva trafelato e confuso per
qualche motivo particolare. Il Principe, con la sua voce melodiosa e
pacata, gli chiese quale fosse il motivo di tanta agitazione.
Il
giovane esemplare parlò.
- Sulla riva sud del regno,
questa notte, è giunto un Cigno Nero. -
Non appena il
giovane ebbe finito di parlare, l'agitazione che era stata solo sua
si espanse lungo il gruppo dei suoi compagni, che iniziarono ad
agitare le ali, ebbri di una rabbia crescente. Un Cigno Nero non era
il benvenuto in quelle acque sacre; un Cigno Nero era una
maledizione, rovina per il gruppo, rovina per il singolo, rovina per
qualunque cosa su cui egli avrebbe posato il proprio sguardo.
Ma
il Principe era giovane, e non aveva mai visto un Cigno Nero in vita
sua; il suo cuore vibrava di una curiosità morbosa. Subito
aprì le proprie ali candide per attirare su di sé
l'attenzione dei propri fratelli e sorelle e chiedere loro di
calmarsi, di fidarsi delle sue decisioni, e subito chiese al fratello
che aveva portato loro la notizia di condurlo dal Cigno Nero per
parlare con lui, nella speranza che questi comprendesse
ragionevolmente le sue motivazioni e il perché avrebbe dovuto
trovare un altro lago da rendere la propria casa.
Il giovane
acconsentì alla richiesta del Principe e, pur spaventato,
iniziò a nuotare verso la riva sud, oltre il canneto in cui le
femmine deponevano le uova e più in là ancora. Fu solo
dopo aver attraversato il canneto che il Principe ebbe finalmente
visione dell'esemplare che tutti avevano iniziato immediatamente a
temere; e subito, prima ancora che questi alzasse lo sguardo rabbioso
per incontrare il suo, sentì di essere legato a lui in maniera
inscindibile. Qualcosa che non aveva mai provato prima.
L'esemplare
più giovane rimase indietro mentre lui proseguiva
nell'avvicinarsi al Cigno Nero, il cuore fresco di buone intenzioni
sempre più rapido nel battergli in petto. Il Cigno Nero non
gli andò incontro, non volle incontrarlo a metà strada:
rimase fermo nella sua posizione a pochi metri dalla riva, intento a
fare sfoggio del suo piumaggio scuro, fissandolo.
E aveva ben
ragione di vantarsene; il giovane Principe aveva sempre creduto che
il modo in cui le sue piume bianche erano in grado di accogliere i
giochi di luce del sole fosse bellissimo, ma le piume del Cigno Nero
rifiutavano la luce e brillavano di luce propria, e ora comprendeva
veramente cosa fosse la bellezza.
Era di fronte a lui, ormai: di
fronte al suo sguardo fermo e alla sua silenziosa, frigida regalità,
e il Principe non poté fare a meno di allungare il proprio
collo e poggiarlo su quello dell'altro, che non si ritrasse ma anzi,
ricambiò il gesto.
- Ero venuto a chiedervi di
andarvene. - sussurrò il Cigno Bianco, godendo del calore
originato dalla vicinanza dell'altro. - Ma ora comprendo che siete un
Principe quanto lo sono io, e fatico a capire il perché siate
dovuto scappare dal luogo in cui regnavate per occupare un altro
luogo di pace. Come potrebbe mai qualcuno separarsi da tanta
bellezza? Come potrei io separarmi da tanta bellezza, ora che
ho potuto vederla? -
Il Cigno Nero non rispose, ma aprì
le ali e sembrò volerle tendere verso il Cigno Bianco per
accoglierlo in un abbraccio. Il Cigno Bianco si abbassò più
che poté verso di lui per consentirglielo, ignaro di qualunque
cosa stesse accadendo attorno a lui che non fosse causata dal Cigno
Nero.
- Siete il primo a complimentarsi con me per la mia
bellezza, ma proprio a causa di ciò che voi definite tale io
non sono Principe di nessun regno; lo ero quando non ero altro che un
cucciolo, finché il Re mio padre si rese conto che il mio
piumaggio non sarebbe mai schiarito, tutt'altro, e convinto dalla
Regina mia madre che il mio animo si sarebbe fatto scuro come il mio
corpo decise di cacciarmi, troppo impietosito dall'amore che provava
per me per porre fine alla mia vita. E da allora vago alla ricerca di
un posto in cui rimanere. -
- Potremmo stare assieme. - la voce
del giovane Principe Bianco era piena di una gioia mai provata prima.
- Potremmo governare questo lago insieme. I miei fratelli e le mie
sorelle mi vogliono bene, sono certo che, una volta visto quanto
sapete essere dolce e gentile ignorerebbero il vostro colore e il
vostro sguardo freddo e proverebbero per voi ciò che provo io.
-
- E cosa provate voi per me? - sussurrò il Cigno Nero,
la voce incrinata dall'ansia di sentire quelle parole.
Il
Principe alzò il collo e posò la propria fronte su
quella del Cigno Nero, perso in un luogo e in un sentimento che mai
avrebbe creduto di poter conoscere in vita sua. - Vi amo. - rispose,
la voce piena di forti, confuse emozioni. - Vi amo come mai ho amato
prima in vita mia, di un amore cieco e che non vuol sentir ragioni.
Rimanete con me. -
Si avviarono assieme lontano da
quell'oscura riva, di ritorno verso il gruppo dei compagni del
Principe. Il giovane che lo aveva accompagnato era scomparso da
tempo.
Nella luce del sole ormai alto nel cielo, il Principe
poté notare che il piumaggio del suo amato non escludeva la
luce come aveva creduto, anzi: l'accoglieva in pieno, lo sguardo giù
più addolcito da quella visuale, beandosene tanto quanto ne
beava il suo animo fino a poco prima infelice. Mai più avrebbe
permesso che la tristezza escludesse a quel cuore tutto il bene che
faceva parte del loro mondo; mai più lo avrebbe
abbandonato.
- Voglio farti un dono. - decise.
E
detto questo si voltò verso il canneto, implorò il
Cigno Nero di attenderlo e si inoltrò all'interno di quelli
che erano i nidi delle covate. Qui fu accolto dall'unico cigno
rimasto a covare la propria nidiata non ancora nata: un esemplare
femmina della sua età, ma molto più minuto e aggraziato
di lui, con cui il Principe condivideva allegri ricordi d'infanzia.
La femmina lo salutò pronunciando il suo nome, cosa non comune
tra quelli della loro specie, e chiese cosa portasse il Principe del
lago in quel luogo.
Il Principe, raggiante, le spiegò
l'accaduto; lei ascoltò attenta, senza interromperlo, annuendo
felice ogni qualvolta la voce del Principe lasciasse sfuggire l'amore
che lo possedeva. Era felice per lui: preoccupata, ma felice; e
quando il Principe, giunto alla fine del suo racconto, le fece la sua
strana richiesta lei acconsentì senza pensarci due volte,
porgendo lui una delle sue uova.
Il Principe accolse tra le sue
ali quella piccola creatura non ancora nata, osservandola con occhi
pieni d'affetto e chiedendo alla propria sorella se avesse già
deciso come chiamare il piccolo cigno di cui lui e il Cigno Nero si
sarebbero presi cura. La giovane le disse che il nome che aveva
deciso di donare alla piccola era Odette.
Il Cigno Bianco tornò
sui propri passi tenendo stretto a sé l'uovo e cantando la
propria gioia; fu solo una volta uscito dal canneto che si rese conto
che il suo canto non era stato ricambiato, e che le acque in cui
nuotava non erano quelle trasparenti e tranquille del suo lago, del
suo regno: l'acqua in cui aveva nuotato fin da cucciolo non era mai
stata rossa, né cosparsa di piume nere.
Preso d'angoscia,
alzò lo sguardo di fronte a sé, confermando i propri
timori: a pochi metri da lui, dove il rosso nell'acqua si faceva più
intenso, giaceva il corpo senza vita del Cigno Nero, circondato dai
suoi fratelli e le sue sorelle, gli stolti e i ciechi, che subito si
affrettarono a vantare l'uccisione del demonio che aveva infestato
quelle acque.
L'uovo tra le ali del Principe cadde, dimenticato;
il Cigno Bianco volò e atterrò in un battito di ciglia
accanto al corpo del suo amato, urlando il proprio dolore ai suoi
compagni, che si allontanarono da lui intimoriti. Gli occhi del Cigno
Nero erano vuoti e privi di vita, ma fissi sul sole, quel sole che
tanto a lungo aveva potuto guardare senza avere in cuore la paura di
essere un abominio. Il Cigno Bianco allungò il collo verso di
lui e pianse tutte le sue lacrime, cercando un segno di vita, un
battito, qualunque cosa che lo aiutasse a sperare che per loro non
era finita. E mentre continuava nella sua inutile ricerca il sangue
inzuppò il suo candido corpo e il piumaggio scuro del Cigno
Nero si mischiò al suo.
Le sue speranze svanirono insieme
all'ultima nota della canzone che aveva continuato a cantare per
tutto il pomeriggio e la sera. Quando alzò lo sguardo dal
corpo ormai freddo del suo innamorato era di nuovo notte, e la luna
splendeva beffarda quanto il sole, prendendosi gioco della sua
infinita tristezza con la sua candida bellezza.
Il giovane
Principe si allontanò dal corpo del suo amato, incapace di
pensare a ciò che avrebbe dovuto fare e poco incline a
ritornare dai suoi compagni: ora comprendeva la solitudine che il
Cigno Nero aveva dovuto patire a causa della crudeltà dei suoi
simili. Vagò senza meta per ore, continuando imperterrito a
piangere e pregando di poter raggiungere il Cigno Nero nella morte,
perché sapeva che mai più avrebbe amato con la stessa
intensità, mai più avrebbe provato quella breve e
incoerente felicità provata per poche ore, e mai avrebbe
ritrovato un motivo per vivere senza lui. E il lago, che era stata la
sua casa e sua madre per tutta una vita, ascoltò le sue
preghiere e gli rispose.
Gli rivelò che gli ultimi
pensieri del Cigno Nero, sopraffatto dal gran numero dei suoi
assassini, erano rivolti a lui; e rivelò che aveva avuto tanta
pietà per quel povero cuore così nuovo all'amore da
accoglierlo a sé e consentirgli di rinascere in un'altra
forma, in un altro tempo e in un altro mondo.
Il Cigno Bianco,
ora rincuorato, implorò il lago, chiedendogli se fosse
possibile fare la stessa cosa per lui. Il lago esitò: non
sapeva se sarebbe riuscito a concedere ai due di rinascere vicini, e
non voleva vedere il più prezioso dei suoi figli morire per
seguire un sogno praticamente irrealizzabile. Ma il Principe era
tanto fermo nelle sue convinzioni che il lago non poté che
soddisfare la sua disperata richiesta.
E con un ultimo canto, il
cigno aprì le proprie ali – una bianca, una nera –
e lasciò che il proprio cuore cedesse al dolore della sua
perdita, morendo.
*
-
E poi che succede, papà? -
L'uomo si chinò
verso la bambina, posandole un bacio sulla fronte, senza risponderle
subito. La bambina si sistemò meglio sul cuscino e chiuse gli
occhi.
- Poi il Cigno Nero apre gli occhi in un mondo nuovo
e terribile, senza memoria di chi è stato, ed è pieno
di un'inspiegabile rabbia che si placa solamente nel giorno in cui
reincontra il Cigno Bianco, il suo unico immortale Principe. -
sussurra contro la sua fronte. - I due passano tanti anni assieme
senza capire cosa li leghi, fino al giorno in cui il Cigno Bianco non
guarda la morte in faccia per la seconda volta nella sua esistenza.
Ma questa volta non è amichevole, e tocca al Cigno Nero
salvare la persona che ama, garantire loro un futuro. E ci riesce.
-
Odette russò lievemente, immersa in un sonno sereno
e senza incubi. Un sonno che Jean, perso nel ricordo di quando
l'aveva trovata in mezzo agli altri bambini rimasti orfani a causa di
uno dei tanti attacchi dei Giganti, sperava di poterle garantire per
molti anni ancora.
- Ed è il futuro più bello
che esista. -
Si alzò, abbandonando il letto della
bambina e richiudendo piano la porta della sua stanzetta dietro sé;
scese le scale due gradini alla volta, fermandosi solo quando fu al
piano inferiore, l'ingresso della loro casa a Stohess, la casa
acquistata dopo anni di sacrifici e fatiche.
Ed eccolo lì,
seduto su un divano con un libro in una mano e una tazza di tè
nell'altra; eccolo lì, sul volto segni dell'età che
svaniscono nell'attimo in cui alza lo sguardo su di lui, occhi
nocciola pieni di un amore che Jean era sicuro avrebbe sconfitto
qualsiasi cosa.
Eccolo lì, seduto sotto le loro cappe
della Legione Esplorativa, ormai solo un lontano ricordo, appese al
muro. Sotto un'ala bianca, e un'ala nera.
- Che storia le hai
raccontato, stasera? -
Jean si chinò a baciare Marco,
sorridendo nel sentirlo affondare il proprio volto nell'incavo della
sua spalla.
- La nostra. -
Rara avis in terris, nigroque simillima cycno: uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero.
L'idea mi saltellava in testa da stamattina, dovevo tirarla fuori e, comunque andrà, sono contenta di averlo fatto; sono consapevole che questo non è lo stile a cui vi ho abituato - si avvicina molto più al mio stile personale quando scrivo fantasy, ma...andava scritta così.
Pensavo alla monogamia dei cigni, a come è credenza popolare che una volta morto il partner, quello rimasto in vita si lasci morire. Pensavo al simbolo delle Ali della Libertà (che sono bianche e blu ma vabbè dettagli) e pensavo a Jean e Marco, a ciò che è accaduto loro, e pensavo ai cigni neri e al fatto che gli esemplari omosessuali di questa razza arrivino a rubare uova alle femmine per crescere dei cuccioli con il proprio partner e pensavo al Lago dei Cigni e a tante altre cose.
Sono un mucchio di pensieri e caos, io.
Comunque il cigno spaventato è Armin e il cigno che dona il suo uovo è Historia. Perchè ce li vedo ad avere entrambi un bel rapporto con Marco. E c'è un altro sacco di simbologia che vabbuò finisco domattina ho il cervello strano x'''
Se volete, fatemi sapere che ne pensate: mi piacerebbe sapere se ho combinato un disastro o vi ho lasciato qualcosa.
Alla prossima, con Young And Beautiful (credo) :D
- Joice