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Autore: _Alis_Chan_    17/06/2014    1 recensioni
Ed ecco il mio debutto su questo fandom: una storia completamente nuova. I protagonisti sono Elizabeth e Drake Mellark, nipoti di Katniss e Peeta.
Il sistema di comando del nuovo presidente di Capitol City è molto fragile, un solo nome potrebbe dar vita ad una nuova rivolta: Katniss Everdeen.
Riuscirà la nuova ghiandaia a liberare i distretti dalla dittatura del presidente Rain?! Lo scopriremo insieme.
Dal testo:
"Nessuno l'ha mai raccontato per paura di essere giustiziato, quindi il ricordo di lei è svanito con la morte di coloro che la conoscevano. Ovviamente il preside, il sindaco e Capitol City se la ricordano bene o comunque la conoscono, sanno dei danni che ha causato e sanno quanto poco basta per scatenare una nuova rivolta dei distretti: una parola, una sola, ovvero Katniss."
Spero vi piaccia, recensite in molti :3
Un bacio,
Alis-chan
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbo Cresta-Odair, Gale Hawthorne, Johanna Mason, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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~~Un rumore di rametti calpestati mi giunge alle orecchie, la freccia è pronta per essere scagliata, gli occhi sono attenti, in attesa di cogliere l'obiettivo che da un momento all'altro potrebbe spuntare.
-Disturbo?- Dice una voce che mi fa sobbalzare.
-Ah, Drake, sei tu.- Abbasso l'arco, che un attimo prima puntava dritto alla sua faccia.
-Hai preso niente, Elizabeth?- Mi chiede mio fratello, guardandomi.
-Due scoiattoli e tre tacchini, che uccelli stupidi, si fanno beccare subito.- Rispondo trionfante.
-Non c'è niente di cui andare fieri, alla tua età dovresti cacciare meglio di così.- Sostiene Drake.
Lui, l'ultimo che dovrebbe parlare, dato che si limita a sfornare pane e a glassare torte tutto il giorno, come tutti i Mellark da ormai tre o quattro generazioni. Almeno però lui contribuisce a ricostruire un distretto che molti anni fa era distrutto, il Distretto 12, ex produttore di carbone, che attualmente produce medicinali per Capitol City.
Io, invece, me ne frego di quei poveri idioti, preferisco stare libera nei boschi, cacciare e rivendere ai pacificatori, al mercato nero e al sindaco. Io sono Elizabeth Mellark, la degna seguace delle tracce di mia nonna Katniss Everdeen. Mia madre mi ha parlato di lei come una donna forte, coraggiosa, che ci ha messo anni per innamorarsi del ragazzo del pane e che ha liberato i distretti da Capitol City. Il risultato è stato scarso, dato che dopo la morte della presidentessa Paylor, la capitale è tornata a imporci delle regole ferree.
-Drake, fatti gli affari tuoi!- Sbotto io sapendo, in cuor mio, che ha ragione.
-Torniamo a casa?- Dice lui, guardandomi negli occhi grigi.
Odio i miei occhi, provenienti dal Giacimento, come quelli di mia nonna; quelli di Drake sono azzurri, tipici della città, segno distintivo di mio nonno Peeta Mellark, il ragazzo del pane.
-Sì, meglio, poi vado al Forno per vendere un po' di roba in cambio di alcune stoffe per la mamma. Tu porta gli scoiattoli a papà.- Concludo mentre ci avviciniamo alla recinzione che non è più elettrificata, l'elettricità non c'è mai qui nel 12, se non nella fabbrica e nelle case più ricche, se ci sono annunci ufficiali del presidente ci raccogliamo nella piazza del Distretto dove c'è un grande schermo, ormai fisso e da lì ascoltiamo cosa il presidente vuole comunicarci.
-Elizabeth, posso venire con te al Forno?- Mi domanda Drake -Voglio vedere com'è fatto.
-Certo, ma non fidarti di nessuno e non guardare nessuno in faccia.- Raccomando al mio gemello. Lui si limita ad annuire.
Non è mai stato al mercato nero, proprio come Peeta. La zia ha detto che io e Drake siamo proprio come Katniss e Peeta: io caccio e lui cucina, io scambio merci e lui si limita a vendere.
Dopo dieci minuti circa, siamo lì, a scambiare i tacchini con alcuni pezzi di stoffa: un po' di cotone, un ritaglio di velluto e addirittura un quadrato di seta. Mia mamma ne sarà felice.
Incontriamo anche Melissa, che fa lo stufato di cane selvatico migliore del mondo. Ovviamente il cane lo procuro io.
Conosco un anziano signore che ha circa un'ottantina d'anni, si chiama Gale Hawthorne e passa molto tempo al Forno, da quando è tornato al 12, dopo la morte di sua moglie, proveniente dal Distretto 2, qualche anno prima: parla di lei come una donna stupenda e dolce, l'unica persona al mondo di cui gli importasse, dopo la fine della rivolta; hanno scelto di non avere figli. Mi ha raccontato molto di mia nonna, di quanto io le assomigli, di quanto il 12 sia tornato come prima: il Forno, una cacciatrice che rivende di tutto, un fornaio e lo squisito stufato di cane. Dice sempre che sono la reincarnazione di Catnip, l'unica differenza sono i capelli, i miei sono biondi, così come quelli di mio fratello.
Dopo averlo salutato, come di consuetudine, torno a casa, che si trova proprio sopra la panetteria di mio padre.
-Ciao papà! Ti ho portato degli scoiattoli!- Saluto entrando dal retro della panetteria, con gli scarponi sporchi, la bisaccia rigonfia e i capelli umidi.
-Elizabeth, quante volte ti ho detto di non entrare con le scarpe sporche!- Mi sgrida mio padre, senza badare a ciò che ho detto.
-Ok... Scusa. Ora salgo da mamma, le ho portato le stoffe che aveva chiesto.-Ribatto io.
-Hai portato gli scoiattoli?- Domanda lui, confermando quanto avevo pensato prima: non mi ha ascoltata.
-Sì, papà, te li ho portati.- Mi limito a rispondere per non imprecare contro di lui.
Appena entro in casa il calore mi pervade, così come l'odore di pane vecchio e di carne che cuoce, probabilmente uno degli scoiattoli che ho portato a casa.
-Com'è andata oggi?- Mi chiede mia madre mentre apparecchio la tavola.
-Tutto bene, ti ho portato le stoffe! Persino un pezzo di seta.- Dico io felice.
Mia madre mi guarda compiaciuta, mi abbraccia e mi bacia la fronte.
-Grazie tesoro, sei stata molto brava.- Dice lei debolmente.
Voglio mostrarmi ingenua, ma so che una malattia se la sta portando via, piano piano, una malattia la cui cura costa troppo. E' vero, abbiamo una panetteria ma abbiamo comunque problemi di soldi, le nostre pance brontolano lo stesso. Anche un fornaio, nel Distretto 12, non ha abbastanza soldi per sfamare la sua famiglia.
Impulsivamente la abbraccio, spaventata dal fatto che un giorno non potrò abbracciarla più.
-Ti propongo una cosa, piccola Catnip.- Sento i miei occhi riempirsi di lacrime, solo Gale aveva osato chiamarmi così, riportando alla memoria il ricordo di Katniss.-Ti va di avere i capelli intrecciati come i suoi?- Domanda.
Annuisco e subito dopo formulo un pensiero, una riflessione che mi lascia stranita: mi hanno insegnato a cacciare con l'arco, Gale mi chiama Catnip, indosso la sua giaccia da caccia, mia madre vuole intrecciarmi i capelli... Rivogliono Katniss. In me questo pensiero rimbomba per tutta la sera, rendendomi assente, assente ai richiami, assente nei movimenti che sembrano imitare un robot.
Quando mi alzo, dopo cena, mi limito a mormorare -Buonanotte.- e poi scompaio nella mia stanza, stesa sul letto con gli occhi aperti.
Il mattino successivo è il primo giorno di scuola. Non ripenso più a ieri sera, sono attiva, felice, pronta per un nuovo anno.
Il giorno inizia nel migliore dei modi: pane tostato e un po' di more che ho raccolto, del tè agli aghi di pino e la voglia di rivedere i miei compagni e tra loro uno soltanto, colui che mi ricorda i papaveri, il rosso acceso e i campi dove solitamente quei fiori crescevano. Mi piacerebbe sapere il nome di colui che mi ha salvata dall'elettrificazione, qualche anno fa.
Il ritorno sui banchi di scuola è bellissimo: tutti mi chiedono della treccia, vedo il ragazzo dei papaveri e tutto sembra andare per il verso giusto.
Tutto almeno fino a quando il professore chiede: -A chi vorreste assomigliare? Chi è il punto vostro punto di riferimento?-
Tutti parlano delle star, dei genitori, dei nonni. Finché è il mio turno.
-Io vorrei essere Katniss Everdeen.- No, l'ho detto davvero! Non dovevo dirlo. Mio padre ha detto di non nominare mai il suo nome, Gale mi ha raccomandato di non nominarla mai, avevo promesso di non parlarne.
Il professore mi guarda attentamente: osserva i miei capelli biondi raccolti in una treccia, i miei occhi grigi, la mia pelle un po' abbronzata. Passano minuti che sembrano infiniti. I miei compagni mi fissano interrogativamente, non capendo il problema. Nel libro di storia parlano solo degli Hunger Games fino al 73esimo anno,non parlano nel del 74esimo e del 75esimo. Spiegano che non si sono più svolti per motivi interni e se i tuoi cari sono morti nella rivolta, non saprai mai la verità, ti limiti a credere al libro. Però mia nonna c'era, lei era la Ghiandaia Imitatrice, lei era sposata con Peeta Mellark ma, apparte la mia famiglia e Gale, nessuno sa di tutto ciò. Nessuno l'ha mai raccontato per paura di essere giustiziato, quindi il ricordo di lei è svanito con la morte di coloro che la conoscevano. Ovviamente il preside, il sindaco e Capitol City se la ricordano bene o comunque la conoscono, sanno dei danni che ha causato e sanno quanto poco basta per scatenare una nuova rivolta dei distretti: una parola, una sola, ovvero Katniss.
-Io voglio essere come Peeta Mellark.- Dichiara Drake interrompendo il silenzio che si era formato. Il professore sposta il suo sguardo su mio fratello, la sua faccia sembra irritata.
La mia testa si alza verso la telecamera, ricordo che il presidente Rain ci osserva sempre e se non lui, uno dei suoi funzionari.
Durante l'ora di pranzo veniamo prelevati da due pacificatori, con le loro uniformi bianche, impenetrabili, sono uomini senza-cuore, noi li definiamo così in quanto vivono per uccidere chiunque non rispetti la legge, senza fare distinzioni di nessun tipo.
Veniamo portati al palazzo di Giustizia dove ci dicono che andremo a Capitol City. Comprendo che non si tratta di una scampagnata. Probabilmente diventeremo dei senza-voce, forse ci tortureranno o ci uccideranno. La paura mi paralizza le gambe e inizio a tremare, probabilmente il presidente ci interrogherà su come conosciamo Katniss, indagherà sul nostro cognome, minaccerà la nostra famiglia per mettere a tacere noi. Per la prima volta nella mia vita posso dire una cosa con certezza: ho paura.
Sono in una stanza del palazzo di Giustizia, siedo su un divanetto di velluto rosso e stringo le mani di mio fratello. Dalla finestra poco lontana scorgo i miei genitori che cercano di entrare, vedo mia madre piangere, urlare e picchiare i pugni contro un pacificatore; subito quello la scaraventa a terra e la bastona, una... due... forse tre volte sotto l'impotente sguardo di mio padre. Giace a terra, il volto rovinato e lo sguardo verso la finestra. All'improvviso entrano quattro senza-cuore e ci portano via con la forza, riesco a vedere soltanto una cosa prima di uscire: mio padre con lo sguardo verso questa finestra con tre dita al cielo, il saluto silenzioso, di chi ha troppa paura per parlare.
Sento le lacrime rigarmi il volto e guardo Drake, paralizzato come me dalla paura.
Senza troppo rispetto veniamo scaraventati in un treno passeggeri. Ha diversi vagoni divisi in piccole cabine da sei posti ciascuna, entriamo in una di quelle: i sedili sono blu e bianchi, alcuni sono abbastanza usurati e il pavimento di legno è completamente graffiato.
Prendiamo posto nei due sedili liberi, di fronte un'anziana signora e a un uomo che ha circa dieci anni in più di mio padre Rye. Li osservo per qualche istante, poi, come se niente fosse, tiro fuori il libro che mi ha regalato mio nonno: un libro su molte persone importanti della vita dei nostri nonni e del loro mentore Haymitch Abernathy.
Lo sfoglio tranquillamente fino ad arrivare a una certa Johanna Mason: dev'essere stata una grande donna, forte, coraggiosa. Sfioro la foto cercando di cogliere nei suoi occhi quella vena di saggia follia che l'ha portata a sopravvivere.
-Scusa, ragazzina, posso vedere il tuo libro?- Mi domanda con voce abbastanza ferma l'anziana.
-Sì, certo.- Rispondo io incerta, porgendoglielo.
Noto che si sofferma sulla foto che stavo contemplando io: Johanna Mason.
-Bei tempi.- Commenta lei improvvisamente.
-C-come bei tempi?- Dico io sconcertata.
-Johanna Mason! Molto piacere!- Si presenta lei, mentre io la osservo: i lineamenti del viso, il suo sorriso, gli occhi strafottenti.
-P-piacere, io s-sono Elizabeth Mellark...- Rispondo io con gli occhi sgranati.
-LA NIPOTE DI KATNISS E PEETA- Urla lei stringendomi le mani.-Tu sei quella che ha detto al suo professore che il suo idolo è Katniss.-
-S-sì, ma è successo poche ore fa... come fa a saperlo...?- Domando io guardandola.
-Abbiamo un informatore a Capitol City, ha convocato me e lui, dicendoci di cercarvi. Darete vita a una nuova rivolta, saremo liberi di nuovo.- Sussurra infine, indicando l'uomo accanto a lei.
-Piacere, io sono Peter Odair.- Dice l'uomo, sorridendomi.
Io lo guardo attentamente, osservando poi la foto di Finnick Odair e spostando nuovamente lo sguardo su di lui.
-Vogliamo aiutarti a dar vita alla rivolta delle Ghiandaie, abbiamo scelto questo nome perché sei la seconda Ghiandaia Imitatrice. Sono riuscita a recuperare il vestito dell'ultima intervista di Katniss, credo se lo ricordino a Capitol City.- Spiega Johanna.-Devi riuscire a infiltrarti a uno dei discorsi del presidente e dimostrare che insieme ce la possiamo fare, uniti siamo più forti. Saremo di nuovo liberi, stavolta per sempre.
Drake osserva la scena in silenzio, pensieroso.
-Drake ci sei?- Chiedo guardandolo.
-Durante le interviste nessuno resta dentro la villa, mi ricordo che nonna ha detto che grazie alla tv Peeta era riuscito ad avvisarli dei bombardamenti al 13.- Racconta con lo sguardo perso nel vuoto.
-E quindi?- Domando io cercando di capire dove voleva andare a parare.
-Nel momento che ti sembra più oppurtuno alzati in piedi e urla la frase “Loro non sono morti invano!” e inizia a parlare di Katniss, Peeta, Finnick e di tutti quelli che sono morti per liberarci. Io mi occuperò del resto.
-E io e Peter che faremo?- Johanna scruta Drake interrogativamente.
-Andate dalla signora Effie Trinket, penso sappiate chi è. Cercate rifugio lì e date vita a un nuovo esercito per aiutarci nella ribellione. Credo che noi verremo rinchiusi in una prigione, salvateci.- Sussurra Drake, io non l'ho mai visto così convinto di quello che dice.
-Sei grande!- Johanna lo abbraccia.
-Ah... Elizabeth, mi hanno detto di darti questi, per portarti fortuna!- Mio fratello mi consegna una spilla con una ghiandaia e un papavero. I miei occhi si riempiono di lacrime, non faccio nulla per fermarle. Non lo rivedrò più, questo è il mio primo pensiero.
A fermare il vortice di emozioni che ho dentro basta poco, il treno si ferma e un nuovo mondo si apre ai miei occhi: signore e signori, benvenuti a Capitol City.





ANGOLO DELLA PAZZA SCRITTRICE:
Salve a tutti e grazie di essere arrivati alla fine di questo capitolo. Personalmente mi piace molto e trovo che sia ben riuscito.
Spero recensiate e, se volete, vi allegherò un'anteprima dell'aspetto di Elizabeth e di Gus (il ragazzo dei papaveri).
Grazie ancora e un bacione da
Alis-chan <3
   
 
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