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Autore: Ari Youngstairs    18/06/2014    14 recensioni
[Malec|Post CoLS]
Fan Fiction su un possibile ritorno dei Malec, che avverrà in un modo davvero inaspettato.
Semplicemente, sappiamo tutti come Jace sia impulsivo e deciso quando vuole fare qualcosa. Ebbene, in quel pomeriggio piovoso si era messo in testa di far ritornare la felicità nel cuore del Parabatai.
E quale modo migliore, se non farlo ritornare con Magnus? Ci sarebbe riuscito, in un modo o nell'altro.
Gli sarebbero bastati soltanto la sincerità di Alec, l'attenzione di Magnus e...un piccolo registratore nascosto.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mistakes


 

"Non essere amati è una semplice sfortuna, la vera disgrazia è quella di non amare"

- Albert Camus

 
 
 
«Alec, aprimi.»
Il rumore di un cuscino che veniva lanciato sulla porta riecheggiò per il corridoio.
«Vattene Jace. Non sono dell'umore ti ho detto.»
Il biondo rimase di sasso. Alec, che non lo faceva entrare in camera sua e lo mandava via? Era successo qualcosa di grave, come affermava il tono di voce del suo Parabatai: triste, sconsolato e distrutto. Non lo aveva mai visto così a pezzi come negli ultimi giorni.
«Alec, guarda che sfondo la porta. Sai che ne sono capace.» 
Non ricevette nessuna risposta, e proprio quando prese in considerazione l'idea di prendere la porta a calci, Alec l'aprì con un cigolio. 
Aveva due profonde occhiaie sotto gli occhi, le guance scavate, il volto più pallido del normale. Alec era sempre stato di carnagione chiara, ma mai come in quel momento: avrebbe potuto infiltrarsi tra i vampiri senza esser notato, oppure esser scambiato per uno spettro.
«Che c'è che non va?»
Jace fece irruzione all'interno della stanza, ormai ridotta ad un tripudio di vestiti sporchi e puliti, sparsi un po' ovunque. 
Strinse forte i pugni fino a far sbiancare le nocche, e inspirò forte.
«Non tocchi cibo da una settimana, avrai perso minimo quattro o cinque chili. Non esci più da questo casino di camera se non per andare in qualche missione suicida senza me ed Isabelle. Sei a pezzi.» Dietro le iridi dorate guizzi di fuoco sottolineavano il tono duro della sua voce. «E hai il coraggio di chiedermi che c'è che non va?»
Alec si passò una mano tra i capelli corvini, per poi buttarsi sul letto a peso morto.
«Rispondi tu a questa domanda: che c'è che non va?»
Riconosceva che il fratellastro aveva ragione, ma l'ultima cosa che voleva in quel momento era parlare della sua rottura con Magnus. Il pensiero gli fece mancare l'aria nei polmoni.
 
Aku cinta kamu.
Cosa vuol dire?
Vuol dire “ti amo”. Non che cambi qualcosa.
 
Sussultò, beccandosi una vigorosa scrollata di spalle da Jace. 
«Rispondimi. Vedo, sento che c'è qualcosa che ti fa terribilmente male, sai? A volte potrò esser cieco, ma non così cieco.» 
Alec sentì il letto incrinarsi accanto a sé. Jace gli si era appena sdraiato a fianco, mantenendo le dovute distanze per evitare sorprese indesiderate come il dar fuoco al proprio Parabatai. 
Per un attimo parve ad entrambi di esser tornati bambini, quando non si staccavano mai l'uno dall'altro. Ne erano cambiate di cose. 
«Si tratta di Magnus.» Bisbigliò.
«Aspetta, non ti avrà fatto rivedere Titanic vero?» Scherzò, provando sollievo nel vedere un sorriso balenare sulle labbra del moro. 
«No...qui DiCaprio non c'entra nulla.» 
«Allora...cosa?»
Infondo, prima o poi lo avrebbe scoperto anche lui: solitamente dormiva da Magnus, ed era strano che da una settimana non si fosse mai mosso di lì.
«Ci siamo lasciati.»
Jace scattò a sedere con velocità fulminea.
«Come hai detto?
«Hai capito bene.» Affermò lui tentando di mantenere la voce ferma. «Avevamo dei...“problemi”. E Magnus ha preferito chiuderla qui.»
Calò un silenzio che ad Alec sembrò omicida, e durò qualche minuto, prima che Jace continuasse con le domande.
«Com'è successo?»
Il moro spiegò di come il loro rapporto era andato complicandosi con l'arrivo di Camille, con tutte le cose che non si erano detti e che erano andate a scavare una voragine tra loro due, che non si sarebbe mai riempita. 
Disse della terribile iniziativa che gli aveva proposto la vampira, e di come ci fosse cascato come un pollo.
Gli raccontò della sera alla metropolitana, descrivendo ogni parola che si erano detti. L'ultima conversazione. L'ultimo loro bacio.
Alec aveva spiegato tutto con la voce incrinata, ed alla fine non riuscì a trattenere una lacrima sottile, sottile come poteva esserlo una piccola goccia di pioggia.
Il pianto lo aveva consumato dopo aver rotto con l'unica persona che lo avesse mai trovato speciale. L'unica ad averlo amato per ciò che era. 
Aveva resistito al funerale di Max, e aveva ceduto quando il suo ragazzo lo aveva lasciato. 
“Non me lo posso perdonare.”
Ed era colpa sua. Indiscutibilmente sua se Magnus lo aveva lasciato.
Jace lo osservava in silenzio, senza dire nulla. Poi avvenne ciò che Alec non si sarebbe mai aspettato.
Il biondo lo strinse forte a sé, in un abbraccio forte e deciso come la sua personalità, per poi lasciarlo immediatamente.
«Scusa. Mi ero dimenticato del Fuoco Celeste. Non posso di certo mandarti a fuoco.» Sorrise, trasmettendo un po' di felicità al Parabatai. «Mi dispiace, so che ci tenevi molto a lui.»
«Anche a me dispiace...ci penso ad ogni ora del giorno e della notte.» Sospirò. «Grazie per esser qui. Però, se dovessi prender fuoco, questo sarebbe il momento migliore.»
Jace gli diede una pacca piuttosto forte al moro, che emise un lamento soffocato.
«Non dirlo neanche per scherzo.» Lo sgridò. «Tu hai bisogno di sfogarti dopo questo casino con Magnus. Vado a prendere un po' d'acqua e parliamo un po'.» Si alzò in piedi e scrutò gli occhi azzurri del fratellastro, in cerca di una conferma. «Okay?»
«Okay.»* Rispose lui di rimando.
Jace tornò dopo pochi minuti con uno strano rigonfiamento nella tasca dei jeans.
“Il suo cellulare” pensò Alec senza dargli molta attenzione.
«Ti faccio qualche domanda. Così ti apri un po'»
«Va bene.» 
Mentre il biondo cominciava a interrogarlo, infilò una mano in tasca, e, senza farsi vedere, presse fugacemente il bottone del piccolo congegno che vi teneva nascosto: un registratore.
 
 
 
Jace prese il primo taxi che gli era passato davanti, e ancor prima che l'autista aprisse bocca disse che doveva andare a Brooklyn il prima possibile.
L'uomo ingranò la marcia e partì a tutta birra, sbalzando il Cacciatore all'indietro.
Si rigirò tra le mani il registratore, una scatola rossa con due bottoni, un foro per il microfono e un nastro all'interno.
Eppure, quel che conteneva l'apparecchio poteva salvare il suo Parabatai, o meglio, il suo Parabatai si sarebbe salvato da solo, ma grazie a ciò che aveva detto. 
Lui lo aveva registrato su nastro per non far disperdere le parole che per poco non lo avevano fatto commuovere: aveva sempre pensato che la relazione tra Alec e Magnus non fosse così forte, ed il fatto che si fossero lasciati lo aveva confermato.
Invece, dopo ciò che aveva detto Alec si era ricreduto: lui amava Magnus. Lo amava davvero tanto, almeno quanto lui amava Clary.
Il taxi si fermò bruscamente sbalzando Jace in avanti, che dopo aver tirato in faccia dieci dollari all'autista si catapultò in strada. 
Sentiva la punta delle dita scottare, le vene bruciavano al ritmo pulsante del suo cuore. Sentiva caldo in ogni fibra del corpo, nonostante la temperatura fosse davvero bassa.
“Non adesso.” Pregava. “Per favore, non adesso.”
Svoltò dietro l'angolo e si ritrovò finalmente davanti al loft di Magnus, e si sorprese nel trovare la porta semiaperta. 
La spinse lentamente ed entrò, trovando lo stregone seduto sul divano del salotto -ridotto a quella che sembrava una discarica di carta e cartone, avanzi di pizza e altro su cui Jace preferì non indagare- intento a fare zapping alla televisione.
«Magnus...che...ma che è successo qui dentro?» Chiese chiudendosi la porta alle spalle. 
«Ma cos'è? La giornata “andiamo tutti a casa di Magnus perché Alec è a pezzi”?» Rispose acido senza staccare gli occhi dal televisore. «Perché è questo il motivo per cui sei qui, giusto?»
«Sì...ma...»
«Taci.» Gli ordinò brusco. «Sei solo l'ultimo di una lunga lista, Cacciatore.»
Jace rimase di sasso: dunque era l'unico a non sapere nulla, ed il pensiero di ciò gli fece salire un brivido lungo la schiena.
«Come mai la porta era aperta?»
«Sheldon...o come cavolo si chiama è venuto qui poco fa, per il tuo stesso motivo. Probabilmente si è dimenticato.»
Jace scorse una palla di pelo a terra, e solo dopo averla osservata meglio si accorse che era il Presidente Miao che sonnecchiava tranquillo. 
«Ascolta, Cacciatore.» Bene, non lo chiamava più per nome. Infondo, non si erano mai completamente sopportati: lo avevano fatto solo per Alec, ma ora non c'era più bisogno di andare d'accordo. «Ho intenzione di non ripeterlo più: io e Alec abbiamo rotto, e non torneremo insieme solo perché lui è caduto in depressione, okay? Perciò smettetela di asfissiarmi.»
La sicurezza di Jace andava via via affievolendosi, ma non si arrese. Doveva tentare.
«E che mi dici di te? Non sembri star meglio di lui, sai?»
Magnus lo incenerì con lo sguardo.
«Se non esci di qui entro cinque secondi, ti trasformo in un anatroccolo. Giuro che lo faccio.»
Il biondo gli lanciò addosso il registratore, beccandosi l'ennesima occhiataccia.
«Me ne vado, ma tu ascolta quel che ha da dirti Alec.»
E uscì in due falcate dal loft, con le mani ficcate in tasca e la testa piena di pensieri.
 
 
 
Magnus si rigirò più volte l'apparecchio fra le mani, senza trovare una spiegazione logica a quel che aveva detto Jace: se Alec doveva dirgli qualcosa, perché non era semplicemente venuto a dirglielo? 
Comunque, l'ultima cosa che voleva fare era pensare al Lightwood.
Gli faceva male, sentiva come un trapano nel cuore che gli impediva di respirare.
Gettò via il registratore, ma quando questo colpì il parquet di legno fece accidentalmente partire il nastro.
 
- Jace, ma a che servono queste domande? -
- Tu rispondi e basta, fai finta che io sia Magnus e tu potessi dirgli la prima cosa che ti passa per la testa -
 
Riconobbe la voce di Jace e quella di Alec, anche se non erano nitide e venivano offuscate da quelle che sembravano scariche elettriche, anche se probabilmente era solo un problema del microfono. 
Ma perché mai quei due avevano fatto una cosa del genere?
 
- Che cosa gli diresti per farti perdonare? - 
 
Ci fu un attimo di silenzio, e un singhiozzo strozzato.
 
- Io non posso farmi perdonare, Jace. Quello che ho fatto è...è terribile. Non avrei mai dovuto, e se ora Magnus non vuole più vedermi...ne ha tutti i motivi. -
 
- Ma avevi detto che... -
 
- So quel che ho detto: che non so che darei per farmi perdonare. Ma non è possibile questo, per quanto ardentemente lo desideri. Riconosco che l'ho combinata davvero ma davvero grossa. Se lo amo non avrei dovuto neanche pensare alla proposta di Camille. 
È solo che...io mi sono sempre aperto, ma lui non voleva mai raccontarmi di sé...non so nulla di lui. Temevo che non gli importasse abbastanza di me per dirmi chi veramente era. E...e poi è arrivata lei, con tutte le risposte che cercavo.
Ma mi ha teso una trappola e ci sono cascato come il re degli stupidi. -

 
Un altro singhiozzo.
Magnus ascoltava in silenzio la registrazione, le parole di Alec che gli rimbombavano nella testa come se fosse stata una caverna, e qualcuno ci avesse urlato dentro.
 
- Se potessi chiedergli qualcosa, che gli chiederesti? -

- Jace, ma perché... -

- Shh! Ti farà sentire meglio dirlo ad alta voce, fidati di me. -

- Io...gli chiederei di poter finire il nostro viaggio. È...è stato il periodo più bello della mia vita, sfido chiunque ad avere dei momenti belli come quelli che ho passato con Magnus in quella vacanza. Ma...evidentemente non me lo meritavo. Non mi sono mai meritato Magnus. Ecco, l'ho detto. -

- Alec non dire così... -

- Tu che ne sai? Sono un pessimo Cacciatore, un pessimo figlio, un pessimo fidanzato. Che si merita uno come me? A te viene tutto naturale, tu hai il successo nel sangue. Sei il Cacciatore, il figlio o il fidanzato che chiunque vorrebbe. - 

- Alec... -

- Zitto, ti prego. Vai avanti. -
 
Il Figlio di Lilith sentì una forte fitta al petto, come se qualcuno gli avesse strappato il cuore. E forse, quel qualcuno era proprio Alec.
 
- Hai detto che non vuole più vederti, vero? -

- Grazie per avermelo ricordato, adesso mi sento davvero meglio. -

- E se invece lo rivedessi? Che cosa gli diresti? - 
 
Ci fu un altro momento di silenzio, seguito da altre scosse che oscurarono la risposta del moro. 
 
- Jace, Jace cos'è quello? -

- Un registratore! Mi pare ovvio. -

- Tu...hai registrato tutto vero?! -

- Sì, e se non ti dispiace adesso vado a far sentire questa cosuccia a Magnus. -
 
Si udirono tre forti tonfi, la voce di Alec che lo implorava di non farlo, seguito dallo sbattere di una porta e una serratura che scattava. E la registrazione finì. 
 
 
 
Magnus rimase fermo a fissare il soffitto per quella che sembrava un'eternità.
Continuava a pensare alle parole del suo ex. Gli giravano in testa come mille trottole che non avevano intenzione di fermarsi.
Era uno Shadowhunter, e gli Shadowhunters tenevano al proprio onore più di se stessi. Ebbene, Alec aveva riconosciuto i suoi errori e se ne era fregato dell'onore.
Se ne era fregato ad Alicante, quando lo aveva baciato davanti a migliaia di Nephilim e Nascosti. 
Aveva affrontato i propri genitori, le proprie paure e l'intero Conclave per lui. 
Non lo aveva mai fatto nessuno, solo Alexander. 
E lui lo aveva lasciato nel modo più crudele e spietato possibile: dicendogli che lo amava. 
Sbuffò. Ma perché era così complicato? Aveva lasciato chissà quante persone durante la sua lunghissima vita. Ma di rimorsi non ne aveva mai visto l'ombra.
Poi aveva lasciato Alec, ed i sensi di vuoto, colpa, e chi più ne ha più ne metta, lo avevano travolto come un'onda anomala.
Si passò sconsolato una mano tra i capelli corvini, privi del consueto gel e degli immancabili glitter. 
Sentì qualcuno bussare forte alla porta, e temette che chiunque esso fosse, avesse intenzione di sfondarla.
Si alzò per andare ad aprire, promettendo a sé stesso che se fosse stato l'ennesimo della combriccola a dirgli che Alec era depresso, non solo sarebbe andato a parlarci, ma avrebbe trasformato lo sfortunato visitatore in qualcosa di orrendo.
Spalancò la porta, ritrovandosi davanti l'ultima persona che si sarebbe aspettato davanti al proprio loft: Alexander, con i capelli appiccicati alla fronte, le guance arrossate e lo sguardo basso, rivolto alle proprie scarpe.
Fuori aveva iniziato a piovere, ed era fradicio dalla testa ai piedi.
«Scusa...» bisbigliò «Jace è venuto qui...con un registratore?»
«Sì.» Rispose lui piatto.
«Hai...hai sentito tutto, vero?»
«Sì.» Disse di nuovo, invitandolo ad entrare con un cenno della testa.
Alec si sedette a terra, con la schiena appoggiata alla parete e la fronte sulle ginocchia, a nascondere il volto.
«Mi dispiace. Non...» la voce gli si smorzò in gola «È stata una mossa sleale. Mi ha rinchiuso in camera mia ed è venuto da te. Mi dispiace così tanto...»
Magnus si inginocchiò davanti a lui, e gli sollevò il volto. Voleva semplicemente guardarlo negli occhi, ormai due pozze azzurre di lacrime.
«Perché dici che ti dispiace? Non hai fatto nulla che potesse...»
«Sì invece.» Controbatté lui «Avevi detto che non volevi più vedermi, né sentirmi. E così desiderasti per tutti i miei amici. Ebbene, giurai a me stesso che se tu volevi così, allora avrei fatto di tutto per rispettare questa tua richiesta.» Emise quello che sembrava un singhiozzo strozzato, mentre Magnus continuava a scrutarlo in volto. Era dimagrito. «Te lo dovevo. Ti dovevo almeno il favore di non farmi più vedere. E invece, oltre ad esser venuto qui, tu hai sentito quelle cose
Riabbassò di nuovo la testa, incapace di sostenere lo sguardo cupo dello Stregone.
«Sono patetico, lo so. Vorrei...soltanto che dimenticassi quella registrazione. E poi, giuro sull'Angelo che non mi azzarderò più a cercarti, a pensarti o a sperare inutilmente in un tuo perdono. Non posso farmi odiare anche da te.» E si abbandonò ad un pianto silenzioso.
 
 
 
Magnus rimase di sasso. Non se l'aspettava di certo un discorso simile, non da un Nephilim, perlomeno: Alec teneva ancora a lui dopo una rottura così cruda, e l'unica cosa che voleva era la sua felicità.
«Alec, io non posso far finta di non aver sentito quella registrazione, lo sai.» 
Appoggiò una mano sul suo ginocchio, delicatamente, come se fosse potuto andare in pezzi con un semplice tocco. «Adesso, voglio che tu mi dica la risposta all'ultima domanda di Jace: E se invece lo rivedessi? Che cosa gli diresti? Nella registrazione non si capiva.»
Alec alzò finalmente lo sguardo, e scosse la testa.
«Non posso. È...cioè, mi renderebbe ancora più patetico di quel che sono già.»
«Non sei patetico, non lo sei mai stato per me.» Abbozzò un sorriso, ma si spense subito. 
“Ha provato ad accorciarti la vita.” Gli diceva da più di una settimana una voce nella sua testa. In quel momento, però, tentava di ignorarla. 
Alec scattò in piedi, stringendo così forte i pugni da far sbiancare le nocche e lasciare mezzelune rosse sui palmi.
«Se potessi rivedere Magnus Bane, gli direi che è la persona più speciale che abbia mai incontrato, che lo amo con tutto me stesso, e che lo ringrazio per tutto quello che ha fatto per me. Perché mi sono sentito speciale insieme a lui, mi sono sentito qualcuno.» Le parole gli uscivano come un fiume in piena. «Vorrei poter tornare indietro nel tempo per poter rimediare al terribile errore che ho fatto, per poter rivivere ogni momento passato con lui. E gli direi anche che...»
Magnus si alzò e prese Alec per il colletto della camicia, facendogli cozzare la schiena contro la parete. 
«Tu, stupido Nephilim, me la pagherai per questo.» Gli ringhiò contro l'orecchio.
Alec, dal canto suo, era spaventato e sentiva il cuore squarciargli il petto a forza di battere.
«Magnus...» Si rese conto di avere il fiato corto, la voce ridotta ad un rantolo sommesso.
«E vuoi sapere perché?» Continuò «Perché quando fai il romantico, sei la persona più tenera e assolutamente sexy che abbia mai conosciuto in tutta la vita.» 
«Ma...io...quello che ho fatto...» balbettò, il cuore che batteva così veloce da non farlo più ragionare razionalmente. 
Magnus gli mise il palmo della mano sulle labbra, per zittirlo. Vedeva i suoi occhi azzurri scintillare d'incredulità.
«Io...ci ho ripensato. Al modo con cui ti ho lasciato.» Fece una pausa, e sospirò. «Avremmo dovuto parlarne con calma. Dirci le cose che ci stiamo dicendo adesso. E...riconosco che sono stato davvero crudele con te. Dirti “ti amo” seguito da un “non voglio mai più rivederti”... Mi dispiace. Ti ho fatto davvero male, più di quanto te ne saresti meritato.»
Alec gli gettò le braccia al collo, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. Inspirò a pieno quell'odore di sandalo che aveva imparato ad amare.
«Mi sei mancato Magnus...» 
«Anche tu. Qui ci si annoia a star sempre da soli.»
Ormai completamente stordito, lanciò un'occhiata al gatto che si era acciambellato sul divano, come per dire “c'è anche lui!”.
Magnus se ne accorse, e non trattenendo una risata baciò il Nephilim sulle labbra.
Un bacio lento e senza fretta, che andò approfondendosi col passare dei minuti.
Lo Stregone infilò lentamente -anche troppo lentamente per i gusti di Alec- una mano sotto il maglione scuro del Cacciatore, accarezzandogli con i polpastrelli la pelle umida di pioggia.
Risalì con la medesima lentezza, tastando ogni singolo muscolo, fino ad arrivare al suo cuore. Bum bum bum. Batteva all'impazzata.
Riluttante, si costrinse ad abbandonare le labbra del Nephilim proprio quando queste avevano cominciato a dischiudersi.
«Io e te dobbiamo parlare.» Annunciò lo Stregone con un sorriso. «O rischiamo di andare a letto senza sapere ancora se stiamo insieme o meno.»
Alec arrossì lievemente e si pizzicò il dorso della mano destra, dove svettava la runa della vista, scurissima contro la pelle lattea. Avvertì un dolore forte, ma durò solo pochi istanti. Bene, non stava sognando.
«Oh, e telefona a quello scocciatore che ti ritrovi come Parabatai.» Prima che il moro potesse chiedergli il perché, lui lo abbracciò forte per poi lasciargli un bacio leggero sulla guancia. «Sai, per una volta ne ha combinata una giusta.»


*Okay? Okay. Battuta tratta da "Colpa delle stelle", di John Green


 
Salve Nephilim e Nascosti! Sono ritornata con una Malec tutta zucchero. 
Per prima cosa, loro devono tornare insieme, ma temo che dovremo aspettare l'8 luglio per saperlo - sempre che qualcuno non l'abbia già letto in inglese, ovvio. - Beati loro.
Comunque, spero di non avervi fatto tentare il suicidio con questa OS, così come spero che sia un po' diversa dalle numerose Malec in cui loro tornano insieme. Sono un'inguaribile anticonformista.
Che dire, grazie di cuore a chi leggerà e recensirà, o anche a chi leggerà e basta. 
Fatemi sapere che ne pensate, se siete così gentili da voler esprimere il vostro pensiero. 
Bacioni,
Ari Youngstairs
   
 
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