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Autore: jawaadseyes1993    18/06/2014    1 recensioni
Aveva scelto lei quando nessuno aveva mai avuto il coraggio e la voglia di farlo.
Forse era proprio questo che l'aveva fregata.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Daylight



 
 
Le sembrava incredibile che fosse di nuovo estate, che la scuola fosse finalmente finita e che, almeno per l’ultima volta, avrebbe potuto godersi le vacanze estive e resettare il cervello solamente verso metà settembre.
L’anno scolastico era stato interminabile ed estenuante, pieno di ansia, preoccupazioni, ingiustizie, impegno, notti insonni e tanto, troppo caffè. Neanche voleva pensare a cosa le sarebbe aspettato l’anno che stava per arrivare, con la maturità e tutte le responsabilità di quando si varca la soglia dei diciotto anni e così, da un giorno all’altro, come se niente fosse, si timbra il cartellino per passare all’età adulta. Era tutto così incerto e le faceva paura. Paura perché non aveva idea di cosa fare del suo futuro, paura perché lei odiava non avere il controllo della situazione, non sapere esattamente come, dove e quando una determinata cosa sarebbe accaduta. Odiava le sorprese, in sostanza, odiava l’attesa di un qualcosa di instabile e sconosciuto. Odiava il futuro, ma forse ancora di più il passato. O meglio i ricordi. Ecco, odiava ricordare. Forse anche più della pioggia che le faceva automaticamente cambiare umore e più di tutte le persone che non la finivano di giudicare gli altri per le minime stupidaggini senza rendersi conto che quello di cui avrebbero davvero avuto bisogno era un gran bell’esame di coscienza.
Lei se ne stava lì, sdraiata fra i cuscini del suo letto a una piazza, un libro sulle gambe, le cuffie nelle orecchie, ma tutto meno che la musica in testa.
Così mentre Adam Levine intonava quella canzone che lei conosceva fin troppo bene, la sua mente ritornava irrimediabilmente all’agosto dell’anno precedente. E di preciso, alla prima settimana dell’agosto 2013. Di colpo non era più a Roma, nella sua camera con le serrande abbassate a rifugiarsi dall’ennesimo temporale estivo di quella settimana. Si trovava in Calabria, su quella spiaggia di cui ricordava ogni minimo granello di sabbia, davanti a quel mare di cui riusciva a sentire forte e chiaro il rumore, come se al posto della musica stesse ascoltando quella distesa blu immensa da una conchiglia.
 
 
“And when the daylight comes I have to go, but tonight I’m gonna hold you so close, ‘cause when the daylight comes we’ll be on our own, but tonight I need to hold you so close”
 
 
Quando avrebbe smesso di pensarci? Quanti altri inverni e quante altre estati le sarebbero servite per archiviare quella appena passata?
Assurdo come quello che ci sembra felicità, l’attimo dopo diventi la fonte di ogni nostro dolore. 
E si odiava per stare ancora lì a pensarci, quando sapeva benissimo che lui se la spassava alla grande lontano da lei, come se niente fosse, come se tutto fosse statao la solita storiella estiva, come se quell’estate non fosse stata la più bella della sua vita. Cercava in tutti i modi di non pensarci e ci riusciva se passava del tempo con gli amici, con sua madre, se andava a ballare, se usciva a mangiare una pizza o a fare shopping. Ci riusciva persino davanti ad una partita dei Mondiali di calcio. Ma bastava un attimo che tutto le tornava addosso di nuovo, con la forza di un tornado, senza che lei potesse fare nulla per fermarlo.
E’ così difficile trattenere i propri pensieri dall’occuparsi di un argomento che ci importa troppo. L’uomo sarebbe un animale molto fortunato se riuscisse a farlo.*
E non le sarebbero bastati altri cinquanta primi baci con cinquanta sconosciuti diversi per riuscire a dimenticare il loro primo bacio.


 
 
“Dai vieni in Disco Beach ci divertiamo!”
“Seriamente non mi va, sono stanchissima!”
“Sei una vecchia! Siamo al mare, ci sono altri trecento ragazzi della nostra età o giù di lì e tu dopo lo spettacolo dell’animazione e i balli di gruppo ti rinchiudi in camera con i tuoi?”
La ragazza più piccola guardò sua cugina mentre si metteva il lucidalabbra e si preparava ad uscire dalla camera.
“Sai che non mi piace ballare, non mi piace la discoteca e non mi piace bere!” sbuffò.
“Prima o poi dovrò portarti da uno specialista, uno bravo però!”
La più grande le fece la linguaccia, le stampò un bacio sulla guancia e uscì dalla stanza.
“Ci vediamo domani mattina Miss Noia 2013!”
 
La Disco Beach non era una vera e propria discoteca, era lo spiazzo coperto dal tendone che permetteva di accedere alla spiaggia, ma di sera si trasformava. Con tutte quelle luci colorate, la musica che rimbombava dalle casse e una trentina di ragazzi e ragazze che ballavano e si divertivano, somigliava molto ad un locale romano, di quelli piccoli e accoglienti.
Lei indossava una gonna a fiori che si fermava appena sopra le ginocchia e una canottiera bordeaux. I capelli sciolti erano ricci, di certo la piastra durante un’intera settimana di mare e piscina sarebbe servita a ben poco. La ragazza che aveva conosciuto il giorno prima in piscina le se avvicinò e iniziarono a ballare. Piano piano si unirono anche gli altri quattro ragazzi che si erano presentati insieme a lei e il gruppo si fece più numeroso. Gli occhi di lei incrociarono subito lo sguardo del ragazzo castano dagli occhi azzurri che non aveva smesso di guardare durante tutto il giorno precedente. Lui le sorrise e il suo stomaco fece una capriola, un salto mortale e uno carpiato all’indietro. Il ragazzo le se avvicinò, i muscoli delle braccia fuoruscivano dalla maglietta color pesca.
“Piaciuto il cabaret?” le urlò lui.
“Sì, troppo divertente!”
“Di dove hai detto che sei?”
“Roma…tu?”
“Non si sente?” rise lui.
“Mmmm… molto difficile… provo ad indovinare…” cercava in tutti i modi di risultare attraente, ma le sembrava di essere ridicola ed impacciata “…Napoli?”
“Oddio ma come hai fatto? Sono sorpreso!”
I due risero mentre i loro corpi si avvicinavano per ballare quasi attaccati.
“Ribadisco quello che ti ho detto ieri in piscina…Hai degli occhi da perdercisi dentro”
La ragazza arrossì.
“Ha parlato Mister occhi cielo!”
Non c’era ormai nemmeno un millimetro tra di loro, le cosce a contatto, le mani intrecciate, i corpi a ritmo di musica.
 
“We are gonna dance into the sea, all I want is you, you’re ma cherie
Never seen a girl that’s so jolie, all I want is you, you’re ma cherie…”
 
La ragazza si girò e le loro bocche si sfiorano, una volta, poi un’altra, fino al punto di non ritorno. I loro sapori iniziarono a mescolarsi. Lui sapeva di sigarette e dentifricio alla menta e lei non riusciva a staccare le sue labbra e la sua lingua dalle sue. Neanche lui accennava al fatto di smettere. Sarebbero potuti rimanere così per sempre, fermare il tempo e scordarsi di tutti quanti. O almeno lei lo avrebbe voluto, lo avrebbe voluto così tanto.


 
 
 
Ci era proprio cascata in pieno. Ci si era ritrovata dentro senza accorgersene e ora era troppo tardi per tornare indietro. Quello del primo bacio era solo uno dei ricordi che la tormentavano, la logoravano dentro. Quella settimana fatta di baci, sguardi, mani, gambe, corpi intrecciati e pelli a contatto sembrava non volerla lasciare più in pace. Aveva sentito da qualche parte che col tempo alla fine tutto sarebbe passato. Avrebbero dovuto specificare meglio cosa intendessero loro con “tempo”; quanto durava questo “tempo”? Quanti anni, mesi e giorni? Perché davvero lei non ne poteva più.
E sapeva che mentre per lei era stato il mondo, per lui non aveva significato molto. Sapeva che lui non pensava a quell’estate perché per lui semplicemente non era stata l’estate con la ‘e’ maiuscola. E ora lontano da lei usciva con altra gente, conosceva altre persone, baciava altre ragazze e ci faceva l’amore, mentre lei continuava a pensare a come sarebbe stato fare l’amore con lui. Lui andava nei locali e si ubriacava per divertirsi, lei si ubriacava per non pensarlo e per ficcare la lingua nella bocca di qualcun altro illudendosi di aver messo un punto a quell’estate.
La cosa che più le inebriava la mente era il fatto che lui, tra tutte le ragazze con un fisico da urlo, pronte ad aprire le gambe al primo scrocchio di dita, quella settimana aveva scelto lei: la ragazza che si vergognava se la parte di sotto del costume era una brasiliana e se doveva salire sul palco del villaggio a ritirare un premio.
Aveva scelto lei, quando nessuno aveva mai avuto il coraggio e la voglia di farlo. Forse era proprio questo che l’aveva fregata.
Lei che era sempre attenta a non sbilanciarsi troppo con le parole quando si trattava di sentimenti, che quelle due paroline magiche non gliele aveva pronunciate nell’orecchio al contrario di come invece aveva fatto lui, senza pensarci, senza dar peso al loro significato, proprio lei c’era cascata.
Lei che di amore non ci capiva un bel niente, che con i “ti amo” non ci sapeva proprio fare, si era innamorata.













Salve! (:
Sono di nuovo qui con un'ennesima OS senza senso.
Questa storia è un ammasso di pensieri che mi tormentano da un bel po' di notti, non riguarda personaggi o persone in particolare ed ho deciso di optare per il "lui" e "lei" senza specificare nomi proprio per far sì che ognuno possa leggerci i nomi di chi vuole e la storia di chi vuole. Io ovviamente i miei nomi ce li ho, ma ho voluto scegliere quest'altro tipo di scrittura per questa volta.
Ringrazio in anticipo chiunque sia arrivato a leggere questo angolo autrice per avermi dedicato del tempo, è bellissimo leggere il numero di visite e di recensioni ogni volta, non mi fa sentire così stupida.
Che dire? Spero non sia un casino come quello che c'è nella mia testa.
Have a nice summer!
Sara :)

 
  
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