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Autore: DoctorChi    19/06/2014    1 recensioni
[Traduzione]
Amelia Pond ha otto anni la prima volta che incontra Sherlock Holmes.
Lui le dice che viaggiare nel tempo è impossibile.
Lei lo morde.
Sherlock/Amy
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Amy Pond
Note: Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice: ho ricevuto il permesso dall'autrice (MuslimBarbie) per tardurla. 

Mi scuso in anticipo errori nella traduzione. 

 

Passing you by 

 

You keep passing by me 

We're just wasting time 

Trying to prove who's right 

Ships in the Night, Mat Kearney 

 

Amelia Pond ha otto anni la prima volta che va a Londra. La zia Sharon l'ha portata lì perché una sua amica, la signora Holmes, vive laggiù. Ad Amelia questo non piace - e se il Dottore tornava? Aveva promesso che sarebbe tornato! E se fosse tornato e, non trovandola, credesse che lei non volesse più venire con lui? 

La zia Sharon le aveva lasciato mettere un appunto sul (nuovo, non rotto) capannone in giardino, e promesso di portarla al museo e comprarle un gelato se si comportava bene. Amelia ci aveva pensato sopra, e alla fine aveva accettato. Il Dottore aveva una macchina del tempo e se non la trovava poteva venirla a cercare a Londra, giusto? 

Il viaggio in macchina era stato lungo e noioso, e la zia Sharon le urlava quando si metteva a giocare con la radio, ma non poteva essere comparato alla noia della casa della signora Holmes. Grande e con molte stanze, ma la zia Sharon non la lascia esplorare nessuna di esse. Anzi, la signora Holmes aveva detto a suo figlio di badare a lei, anche se Amelia ha otto anni e non ha bisogno di essere controllata. 

Sherlock è noioso. E' alto e abbastanza grande da essere un universitario e non le lascia toccare quel teschio figo sulla sua scrivania. Le ha detto di sedersi e stare tranquilla, mentre lui passil tempo a giocare con il microscopio. Così Amelia aspetta finché è così occupato per non badare a lei (e non ci vuole molto) ed esce dalla camera. 

La casa ha un sacco di porte, ma molte di esse sono chiuse a chiave. C'è anche una biblioteca, ma non ha una piscina, quindi anch'essa è noiosa. In compenso, ha una scrivania con fogli e penne, così sa cosa fare per adesso. Da' gli ultimi tocchi alle stelle del suo disegno mentre Sherlock entra nella stanza. 

Amelia lo osserva dal basso. "Ce ne hai messo di tempo, eh?" 

Lui si acciglia e incrocia le braccia. "Avevo cose più importanti di cui preoccuparmi." 

Lei alza le spalle. "Sembra noioso." 

"Non lo è." le dice. Amelia non risponde. Sherlock si avvicina e si sporge oltre la sua spalla e osserva il suo disegno. "Sbagliato," dice ad un certo punto. 

"Cosa?" 
"Il tuo disegno. Le cabine della polizia si aprono nell'altro verso. Il cartello con 'tirare' lo indica chiaramente e per questo non riesco a capire perché tu lo abbia disegnato sbagliato. Inoltre, considerando il modello, la tonalità di blu è sbagliata. Per non dire che non può trovarsi nello spazio. Il tuo disegno è sbagliato." 

Amelia alza gli occhi al cielo. "Perché non è davvero una cabina del telefono. E' una macchina del tempo. Duh." 

Sherlock la deride. "Impossibile." 

"Lo è! Me lo ha detto il Dottore. E' un viaggiatore nel tempo, lui!" 

"Ovviamente il tuo Dottore è un bugiardo." 

Amelia lo fissa. 

Lui incrocia le braccia. 

Un po' di tempo dopo, quando zia Sharon la trova, la trascina in macchina urlando. Seriamente, gridava sua zia, cosa diamine c'è che non va in te? Che sorta di bambino morde le persone? Amelia guarda sua zia con un sorriso stupito - era abbastanza divertente guardarla quando la sua faccia diventava tutta rossa come in quel caso. 

Questo finché sua zia non le dice che adesso può solo sognare il gelato e la visita al museo. Sarà addirittura fortunata se le comprerà un gelato in futuro. Amelia inizia a protestare - Ha iniziato Sherlock! Se lo meritava! - ma sua zia non ha intenzione di ascoltarla. Così spende tutto il viaggio fino a Leadworth con il broncio e le braccia incrociate, ascoltando sua zia che urla quanto sia nei guai adesso. 

Odia Sherlock Holmes. 

 

- 

 

La seconda volta che Amy va a Londra è per il ventesimo compleanno di Mel. E' più vecchia, focosa e pronta a per un divertente weekend con la sua migliore amica. Loro due insieme? Londra non sapeva cosa l'aspettava. 

Sono ormai le sette di sera quando arrivano nelle loro stanze d'albergo. Si rinfrescano e decidono di fare cena e cercare un locale dove spendere il resto della serata. I loro piani cambiano prima che Amy possa ordinare il suo pasto; Mel impiega meno di due minuti a trovare un barista carino nel ristorante e immediatamente si siede al bar. Amy pensa di unirsi a lei, ma prima che si avvicini, nota una figura familiare cenare da sola. Ci mette alcuni istanti per riconoscerla, ma quando realizza chi è, un ghigno malvagio compare sulle sue labbra e si dirige verso di lui con il suo drink in mano. 

Amy prende una sedia come se fosse completamente benvenuta, anche se dubita di essere stata riconosciuta. "Ma guarda se questo non è Sherlock Holmes." 

Lui alza lo sguardo e le rivolge un'occhiata infastidita. "Ti conosco?" 

"Aw, non dirmi che mi hai già dimenticato. Non puoi avere avuto altre orribili esperienze da babysitter, eh?" Si acciglia. "Anzi, probabilmente potresti averne avute. Non sei esattamente il tipo adatto per fare il babysitter, eh?" 

Lui la fissa e Amelia vede nei suoi occhi di essere stata riconosciuta. "Amelia Pond." Non è una domanda. 

"Ce ne hai messo di tempo." 

"Dimmi, mordi sempre le persone che non sono della tua stessa opinione?" 

Alza le spalle. "Solo quando sono fastidiose." 

"Il tuo disegno era sbagliato." 

"Oi," protesta, puntandogli un dito contro "Almeno non parlo con i teschi." 

Un sorriso divertito si forma sulle labbra di lui. E' piccolo, ma c'è di sicuro. "Dimmi, Amelia, hai trovato il tuo dottore viaggiatore nel tempo?" chiede. Amelia sa che lui crede che tutto ciò sia uno scherzo o qualcosa per avviare una conversazione, ma gli occhi di Amy si aprono e evita istintivamente lo sguardo di Sherlock. Sherlock si raddirizza subito sul suo posto. "Oh, l'hai trovato. Interessante. Ma dalla tua reazione è finita male." 

"Stai zitto." 

"Molto male a giudicare come tenti di evitare questo discorso. Ti ha fatto arrabbiare. Ma come? Non ti saresti arrabbiata così tanto se fosse solo una storiella della tua infanzia. Sono passati più di dieci anni, quindi dovresti esserci passata sopra. C'è qualcos'altro. Vediamo, mi hai morso quando l'ho chiamato bugiardo, che  ovviamente significa che lo hai idealizzato. In ogni caso lui lo ha distrutto, e molto recentemente a giudicare dalla tua sensibilità." 

"Ho detto stai zitto." 

"E poi c'è il tuo anello di fidanzamento. E' nuovo, indossato pochissimo, quindi è recente. Ma adesso tu sei qui con la tua amica e non con il tuo fidanzato. Lo stato del tuo anello di fidanzamento. Combinato con l'incontro con il tuo Dottore-" 

Continua a parlare, ma Amy non lo sente. Invece, si alza dalla sedia e versa quel che resta della sua birra sulla testa di lui. Mel smette immediatamente di flirtare e corre verso di lei, ma Amy la ignora. Invece lei si muove e incontra lo sguardo dell'uomo. "Tu," dice in modo brusco, "non hai la più pallida idea di cosa è successo." 

Non aspetta la sua risposta. Si gira, afferra Mel per il braccio, e esce fuori insieme a lei. Le dice che non vuole parlarne e Mel interrompe subito le sue domande. Tornano velocemente all'hotel e Amy resta furiosa per il resto della serata. 

Alcune persone non crescono mai. 

 

- 

 

Dopo aver lasciato il bunker di Churchill, il Dottore le promette di portarla su un pianeta. Un completo, brillante pianeta alieno. Il fatto è, che Amy sta imparando velocemente che il Dottore non riesce a fare quello che dice quando arriva il momento di farlo. E già...infatti li ha portati a Cardiff. Cardiff. Non esattamente quello che lei aveva in mente quando lui aveva detto alieno. 

A quanto pare ci sono alcune sorte di spaccaturnel tempo qui che aiuteranno il TARDIS a ricaricarsi o roba simile. Il Dottore farfuglia ancora un po', ma tutto quello che riesce a ottenere dai farfugliamenti e che sono bloccati lì e ci vorrà almeno un'ora prima di poter andare sul pianeta. Amy ci mette meno di dieci minuti ad annoiarsi e sguscia via dalla porta mentre il Dottore continua a farfugliare e rattoppare con alcuni fili sulla console del TARDIS. 

Amy cammina per circa tre isolati prima di ricordarsi che a Cardiff non c'è niente di interessante. Diavolo, probabilmente avrebbe trovato qualcosa più interessante passeggiare nei corridoi del TARDIS che nella città. Sospira e si volta, decisa a tornare nella cabina blu, ma va a sbattere contro qualcuno. Una scusa le si forma sulla punta della lingua, ma si ferma appena alza lo sguardo e si rende conto di chi è la persona contro cui è andata a sbattere. 

Sherlock Holmes. 

Lui la fissa, probabilmente sorpreso quanto lei di vederla. "Amelia Pond. Qui per attaccarmi di nuovo?" 

"Beh, dipende,incrocia le braccia sul petto "Hai ancora intenzione di essere un asino ogni volta?" Lui alza gli occhi al cielo, ma un piccolo ghigno si forma sulle sue labbra. Amy ghigna a sua volta. "Comunque, cosa sta facendo qui? Non vivi a Londra, eh? Non mi sembri affatto il tipo da Cardiff." 

"Lavoro" risponde. Dopo un momento, come se fosse solo un pensiero o qualcosa di simile, chiede. "E tu?" 

"Viaggio. Il Dottore doveva fare un pit-stop e ha ritenuto il Galles un buon posto per diversi motivi." 

"Il Dottore?" La osserva con un'espressione e lei non riesce a capire se è interessato o infastidito. 

"Cosa c'è tra te e quell'uomo? Non dirmi che credi ancora alla storia di quella schifosa macchina del tempo." 

Amy si acciglia. "E se fosse così?" 

"Allora sei un'idiota. Viaggiare nel tempo è impossibile. E adesso, se mi permetti-" E si muove per sorpassare Amy. 

Lei blocca nuovamente la sua strada. "Oi, cosa ti rende così sicuro? Dire che non è impossibile, non è come dire che non può succedere. E per la cronaca, succede." 

Sherlock la fissa per un momento. "Quando hai eliminato l'impossibile, anche se improbabile, ció che resta è la verità." 

Amy lo guarda. E' un strano modo per dirlo, ma è sicura di aver fatto centro. Proprio mentre sta per aprire bocca, il suo telefono suona. Lo osserva e un pensiero le attraversa la mente. Apre il telefono, dice al Dottore che sarà immediatamente là e riattacca. 

"Andiamo" afferra il braccio di Sherlock, "Voglio farti vedere una cosa." Lui protesta, ma lei non lo sta ad ascoltare. Lo trascina per tre isolati finché non tornano di fronte al TARDIS. "Aspetta qui." gli dice. 

"Amelia, cosa stai facendo?" 

Amelia gli rivolge un ghigno mentre apre le porte del TARDIS. "Elimino l'impossibile." 

Lo sente porle delle domande mentre entra nella cabina, ma non dice niente. Invece chiude la porta e dice al Dottore che ora è pronta per il pianeta. Il Dottore sorride eccitato e senza pensarci due volte, parte. 

Oh, se solo potesse vedere la faccia di Sherlock in questo momento. 

 

- 

 

A volte pensa che ucciderà il Dottore. Un minuto le sta dicendo che andranno a visitare i Giardini Troiani e il momento dopo scopre che il TARDIS è finito da qualche parte a Londra e si è spento. Il Dottore la chiama dicendole che sta avendo alcuni problemi, un po' di cose da sistemare, ma che sarà di ritorno appena la sua Vecchia Ragazza sarà sistemata. Non dovrebbe metterci molto, ha promesso. Dieci minuti. Forse trenta. Un'ora al massimo. 

Giura che se si trasformeranno in altri dodici anni, lo ucciderà sicuramente. 

Fortunatamente nelle sue tasche ha qualche moneta terrestre. Non è molto, ma abbastanza per intrattenerla per la prossima ora (o diverse ore, conoscendo il senso del tempo per il Dottore; è un Signore del Tempo, fa abbastanza schifo quando si parla di tempo). Prende in considerazione di andare in un museo o guardare qualche negozietto, ma un gorgoglio del suo stomaco le fa cambiare idea. Si guarda attorno ed entra nel primo café che trova. 

Nel momento in cui attraversa la porta, una voce familiare giunge alle sue orecchie. Si ferma per un secondo perché tutto ciò non può essere possibile. Ma dopo un momento non c'è alcun modo di negarlo - riconoscerebbe quella voce ovunque! Nota due uomini seduti in un angolo della caffetteria, che stanno facendo cena e discutono di qualcosa che lei non riesce a capire. E nel momento che il pensiero attraversa la sua testa, sa già che non può tornare indietro, così si dirige semplicemente in quella direzione. 

"Sherlock Holmes". Amy ghigna mentre afferra una sedia. 

Lui la fissa per un momento, chiaramente sorpreso di vederla, ma le rivolge comunque il suo solito sorriso. "Amelia Pond." 

L'uomo seduto all'altro lato del tavolo li fissa. Dopo alcuni momenti si schiarisce la gola e porge la mano. "Sono Johnin ogni caso. John Watson." 

"Amy." 

"Così, uhm, vi conoscete?" chiede John, bevendo un sorso di birra. 

"Sherlock mi faceva da babysitter." 

John si strozza con la sua birra. Sherlock la fissa malamente, non badando alle condizioni del suo amico. "Sherlock mi fece da babysitter. E' stato una sola volta," la corregge. John smette finalmente di strozzarsi. 

"E' una buona cosa anche quella. Facevi schifo come babysitter." 

"Mi hai morso." 

"Avevi detto che il mio disegno era sbagliato!" 

"Lo era." 

"Ora sappiamo entrambi che non è così, vero Sher-lock?" 

Sherlock lo fissa. Non può più negarlo, e lo sanno entrambi. Sul volto di Amy compare un sorrisetto. 

"Parlando invece del tuo Dottore" inizia invece lui. "Perché sei qui? Non avete dei viaggi da fare voi due?" 

Un cipiglio compare sulle sua labbra, ma non molla lo sguardo di Sherlock. "Abbiamo un po' di problemi con i trasporti, solo questo. Ha detto che torna a prendermi quando sarà tutto a posto." 

"Ti lascia di nuovo da sola? Oh, questo Dottore non mi sembra una persona su cui fare molto affidamento." 

"Oh, stai zitto" alza gli occhi al cielo. Il suo telefono suona prima che Sherlock possa dire qualcos'altro. Lei lo ignora e risponde alla chiamata del Dottore. 

Che, come scopre poco dopo, non è una chiamata per dirle che tornerà presto. No, sai, è andato incontro ad alcuni altri problemi che prima deve sistemare. Meglio per lei stare dov'è adesso; non sarebbe sicuro anche se avesse la possibilità di venire a prenderla. Ma sarà qui il prima possibile! Lei prova a protestare, ma lui si distrae a causa di qualcosa nel TARDIS e riaggancia prima che lei possa almeno tentare. Amy fissa il telefono. 

"E' tutta posto?" chiede John. 

"Non proprio. Il mio amico è un po' idiota. Doveva venire a prendermi nel giro di un'ora, ma adesso sembra che ci metterà un po' di più. Ma il fatto è che non sa esattamente quanto. Potrebbe essere un'ora, potrebbe essere un giorno." 

"Perché non stai nel nostro appartamento?" propone John. "Vieni, se non hai un altro posto dove andare." 

"Sei sicuro?" lei osserva Sherlock con la coda dell'occhio, non completamente sicura su quanto lui la voglia in casa. Sa che ha bisogno di un posto dove stare, ma sa anche che è meglio non andare dove non si é benvenuti. E le cose tra loro, beh, non sono mai state normali. Non l'avrebbe incolpato se non l'avesse voluta. Ma la sua espressione è neutra, e Amy lo prende come un segno per dire che non gli importa. "Va bene" annuisce. "Grazie." 

Così pagano il conto Amy segue i due coinquilini al 221B di Baker Street. 

 

- 

 

All'inizio John aveva offerto il suo letto a Amy, anche se lei aveva detto loro che il sofà le andava bene. Questo era cambiato quando era arrivata una telefonata da una donna di nome Victoria, la fidanzata di John. Che doveva venire anche per la sera. Lui si era offerto di cancellare, ma Amy gli aveva detto di non preoccuparsi. Seriamente, le bastava il sofà. 

La signora Hudson, la proprietaria dell'appartamento, non era della stessa opinioneE' una vecchia e dolce signora - bassa, con un'ombra di tinta rossa nei capelli - ma due volte testarda rispetto alla zia Sharon (che è dire tanto!)Inizia a criticare Sherlock sulle sue maniere e il suo modo di trattare gli ospiti. Ignora sia Sherlock che Amy finché lui non si infastidisce abbastanza da cedere il suo letto ad Amy. 

John esce per raggiungere la sua fidanzata nel giro di un'ora e la signora Hudson torna giù nel suo appartamento, lasciando Amy e Sherlock da soli. Il che è un po' strano dal momento che l'ultima volta che sono stati da soli lei aveva otto anni. Ed è noioso uguale. So che questa volta non c'è una biblioteca in cui fuggire. Cammina nel soggiorno, solo per trovare Sherlock che suona il violino.  

Lui non la nota; sta guardando la finestra ed è troppo concentrato nei suoi pensieri per fare attenzione alla sua presenza. Comunque, lei rimane lì e lo ascolta suonare. Amy non è sicura su quanto tempo Sherlock abbia suonato, ma la melodia è morbida e lenta, quasi come una ninnananna. Divertente, perché con tutti i ragionamenti logici e scientifici, non l'avrebbe mai preso come musicista. 

Tredici anni, sono gli anni da cui teoricamente conosce Sherlock. Si erano incontrati quattro volte e avuto ridicoli battibecchi, ma per la prima voltalei si era resa  conto che c'era molto di più in Sherlock Holmes di quanto lei credeva. 

 

- 

 

Il sonno rifiuta di arrivare questa notte. Amy è sdraiata nel letto, si agita e si gira, prova anche a contare le pecore spazialiNon funziona niente. Ovviamente non funziona. Sarebbe stato utile se ci fosseroe l'universo non le aveva, come faceva adesso? Alla fine, quando l'orologio di Sherlock le dice che è l'una e mezza, Amy sospira e lascia perdere. Si toglie le coperte di dosso e si dirige verso la finestra. La vista è orribile, ma c'è una scala d'emergenza per il tetto della casa, e scommette che lassù c'è una vista migliore. Un sorrisetto compare sul suo volto, apre la finestra e esce fuori. 

Non è neanche lontanamente più in alto dei palazzi nei paraggi e non riesce a vedere bene le stelle, ma la vista è migliore di quella della camera di Sherlock, quindi rimane. Si siede sul cornicione e osserva la città, che è sveglia come leiSi chiede se potrebbe mai vivere in un posto come quello. E' così diversa dalla piccola, e abbastanza noiosa Leadsworth. Non una cattiva cosa, ma una cosa diversa, sai? 

La scala risuona e la distoglie dai suoi pensieri. Si gira in tempo per vedere Sherlock arrampicarsi sul tetto. "Non dovresti essere qua sopra" le dice. 

Lei alza le spalle e il suo sguardo torna sulla città"Psh. Non dirmi che ora sei una di quelle persone legate alle regole adesso." Non si fa problemi su come l'abbia trovata. Qualcosa le dice che questa non è la sua prima volta sul tetto. 

Non dice niente, ma Amy sa che sul suo volto c'è un sorrisoNon uno di quelli grandi - non le sembra un tipo da sorrisoni - ma uno di quelli piccoli. Uno di quelli stupiti che ogni tanto si lascia sfuggire nelle loro conversazioni. I suoi piedi battono contro il pavimento mentre cammina e si fermano proprio dietro di lei. Un momento dopo un pesante calore le copre le spalle e lei immediatamente stringe il cappotto a sé. Mormora un grazie mentre lui si siede sul cornicione accanto a lei. 

"Questo è il mio futuro, sai?" gli dice. Sente gli occhdi lui spostarsi per osservarla; non dice niente, aspetta che lei elabori una frase. "Il calendario nel tuo appartamento diceva che é ottobre. Tecnicamente, è quattro mesi avanti da dove vengo io,spiega. "Così qua fuori c'è un'altra me. Se volessi, potrei andare a trovarla. Diamine, volendo potrei prendere il cellulare e chiamare il mio telefono, per parlare con lei. Potrebbe essere interessante, eh? Sapere com'é il mio futuro." 

"Lo faresti?" 

Lei pensa per un minuto, i suoi occhi fissi su un taxi. Lo guarda passare nella città, per poi scomparire. "No,scuote leggermente il capo. "Non penso che lo farei." Finalmente distoglie lo sguardo e lo guarda. 

"Il Dottore", spiega, "ha tutte queste regole riguardo incontrare altre linee del tempo e paradossi e tutte queste cose spaziolareggianti di cui parla. E sì, probabilmente sono molte buona ragioni per non farlo, ma non è solo questo. Trovandola - la me che è qua fuori, la futura me - toglierebbe tutto il divertimento. Sicuramente ci sono delle cose che voglio sapere, ma ce ne sono altrettante che voglio scoprire da sola. Avere lei che me le dice, toglierebbe tutto il mistero, eh? Non è divertente avere le risposte davanti a te; il divertimento è cercare di capirle. Okay, a volte fa schifo non sapere, ma cos'è la vita senza una piccola sfida?" 

Lui la fissa e, dopo un respiro, un piccolo e sincero sorriso si forma sulle sue labbra, e Amy pensa che è la prima volta in cui lo vede guardarla così. Annuisce, ma non dice niente. Non prova a dire la sua o a contraddire la sua decisione. Capiscein silenzio. 

Amy gli sorride leggermente. 

 

- 

 

Stanno seduti tutta la notte. E' abbastanza divertente, dal momento che non credeva che Sherlock fosse una persona da stare seduta. Ogni cosa con lui sembra così veloce, come se ogni volta lui avesse bisogno di fare qualcosa o qualcosa su cui concentrarsi. Ma è seduto qui con lei, in completo silenzio mentre osservano la città. Lei sa che probabilmente sta pensando a qualcos'altro che probabilmente lei non capirebbe, ma non chiede cosa. Non chiede perché è ancora qua con lei. Se voleva andarsene, l'avrebbe già fatto. C'è qualcosa che Amy ha imparato di Sherlock: se non vuole fare qualcosa, non la farà. E' troppo testardo per seguire le regole. E' qualcosa che hanno in comune. 

Lei non lo tocca per tutto il tempo in cui sono fuori. Non è che lo sta evitando o qualcosa di stupido come questo, ma non si appoggia accanto a lui, non prende la sua mano nelle sue e non appoggia nemmeno la testa sulla sua spalla. Sono abbastanza vicini da poterlo fare, ma lei non fa niente. Sono seduti uno di fianco all'altro, le gambe che dondolano dal cornicione, guardando la città che si addormenta. E' addirittura più comodo così, sai? Solo sapere di avere qualcuno accanto, senza bisogno di provarlo. 

Sono quasi le quattro del mattino quando sente un suono ondeggiante. Una brezza arriva lentamente, giusto in tempo per vedere la grande cabina blu comparire. Alza gli occhi al cielo, perché il Dottore sarebbe potuto venire nel bel mezzo della notte. Comunque, sorride e inizia ad alzarsi. Si toglie il cappotto e lo porge a Sherlock. 

"Di' a John e alla signora Hudson che mi dispiace non averli salutati." 

"Lo farò." 

"Forse ci fermeremo qua un'altra volta. Non so quando." 

Sorride. "Certamente." 

Unstrano silenzio cade fra i due. Parte d lei sta considerando di abbracciarlo, ma dubita che Sherlock apprezzi il contatto fisico. Così gli sorride, gli fa un cenno con la mano, si volta e cammina verso il TARDIS. Il Dottore è alla console con un sorriso colpevole e immediatamente inizia a blaterare scuse. Solitamente Amy lo avrebbe fermatoe gliene avrebbe dette di tutti i colori per averla abbandonata di nuovo. Ma non lo fa. 

Tira su la mano. "Aspetta un momento, Dottore. C'è un'altra cosa che devo fare. Solo un minuto." Non aspetta la sua risposta, apre le porte ed esce fuori. 

Sherlock solleva un sopracciglio quando lei si dirige verso di lui. "Amelia. Cosa-?" 

Lei alza gli occhi al cielo. "Oh, stai zitto." Chiude la distanza fra di loro e le loro labbra si toccano. 

E' un piccolo bacio, troppo corto perché Sherlock possa reagire (se mai lo avesse fatto), ma fa il suo lavoro. Amy si allontana e ghigna osservando il volto confuso sulla sua faccia. Può addirittura vederlo cercare di dedurre la sua logica o cos'altro, ma non funziona. Alla fine, chiede solo. "Perché lo hai fatto?" 

"Perché volevo farlo" gli risponde semplicemente. Torna indietro e apre le porte della macchina del tempo. "Non hai ancora visto l'ultima parte di me, Sherlock Holmes." Gli fa l'occhiolino. 

Un sorrisetto compare sulle labbra di lui "Arrivederci, Amelia." 

Lei ride e agita un'ultima volta la mano prima di girarsi ed entrare nel TARDIS. Un momento dopo il Dottore parte. Inizia subito a parlottare e spiegare cosa esattamente non andava nel TARDIS e perché ci ha messo così tanto tempo. Promette di farsi perdonare. Possono andare ai Giardini Troiani ora, o su Arcadia, o al Louvre, o persino a Rio! 

Amy alza gli occhi al cielo, lo chiama idiota, e gli ricorda che erano le quattro del mattino dove si trovava prima. Gli augura la buonanotte e sale le scale, ignorando i suoi ragionamenti sul ciclo del sonno umano. Apre la porta della sua camera da letto e si siede sul letto. Si tocca le labbra una volta e sorride. Si toglie le scarpe, spegne le luci e si sdraia.  

Un singolo pensiero attraversa la sua testa mentre si addormenta. 

Forse, solo forse, Sherlock non è così male come credeva una volta. 

Il sorriso le resta sulle labbra tutta la notte. 

 

 

 

Note della scrittrice 

Conteggio parole: 4417 (originale) 

Attenzione: questa storia non é mia e non lo sará mai. 

Etá: ho provato a lavorare partendo dalle loro etá, quindi Sherlock e Amy hanno circa dieci anni di differenza. 

Note: il titolo e la canzone sono ispirate al video di Lisakee Sherlock/Amy su Youtube 

 

Fanfiction originale 

 

Note della traduttrice: 

Buonsalve a tutti! 

Ho tradotto questa storia non appena l'autrice mi ha concesso il permesso per farlo. 

Non uccidetemi se ho sbagliato la consecutio, ma io e i verbi non siamo molto amici. .-. 

A parte questo spero vi sia piaciuta! :) 

Ovviamente tutte le recensioni saranno inviate anche all'autrice! :) 

Vi saluto 

 

-DoctorChi

   
 
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