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Autore: Beneath_Your_Beautiful_    19/06/2014    1 recensioni
Fu questione di un attimo. Un immenso boato che arriva alle mie orecchie come un suono ovattato… e poi il nulla.
Il nulla che precede il fuoco dell’inferno. Sento il fuoco che parte dal retro della mia testa e si irradia per tutto il corpo. Prende il possesso dei miei arti: brucia il mio braccio e il resto di me e arriva fin dentro le mie vene. Mi lacera, mi distrugge e io non posso fare niente. Ho perso la padronanza del mio corpo da tempo, proprio come vorrei perdere i sensi.
Sento delle voci, rimbombano nell’aria , volano distanti, non le comprendo.
“Esperimento” sento nello stesso istante in cui quella parola sconosciuta quanto compresa arriva al mio cervello che ne registra i dati. La violenza di quelle undici lettere mi piomba addosso come un muro di ghiaccio.
Freddo. Sento freddo.
E in tutto posso solo restare inerme, vivo ma non so dove.
***
È più di me stesso. Si, questa missione è più di me stesso, ma adesso capisco. La mia missione non era mai stata salvare il mondo. Non so ancora come, ma so che Louis merita una possibilità nella sua vita, una possibilità che a me è già stata data.
Genere: Azione, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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More than myself
 
Fu questione di un attimo. Un immenso boato che arriva alle mie orecchie come un suono ovattato… e poi il nulla.
Il nulla che precede il fuoco dell’inferno. Sento il fuoco che parte dal retro della mia testa e si irradia per tutto il corpo. Prende il possesso dei miei arti: brucia il mio braccio e il resto di me e arriva fin dentro le mie vene. Mi lacera, mi distrugge e io non posso fare niente. Ho perso la padronanza del mio corpo da tempo, proprio come vorrei perdere i sensi.
Sento delle voci, rimbombano nell’aria , volano distanti, non le comprendo.
“Esperimento” sento nello stesso istante in cui quella parola sconosciuta quanto compresa arriva al mio cervello che ne registra i dati. La violenza di quelle undici lettere mi piomba addosso come un muro di ghiaccio.
Freddo. Sento freddo.
E in tutto posso solo restare inerme, vivo ma non so dove.
 
 
-Ehi, mi ascolti?- cosa? Chi mi parla? Di chi è questa voce acuta e sottile? Così… fastidiosa! Pian piano dinnanzi a me si materializza ciò che mi circonda e soprattutto noto la mia visuale occupata da colui a cui appartiene la voce. Mi ritorna in mente quel suono stridulo e penso a quanto sia fastidioso, tremendamente fastidioso. Quelle tre parole mi danno sui nervi; sto per urlargli di stare zitto perché anche se è stato gentile, mi irrita “svegliarmi” e sentire quella voce. Il mio cervello registra tutti i dati molto lentamente prima che possa realmente urlare in faccia al ragazzo: giusto in tempo per non farlo.
Occhi azzurri. Semplicissimi, banalissimi occhi azzurri. Un corpo esile dentro vestiti fin troppo grandi. Naso stretto. Un filo di barba incolta a contornare labbra sottilissime.
Un treno. Un intero vagone di prima classe con tavoli a separare le due poltrone opposte, tutte interamente in tessuto. Gente che sta educatamente –egoisticamente direi io- per i fatti propri. Visi scuri e spesso tesi. Tutto il vagone pieno, ma si respira.
 
Respiro! Sto respirando davvero. Aria che circola nei polmoni e raggiunge le vene; aria che si propaga per il mio corpo e lentamente mi ridona vita. Aria che arriva al cervello, mente e corpo che ritornano un’unica cosa. E sento di riavere il mio corpo, lo sento e posso toccare ciò che mi circonda, senza che ciò mi causi alcun dolore.
E vedo. Vedo quello che ho intorno e capisco: sono -incomprensibilmente- vivo.
 
Un flashback mi coglie all’improvviso c’è il sole cocente sopra la mia testa. Sono solo e cammino e dinnanzi a me ci sono ancora miglia e miglia da percorrere. Ma il mio piede colpisce qualcosa,ed è tutto lì il meccanismo. È tutto lì che si innesca.
 
-Louis..?- mi ritrovo a pronunciare in un soffio. Si, perché ho proprio lui davanti a me. La poltrona che mi sta di fronte è occupata da lui, come i suoi occhi azzurri e il suo nome occupano la mia mente.
È da lui che proviene quella voce stridula, quella voce che proprio non sopporto, quella voce che non vorrei sentire. Ma dovrei già esserci abituato anche se non so bene il perché. Io non lo conosco…
Mi sussurra qualcosa, una donna che sta passando in quel momento inciampa nel mio piede. Sto cercando di allontanarmi da quel ragazzo ma mi ritrovo a pulire la mia scarpa su cui è caduto un po’ del liquido che la donna teneva nel bicchiere. Mi rialzo quando sento il controllore chiedere il biglietto e glielo porgo. Tutto ciò accade nel giro di secondi ed è come se fossi uno spettatore esterno che vede la scena –fin troppo veloce- andare a rallentatore. Fuori dal mio corpo, fuori dal senso di tutto ciò.
 
Louis… penso. E la mia mente si riempie del sorriso che inarca le sue labbra, mentre torno improvvisamente in me. Il suo nome è l’unica cosa alla quale sto pensando. Il mio inconscio è pieno dei suoi occhi prima ancora che possa chiedermi chi sia. Perché dopo quegli istanti di eventi che si susseguono e quegli ultimi pensieri.. c’è il fuoco.
Di nuovo, ma questa volta lo vedo, lo vedo con i miei occhi e non ho neanche il tempo di essere terrorizzato. Non sento nulla: nessun suono o dolore; solo la mia mente piena della sua voce ancora troppo fastidiosa prima che tutto sia inghiottito dal fuoco, me compreso. E non lo sopporto, e meno vorrei pensarlo più ogni parte di me si riempie di ogni parte di Louis.
 
 
-Soldato! Soldato Styles, si svegli!- è un’altra voce adesso, una voce femminile. Apro gli occhi e vedo -in modo molto confuso- una donna in uniforme. Ho la vista annebbiata: sembra un hostess ma sta armeggiando con diversi computer o qualcosa di questo genere e quindi non mi sembra possibile.
-Soldato Styles, deve tornare indietro- si impone lei in tono perentorio. Ma di cosa sta parlando? Non capisco proprio cosa voglia dire. È ancora una figura distante e confusa quando esordisce –Ricordi soldato: la missione prima della sua stessa vita.- ma io continuo a non capire. Lei ha una tenacia e una convinzione in quegli occhi di ghiaccio, tale da portarti ad obbedire senza alcuno sforzo. Ma io non so proprio cosa voglia da me e sento di non poterla aiutare. Dove mi trovo? Cerco di fermarla quando abbassa lo sguardo e lo rivolge verso una teca accanto a lei. Il panico prende possesso del mio corpo, un corpo di cui non ho –per l’ennesima volta- il controllo. Nel momento in cui noto di essere legato alla parete da una specie di imbracatura riesco a rendermi conto di avere ancora il mio corpo integro. Il fuoco non lo ha ustionato o solamente sfiorato, a quanto sembra. Vorrei urlare il nome della donna quando mi accorgo di non saperlo. La mia vista si decide a migliorare quando vedo che lei ha appena premuto un pulsante della teca e mi rivolge il tipico saluto militare.
 
È in uno schermo!! Lei si trova dietro uno schermo e io sono legato. Legato al soffitto di una stanza minuscola: né finestre, né porte, solo circuiti scoperti e macchinari.
Ma chi sono? Urlo e penso Soldato? Stava parlando con me? prima di sentirmi risucchiare da una forza invisibile e riattraverso nuovamente il fuoco. Immagini a rallentatore di qualcosa di già conosciuto mi confondono sempre di più.
Chi sono? Riesco solamente a chiedermi mentre mi lascio trasportare, senza alcuna volontà di ribellarmi, in quel mare confuso di ricordi, pensieri e dolore. Un mare di cose che non mi appartengono, ma che sento mie. Si insidiano nel mio cuore, scavano nel profondo e in me si fa spazio un senso di appartenenza a tutto ciò, a quel fuoco, a quella morte.
 
 
-Ehi, mi ascolti?- di nuovo? Di nuovo quella voce! Apro gli occhi convinto che sia solo un incubo, ma lui è lì davanti a me. I suoi oceani invadono la mia mente e sovrastano i miei pensieri, ingarbugliandosi fra essi.
Sento la testa esplodermi e non riesco davvero a capire cosa stia succedendo. Sono certo di aver già vissuto tutto ciò, come se il fuoco è una porta che mi consente di viaggiare nel tempo. Cosa ci faccio lì? Sento di appartenere davvero a quel posto, adesso lo sento e ne sono sicuro, ma perché?
Le parole di quella donna nello schermo riecheggiano nella mia mente in modo insistente e non fanno altro che incrementare la mia confusione.
Provo a fare un quadro mentale partendo dalle cose di cui sono certo senza alcun “perché”. Sono parecchio concentrato e mi rendo conto che il ragazzo mi sta ancora  fissando di sottecchi solo dopo che sento una donna chiedermi gentilmente scusa. Mi accorgo di essermi leggermente spostato verso il corridoi del mio vagone. La donna è infatti inciampata nella mia stessa scarpa, versandoci sopra il liquido contenuto nel bicchiere che aveva fra le mani.
Ma che diamine succede? Questa è la… no.
Non è possibile! Semplicemente non è una cosa logica. Non può davvero riaccadere quello che ho vissuto –secondo il mio calcolo- pochi minuti fa. Mi capacito del fatto che facendo il mio quadro mentale nulla mi risulta conosciuto se non quella scena di cui mi stavo convincendo fosse solo uno scherzo della mia mente, un déjà-vu. Non ricordo nulla se non quel posto, quel “Louis” e gli eventi che stanno accadendo. Automaticamente estraggo dalla tasca interna della mia giacca il biglietto nell’istante in cui il capotreno passa per il consueto controllo. Anche questa è una minuziosa azione dei miei ricordi passati!
Styles…  deve essere questo il mio cognome! Non riesco proprio a ricordare nulla su di me se non questo nome pronunciato dalla donna dello schermo.
Soldato… diceva. Ma di cosa? “La missione è più importante della tua stessa vita”, ma quale missione?
 
-Louis…- mi ritrovo a pronunciare in un modo che non esprime affatto il mio stato attuale. Lui sorride dinnanzi a me e credo proprio che mi stesse parlando. Forse non è poi così male…
-Dove siamo, Louis?- domando guardando convulsamente l’orologio al mio polso. So che in realtà mi riferisco all’anno e al giorno più che al luogo effettivo. Sono certo di aver pronunciato quel nome con una gentilezza forzata e lui forse se n’è accorto. Noto infatti che abbassa lo sguardo prima di rispondere –La prossima fermata è Leeds- non sorride più. Il suo sguardo è altrove, lontano. Oltre il vetro spazioso che ci separa dall’esterno e mi ricorda qualcosa… qualcuno.
In ogni caso, grazie alla sua risposta so dove sono e quali sono le prossime fermate. Non sono sicuro del perché abbia questa convinzione ma non è il momento di preoccuparsene. Devo riuscire a capire cosa ci faccio qui. Effettivamente potrei anche scendere, penso notando che il treno si è appena fermato.
C’è qualcosa però… qualcosa che mi blocca. Io sono legato a questo posto, non è questo il posto in cui dovrei stare in questo momento, ma devo rimanere.
 
-Louis..?- esce dalla mia bocca nuovamente quel nome con un tono interrogativo e percettibilmente più pacato. Il ragazzo alza lo sguardo, ora speranzoso. –Che ci fai tu qua?- è una domanda apparentemente egoista, ma in realtà mi incuriosisce capire perchè ho proprio lui davanti a me. Sento il treno ripartire. Ma.. una fermata in più! Precedentemente il fuoco era arrivato ancor prima di poterci fermare!
Lui se la ride e mi chiedo cos’ho chiesto di tanto buffo.
Ha proprio una bella risata… sono certo di aver pensato parecchie cose cattive su di lui la volta precedente, se, come sospetto, c’è stata una “volta precedente”. Mi sono sbagliato a pensare quelle cose, anche se il fatto che rida di me mi irrita parecchio e quasi quasi ci sto ripensando sul suo conto. Nel giro di un secondo.. grande Styles!
 
Ma non ne ho il tempo.
 
Quegli occhi si abbassano nuovamente mentre cerca di nascondere quella risata ed è lì che ci penso; ed è lì che la vedo. La donna dello schermo! È stata lei ad abbassare lo sguardo prima di… prima di rimandarmi indietro nel tempo.
 
E il fuoco. Di nuovo fuoco, e adesso sono certo di aver vissuto già tutto questo e quando rivedrò quella donna le chiederò delle spiegazioni abbastanza valide. Perché la rivedrò dopo questo, vero? Perché la morte non può essere così. Niente dolore. Nulla. Vedo solo che lui sorride mentre le fiamme lo divorano…
Gli porgo la mano e gliela stringo. E spero solo che non soffra.
 
 
-Non capisce! Non sta facendo nulla che possa aiutarci. Come pretendiamo che ci aiuti se non ha abbastanza dati?- sussurra una voce femminile, quella voce femminile, in modo concitato. Una voce più cupa risponde di rimando, in modo duro –Cosa le salta in mente? Che si aggiungano dati allora. Non ne abbiamo messi abbastanza.- -Ma potrebbe causare un problema nel funzionamento del Source Code signore..- riprende la donna dello schermo, titubante rispetto a come si era rivolta a me.
Apro gli occhi e sento la mente esplodermi. Vorrei rimanere a giacere al suolo freddo, immobile, senza muovermi.
Freddo? Mi aggrappo ancora di più a quella piacevole sensazione. Posso muovermi! Sotto di me sento la presenza di una lastra ghiacciata di metallo. Niente imbracatura!
Mi alzo di scatto, forse troppo perché la mia testa non rotei così pericolosamente. Quelle voci, e quella sensazione così piacevole mi hanno risvegliato.
Ho delle domande ma resto seduto ad osservarmi intorno. La lastra che è sotto di me non è la sola; tutto l’ambiente è caratterizzato da lastre, tutte ugualmente fredde. C’è buio e nessuna finestra che lasci filtrare la luce, che invece proviene da tutte le apparecchiature all’interno di quella.. come potrei definirla? Teca. Una teca di metallo.
 
-Cosa ci faccio qui?- la domanda mi esce spontanea. Doveva essere un mio semplice pensiero, ma la rabbia monta in me all’improvviso.
Le due figure dello schermo si voltano, gli occhi sgarrati dal terrore. La donna ritorna ai suoi macchinari e alla teca accanto a lei, mentre l’uomo corre via dalla mia visuale.
-Dove mi trovo?- provo, in un altro tentativo. Vorrei urlare ma, al contrario, lacrime calde rischiano di uscire a bagnarmi il viso. Mi alzo reggendomi malamente sulle mie stesse gambe e comincio ad aggrapparmi a ciò che mi circonda, strappando dalle pareti tutto quello che mi capita fra le mani. Voglio distruggere quel posto!
Dove sono? Dov’è il treno? La gente, gli stessi eventi sempre uguali e monotoni? Louis? Dov’è il fuoco? Perché quello sembra un punto di ritorno continuo?
Vorrei anche rivolgerle tutte quelle domande, ma lei è immersa nel suo lavoro, mentre affannosamente sembra cercare una soluzione, una via d’uscita che non trova. Come se io non esistessi e loro non mi avessero né visto né tanto meno sentito.
-Potrebbe essere pericoloso..- dice fissando impaurita un punto lontano, oltre quello schermo dentro cui si trova. Non è un punto dentro la mia teca quello che sta guardando imperterrita.. probabilmente si rivolge a quell’uomo di prima che è sparito. –Lo faccia!- ringhia la stessa voce dura e decisa. Si, è lui.
La donna preme un pulsante e sono sicuro che mi rimanderà indietro, attraverso il fuoco, e Louis starà bene.
Perché continuo a pensare a quel ragazzo? Che me ne importa? Non so chi sono, dove mi trovo e mi preoccupo per lui? E’ ridicolo.
Ma il fuoco non arriva, e al contrario la temperatura all’interno della teca si abbassa vertiginosamente.
Mi ritrovo a terra, le gambe troppo deboli per sorreggermi. Sento il gelo paralizzarle e pian piano si ricoprono di uno strato di ghiaccio sottile.
Le guardo mentre si immobilizzano e io provo invano di muoverle. Strofino le mani fra di loro e ci soffio dentro cercando di portare calore, ma il mio alito è altrettanto ghiacciato. Vedo la donna dello schermo che mi osserva impassibile, con il suo sguardo che gela più di quel freddo che sta prendendo possesso delle mie membra. Urlo. Urlo fino a che la mia gola chiede pietà, finchè non sento il gusto metallico e dolce nel sangue in bocca. Ma non ne esce alcun suono.
La donna resta irremovibile, guardandomi crollare al suolo mentre mi stringo le braccia al petto nel vano tentativo di proteggermi e di trattenere il calore.
Perché? Perché mi sta facendo questo? Perché prima il fuoco e adesso questo? Sto arrivando alle risposte che cerco? Ma lei.. lei perché non risponde? L’uomo glielo impedisce?
I miei occhi si chiudono lentamente e sto lottando. Lotto con tutte le mie forze per poter restare sveglio. La guardo negli occhi fino alla fine, finchè non chiudo i miei.
Credo di poter scorgere un leggero tremolio nelle sue iridi blu.
Mi sta uccidendo. Il fuoco non mi ha ucciso e adesso mi sta uccidendo in quel modo. Quel modo che fa più male del fuoco. Più male che attraversarlo e riattraversarlo perché sento il ghiaccio che pian piano si prende ogni parte di me.
Louis.. lui è stato divorato dal fuoco. Perché io no? Non ero io a volere tutto quello..
Ma finirà, è questo che conta. Evidentemente appartengo al nulla che anche questa volta mi sta circondando, anche se tutto di me dice di voler tornare in quel vagone. Perché adesso che tutto sta finendo lo sento. Ho una missione, ma tutto è più grande di me stesso.
 
-Soldato, mi ascolti bene. Lei ha una missione. Porti quel treno in salvo e trovi il responsabile di quell’esplosione. Non cerchi di capire, di ribellarsi o altro… non le serve. Faccia il suo lavoro e poi sarà libero. Sappiamo cosa vuole e lo avrà. Le do la mia parola di soldato. Saremo gentili e dilateremo il tempo, ma lei deve essere veloce. Ha a disposizione solo otto minuti. – mi impone quella voce maschile di cui non vedo il proprietario.
 
E poi nuovamente tutto da capo.
 
 
-Ehi, mi ascolti?- non resto sorpreso quando sento quella domanda. La sua voce mi fa sentire a casa adesso. So che sta bene ed è lì davanti a me mentre sorride e mi scruta.
-Louis..- sussurro, ma poi continuo –devo andare. Torno subito, te lo prometto!-. Guardo di sfuggita l’orologio. Non voglio lasciarlo sola ma sento nella mia mente quelle parole e mi sento guidato da una forza estranea. Il mio corpo non mi appartiene ma non c’è il gelo. Credo che a farmi andare avanti siano quelle parole: “Faccia il suo lavoro e poi sarà libero. Sappiamo cosa vuole e lo avrà”. No, non possono sapere cosa voglio perché non lo so neanche io. E’ il terzo viaggio nel tempo, attraverso il fuoco –anche se da quest’ultimo ne sono stato esonerato-, ma continuo a non capire chi sono e perché mi trovo lì. Devo smetterla di chiedermelo. Ho una missione e se davvero sono un soldato, dovrei rispettarla e portarla a compimento… a costo della mia vita.
Devo ritornare da Louis e non posso perdere tempo. Non riattraverserò il fuoco senza lui accanto. Mi rendo conto di stare attraversando il corridoio del mio vagone e di dirigermi verso un bagno mentre la mia mente si riempie delle immagini di Louis che sorride, divorato dal fuoco. Ricordo quella sensazione opprimente più del ghiaccio al pensiero di saperlo morto.
 
Mi ritrovo di fronte allo specchio di quella piccola cabina, che per una ‘prima classe’, come urlavano le insegne, è davvero angusta. Quello che vedo allo specchio mi sconvolge: un viso rotondo dai lineamenti morbidi. Delle labbra rosse e carnose e gli occhi.. un paio di occhi azzurri come il cielo in tempesta, tendenti al grigio. Un folto cespuglio in testa che ricade in modo disordinato. Styles.. penso, cercando di abbinare il nome a questo volto. Ci sta, si, ci sta! Ma qualcosa mi dice che c’è uno sbaglio in questa figura.
E’ il riflesso di un bambino, di qualcuno che è stato ma che adesso…
Riaprendo gli occhi che ho impulsivamente chiuso, mi ritrovo a fissare il condotto di aereazione del bagno. Avverto qualcosa, un richiamo che proviene da quel piccolo buco sopra la mia testa.
Salgo sulla tavoletta del water e tiro con forza la grata, scaraventandola al suolo. Ho l’accortezza di tirare lo scarico per poter coprire il rumore che potrei provocare.
Mi inoltro cautamente in quel buco, che al suo interno si rivela più spazioso. Non è necessario stare in punta di piedi perché la mia altezza mi consente di arrivare al punto desiderato.
Davanti a me si trova uno zaino, un intero zaino imbottito di esplosivo. Un cellulare tiene il conto alla rovescia che segna un’esplosione a breve. Guardo l’orologio al mio polso: sono passati quattro minuti. Ne restano altri quattro a mia disposizione se mi voglio fidare di ciò che la voce dell’uomo mi ha detto. Eppure, cos’altro mi resta? Sono lì, in balia di un corpo mio, ad eseguire ordini che già conosco senza saperne la provenienza. Sono un automa e mi muovo come fossi un giocattolo manovrato da qualcuno. Ci sono dei ricordi che cercano di venire a galla. Un campo deserto…
Quattro minuti.
Cosa posso fare in quattro minuti?
La prima cosa che mi passa per l’anticamera del cervello è quella di disattivare la bomba. Non ho mai fatto una cosa del genere, ma in realtà, chi sono io per poterlo dire? Qualcosa però mi dice che in passato ho avuto a che fare con le bombe… un passato che non comprende questo treno. E non so nulla con certezza che riguarda me prima di questo treno e degli occhi di quel ragazzo.
Spero solamente che la bomba non si inneschi e mi lasci spappolato al suolo in mille pezzi, portando nel fuoco con me Louis e tutti gli altri passeggeri. Probabilmente posso contare sul fatto che sono tornato indietro nel tempo già una volta, ma tutto ciò ha un limite? Fino a che punto posso arrivare? Non lo so, come non so niente di ciò che sto facendo, del resto.
Senza neanche rendermene conto mi ritrovo con il cellulare fra le mani, vivo, a tastare il mio corpo ancora integro.
 
Qualcuno bussa ansiosamente alla porta. Che sia Louis? Da quanto sono fuori? Due minuti! Sono passati altri due minuti e adesso ne restano ancora solo due.. ma per fare cosa?
Ho disinnescato la bomba e questo è già un sollievo. Evidentemente il treno non esploderà.
Ma adesso?
La porta viene scossa da continui ed irregolari pugni. Nascondo il cellulare nella tasca della giacca e mi affretto a sistemare il tutto, prima di uscire da quel posto. L’uomo mi piomba addosso mentre cerco di uscire da quella gattabuia esplosiva.
Ritorno da Louis e lo vedo con lo sguardo perso oltre il finestrino, come la volta precedente. Nel prossimo mezzo minuto accade la sequenza di cose che comprende la donna e il capotreno. Nel mezzo minuto restante prima dello scoccare del settimo minuti, mi rivolgo a Louis –Allora… raccontami di te.- lui mi guarda con sguardo radioso, come se non aspettasse altro che quello. Se proprio c’è qualcosa che voglio fare, è sentire qualcosa che lo riguardi. Non sono più un automa a quella domanda. Sono cosciente, è quello che voglio.
Lo ascolto mentre lui mi parla con quella sua voce sottile che riesce a trasportarmi in altri posti che non siano quell’angusto vagone di prima classe, né tanto meno un campo apparentemente deserto ma disseminato di bombe.
Non so da dove esca quel pensiero ma Louis parla, le sue parole scorrono come un fiume in piena, come se non si rivolga a nessuno da tempo; e io a modo mio lo ascolto. Si, a modo mio, perché in realtà credo di non ricordare nulla di quello che mi sta dicendo e la mia mente si riempie di altro.
Source code. Un colpevole. C’è un colpevole! Se c’era una bomba, c’era un uomo che avrebbe dovuto innescarla. È come un lampo che mia attraversa la mente, un suggerimento arrivato da qualche parte lontana del mio cervello.
 
UN minuto. Uno solo fottutissimo minuto!
-Louis, alzati!- è un ordine, e lui si ferma all’improvviso. Mi guarda confuso, ma si alza. –Cosa c’è Ha..- non gli lascio finire la domanda che prendendolo per mano lo trascino fuori dal vagone. Tasto con la mano libera la mia giacca e sento il cellulare nascosto fra le pieghe di essa.
Devo uscire da quel treno prima della fine di quel minuto.
Un flashback mi attraversa il cervello e sento l’uomo bussare con insistenza alla porta del bagno. La sua faccia sconvolta e preoccupata. Possibile che sia solo un caso?
-Resta qua. Resta qua e alla prossima fermata… York giusto? Scendi! Scendi Louis, mi hai capito? Non mi aspettare, scendi da questo treno anche senza di me.- E’ un ordine. Un ordine dettato dal soldato che si nasconde in me, da qualche parte.
Devo scendere da quel treno, e lo sento rallentare… ma devo portare con me anche quell’uomo. Dov’è finito? Dove sei..? Metto mano alla pistola che so essere fra la cintura dei miei pantaloni. Perché? Perché non esco semplicemente e basta? La bomba non può esplodere, qual è il problema? “Lei ha una missione. Porti quel treno in salvo e trovi il responsabile di quell’esplosione”.
E adesso lo so. È un ordine, una condizione per poter essere liberato. Sono costretto e legato a quell’ordine, a costo della mia vita.
 
Trenta secondi. Trenta secondi che scandiscono il mio ultimo tempo.
 
Non devo fare nulla. Nulla e mi ritrovo l’uomo fra le mani, con la pistola puntata alla sua schiena. Sono di nuovo un automa, un giocattolo fra le mani di qualcuno.
Ma mentre sento il treno ripartire e spero che Louis sia sceso, so di stare facendo la cosa giusta.
 
Quindici.
 
Arrivo alle porte mentre si chiudono. Cerco di bloccarle con il mio corpo ma sono costretto a ritirarmi. Tiro la manopola di emergenza e le porte di riaprono. Avviene tutto convulsivamente, senza che ci rifletta. Ma ormai so cosa fare, è questo che conta. Niente più domande: la mia mente è in uno stato di totale blackout.
 
Saltiamo fuori dal treno, rotolando sull’asfalto. Lo tengo stretto a me.
 
Dieci.
 
Gli urlo. Gli urlo contro di tirare fuori il suo cellulare. L’uomo mi guarda sconcertato, con le mani sopra la testa ma tenendo salda la valigetta fra esse.
Vedo il mio sguardo truce, affamato di vittoria, di morte se necessario. Lo vedo riflesso nelle iridi blu e ormai dilatate di Louis. E’ salvo, ma ha paura di me. Si tiene lontano mentre cerca di capire.
 
Cinque.
 
Mi urla. Louis mi urla di smetterla, di lasciare in pace l’uomo. Le lacrime sgorgano e inondano il suo viso. Estraggo il cellulare dalla mia giacca. Sono in preda ad una furia cieca. Non so perché, ma so che se non porto a termine la missione non tonerò indietro.
 
Tre.
 
Faccio partire la chiamate. La bomba doveva pur innescarsi in qualche modo, e in quel cellulare ci sta solo un numero.
Non suona. Non sento alcuno suono provenire da quella borsa.
 
Due.
 
Gliela strappo di mano, e Louis urla. Si avvicina, mi prende per un braccio ma lo scaravento lontano. La borsa vola fra i binari.
 
Uno.
 
Mi scaravento su di essi, mentre fra le iridi colme di lacrime di Louis…
Vedo la mia morte.
-Harry!-
 
---
 
Non c’è fuoco, ne ghiaccio, ma il buio. Il nulla. C’è calma, ma sento i battiti del mio cuore accelerare e la mia mente va via con loro. Mi sento pazzo. Ho paura, mi serve aria, ma nel nulla non c’è aria. Mi sento un folle mentre penso di volere Louis più di quanto voglia quell’uomo morto.
Non ho concluso nulla, ma Louis è salvo.
Ha gridato il mio nome, mi implorava e io non l’ho ascoltato.
Non tornerò indietro, non tonerò da lui. Non sentirò più la sua risata ne rivedrò quegli occhi. Penso che il riflesso dei miei occhi non può reggere il confronto con i suoi.
E mi sento svuotato di tutto, ma lui è salvo.
 
-Ho cinque sorelle e un fratello. Mia madre lavora ancora in quel supermercato, ma io devo aiutarla a sostenere le spese della famiglia. So che sei rimasto indietro, ma mia madre ha avuto altri due gemelli da.. un uomo. Li terrà. E io sono qui e devo raggiungere quella fabbrica dove assemblano i pezzi delle auto. Mi sei mancato.. Harry..-.
 
Source code.
Source code.
 
-Source code!- urlo mettendomi seduto. Se avevo potuto pensare che quella fosse la morte e che tutto fosse finito, mi sbagliavo.
Ripenso a tutto, a tutto quanto. Mi passa davanti il momento vissuto qualche attimo prima. Sento dolore dappertutto, credo di immaginarlo più che altro.
-Non è possibile che dopo fuoco, ghiaccio e finire spappolato sotto un treno.. io sia intero, senza un graffio ne alcun dolore!- esclamo, non so bene a chi.
-E’ esatto. Tutto ciò che ha detto è esatto. È questo che ci consente di fare il Source Code.- mi risponde di rimando la voce femminile che so appartiene alla donna dello schermo. La mia vista migliora pian piano e intravedo due iridi blu dinnanzi a me. Per un attimo penso che sia Louis, e tendo la mano, ma la ritiro subito. Mi sento un deficiente! Quelli non sono gli occhi di Louis, lui non è con me. Non so se lo rivedrò, ma ormai non ho domande, solo ordini da seguire. Ordini che sono certo provengano da quella donna, o più che altro dall’uomo che li impartisce a lei. Sono l’essere più vicino ad una macchina che abbia mai avuto modo di conoscere.
 
Una macchina assassina.
 
Ricordo la rabbia cieca nei confronti dell’uomo che ho portato fuori dal treno, senza alcuna prova. Ricordo i miei pensieri, vividi e impressi nella mia mente. Sento la voglia di farcela, la convinzione di essere fin troppo vicino ormai perché tutto possa sfuggire al mio controllo.
Ma di quale controllo sto parlando? Sono o no un automa in mano a chissà chi? Se c’è un'unica cosa fatta di testa mia in quegli ultimi istanti della mia vita, con me cosciente, è stato porre quella domanda a Louis. E ricordo quelle frasi uscire dalle sue labbra, che per me sono sconnesse e non hanno senso.
Era felice, lo ricordo. Ma conta davvero qualcosa?
Mi faccio schifo, io e la mia furia omicida. Sarei stato disposto ad uccidere quell’uomo pur di portare a termine la missione, ma alla fine sono morto io, se così si può dire.
“La missione prima della sua stessa vita”, lo ricordavo ma l’istinto animale che sta in ogni uomo,aveva prevalso. Avevo deciso la morte di quell’uomo ancor prima di avere qualche prova e non avevo ragionato con lucidità, come un vero soldato avrebbe dovuto fare.
Cos’aveva visto Louis in me? Un mostro.
Se ne sarebbe ricordato? Ma quando poi? Se era vero che fossi un automa, mi avrebbero riportato sempre indietro e avrei dovuto svolgere sempre le stesse azioni. Lui non si sarebbe mai ricordato di me. Lo avevo salvato, ma se avevo qualche possibilità di rivederlo, me l’ero giocata diventando un mostro.
Tutto questo era più di me stesso. Oltrepassava ogni mio limite e capacità di comprensione.
 
-Esatto Soldato. Ha capito bene. Il Source Code è la sua missione.- si intromette la donna fra i miei pensieri, come se li conosca. Non avevamo mai avuto un dialogo o perché ero troppo intontito, o perché mi ghiacciava per non farmi parlare… -Non l’ho ghiacciata per quel motivo, Soldato. Non posso stare qui a spiegarglielo..- non voglio stare ad ascoltare ancora la sua voce decisa e metallica. La interrompo bruscamente, mentre sento il mostro che c’è in me riemergere. –Cosa? Cos’ha detto? Non.. non può spiegarmelo? No, mi faccia capire. Non so dove mi trovo, ne chi sono e per un qualche assurdo motivo lei mie chiama.. “soldato”- sbotto, pronunciando l’ultima parola in modo disgustato per poi proseguire –e mi ritrovo ad eseguire degli ordini da parte vostra. Non lo faccio neanche per mia volontà, perché so, lo sento. Per quanto automa, robot, giocattolo possa essere per voi… fino a prova contraria credo di essere un essere umano e..- dubito su quelle parole. Non ho più la volontà di farmi domande, ma continuo ad urlare contro quell’effimero schermo che mi innervosisce di più. Immagino Louis. Lo immagino davanti a me e la rabbia mi monta in corpo, seguita dalla frustrazione. –Non faccio domande. Non mi è concesso. Non riesco più a pormi delle domande. Sento di dover obbedire e basta per qualche strano motivo, forse perché sono un animale. Magari voi mi avete dato le sembianze di un umano. Quel ragazzo e quell’uomo.. loro, là fuori.. i passeggeri di quel vagone, questo posto,tu.. voi siete reali?- ho appena posto una domanda e me ne sorprendo. Ho il respiro affannato, e trovo difficile avere abbastanza aria nei polmoni. Sono in piedi, ma dopo qualche secondo mi accascio al suolo, portandomi le mani sulla testa. Mi copro le orecchie, la testa mi esplode: ci sono delle voci, dei dati, delle cose che dovrei conoscere ma di cui non riesco a portarne a galla il ricordo. E poi ci sono quelle cose che non conosco ma che sono impresse nella mia mente a fuoco, come fossero i ricordi di una vita. I ricordi sconosciuto, però.
 
Credo per un attimo di essermi ribellato a qualche strano ordine nell’istante in cui ho posto quella domanda, spinto dalla rabbia. Come quando ho parlato con Louis.. avrò infranto delle regole, ma almeno ho fatto ciò per una mia soddisfazione personale. Perché poi.. cos’altro mi resta? Sono stanco e non ho mai desiderato così tanto il nulla. Il nulla che precede o segue il fuoco, l’impatto o il ghiaccio. Il nulla senza missione, nè dolore, nè pensieri. Il nulla che ha i suoi occhi, la sua voce e il suo sorriso. Il nulla che è l’annientamento completo in Louis, che per qualche motivo so essere non solo il mio presente, ma in qualche modo anche il mio passato.
 
Io non lo odiavo?
 
-Senta Soldato Styles… mi dispiace. Le giuro che mi dispiace, ma cercherò di aiutarla il più possibile..- è mia impressione o ha la voce rotta? La sua figura tremola e i suoi occhi diventano blu come il mare. Lancia sguardi fugaci oltre la telecamera che la collega a me, nel punto in cui prima ci stava l’uomo la cui voce mi ha rispedito indietro l’ultima volta. Mi guarda ardentemente negli occhi e continua in un sussuro –Il Source Code è la sua missione, ma non è un viaggio nel passato. Esso non mi permette di fare ciò che sto per fare, ma io la comprendo, Soldato. Lei non dovrebbe fare domande ne ricevere risposte. E ha ragione: è come un automa, che lui controlla. Lei è un esperimento, una prova. Lei sarà il suo grande prodotto di successo. La prego, io posso aiutarla, ma lei compia la sua missione…- -… anche a costo della sua stessa vita.- Questa volta sono io a rivolgerle il saluto militare dopo aver completato la frase. Sono certo che mi rispedirà indietro e questa sarà la mia ultima possibilità. Gli ultimi otto minuti della mia vita. Dovrò compiere la mia missione e dopo ci sarà la libertà, in qualsiasi forma essa mi si presenti.
Dopo ci sarà Louis..
Louis? Ma…
-No, mi dispiace…- so a cosa si riferisce. So che è la risposta alla domanda che si stava formulando nella mia mente. Lei sa cosa penso, sono il suo robot.
No, non il suo, bensì il robot dell’uomo.
Quella risposta mi gela più del ghiaccio e brucia l’ossigeno dei miei polmoni più del fuoco.
Cosa attraverserò questa volta con la consapevolezza che dopo non ci sarà nessun Louis?
Si, perché lui non rientra nei patti.
 
Mi immergo in un cumulo di flashback, trasportato da quella stessa corrente che ormai definirei quasi familiare. Ma questa volta.. questi sono i ricordi che non riuscivo a portare a galla. Qualcosa di remoto che si trova nella parte umana di me. E so che quella donna mi ha dato ciò che non poteva e non avrebbe dovuto darmi. La ringrazio, e mi preparo ai miei ultimi otto minuti della mia vita. Mi fido di lei, mentre nei suoi lineamenti vedo qualcosa che mi ricorda Louis. Penso che sia solo perché tutto ormai mi ricorda di lui, anche mentre pezzi del mio passato si fanno strada in me, dandomi una nuova forza e consapevolezza.
Soldato.. mi chiamano e so di essere.
Harry.. ha urlato Louis. Sono io? No. Devo ricordarmi che prima della fine devo sentire ciò che mi dice.
So che in qualche modo… posso cambiare le azioni del passato.
 
 
-Si, ti sto ascoltando Louis, dimmi.- rispondo anticipando la sua domanda, prima ancora di alzare lo sguardo.
Fa male. Fa tanto male. Sapere che è di nuovo lì e che con qualsiasi tentativo non riuscirò a salvarlo. In un certo modo non ha senso: perché devo salvare un intero treno disinnescando una bomba se alla fine dei passeggeri non rimarrà nulla? La risposta me la do da me.
Posso cambiare azioni del passato, ma non il passato in sé. Non sto salvando i passeggeri, non è quello che devo fare. Devo scoprire il colpevole. In qualche modo aiuterà ad evitare altri possibili attacchi. Quell’uomo sacrificherà le vite di ognuno di loro per salvarne altre in futuro. Allora forse non è poi così cattivo.
Dovrei esserne felice, ma in realtà me ne sento disgustato. Anche se ormai non dovrei più disgustarmi di nulla, visto quello che sono diventato precedentemente. So che adesso devo rimanere lucido, e che più in fretta farò, più tempo avrò per Louis.
 
Lui mi guarda perplesso. Gli sorrido per la prima volta da sempre e lui ricambia. I suoi occhi si illuminano. Amo vederlo felice. –Senti Louis, io devo andare un attimo, torno subito, okay? Aspettami qui, non andare via.- gli dico facendogli un occhiolino. Mi somiglia ad un bambino, ed io sento di dovermene prendere cura. Chiunque sia, so di conoscerlo a modo mio. I ricordi di lui non sono inclusi in questo ‘pacchetto viaggio’ e se non posso salvarlo, renderò la sua morte il meno dolorosa possibile. Ci penso e me ne convinco mentre avanzo verso il bagno.
Due minuti.. sono passati solo due minuti e non ho fatto nulla di fruttuoso.
Non mi soffermo sullo specchio e vado diretto al condotto di aereazione. So come disinnescare la bomba senza paure, e lo faccio. Mi sento più vicino a qualcuno che ha il controllo della situazione che ad un automa.
Prendo il cellulare ed esco e per la strada di ritorno trovo l’uomo che ho precedentemente buttato giù dal treno, dirigersi verso il bagno.
 
So la mia prossima mossa. Devo far squillare il cellulare per vedere chi fra i presenti è l’attentatore. Faccio partire la chiamate. So di dover essere veloce se voglio avere del tempo con Louis. Potrei portarlo anche fuori dal treno, so che posso farlo.
Uno, due, tre squilli e qualcuno prende la chiamata.
-Si, esatto. Qualcuno ha appena trovato il tuo prezioso cellulare. Voltati e guardami negli occhi.- dico con un tono agghiacciante che non mi appartiene.
Un uomo sulla trentina si volta e mi guarda, calmo. Capelli folti e neri, barba incolta che copre parte del suo volto; un perfetto terrorista. –Bene. Bravo..- gli sussurro all’orecchio avvicinandomi con la pistola puntata dietro la sua schiena. –Ora, prendi la tua borsa, mostrami i tuoi documenti.- gli ordinò e lui lo fa’. È praticamente terrorizzato e colto di sorpresa. –Zayn.. Zayn Malik eh? Mi dica signor Malik.. dove tiene la sua scorta di esplosivo? Adesso scendiamo alla prossima fermata: Leeds,- esordisco con una calma glaciale e un leggero tono di soddisfazione. Non mi voglio ancora arrendere a quella sensazione che prima mi ha reso una belva. Sono felice che Louis non se ne ricordi.
Louis.. il suo pensiero mi attraversa all’improvviso. Devo però continuare a parlare con l’uomo, e lo faccio. –e lei mi porta al suo nascondiglio, ovunque si trovi. Dopo di che, io le sparo una pallottola in fronte e la facciamo finita se non mi costringe a farlo prima. È tutto chiaro?- concludo il mio discorso spingendolo per il corridoio. Il treno sta per fermarsi.
Sono passati quattro minuti.
Mi sento tranquillo. Sta andando tutto per il meglio e se continuo così potrei chiedere qualcosa a Louis. Nella mia mente ci saranno pure dei ricordi, ma non m’importa adesso.
Ho una missione!
-Louis.. seguimi. Scendiamo qua!- ordino perentorio, e lui non protesta e mi segue. Un ragazzo con la bicicletta si trascina davanti a noi. Scendendo perde il suo portafogli. So che non ho i minuti adatti per prenderlo e restituirglielo, ma Louis mi precede. Mi guarda come per avere il mio permesso, e gli faccio capire che può andare, ma deve tornare.
Sembra davvero il mio cane addestrato e questa cosa mi fa stare male, ma non è il momento di pensarci.
Trascino l’uomo fuori dalla stazione, sotto un portico isolato e lo costringo a muro. –Forza Malik.. dammi le istruzioni e la facciamo finita.- E’ ciò che c’è di più vicino ad un uomo terrorizzato, paralizzato, sconvolto e confuso. –Io.. io.. non ho nulla di ciò che mi chiedi..- balbetta.
Se c’è una cosa che odio sono coloro che negano la loro colpevolezza. Gli sferro un pugno nel basso ventre e lui si contorce portandosi le mani nel punto dolorante. Ma lo obbligo a stare dritto e a guardami. Lo scruto nei suoi occhi scuri e capisce che lo sto aspettando.
-Io.. g..giuro. Non so di cosa tu stia parlando. Lo giuro. Stavo parlando con.. con mia moglie. La prego, provi a richiamare. Gliel.. lo giuro!- mi sta implorando in preda al terrore.
 
Due minuti. Mi restano due minuti!
 
Cerco di non farmi prendere dal panico quando sento il cellulare che innescava la bomba squillare. Mi volto con sguardo truce all’uomo dalla pelle ambrata, ma lui è ancora immobile.
LO sgomento mi assale e comincio a pensare di essermi giocato la mia ultima possibilità. Se il cellulare che ho fra le mani sta squillando, evidentemente l’attentatore non sa del mio sabotaggio.
Abbasso la pistola e faccio segno all’uomo di poter andare, dimenticandomi di scusarmi. Ma non importa, sono certo che morirà e un po’ mi dispiace anche.
Prendo la chiamata e sento una voce. Un forte accento irlandese.
-Dovresti venire a prendere il tuo cagnolino..- sento dire da una voce folle. Ci vuole un secondo esatto per capire.
 
Louis.. Louis non è ancora tornato. L’attentatore sa del sabotaggio e ha Louis fra le mani.
Ma dove? Dove si è diretto quando è sceso? Può essere lo stesso uomo a cui era caduto il portafoglio? L’uomo con la bici che ci precedeva?
Corro, spinto da un istinto sconosciuto: so che mi porterà dalla mia missione.
 
Un solo minuto. Sento che sarà la fine. La sento vicinissima.
La sento quando arrivo e trovo Louis fra le mani di questo.. ragazzo dagli occhi azzurri, la pelle pallida e i capelli di un biondo smorto. Nel momento in cui lo vedo ho la conferma della sua follia. Ma la mia non riesce a placarsi quando, senza alcun preavviso o motivo, conficca una pallottola in testa a Louis.
 
Semplicemente mi precipito verso quel verme folle e schifoso e lo scaravento a terra, portandogli Louis via dalle braccia. Quelle braccia che non sono degne neanche di sfiorarlo. Cerco di contenermi, cerco di non farmi prendere dalla rabbia, non ora, non nuovamente davanti a Louis.
Lo guardo, e penso che fra poco scadranno i miei minuti e io avrò fallito, di nuovo. Ma non m’importa, perché un dubbio si insinua nella mia mente.
 
Mi volto per guardare quel ragazzo nel volto. Vedo il carico di esplosivi dentro il suo camion prima che lui possa indirizzarmi una pallottola. La prendo in pieno petto. La sento. Questa volta sento tutto, ma non provo nulla. Perchè Louis è lì accanto a me, e respira troppo lievemente. Anche il mio respiro rallenta mentre mi accascio al suolo.
Lo guardo. Mi imprimo nella mente la sua immagine, voglio ricordamene. Non pensavo potesse finire cosi. Non gli ho chiesto nulla, e lui non può davvero morire davanti a me. I suoi occhi sono grigi, più simili ai miei. Sorride. E io lo ricordo così.
­-Grazie..- sussurro con il fiato che mi è rimasto in corpo. Piango, e anche lui lo fa mentre in un tentativo di risposta mima con le labbra qualcosa.
Non doveva finire così. Io tornerò indietro, anche se non so cosa mi aspetterà, ma lui no. Gli avevo promesso che sarei ritornato, e l’ho fatto. Non so chi sia, ma gli sono grato.
Se sono davvero morto in quella guerra, allora non avrò problemi, perché qualsiasi ricompensa non sarà indirizzata a me. Il Source Code non lo permette.
 
Ed è lì che so cosa voglio. So cosa intendeva l’uomo, e no, non è cattivo. So quale sarà la mia ricompensa.
Sorrido, sorrido beffardo dinnanzi alla morte e felice davanti a Louis. Voglio che stia tranquillo e non abbia paura: a breve sarà libero.
 
 
È molto più di me stesso, e adesso lo capisco. Adesso capisco tutto senza bisogno di domande o spiegazioni. So a quante persone devo essere grato, e in modo particolare a quel piccolo essere che ha reso migliore il mio ‘soggiorno’ nel Source Code.
Sua madre, Johanna, la mia maestra di scuola. Louis che mi abbraccia nel giorno in cui mi arruolo ufficialmente nell’esercito. Sa che tornerò e quel treno era il mio ritorno. Johanna ha avuto altri due bambini. Li terrà. Lavora al supermercato ma a volte il suo passato ritorna a galla, e un uomo gli scappa fra le gambe. Louis lavora. Louis aveva un sogno. Il mio migliore amico innamorato di mio fratello Harry voleva diventare un pianista.
Dov’è mio fratello? Mi starà aspettando? E il loro amore?
 
-Niall Horan!- urlo svegliandomi da un incubo senza fine.
Ma no, non è un incubo. La teca dentro il quale mi trovo c’è ancora, come la lastra ghiacciata sotto di me, ma adesso, con tutta la delusione, la rabbia e l’amarezza che ho in copro so cosa fare.
-Si chiama Niall Horan. È lui l’attentatore. È lui che cercate..- urlo alla donna dello schermo, sperando che mi senta. Era questo che volevano da me, lo so. E ci sono riuscito.
In realtà è Louis che ci è riuscito per me.
La donna sgrana le sue grandi iridi azzurre e urla quel nome. L’uomo si fa finalmente vedere e si congratula con me. Non lo sto ascoltando.
-Bene Soldato Styles. Ha concluso e portato a termine la sua missione. Signorina, si occupi della sua libertà..- si liquida velocemente lasciandomi con quella donna. Lei sorride e mi parla serenamente, con le lacrime che rischiano di scendere dai suoi occhi –Liam.. può sembrare cattivo, ma ha davvero una grande responsabilità. Davvero grazie mille Soldato Sty.. Edward. Grazie mille Ed.- mi sorride commossa. Ha un bel sorriso. –Io sono Charlotte, ma tutti mi chiamano Lottie..- Lottie? È.. ma lei è..  -adesso lei avrà la sua ricompensa.- continua in tono forzato, facendomi capire che devo far tacere i miei pensieri. Si, ho ragione. -Ha salvato il mondo, è libero di scegliere-.
 
Avrò pur salvato il mondo, ma lei è lì. È lì perché suo fratello è davvero morto in quel treno per poter aiutare la sua famiglia. Non so cosa sia successo nel mio periodo di assenza, Louis era cresciuto, mentre il mio riflesso era ancora quella del giorno in cui ero partito. Avrà sposato mio fratello? Avranno dei bambini? Lottie è lì, mi guarda in attesa e spero solo che in qualche modo la comunicazione con i miei pensieri sia stata interrotta. Spero almeno che lei non dia a vedere di stare ascoltando.
Ride, adesso ride. E ride come Louis.. mi si scioglie il cuore a quella dolcezza e..
Non ho bisogno di pensarci, non ho mai avuto le idee così chiare.
So come ripagarlo e so come poterlo davvero salvare.
 
È più di me stesso. Si, questa missione è più di me stesso, ma adesso capisco. La mia missione non era mai stata salvare il mondo. Non so ancora come, ma so che Louis merita una possibilità nella sua vita, una possibilità che a me è già stata data. Louis è più di me stesso. Lui rappresenta quella parte della vita che la gente tende a negare a se stessa, perché fa paura: la libertà.
L’uomo la brama, ma quando ce l’ha fra le mani la lascia andare.
So cosa Louis mi ha raccontato su quel treno, e me lo hanno confermato i suoi occhi, mentre lo vedevo morire.
 
Sono un soldato.
 
-Io, Soldato Edward Styles, in quanto combattente in Afghanistan per la libertà dovuta a quei popoli, chiedo la mia libertà.-
 
Sono morto in quel posto e ne sono consapevole. Il mio piede ha calpestato una mina antiuomo.
 
- La mia libertà donata ad un uomo chiamato Louis Tomlinson, morto in quell’esplosione causata nel treno in cui si trovava. Voglio barattare la mia libertà con la sua vita.-
 
Lei sorride radiosa anche se cerca di nasconderlo.
 
- So che sono morto in quel campo, qualche mese fa e.. e va bene. Ho fatto il mio dovere: ho lottato per ciò in cui credevo. È l’ora che possano farlo anche altri.- concludo rivolgendo alla donna il saluto militare. Eh si, perché ormai la mia piccola e tenera Lottie è una donna.
 
Lei mi guarda e le lacrime sgorgano come fiumi sul suo viso. Noto che non c’è più nessuna teca al suo fianco. Non obbietta. Ricambia il mio saluto con sguardo fiero e va via. Lo schermo si spegne e so che posso fidarmi: esaudirà il mio desiderio.
 
 
*** Sono su quel treno. Louis è appoggiato alla parete davanti a me. La gente ride, conversa, si diverte. Perché Lottie non lo ha semplicemente riportato indietro invece di farmi vivere ciò?
Ho le mie risposte. In questo momento le ho.
Louis sfiora leggermente le mie labbra con le sue, mentre una risata esce dalle sue così sottili. Tutto in lui ride. E rido anche io. Prendo la sua mano e la stringo fra la mia mentre quel bacio mi prende completamente più della sua voce e delle sue parole.
-Grazie..- sussurra.
In quel momento sono consapevole di ciò che ha appena fatto Lottie. Mi ha dato un ultimo momento con lui, perché dopo di che lui esisterà mentre, di me non resterà altro che delle medaglie su una tomba luccicante. Devo riportarlo indietro! Mi allontano verso il bagno, lasciandolo lì. Rifaccio il processo precedente, disinnescando la prima, e la seconda bomba. Una seconda bomba.. mi viene quasi da ridere.
Ritorno qualche minuto dopo e abbraccio Louis, la mia libertà. Vedo il mio riflesso nelle sue iridi blu. Adesso sono mio fratello, Harry. Occhi verde smeraldo, fossette che accentuano il mio sorriso… Louis più basso di me.
Il tempo si ferma mentre io sparisco e in me si fa strada la consapevolezza che mio fratello e suo marito Louis avranno un grande futuro
. 
***
 
-Che ci facciamo qua papà?- chiede la piccola Gemma davanti alla tomba ricoperta di medaglie. –Siamo venuti a portare un fiore a zio Ed..- risponde con tono delicato Louis. Perché a quelle domande solo lui sa dare un risposta, mentre ad Harry tutto ciò fa ancora troppo male. –Si chiama come me, si chiama come me papà!- esclama il piccolo Ed tirando l’estremità della giacca del padre. Harry lo solleva fra le braccia e mentre una lacrima rischia sul suo viso sussurra –Ha lottato per la libertà. Per qualcosa che era più di lui- e anche se è fiero, Harry serba ancora della rabbia. Suo fratello se n’è andato con la promessa di ritornare, ma non l’ho ha fatto. O almeno lui non lo sa.
Ma chi potrebbe ricordarlo? Louis non ricorda…
 
Eppure…
 
Le sue dita sfiorano i tasti di quel pianoforte, incerti. Sembra indeciso se suonare quella melodia o no, ma Harry gli va vicino. Lo prende da dietro la schiena e all’orecchio gli sussurra –Amore, i bambini ci aspettano a tavola, non vorrai dar loro il cattivo esempio?- e l’uomo dagli occhi azzurri ride, perché il fiato del marito sul collo lo solletica, come quella sua voce cupa e familiare gli solletica il cuore.
E Louis comincia. Le sue dita volano sui testi bianchi e neri, alternandoli. È sicuro, mentre da’ vita ad una melodia mai sentita. Una melodia che porta con sé il calore del fuoco, il torpore del ghiaccio, e ti arriva al cuore prendendone il possesso come un treno che ti travolge all’improvviso. Ma è una melodia delicata, che sa di amore, serenità, di un futuro.
Sa di libertà e di Ed.
-More Than Myself..-sussurra. E in quel momento ha la consapevolezza che quella melodia è appartenuta e apparterrà a Ed.



 

Spazio Boo!
 Okay.. parto col dire che questa è la mia prima storia con un vero "happy ending" e ne vado fiera :')
le altre sono.. meglio lasciare perdere xD ahahaha
Poi.. questa OS è abbastanza lunga quindi se siete arrivati fin qua.. GRAZIE GRAZIE GRAZIE!

Questa storia mi piace solo per il modo in cui sono riuscita ad interpretarla. Avviso che la trama non è interamente mia, infatti ho preso ispirazione da un film chiamato appunto "Source Code" con il mitico Jake Gyllenhaal *-* (per chi non lo sapesse, protagonista maschile anche in "Prince of Persia"). Inoltre, alla fine ho immaginato Edward Styles (abbreviativo Ed) come Ed Sheeran. Non vogliatemi male 'xD Voglio solo spiegare qualche cosa. Edward è un soldato, morto in guerra e viene mandato in viaggio nel Source code (un viaggio indietro nel tempo, anche se non proprio) prendendo il posto di suo fratello Harry. Harry e Louis stanno insieme e si sono conosciuti su quel treno, ma ci sono anche morti a causa dell'esplosione. Ed, viaggiando riece a cambiare questo 'passato' e a dare un futuro ai due. Quando Ed parla con Lottie, è il presente e di lui non rimane altro che qualche parte del cervello, infatti per viaggiare nel Source code basta solamente poter accedere alle diverse aree del cervello. Per questo, per poter compiere la sua missione (trovare l'attentatore, missione secondaria in questa storia) ha bisogno del corpo di suo fratello, essendone il gemello (Ed ed Harry non si somigliano, okay, lo so xD). Spero adesso sia più chiaro.. :')

E poi.. credo di aver finito xD non sono molto brava con lo spazio autore, ve lo risparmio :')
Ciaoo, a presto e fatemi sapere ;)

J xx

  
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