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Autore: Marti Lestrange    20/06/2014    3 recensioni
WHAT IF? POST TERZA STAGIONE
Dal testo:
{Stiles Stilinski è un eroe e sarei troppo egoista se affermassi di meritarlo. Perché non è così. Sono l'ultima persona sulla terra che dovrebbe arrocare diritti sulla sua persona, nonostante dentro la mia mente il suo pensiero non mi dia pace. Cerco di cancellarlo, di rimuoverlo, ma è troppo difficile. Ormai è come un morbo, un parassita che si nutre di me, dei miei stessi sogni, che mi divora giorno dopo giorno, e io sono lì, inerte, incurabile.}
#stydia #oneshot #stilesstilinski #lydiamartin
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Malia Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A sky full of stars
 
 
 
Sono fermamente convinta che avrei benissimo potuto sopportare la presenza dell'ultima arrivata nel gruppo. E non sto parlando di Kira. No.
Kira è entrata a far parte del nostro gruppo prima che Allison ci lasciasse definitivamente, prima che quella notte maledetta portasse via con sé una parte di noi, prima che la vita così come la conoscevamo cambiasse per sempre. E siamo cambiati. Anche se forse ancora non lo abbiamo capito.
Abbiamo tutti imparato qualcosa, dopo. Personalmente, sento che una parte del mio cuore rimarrà per sempre ancorata a quel posto, a quel momento, a quella fine. Ad Allison. Sento la sua presenza sottile, sussurrata, velata. E' in ogni cosa. In ogni dettaglio e in ogni parola. Non se ne andrà mai.
Ho anche imparato che il dolore può farti cadere, ma può anche darti la forza per rialzarti. Nonostante tutto sembri difficile e buio, puoi farcela. E così abbiamo fatto. Tutti noi.
Credo che l'arrivo di Malia Tate abbia portato qualcosa di nuovo. Credo che avrei potuto diventare facilmente sua amica, se solo non avesse distrutto tutto ciò che avevo faticosamente costruito; nonostante, tramite la sua presenza, avesse fatto vacillare il mio instabile castello di carte e le sue macerie mi fossero cadute addosso rovinosamente, sommergendomi.


 
 
Il dolore ti rende lucido. Ti fa comprendere cose. Ti apre un mondo. E davvero avevo capito. Avevo capito che era sempre stato lì per me. Avevo capito che, nonostante tutto, così sarebbe stato sempre.
Stiles Stilinski è un eroe e sarei troppo egoista se affermassi di meritarlo. Perché non è così. Sono l'ultima persona sulla terra che dovrebbe arroccare diritti sulla sua persona, nonostante dentro la mia mente il suo pensiero non mi dia pace. Cerco di cancellarlo, di rimuoverlo, ma è troppo difficile. Ormai è come un morbo, un parassita che si nutre di me, dei miei stessi sogni, che mi divora giorno dopo giorno, e io sono lì, inerte, incurabile.
A volte mi piacerebbe urlarlo. Sì, urlare, urlare come non faccio da mesi. E va tutto bene, da mesi. La calma che avvolge Beacon Hills è quasi innaturale e tutti sembrano annichiliti, fermi in quell'istantanea fatta di nulla e una routine che ti uccide.
E io vorrei solo urlare.


 
 
È durante una mattina di sole che li vedo. Stiles e Malia. Malia e Stiles.
Arrivano a scuola insieme, per mano, e Malia sta ridendo per qualcosa che Stiles le ha appena raccontato. È bellissima quando ride e capisco perché a Stiles piaccia. È come il sole. E gli occhi di lui sono così belli, belli come non li vedo da troppo, che mi faccio piccola piccola di fronte al mio armadietto, quasi schiacciandomi all'interno, sperando di non essere vista. Ma è impossibile. Credo che lo sguardo di Stiles sia capace di captarmi anche a chilometri. E i miei capelli non mi hanno mai aiutata nell'arte della mimetizzazione.
- Hey, Lydia! - esclama Stiles raggiungendomi.
- Hey - rispondo io voltandomi. Quanto vorrei scomparire dalla faccia della terra. Guardo prima lui poi lei, che mi sorride. Un certo imbarazzo le colora le guance. O forse è la felicità?
All'improvviso capisco di essere una povera egoista. O forse lo sono sempre stata, ma non ho mai avuto occasione di comprenderlo.
- Come stai? - mi chiede Malia. - Sei sparita, ultimamente.
"Ultimamente" voleva dire le vacanze di metà trimestre, vacanze che avevo trascorso a New York da mia cugina Veronica.
- Lo so, sono imperdonabile - rispondo alzando gli occhi al cielo e fingendo un sorriso che non arriva agli occhi. Lo sento. Non si increspano abbastanza. - Avete ricevuto la mia cartolina, vero?
Molto poco gentilmente avevo spedito loro "tanti saluti dalla Grande Mela. Lydia." Impersonale e frettoloso. Freddo. Distaccato. Egoista. Eccomi di nuovo.
- Certamente - si affretta a confermare Stiles. Stringe freneticamente la mano di Malia e poi mi sorride, sornione. Io lancio un'occhiata alle loro mani intrecciate e sfodero un sorriso degno di me. Degno della Lydia che ero stata e che ogni tanto emerge prepotente in superficie.
- Ho notato - aggiungo. - State benissimo insieme.
Mi volto, agguanto il libro di Storia Moderna dall'armadietto e lo richiudo. Il tonfo è assordante e sa di giudizi. E dolore.
- Ora scusate, ma volo in classe - concludo sorridendo ancora. Mi fanno male la mascelle.
Senza nemmeno attendere una loro risposta, mi affretto lungo il corridoio, la borsa che mi batte contro il fianco e la testa vuota. Gli occhi mi si appannano, sento che le gambe non reggeranno ancora a lungo e di fronte a me la scuola sparisce. Rimangono solo le immagini di Stiles e Malia, per mano. Stiles e Malia che si baciano. Stiles e Malia che dormono insieme. Stiles e Malia in giro per Beacon Hills, alla tavola calda, da Scott, con Kira, sempre insieme, sorridenti, lui che la guarda incantato e lei che lo fa sempre ridere. Stiles e Malia. Non Stiles e Lydia. No. Malia.
Entro frettolosamente nel bagno delle ragazze al primo piano e mi barrico dietro una porta piena di graffiti e scritte inneggianti all'amore o a ragazzi particolarmente "fighi". Il nome di Derek Hale attira la mia attenzione. Compare parecchie volte su quella porta.
Lascio cadere la borsa e mi prendo il viso tra le mani. Le lacrime, che fino a quel momento erano rimaste impigliate tra le ciglia, cominciano a cadere, calde e salate sulle guance. È un pianto silenzioso, il mio. È il pianto di chi sa che il suo tempo è scaduto. È il pianto di chi capisce di non avere più speranze.
E se, una volta tornata da New York, avevo ingenuamente creduto che Stiles mi avesse aspettata pazientemente, con quella costanza che mi aveva sempre riservato - e che alla fine era stata la mia rovina - be', avevo sperato invano. Avevo atteso invano.
Il fatto è che invece di scappare come una ladra avrei dovuto lottare. Avrei dovuto dirgli di non lasciarmi andare, di stringermi come aveva sempre fatto, perché non c'era altra scelta, perché eravamo sempre stati noi, fin dall'inizio. Invece ho fatto l'egoista. Ho avuto paura.
E adesso, adesso che lui è di un'altra, capisco che tutte le mie paure erano sempre state infondate, prive di valenza, inutili e dannose. E il castello è crollato. Il mio castello fatto di apparenza, tutto ciò che avevo costruito per proteggermi da Stiles e dai suoi sentimenti, è crollato. E sento addosso il peso dei miei errori.
Non c'è via d'uscita. Non c'è soluzione. C'è solo un insieme di giorni e settimane in cui lei avrà ciò che io sono stata troppo stupida da rifiutare. Avrà la mia felicità.


 
 
- Lydia. Lydia, forza. Svegliati. Lydia!
Mi alzo di soprassalto, scossa e confusa. Sono ancora in biblioteca, il libro di chimica aperto sotto di me. La pagina è sgualcita e sulla guancia mi sembra quasi di sentire l'impronta delle parole. Non c'è più nessuno, a parte Kira.
La guardo e lei mi osserva, preoccupata ma amorevole.
- Che ore sono? - chiedo sbattendo gli occhi.
- Sono quasi le sei. La scuola sta chiudendo. Dobbiamo andare.
- Le sei? - esclamo.
Kira annuisce. - Per fortuna che anche io mi sono trattenuta più del dovuto. Uscendo ti ho vista che dormivi sul banco.
Non è la prima volta che mi capita, vorrei aggiungere, ma taccio. Meglio il silenzio.
- Dai, usciamo di qui - continua lei. Richiude il mio libro, lo ripone nella borsa e poi se la carica a tracolla. Mi sorride. Io non posso fare a meno di ricambiare.
La seguo lungo il corridoio ormai deserto, giù per le scale e poi fuori, dove un ultimo sole splende ancora in cielo. Ci sediamo sul basso muretto di mattoni, in silenzio. Sento Kira che mi osserva.
- Grazie - dico rompendo l'attesa. La guardo. - Grazie per avermi svegliata e tutto il resto.
"Tutto il resto" nella mia mente voleva dire l'aver messo a posto il libro, avermi aiutata con la borsa e avermi accompagnata fuori. In più, ci aggiungerei l'assenza di ogni compassione.
- Che ti succede, Lydia? - mi chiede lei. Non mi dice "prego", "figurati" o "non c'è di che". È diretta. Mi piace. - Sei assente, in classe non segui più, sei distratta, la tua media si è abbassata e ti addormenti ovunque. A pranzo ci eviti e nei corridoi non ti si vede più. Sembri un fantasma. Davvero, che succede?
Resto in silenzio, osservando alcuni uccellini che si rincorrono su un ramo basso.
- Lo so che non siamo quello che si può dire "migliori amiche", tu e io. So anche che da quando... - la voce le si spezzò. - Da quando Allison... - non termina la frase. Non può. - So che è stato difficile. So che ti manca. E so che non potrò mai sostituirla. E nemmeno voglio. Però puoi parlare con me. Davvero.
Credo che Kira sia una delle persone più adorabili che io conosca. Adorabile e dannatamente forte.
Il fatto è che vorrei parlarne con lei. Vorrei dirle tutto ciò che mi opprime, tutto ciò che non mi fa dormire. Vorrei dirle come mai non studio più, come mai non seguo le lezioni, come mai la sera io pianga talmente tanto che mi addormento solo dopo ore e durante il giorno ho così sonno che mi sembra di svanire piano piano, come una macchia su un muro. Vorrei dirle tutto. Ma non ci riesco.
- È per Stiles, vero? - sussurra. Io quasi sobbalzo, ma senza guardarla. Mi torco le dita e credo che il mio nervosismo palesi all'improvviso tutto quanto. - Se è per Stiles e Malia non devi preoccuparti, Lydia, davvero. Stanno insieme ma non stanno insieme. Me lo ha detto Scott.
- Cosa vorrebbe dire? - esclamo, ritrovando finalmente la parola. Sento la mia voce annichilita e roca, quasi dolorante dopo ore di inattività.
- Vuol dire che è tutto un malsano piano di Stiles per farti ingelosire, Lydia. Un piano che Scott e io non approviamo, ma sai com'è fatto Stiles... testardo come pochi.
Quasi non ci credo. Anzi, non so se crederci perché credendoci tutto sarebbe all'improvviso meraviglioso e bellissimo oppure non crederci perché sarebbe un modo per non illudermi, per non soffrire. E tutto quello che voglio è non provare più dolore.
-   Tu mi stai dicendo che... - le parole mi muoiono in gola. Scuoto la testa. - Quell'idiota! Cioè, non si rende conto che... - non riesco a parlare. No.
Mi alzo e mi passo una mano tra i capelli, che diventano un disastro, ma non mi importa. Sono confusa. E felice. E incredula. E arrabbiata. E provo tutto questo tutto insieme e il cuore mi batte così forte che potrebbe esplodere.
- Lo so - conferma Kira annuendo. - Credo che questa volta abbia esagerato.
- Devo andare - esclamo all'improvviso. Afferro la mia borsa. - Mi dispiace, Kira, ma devo andare. Grazie per tutto. Grazie. Davvero.
- E non caricarlo troppo di miserie, Lydia! - mi grida dietro. Ancora una volta, nessuna risposta di circostanza. Mi piace, sì.


 
 
Casa Stilinski è silenziosa. Lo Sceriffo ancora non è rientrato da lavoro o forse è semplicemente uscito per il turno di notte. Mi fermo lì di fronte, scendo dalla macchina e alzo il viso alle finestre di Stiles, illuminate.
All'improvviso, antiche paure mi assalgono. Non so che fare, non so se procedere, suonare il campanello e lasciare che siano gli eventi a guidarmi oppure girarmi e andarmene, scappare via, proprio come faccio sempre. Non faccio nessuna delle due cose, perché è Stiles ad anticipare ogni mia mossa.
- Lydia?
Mi volto e lui è lì, in strada, a pochi passi da me. Sono confusa.
- Ma... - comincio, girandomi verso la luce accesa. Torno a guardarlo. - La luce... credevo...
- Mi sono dimenticato di comprare qualcosa per cena. Mio padre è di turno e il frigo è vuoto e Scott cena con papà e mamma McCall alla tavola calda, quindi niente pasto a scrocco. Mi sono dovuto arrangiare - mi spiega stringendosi nelle spalle ossute.
Annuisco.
- Tu che ci fai qui? - mi chiede avvicinandosi di qualche passo.
All'improvviso dimentico la luce, dimentico la cena e qualsiasi strampalata spiegazione. Mi torna il mente perché io sia andata lì. Mi tornano in mente le parole di Kira. Mi torna in mente tutto.
- Sai che, a distanza di anni, riesci ancora a stupirmi? - inizio, le mani piantate sui fianchi. - Sei un idiota, Stilinski!
Stiles quasi sobbalza alla parola "idiota" e la cena cinese minaccia seriamente di cadergli di mano, rovinando sull'asfalto. Io invece faccio qualche passo avanti. So di sembrare minacciosa.
- Ho saputo. Ho saputo tutto del tuo piano. Un piano ridicolo, tra l'altro. Tutte le moine, tutta quell'aria da coppia meravigliosa in luna di miele che veleggia per i corridoi come se fosse sulle nuvole, tutto l'amore, era una finzione? Parte di questa tua ridicolaggine che ti ostini a portare avanti? Quando crescerai, per l'amor di Dio!
- Caspita, il modo in cui lo dici lo fa suonare molto più grave di quanto non sia - replica lui passandosi una mano dietro la nuca. - È stato fatto tutto per te, Lydia. E sai che è così fin dall'inizio. Questo mio piano idiota, come lo definisci tu, è stata forse l'unica cosa che ti ha fatta uscire dai gangheri. Ha funzionato.
- Stiles... - comincio. E credo di aver capitolato a quel "è stato fatto tutto per te". Sì, credo di essermi definitivamente arresa a me stessa, alla forza di quei sentimenti, alla corrente degli eventi, a quella febbre che non mi ha dato pace per giorni, che mi ha consumata, ma che mi ha scossa. Sì. Ho finalmente capito.
- Puoi andare avanti ad insultarmi, Lydia. Forza. Dopo l'idiota c'è la parte in cui mi fai capire quanto io sia un perdente nato. E uno sfigato cosmico senza alcuna possibilità. Ci sono abituato, non piangerò...
- Stiles... - cerco di parlare, ma il fiume di parole targato Stilinski non si placa.
Mi accorgo che siamo ormai vicinissimi e sento la presenza di Stiles accanto a me che brucia come un fuoco. Vorrei soltanto baciarlo, ma sono come impietrita.
- Lo giuro, rimarrò imperturbabile. Nessuna scenata patetica, nessun compatimento, niente di niente. Continuerò a guardarti preferirmi tutti i Jackson e gli Aiden di questo mondo e va bene così, perché è la storia della mia vita, questa. Guardare Lydia che ama tutti tranne me. Va bene. Okay. Sono apposto - scuote la testa e alza le spalle. Non riesce a fare il duro, con me. Di fronte a me. E non suona nemmeno serio, quello che dice per farmi credere che non gli importi nulla. Io so. Ora so.
- Ti amo! - esclamo tutto d'un fiato, prima che Stiles possa aggiungere altro e prima che ogni coraggio mi abbandoni del tutto.
- Sì, io... aspetta, aspetta, cosa?
Stiles mi guarda, gli occhi ambrati sbarrati, leggermente velati da qualcosa di simile alla rassegnazione. Rassegnazione che si unisce alla sorpresa. E ad una sorta di rivelazione.
Annuisco soltanto. Mi mordo il labbro inferiore, nervosa. L'ho detto. L'ho detto davvero. Tutto ciò che avevo vissuto in quei giorni ha preso forma ed è uscito dalla mia bocca come un grido liberatorio, come qualcosa che avesse atteso troppo tempo una via di fuga.
Mi sento leggera. E libera. E nuova.
- Tu... - comincia Stiles, ma non gli lascio il tempo per aggiungere altro, perché annullo la distanza che mi separa da lui e poggio le mie labbra sulle sue ed è un po' come tornare a casa dopo un lungo e pericoloso viaggio e sa di consapevolezza, estate e acqua fresca. Sa di felicità. La nostra.


 
 
Stiles e io continuiamo a baciarci. La cena cinese alla fine è caduta sull'asfalto, come previsto. Era destino fin dall'inizio. Stiles ha risposto al mio bacio improvviso e violento, avvolgendomi le braccia intorno alla schiena e ai fianchi, stringendomi a sé così come io avevo fatto l'ultima volta, quando la morte ci aveva quasi raggiunti, come avrei fatto per sempre. Le mie mani si sono posate sulle sue guance ardenti e scendono sul suo collo e sul petto, stringono il cotone leggero della sua t-shirt con la stampa di Star Wars e una mano di lui si immerge tra i miei capelli, delicata e gentile.
- Credo di non aver capito bene quello che hai detto poco fa... - sussurra Stiles sulle mie labbra. Sa fare l'ironico anche in momenti come questo.
- Ah, no? - chiedo, ironica anche io. Se questo è un gioco, allora giochiamo.
- Proprio no...
- Ti amo, Stilinski. Ti. Amo - scandisco per bene le ultime due parole, guardandolo negli occhi. Una luce bellissima li accende ed è un po' come vedere un cielo pieno di stelle. Lui è il mio cielo pieno di stelle.
- Anche io ti amo - risponde, quasi timidamente, come se pronunciare quelle parole lo renda nervoso. Oppure non all'altezza del compito. - Da sempre.
- Lo so - rispondo rifugiandomi tra le sue braccia, respirando la sua stessa aria, quel tenue profumo di sapone e pulito e ricordi.


 
 
- Sai a cosa pensavo? - mi chiede Stiles poco dopo, mentre siamo seduti sul suo divano.
Abbiamo divorato i resti della sua cena cinese e abbiamo acceso la tv sul David Letterman, ma nessuno dei due sta veramente guardando. E nemmeno ascoltando. Infatti non ci preoccupiamo minimamente del volume miseramente basso.
- A cosa pensavi? - gli chiedo girandomi nel suo abbraccio, abbarbicata a lui, per guardarlo in viso. Ha un profilo bellissimo e mi chiedo come diavolo abbia fatto a non accorgermene prima.
- Credo di essermi innamorato di te in terza elementare - inizia lui disegnando forme immaginarie sulla mia pelle. - Ti ricordi i falò di fine estate?
- Come dimenticarli...
Ogni anno, alla fine dell'estate, Beacon Hills organizza un grande falò sulla collina dalla quale si gode della vista di tutta la città. È un modo carino per riunire tutti i cittadini, ridere insieme e passare una serata a guardare il cielo.
- Quella sera avevi i capelli sciolti. Eri bellissima, ancora più bella di quanto non fossi a scuola. Indossavi uno di quelli orrendi vestiti che ti metteva tua madre, te li ricordi?
Scoppio a ridere al solo ricordo. Ho sempre odiato mia madre per questo.
- Io pensavo che fossi comunque bellissima. Te ne stavi lì seduta, sull'erba, a fissare il cielo notturno. E io fissavo te. Tutti guardavano il cielo stellato, mentre il mio cielo stellato eri tu, Lydia Martin. Da quella sera, fino ad adesso. Per sempre. Ti ho consegnato il mio cuore tanti anni fa e da allora è solo tuo.
Io mi sollevo, lo osservo e poi premo il palmo della mia mano destra sul suo petto, all'altezza del cuore. Batte fortissimo. Gli prendo una mano e faccio lo stesso: la poso sul mio petto. Sul mio cuore. Anche il mio batte fortissimo.
- Lo conserverò, Stiles - dico piano, la voce roca e quasi spezzata. - Vuoi conservare il mio?
Lui annuisce e poi, molto coraggiosamente, mi prende il viso tra le mani e mi bacia, questa volta con molto più trasporto e ardore. Come se potesse respirare solo attraverso me.
Io piano piano lo faccio sdraiare sul divano, continuando a baciarlo intensamente. Le mie mani vagano come al solito sul suo petto, in un gesto ormai automatico che sa di familiarità. Ci baciamo ancora per un po', poi mi abbarbico accanto a lui, la testa sul suo petto, i miei respiri regolarizzati con i suoi. Chiudo gli occhi e tutto ciò che vedo dietro le mie palpebre sono tante stelle. Un cielo pieno di stelle.


 
 
 
 
*Marti's*
Be’, be’… insomma… non ho molto da dire su questa – lunghissima ed eterna – shot, tranne che è lunghissima ed eterna – appunto – e vi chiedo scusa, ma mi sono lasciata coinvolgere dagli eventi e le mie dita hanno scritto e scritto. Perdonate il poema. Diciamo che è tutta colpa di Lydia, ecco. E del fatto che è la primissima volta che scrivo una Stydia. Ah, l’emozione*sospira*
Detto ciò, ringrazio vivamente a distanza i santi Coldplay che con il loro bellissimo brano, “A Sky Full Of Stars”, che vi consiglio vivamente di ascoltare, così come tutto il nuovo cd, “Ghost Stories”, hanno ispirato una parte di questa shot, nonché il titolo. Grazie, Chris.
Infine, ringrazio chiunque spenderà anche solo una parte del suo tempo leggendo questa pazzia. Vi adoro!
 
   
 
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