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Autore: Boreale    20/06/2014    1 recensioni
La storia ci insegna che ci sono eventi che sono destinati a ripetersi. E se questi eventi si sono già ripetuti in altri pianeti?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tradito! Proprio da coloro che avevo aiutato, rischiando la vita, mettendo da parte i miei ideali. Pugnalato alle spalle, ingannato da false promesse. Mi hanno tolto tutto: l’onore, la libertà, le mani e l’amore della mia vita.
Sbattuto nelle fredde celle, come un insulso criminale pensavo, speravo, mi lascassero morire dissanguato con i miei polsi mozzati. Ma peccai di ottimismo.
Quei porci avevano a disposizione un intero esercito di chierici guaritori, ma fu un boia, che godeva e rideva della mia sofferenza, a medicarmi, fermando l’emorragia col sale.  
Quell’agonia però, per quando intensa, era nulla al confronto del dolore immenso della mia anima, che bramava la morte e raggiungere l’unica donna che meritasse il mio amore.
Nei giorni successivi mi costrinsero a mangiare, capii subito che lui aveva altri progetti per me.
Un giorno le guardie carcerarie mi liberarono dalle catene, finalmente l’esecuzione, pensai. Ma notai dei movimenti insoliti, stavano facendo qualcosa alle mie braccia monche: mi legarono delle cinghie e ad esse avevano applicato gladio e scudo, di una qualità così pessima che non erano paragonabili neanche alle mie prime compagne da battaglia.
Si erano ricordati che io ero mancino.
Idealizzai subito cosa volevano fare di me: sarei diventato il pasto di qualche bestia sotto gli occhi della platea romana.
Fui portato di peso via dalla cella, ero debilitato nel corpo, nella mente, nel cuore e nell’anima. Trascinato fino al cancello dell’entrata dei gladiatori, attesi la mia morte.
Da fuori sentii gridare Abbassate i cancelli!. Riconobbi quella voce. D’improvviso i miei istinti si svegliarono. Fuori c’era una bella giornata soleggiata e per le mie pupille che non vedevano la luce da giorni fu un abbaglio doloroso. Nel frattempo che aspettavo di riacquistare la vista respirai le ultime boccate d’aria fresca.
Fra non molto sarei stato di nuovo un uomo libero.
Feci qualche passo in avanti portandomi al centro dell’anfiteatro, il pubblico cominciò a gridare ed insultami, dandomi del traditore, vigliacco e infedele. Ma la mia attenzione era tutta concentrata sul podio reale, dove sul suo trono dorato sedeva il neo eletto Imperatore: Don Antonio Capudursus I.
Sentì il sangue ribollirmi nelle vene, quando vidi la testa della mia amata impalata. In quei attimi la mia voglia di morire fece spazio al desiderio di vendetta.
«Bella giornata per morire, non credi?». Mi disse spavaldo e altezzoso, il suo ghigno l’equivalente di un morso di ragno: rapido e incisivo, era inutile reagire, oramai il mio destino era segnato.
Scordandomi dove mi trovavo, mi spaventai quando d’improvviso sentì un bramito dietro di me. Un orso mi stava caricando, nonostante il mio corpo fosse estremamente debilitato, evitai d’istinto tutti gli attacchi della bestia. Dai suoi occhi e dalla sua eccessiva salivazione capii che non avrebbe mollato neanche facendo il finto morto.  
Il pubblico tifava per l’animale, anche se in quel momento io mi sentivo più bestia che uomo.
Tentai un affondo ai suoi fianchi, appena mi fu possibile sferrare un attacco, ma il gladio si spezzo. Non mi meravigliai. In passato mi era già capitato più volte di ritrovarmi ad usare lo scudo come arma offensiva, uscendone sempre vincitore.
Ma qualcosa mi impediva di concentrarmi sulla mia sopravvivenza, che diventava sempre più un desiderio da dover realizzare. Il polso sinistro mi faceva male con un dolore penetrante, sentivo che qualcosa voleva uscire con prepotenza.
Rimasi sulla difensiva e dopo qualche parata anche lo scudo divenne inutilizzabile. Il pubblico bramava il mio sangue. L’imperatore si alzò in piedi, eccitato, per godersi al meglio lo spettacolo. Con una mano mosse il pollice verso il basso, gesto che fece esaltare ancor di più quel branco di pecore.
Non potevo dargliela vinta senza aver lottato come un vero guerriero.
Nonostante il dolore che andava incrementando, con un’agile mossa salii in groppa all’orso, che si dimenava scalciando l’aria con le sue zampe. Mi tenevo ben saldo ai suoi fianchi con le gambe, mi abbassai per stringerlo per il collo e, non so per quale motivo, forse guidato da un istinto primordiale, con un urlo, affondai il mio braccio sinistro nel collo della bestia pelosa. Nel frattempo il dolore divenne quasi un piacere e sentii che era entrato nelle carni dell’orso. La bestia si abbatté per terra, mentre una dose del suo sangue fuoriusciva regolarmente, sentivo che una parte la stavo assorbendo. Lasciai il mio arto dentro per un po’, una volta estratto mi rimisi in piedi, guardai l’orso senza vita, poi uno sguardo al polso che assorbiva anche i residui scarlatti sulla pelle. Il Colosseo si era zittito, tutti mi guardavano con varie espressioni. Ruppi il silenzio con un poderoso grido liberatorio.
Ero rinato!
  
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