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Autore: Mrs_BooBear    20/06/2014    1 recensioni
Louis è omosessuale, Harry no. Ma ne siamo totalmente sicuri?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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We can make it till the end

Camminava per le vecchie strade di un borgo napoletano Harry Styles, quel giovane diciasettenne alto, riccio, occhi verdi come i prati che contornano quel paesello. Adorava calpestare, sotto quegli enormi piedi che si ritrovava, le migliaia di mattonelle del centro che andavano scomparendo verso la campagna.

Si dirigeva sempre là, sempre nello stesso luogo, ogni giorno. Non sapeva il perché, ma le sensazioni che provava sotto quel ulivo vicino al campo di grano di quella vecchia campagna dei Tomlinson lo rallegravano. Sì, rallegravano. Poteva togliersi dalla mente i suoi pensieri da diciassettenne, poteva esser cullato dalla leggera brezza che spesso accarezzava il suo corpo, in particolare i suoi ricci, sotto l'albero d'ulivo. Amava rifugiarsi lì, amava essere accarezzato dalla natura, ma soprattutto amava immergersi tra i tanti fiorellini del campo Tomlinson, il nome che possedeva quel grande spazio.

 Quel terreno era isolato, non era di nessuno. Anzi, in teoria doveva appartenere alla famiglia Tomlinson, ma fu abbandonato in seguito al fallimento della loro azienda agricola.

Lo zio di Harry lavorò per la famiglia Tomlinson, per questo il ragazzo sapeva bene di che famiglia si trattava: puzza sotto il naso, sempre poco contenti, ricconi, pretenziosi, e chi più ne ha più ne metta.

 Sotto quell'ulivo, l'aria come sempre cullava le leggere curve del suo corpo scolpito, il viso da bambino senza accenno di barba e i suoi ricci, i quali donavano lui un'aria ancora più femminile di quanto già lo fosse.

E così, in poco tempo, trasportato dalla brezza pomeridiana di quella campagna, si addormentò.

 

***

 

Un improvviso scricchiolio fece sobbalzare Harry nel sonno.

 Succedeva spesso che piccoli animali come cani randagi (innocui, ovviamente) o gatti o, nei miglior casi, coniglietti venissero ad accoccolarsi vicino al caldo corpo del riccio sotto l'albero, ma di questi animali nemmeno l'ombra in quel momento.

Harry fu preso alla sprovvista e, impaurito, si alzò in piedi e incominciò a guardarsi intorno. Si sentiva osservato, perché in effetti lo era. Ripulì i suoi skinny jeans neri e la sua leggera magliettina estiva da quel pulviscolo qual era la terra al suolo.

Una risatina risuonò alle sue spalle. Che stesse immaginando?

Prese la decisione di voltarsi, di scatto, per prendere di sorpresa chiunque fosse stato l'artefice di quello scherzo di poco gusto.

 1, 2, 3...

 Si voltò, trovandosi a faccia a faccia con un ragazzo bassino, moro, occhi azzurri, forse anche più grande di Harry. Era in piedi davanti a lui a petto nudo e con addosso un jeans consumato, logorato e degli scarponcini da lavoro. Il tipico campagnolo, insomma.

 Questo rideva di gusto alla vista del piccolo e giovane viso di Harry, il quale non si divertiva affatto. Il ragazzo misterioso aveva in testa un'imbarazzantissima pettinatura a scodella; realizzata questa caratteristica, anche Harry si mise a ridere.

“Sei buffo, riccio...” esclamò il ragazzo scodella, come Styles lo aveva definito mentalmente.

“Io? Ma se tu hai un cestino della frutta in testa!” controbatté poi giustamente (anche un po’ malignamente) quest'ultimo.

 Si guardarono ancora, si rimisero a ridere. Harry non aveva mai avuto così tanta intesa con una persona a lui sconosciuta. “Il ragazzo scodella” era un'eccezione, forse era speciale.

“Io mi chiamo Louis Sono-Un-Cestino-Da-Frutta!” e allungò la sua mano sporca di fango.

Harry la strinse calorosamente, e forse con più calore che il sole poteva produrre battendo sul campo in quella giornata d'estate.

“Io mi chiamo Harry.”

Un po’ per rispetto e un po’ per simpatia si presentò anche il riccio. Senza proferire parola, si sedettero insieme sotto quell'ulivo.

 
Il ragazzo scodella, o meglio Louis, parlava, parlava, e parlava ininterrottamente, senza freno. Davvero una scocciatura per Harry che voleva star solo almeno per due ora al giorno.

“Sai, mio zio lavorava qui” disse ad un certo punto il riccio, senza ascoltare e/o rispondere alla frase precedente di Louis.

“Mio nonno invece era il proprietario” affermò Louis con la sua vocina stridula e sensuale allo stesso momento. Harry non poteva crederci, ha appena fatto conoscenza con il nipote di colui che sfruttò suo zio in questi campi di grano.

“Sai che...”

“So già tutto, Harreah.” Come poteva sapere il passato dell'azienda se era pressoché un bambino quando suo nonno era il proprietario? Ma soprattutto: dove ha preso quel soprannome?

“Harreah?” chiese il riccio, in cerca di risposte. “Non ti piace questo soprannome? E' carino, no?”

Si guardarono in faccia di nuovo e risero.

Ad un certo punto, però, Harry si risvegliò e uscì da quel coma-risata, e nella sua testa vennero fuori tante domande da porre al ragazzo scodella, ma sia limitò ad un “devo andare ora, è stato un piacere conoscerti, Louis.” Si rialzò da terra e, camminando, svanì tra le stradine che portano al borgo, seguito dallo sguardo attento del liscio che lo scrutava da lontano sotto l'ulivo.

 

***

 

Il piccolo cocco di nonno Tomlinson passeggiava per le stesse vie di quel vecchio borgo napoletano di Harry. Si fermò davanti al mercato per far spesa, era rimasto a zero con le provviste per questa settimana.

 Il fatto che lui fosse ancora un cocco di nonno era un falso; lui era cresciuto e si era dissociato dal modo di “lavorare” di suo nonno, ma non solo per questo era dovuto il suo diverso modo di pensare. La principale causa fu l’omosessualità di Louis.

Di questo ne era venuta a sapere buona parte del borgo, ma a quanto pare l'unico a non saperlo era Harry. Forse perché la sua famiglia vuole avere poco a che fare con i Tomlinson, forse non importava, o forse ha solo voluto far finta di non saper nulla. In ogni caso, Louis fu subito attratto il giorno prima dal corpo di Harry giacente per terra sotto l'albero. Eccome se ne fu attratto.

D'altra parte chi non lo sarebbe stato?

 Uscì dalle vie del centro dove si trovava il mercato con le ennesime battutine di scherno da parte di qualche coetaneo o da parte di qualche vecchietta rimbambita. “Babbei”, pensò Louis.

 
Louis camminò, fino ad arrivare ad un vicolo cieco. Ok, aveva decisamente sbagliato strada. Come non distrarsi quando si pensa ad Harry? Si voltò per cercare di uscire da quel vicolo, ma non tutto finì secondo i piani. Davanti a lui si fermò una moto: a chi poteva appartenere?

La figura che si presentava davanti a lui era snella, le gambe erano un po’ femminili, ma era ovviamente un ragazzo alla guida di quella moto. Il casco non lasciava intravedere nulla del suo viso e in Louis si allargava quel senso di curiosità, che si tramutò in paura quando il ragazzo fece altri due rombi con l'acceleratore e si avvicinò con la ruota anteriore alle sue gambe.

Lou fece due passi indietro: cosa volesse fare quel pazzo in moto non si sa. Per fortuna si fermò, e si tolse il casco. Il liscio non poteva credere ai suoi occhi.

Quel rimbambito era solo Harry. Menomale! E che fortuna, soprattutto.

“Ehi scodellino, non dirmi che ti ho spaventato!” esclamò il riccio ridendo beffardo. Bastardo. Forse era una vendetta per il giorno prima?

“Harry...si, mi hai fatto preoccupare. Pensavo mi volessi investire! Ci tengo alla mia vita!” rispose Louis.

“Scusa. Vuoi venire con me sotto l'albero? Ho deciso di andarci in moto oggi. Sarei felice di portare anche te.” E poi sorrise. E Louis si sciolse.

“C-certo...grazie” disse il liscio prendendo il mano un altro casco che Harry nascondeva sotto il suo sedile. Lo mise e partirono.

 

La moto frenò di colpo, per un momento Louis credette che andasse a sbattere contro l'albero. Scese di corsa e diede il casco direttamente a Harry.

“Cazzo Harry, non verrò più in moto con te! Mi hai solo fatto prendere spaventi lungo tutto il viaggio, compresa la fine! Me ne ritorno a casa a piedi dopo, ti avverto!”

Harry rise ancora “Sei troppo forte scodella, mi fai ridere come nessuno!”

Era una cosa tanto per dire o davvero Harry pensava che Louis fosse simpatico?

“Uff...sono serio, Harry.”

“Ok ok, starò più attento al ritorno, ma ora siediti qui” disse il riccio indicando il posto vicino a lui.

 Si sdraiarono e da quel momento non parlò più nessuno. Quel pomeriggio d'estate stava trascorrendo tra i suoni dei loro respiri e i movimenti dei loro toraci in sintonia. Stavano là, sotto quell'albero a dormire. Senza dirsi nulla, si era addormentati.

 Un improvviso scricchiolare fece svegliare Louis, che si tirò su da terra. Scrollò la terra dai suoi pantaloni, si guardò in torno. Cosa ci faceva lì? Si voltò, quindi ricordò Harry e la moto; tutto ora è più chiaro, ora si ricorda.

 Harry dormiva ancora, cullato dal vento e dai fili d'erba che accarezzavano la sua pancia scoperta da un lembo di maglia.

Louis lo guarda quasi morbosamente, gli piaceva tanto ciò che vedeva.

Si accasciò ancora vicino ad Harry, che si girò proprio dalla sua parte in quel momento. Viso contro viso, Louis poteva cogliere ogni singolo pregio e difetto del ragazzo riccio. Da vicino sembrava ancora più giovane e bello, nonostante l'acne presente sul suo viso. Forse per questo sembrava ancora più giovane.

 Quando si avvicinò ancora di più divenne automatico: la mano di Louis andò a finire sulla guancia di Harry, il quale si svegliò per via del calore della piccola mano che lo stava accarezzando.

Il riccio aprì gli occhi, trovandosi catapultato in un mare celeste il quale erano gli occhi del ragazzo scodella. Quindi sorrise, non avendo ancora realizzato la vicinanza dei loro visi e la mano del liscio poggiata sulla sua guancia leggermente rossa. Louis sorrise di rimando, poi Harry realizzò il ciò.

Allora era vero, allora erano vere le voci che giravano per il paese e tra la famiglia Styles.

 Gli balenò in mente una frase di suo zio: “Louis, il nipote di quel maiale, è davvero strano. Non è normale che un bambino giochi con la bambola di sua cugina, o che indossi le gonne di sua madre. Secondo me è malato.”

Harry ora poteva ben capire cosa intendesse lo zio con “malato”.

 Stava per indietreggiare Harry, quando ritornò a guardare negli occhi Louis. Non erano malati i suoi occhi, lui non può avere nessuna malattia. Allora perché lo stava baciando? Perché ora Louis aveva unito le sue labbra a quelle di Harry?
Harry non poteva, Harry non voleva.

 Si staccò da lui. “Ha-Harry...scusa, io...” riuscì solo a sussurrare il liscio.

“N-no, tranquillo...sto bene.” Harry si mise a sedere, poi si alzò “Forse è meglio non vederci. A me non piacciono i ragazzi e dopo questo bacio potrei farti, come dire...soffrire. Non voglio che qualcuno stia male per me, non voglio che tu t'innamori di me. Non posso offrirti nulla. Scusami.”

Louis annuì “Non ti preoccupare” e abbassò lo sguardo.

“Io vado a casa, ritorni con me?” chiese il riccio gentilmente. Non voleva che Louis, oltre la delusione, ricevesse anche il ben servito.

“No. Vado da solo, grazie.” In Harry si fece largo un senso di amarezza. Voleva davvero accompagnarlo, non voleva fargli fare tutta quella strada a piedi. Ma non può obbligarlo, dopotutto lui ha scelto.

“Va bene. Allora...addio Louis.”

“Addio Harry.” E il riccio sfrecciò via tra le campagne napoletane, il bello e irrimediabilmente etero Styles. Forse irrimediabilmente.

Harry tornò a casa, dove ad accoglierlo c'era sua madre.

“Oh, ciao Harry. Dove sei stato?”

“In campagna, come al solito.”

“Lo sai che quel terreno è ritornato ancora in mano ai Tomlinson? Ora la ditta ce l'ha in mano il nipote Louis, quello gay, quello di cui parlava semp...”

“Si, so chi è” rispose amareggiato Harry, impedendo che sua madre continuasse la frase.

“Ecco. Suppongo che se tu ritornassi lì è per dare una mano a coltivare, non per rilassarti. Meglio che tu ti trova un altro posto dove stare tranquillo. Non sia mai che ti mettessero sotto una falciatrice.”

Harry annuì e salì in camera.

 Perfetto, ora anche il “suo” campo aveva perso. Aveva trovato una sorta di amico, di persona con cui passare le giornate, ma a quanto pare quest'ultimo non voleva solo trascorrere le giornate con lui sotto un albero.

 Salì in camera incazzato, aveva perso un’”amicizia” e un posto magnifico nello stesso momento, ma la cosa che più dava fastidio ad Harry era perché Louis non glielo avesse detto. Perché non ha chiaramente detto ad Harry si smammare dal suo campo? Perché non glielo ha detto nemmeno quando lui ha deciso di dirgli addio? Ma la cosa fondamentale, che Harry non accettava ma che dentro di lui esisteva, era: perché ad Harry era piaciuto quel bacio?

 

***

 

Era una giornata d'estate al borghetto dove abitava Harry, ma il sole non era re in quella giornata. Un grande e grosso temporale avveniva sopra il tetto di casa Styles. Sì, casa Styles, perché ora Harry abita da solo e a lui non dispiaceva ciò. Poteva fare ciò che voleva quando voleva.

 Scese dal letto sfilandosi le cuffiette dalle orecchie e si diresse verso la cucina canticchiando ancora il ritornello di quella canzone dei Imagine Dragons che tanto amava. Prese la caffettiera, la riempì e la mise sul fuoco. Non era normale bere caffè alle 17.30, ma oramai era maggiorenne, viveva da solo e poteva fare ciò che voleva. Tutto ciò che voleva. Poteva anche uscire dal balcone in mutande, nessuno l'avrebbe visto lì in mezzo alla campagna isolata. E così fece.

Non gliene importò della pioggia, voleva solo prendere una boccata d'aria: “fa male stare troppo in casa”, pensò Harry. Così aprì la finestra e si appoggiò alla ringhiera, finendo per rimanere comunque asciutto grazie alla piccola tettoia sulla sua testa.
Guardò il cielo, il campo sotto casa sua, i nuvoloni e l'albero vicino il suo edificio.

L'albero. A lui ricordava molto il “suo” albero d'ulivo al  campo dei Tomlinson. E, ovviamente, collegato alla famiglia Tomlinson c'era Louis.

 Quel ragazzo creò in Harry una tale confusione. Da un anno e passa Harry non riesce più ad innamorarsi, non riesce più ad apprezzare una donna, per quanto essa potesse essere bella. Non gli piacciono gli uomini e non gli piacciono le femmine. Lui ama solo se stesso e la natura. Non ama nessun altro.

 
Perso in questo infinito, Harry guardò l'albero malinconico in cerca di risposte concrete. O forse la risposta già ce l'aveva sotto il naso. Sotto l'albero il riccio vide una figura altina (ma comunque più bassa di lui), slanciata e con una fronte abbastanza alta dovuta alla pettinatura con il gel per capelli, probabilmente. La figura se ne stava lì, ferma, statica, seduta sulle radici dell'albero. Forse si stava anche bagnando, ma sicuramente stava prendendo molto freddo.

“Ehi!” urlò il riccio, cercando di attirare l'attenzione.

“Salve!” urlò l'altro.

“Senta, là sotto sta prendendo molta acqua, vuole salire a casa mia? Giusto ora sto preparando un caffè” propose. Gli dispiaceva lasciare quel povero cristiano solo sotto l'albero.

“Mi farebbe molto piacere, grazie!” disse lo sconosciuto, che accorse alla sua porta.

Quando Harry rientrò, ricordò di essere in mutande e questo lo fece arrossire. Prese un pantaloncino e una maglia al volo e se li mise. Almeno davanti alla gente voleva rimanere coperto.

 Aprì la porta al povero uomo tutto bagnato, che entrò solo di un passo in casa, poi si bloccò. Ma cosa gli prendeva? Si era rincitrullito per caso? Harry lo fissò negli occhi e capì.

Louis.

“Ehi, ciao Louis. Non ti avevo riconosciuto” disse con disinvoltura Harry, ma dentro di sé era rimasto più che stupefatto.

“Ciao, nemmeno io ti avevo riconosciuto da lontano” disse Louis e rimase lì, sulla soglia.

“Vieni, entra, non stare sullo zerbino.”

“Il fatto è che sono tutto bagnato, non voglio sporcarti casa” si giustificò il liscio.

“Non ti preoccupare, tanto dovevo già pulire. E' un porcile questa casa, anzi, scusa per il disordine.” Ed Harry convinse Louis.

 Il padrone di casa posò la felpa del liscio sull'appendiabiti e le scarpe vicino la porta, quindi lo fece accomodare intorno alla tavola. Subito dopo, notò anche i suoi pantaloni, i suoi calzini e la sua t-shirt bagnati.

“Sei tutto bagnato. Come sei arrivato fin qui?” chiese Harry.

Louis spiegò la situazione: era arrivato a piedi perché doveva vedere un nuovo terreno da comprare, ma venne a piovere di colpo, perciò restò sotto quel piccolo albero. Harry ascoltò attentamente e gli offrì abiti asciutti e un invito a cena per la sera a casa sua, Louis accettò ben volentieri.

 
Mentre Louis si cambiava in bagno, ad Harry venne in mente quel pomeriggio dell'anno scorso. Quel rumore, la figura di Louis dietro di lui e i suoni delle loro libere e divertenti risate. Spensierato. Lui era spensierato. Era sicuro di ciò che avrebbe voluto dalla vita, fino all'incontro con quel ragazzo. Cosa gli aveva fatto? Un incantesimo è nulla in confronto allo sconvolgimento che ha subìto Harry, nulla.

Louis uscì dal bagno con la tuta e i calzini di Harry, troppo grandi per lui, ma lo rendevano estremamente “coccoloso”, a parer del riccio.

“Ci navigo dentro questa tuta, ma perlomeno è calda e asciutta. Comunque non è normale che tu in un solo anno sia già diventando più alto di me. Ti denuncio.” Alla esclamazione di Louis, Harry rise.

“E te invece non sei cambiato, a parte la scodella di frutta e la barba.”

“La frutta ora la coltivo e la barba pure, mi rende più figo e maturo” disse accarezzandosela il liscio. Harry annuì e sorrise, senza dir parola. Di colpo il rumore della caffettiera fece scattare Harry verso il fornello: è pronto il caffè. Ne verso un po’ in due tazzine, per poi sedersi con Louis intorno al tavolo.
Bevvero tra un sorriso e l'altro e tra una risata e l'altra, scambiandosi sguardi divertiti e profondi. A quel punto Harry esplose.

 

“Sono stato uno stupido ad andare via” confessò. Louis restò in silenzio, aspettando che continuasse “Mi hai stravolto, Lou. Quel bacio, anche se non volevo ammetterlo a me stesso, mi era piaciuto tanto. E forse per questo che dopo quel giorno nessuna donna era attraente ai miei occhi. Ho cercato in internet, volevo sapere il perché, volevo la soluzione, la medicina per guarirmi, ho cercato la donna più bella di questo mondo per farmi ritornare ad apprezzare qualcuno. Ma a quanto pare la persona per me sei tu.”

Silenzio.

 Si guardarono negli occhi: meglio delle tante parole che avrebbero potuto sprecare, i loro occhi parlavano da soli. Harry percepì dagli occhi azzurri del liscio cosa quest'ultimo volesse.
E come l'anno scorso, le loro labbra si incontrarono di nuovo, con delle varianti però: entrambe erano consapevoli di ciò che volevano e le loro lingue si scontrarono per la prima volta. Si baciarono, si baciarono passionalmente, ardentemente, come se non volessero lasciare l'altro andare.

Louis ruppe l'incantesimo e si staccò dalle tenere e rosee labbra di Harry.

“Non ho mai smesso di pensarti, Louis, e inconsapevolmente non hai mai smesso di piacermi” ripetè Harry al liscio.

“Non so dove andremo, Harreah, ma dovunque tu voglia andare, io ci sarò con te. Non ti lascerò mai più andare, mai più. Starò sempre con te, anche quando in paese si verrà a sapere del nostro rapporto. Sappi che starò con te anche quando farai coming out davanti ai tuoi, se vorrai.”

Harry si incupì. Il coming out, non ci aveva mai pensato.

 Lui non era, dopotutto, gay fino in fondo. Lui non amava altri ragazzi, lui non provava attrazione per altri uomini: lui voleva Louis e basta. Non poteva rientrare in nessuna categoria, lui era così e basta.

Ma, in ogni caso, apprezzò l'aiuto di Louis.

“Vuoi rimanere qui per la notte? Sono solo, non lasciarmi in balìa di questo tempaccio.”

“Cosa ho appena finito di dire? Io non ti lascerò mai più” rispose Louis, immergendo letteralmente le mani nei ricci di Harreah, come lui lo definiva. Il riccio rise e incominciarono a baciarsi di nuovo.

Non sappiamo come sia andata a finire la loro storia, ma sicuramente loro ce la faranno fino alla fine.

 

Spazio autrice:
Ciao a tutti e grazie per aver letto fin qui! :)
Questa fanfiction l'avevo già pubblicata, ma ho deciso di cancellarla, aggiungere il banner e migliorare frasi che avevo formulato male durante la precedente stesura. In poche parole, ho cercato di migliorarla. E' la prima volta che creo un banner, o comunque un fotomontaggio, quindi siate buoni con me, per favore! LOL
Questa è la mia prima storia riguardante l'omosessualità che ho scritto quasi 9 mesi fà, quindi è anche abbastanza banale in sè per sè, dato che è una sorta di sperimento. Inoltre, credo che i Larry siano la causa di un mio futuro diabete, sono troppo dolci *w*
Riguardo al testo, l'ho letto tre volte e penso che non ci siano errori. Casomai ne trovaste uno, ditemelo che provvederò. Accetto critiche.
Grazie ancora per aver letto!

  
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