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Autore: danv    21/06/2014    2 recensioni
In un mondo in cui nulla è come sembra, Cheryl conosce Jay a pochi giorni dal suo compleanno.
Lei non sa che la sua passione nei confronti di Jay è dovuta al fatto che Jay è un Guardiano, e deve quindi occuparsi di lei, che è una Detentrice della Vista, capace quindi di vedere le fate, invisibili agli occhi umani, se non per via di incantesimi.
Nel frattempo in cui Jay si occupa del suo terzo rituale, con cui potrà finalmente avverare il suo sogno, nelle quattro terre magiche, luogo dove le fate vivono, qualcuno ha in mente un piano per rubare i quattro simboli magici, in cui risiede la magia delle quattro terre.
Il posto in cui Cheryl scopre di vivere, è pieno di regole. Riuscirà a rispettarle, andando contro i propri sentimenti?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Né troppo, né niente.

 

 - Smettila di fissare quell'albero. E' così inquietante!
Peggie, la migliore amica di Cheryl, seduta su un sasso di un colore così strano che Cheryl non sapeva se interpretare come grigio o nero, tentava di risvegliare l'amica dalle sue riflessioni che la facevano guardare una qualsiasi cosa le stesse davanti, fino a rendersi conto della realtà in cui viveva, che aveva completamente dimenticato.
Cheryl era seduta, su quel prato dal verde acceso che ricordava molto le scarpe della sua migliore amica, e fissava quella soffice danza delle foglie, provocata da quel caldo e saltuario vento estivo.
 - Scusa, mi capita sempre più spesso ultimamente. - Riprese la discussione Cheryl, che aveva ormai cambiato punto di veduta.
Peggie indossava dei pantaloni neri con una cerniera posta più a destra rispetto alla naturale posizione di una cerniera (Cheryl pensava, e a dire il vero sperava, fosse soltanto una decorazione, non finalizzata all'apertura del pantalone, abbastanza largo da sfilarlo senza alcuna difficoltà), una maglietta semplice color amaranto e i capelli mossi erano raccolti come al solito in una coda di cavallo che terminava più o meno a metà della schiena.
 - Ma almeno sai a cosa pensi?
 - A dire il vero no.
 - Stai impazzendo Cher - disse l'amica pronunciando un sorriso.
 - Alla fine cosa hai fatto ieri? - Disse Cheryl, non sapendo cosa rispondere alla scherzosa accusa dell'amica.
 - Nulla, mia mamma non voleva farmi scendere, dice che sto uscendo troppo, e che dovrei pensare a studiare. Le ho fatto capire che è estate, ma a quanto pare non conosce questo indecifrabile termine.
 - Dovresti comprarle un dizionario. - disse ridendo Cheryl, che sebbene era a conoscenza dell'ironia della frase di Peggie, conosceva il quoziente intellettivo di sua madre, e a dire il vero, più che una battuta, stava nascondendo un consiglio in una risata.
 - Lo farò, magari per Natale! Così ho anche una scusa per travestirmi da Babbo Natale e spaventare mio fratello.
 - Sai di essere crudele?
 - Tu invece che hai fatto ieri? - cambiò argomento Peggie.
 - Sono andata in una tavola calda con Dan. 
 - Cavoli, fate le cose più belle sempre senza di me - non ne era sicura, ma Cheryl colse una nota di ironia nel classico accento indifferente di Peggie.
 - Mica tanto divertente, c'era la sua ragazza, e sono stata tutto il tempo a ridere alle squallide battutine che Dan faceva, e a mangiare molto lentamente il panino che ordinai, per paura di finirlo e non sapere più cosa guardare.  Bacia da schifo.
 - E poi sarei io quella crudele? - riprese Peggie, rimproverando Cheryl - Sei così antipatica! E poi.. lui almeno è fidanzato.
 - Ma solo perché si è accontentato di un cane.
 - Non sapevo che Mary fosse una specie di licantropo! 
 - Intendevo dire era una persecuzione, lo seguiva come se fosse un cane! 
 - Molto carine le tue similitudini, io a quale animale assomiglio? - domandò Peggie.
 - Fammici pensare... - fece Cheryl, con faccia seria - ad una capra!
Alla risposta di Cheryl, Peggie si buttò su Cheryl, che se ne accorse solo quando la sua gola non riusciva più a prendere l'aria che necessitava, per via dei colpi della massa toracica di Peggie che le stavano perforando la schiena, alimentati inoltre dai colpi secchi della pancia di Peggie, provocati probabilmente da sue risatine.
 - Smettila Peg, non riesco a respirare - implorò Cheryl, che subito dopo riuscì a prendere un respiro, che in quel momento necessitava più di ogni altra cosa, e da ciò capì che Peggie si era finalmente resa conto di star mettendo a rischio la vita di Cheryl.
Cheryl si alzò di colpo, e osservò lo splendido lago che giaceva a pochi metri da lei. Le acque erano di una limpidezza innaturale, e la luce faceva splendere anche i corpi minuti volanti che le ricordano dei batuffoli di polvere, che Cheryl mai aveva capito cosa realmente fossero.
Ai piedi del lago c'erano due signori, dall'età intorno ai sessanta, che ridevano e si tenevano per mano. La donna, indossava un gilet rosso, e una gonna dal colore dei suoi occhi, e del legno dell'albero che ora stava fissando. Le venature di quell'albero erano qualcosa che neanche Cheryl riuscisse a capire cosa avessero di bello, ma erano affascinanti, e la ammaliavano a tal punto da fissarlo per minuti, fino a quando si accorse che Peggie, ormai stanca di richiamare l'amica, si era stesa su quel prato, e leggeva un libro di cui le parlava molto spesso, ma che tutt'ora, se qualcuno le chiedesse la trama, saprebbe soltanto dire che il nome della protagonista è Amanta. 
Cheryl decise di raggruppare i propri capelli in uno chignon che, più che altro, assomigliava ad una palla di capelli disordinata, raggruppata da una matita, che aveva in mano da molto. L'aveva portata perchè aveva intenzione di disegnare, ma non sapeva cosa. Sebbene le venature dell'albero fossero affascinanti, e i vecchietti così interessanti, non riteneva oggettivamente stimolante raffigurarli.
Quando aveva ormai perso la speranza, e la matita era ormai inutilizzabile, vide un ragazzo, che apparentemente sembrava avere diciassette anni, sedersi a gambe incrociate su un prato di fronte a lei, con un libro sulle sue ginocchia, probabilmente di scuola. Era il soggetto perfetto per cui perdersi nell'arte. Alto, coi capelli corti e che terminavano con un ciuffo sulla fronte dal colore delle foglie d'autunno, aveva degli occhi bellissimi, molto simili ai suoi, solo che non capiva il motivo del perchè sul suo viso erano stupendi, mentre sul proprio viso, erano inguardabili. Le sue labbra appena pronunciate, provocarono delle fossette adorabili, quando il ragazzo sorrise inspiegabilmente.
Prese di scatto la matita, coi capelli che cadevano in un disordine che l'avrebbero fatta sembrare più brutta di quanto lei sosteneva di essere, il blocco appunti che aveva al termine delle sue gambe, e iniziò a disegnare.
La matita cadeva fluida sul foglio. Cheryl tentava di rappresentare ogni minimo particolare, perchè le sembrava ingiusto rovinare quella meraviglia. Quel viso così angelico, incoerente con lo sguardo da ribelle.
La maglietta bianca cenere così stretta che lasciava intravedere i suoi pettorali, era sprovvista di maniche, e cacciava quindi dei bicipiti non evidenti, ma sottolineati.
Indossava dei pantaloni che gli arrivavano sulle ginocchia, e che sprigionavano il resto delle gambe con dei peli non lunghi, ma neanche assenti.
Era così, nè troppo, nè niente.
Dalla raffigurazione dei capelli, passò alle sue sopracciglia, che non erano le classiche foreste che giacevano sopra gli occhi di ogni ragazzo, ma non erano neanche quelle sottilissime che avevano ogni ragazza. I suoi occhi li raffigurò divinamente, tanto da sembrarle che il disegno la stesse fissando. 
E fissava anche Peggie, perchè si era resa conto che Cheryl aveva iniziato a disegnare, e amava quando lo faceva.
Sognava di essere uno dei soggetti delle sue raffigurazioni, ma Cheryl non aveva mai tempo nè voglia di raffigurare la sua migliore amica. Non per cattiveria, ma perchè odiava di decidere il momento in cui doveva disegnare. Lei sosteneva che era il disegno che veniva da lei, e non viceversa.
Ed era come succedeva realmente, o che almeno, era successo in quel momento.
Ignorando l'attenzione di Peggie, continuò a disegnare il ragazzo che, si era nel frattempo steso.
Sebbene la posizione fosse diversa, Cheryl riuscì a continuare il suo disegno, e a disegnare la sua bocca, che le faceva venire voglia di vederlo sorridere, e le faceva venire voglia di ricevere un bacio. 
Sottolineò le fossette sulle sue guancie, che gli davano un atteggiamento ingenuo che Cheryl adorava, e poi passò a rappresentare il suo corpo, che poi colorò con i pastelli che si era portati da casa, in una borsetta che, oltre alla scatola di pastelli colorati, conteneva una bottiglia d'acqua, il suo cellulare, e dei soldi.
Dopo aver alzato gli occhi dallo zaino, Cheryl capì perchè il ragazzo precedentemente aveva sorriso, e desiderò di non aver mai tolto quella matita dai capelli, che le aveva spettinato i capelli.
Desiderò di nascondere quel disegno, ma ormai, era troppo tardi.

Jay, che ormai era certo della sua scelta, si diresse verso la ragazza che, da come aveva immaginato, lo stava fissando.
La ragazza stava cercando qualcosa nella sua borsa, di colore arancione crepuscolare. Indossava una maglietta che le lasciava scoperta una spalla di colore viola, con dei motivi sopra che lui non era in grado di leggere.
Si avvicinava lentamente, per paura di spaventarla, e ad un certo punto si fermò, notando che vicino alla ragazza a cui si stava avvicinando, c'era una ragazza, che aveva immaginato fosse sua amica, che osservava un foglio. Pensò quindi che avrebbe rovinato la sua azione se si fosse fatto conoscere in presenza della sua amica.
Perciò, non appena la ragazza alzò lo sguardo dalla borsa, e lo fissò spaventata, Jay tentò di chiamarla a sè e di portarla verso il lago.
 - Torno tra poco - Jay sentì dire dire dalla ragazza, che pareva anche abbastanza imbarazzata, mentre osservava lo sguardo perplesso della ragazza seduta.
Jay si allontanò verso il lago, preoccupandosi che la ragazza lo seguisse.
La prima volta che si girò, notò il viso molto carino della ragazza che lo stava seguendo. Non era molto alta, Jay pensava che se si fossero messi vicini, lei gli sarebbe arrivata sul mento. I capelli erano di un biondo cenere,  e gli occhi, erano maledettamente  simili ai suoi, ovviamente. Il naso era così sottile e delicato, che le dava un'aria da bambina,  che veniva poi sottolineata dalla sua bocca, così soffice e quasi invisibile.
 - Potresti fermarti? - si sentì dire dalla ragazza.
 - Dobbiamo allontanarci il più possibile dalla tua amica, o penserà che sei pazza. - rispose lui.
 - Penserà che sono pazza perchè sto parlando con un ragazzo? Sicuro di essere io, quella pazza?
 - Devo spiegarti un sacco di cose, Detentrice della Vista. - disse Jay, pentendosi subito dopo del modo in cui l'aveva chiamata.
 - Come?
Jay si era finalmente seduto su una panchina, dove prima due vecchi signori stavano pomiciando. La panchina sembrava vecchia e mal ridotta, e lo poteva notare dal suo colore,  quasi cancellato, e dal materiale che la componeva, ormai rovinato.
 - Molto piacere, mi chiamo Cheryl - si presentò la ragazza, come se avesse dimenticato il termine con cui Jay l'aveva precedentemente chiamata. 
 - Jay - disse lui, rifiutando il cenno della mano che Cheryl gli aveva posto.
 - Come sei simpatico. - disse la ragazza, con un cenno d'ironia.
 - Molto gentile, grazie. - rispose lui, con altrettanta ironia.
 - Che scuola frequenti? Non ti ho mai.. ehm.. incontrato. - domandò impacciata la ragazza.
 - Una scuola lontana da qui, sicuramente non la conoscerai. - disse lui, sentendosi in imbarazzo a causa della domanda, a cui non sapeva dare risposta. - Tu invece?
 - Io a settembre dovrei iniziare il terzo anno di liceo. 
 - Piccola, come sospettavo. - disse lui a bassa voce, quasi sicuro che la ragazza non l'avesse sentito. - Quanti anni hai? 
 - Tra pochi giorni farò sedici anni, tu?
 -Perfetto - disse lui, ignorando completamente la domanda, e allontanandosi dal lago.
Jay era contento, perché sapeva che, grazie a Cheryl, tra poco più di due anni, si sarebbe realizzato il suo più grande sogno.

 - Dov'eri? - fece Peggie, col suo esemplare tono interrogatorio, che faceva ricordare a Cheryl sua madre.
 - Quel bel ragazzo che stavo disegnando prima. Stavo parlando con lui.
 - Ah, stavi facendo un ritratto ad un ragazzo? Ovviamente tutti, tranne me! - disse arrabbiata Peggie.
 - Lo sai, è il disegno che viene da me.. 
Cheryl era triste, e questo Peggie non poteva capirlo. Cheryl finalmente si era sentita importante, e cercata da un ragazzo. Ma a quanto pare, l'aveva completamente deluso. Era brutta, e questa lei lo sapeva, ma nella conversazione non le pareva di aver detto qualcosa di sbagliato.
Forse era stata troppo appiccicosa? Si stava trasformando nel clone della fidanzata di Dan? Non voleva essere anche lei un cane, rincorrere una persona carina. Doveva essere più indifferente, così forse sarebbe ritornato.
Ma non riusciva ad essere indifferente, perchè Jay era il primo ragazzo che l'aveva cercata, e ciò significava che forse tanto brutta non era, e che delle possibilità di essere desiderata esistevano.
Guardò la sua amica, e si rese conto che le aveva fatto una domanda, che lei ovviamente non aveva sentito.
 - Sì. - rispose lei, indovinando una probabile risposta ad una domanda.
 - Lo immaginavo! Le cose più belle accadono sempre senza di me! - sentì dire dall'amica, che questa volta non sembrava per niente sarcastica.

Era l'una del pomeriggio, quando Cheryl sbatté la porta di casa sua, e si ritrovò in cucina, mentre suo padre cucinava probabilmente qualcosa di surgelato.
Sebbene fosse suo padre, Cheryl ammetteva la sua bellezza. Era alto, aveva circa quarant'anni ( Cheryl non riusciva mai a ricordare l'età precisa ), e sembrava ne avesse una trentina.
Cheryl non riusciva a capire come suo padre sembrasse così giovane... forse i surgelati che cucinava avevano delle serie proprietà magiche. Mark, il padre di Cheryl, aveva dei capelli biondi, quasi come la luce. Cheryl non era sicura che la luce avesse un determinato colore, ma se l'avesse avuto, Cheryl era sicuro che sarebbe stato il colore dei capelli di suo padre.
I suoi occhi erano di una lucentezza meravigliosa, e avevano il potere di rassicurarla in ogni momento più triste della sua vita.
Cheryl aveva un bellissimo rapporto con suo padre, sebbene le loro liti duravano a volte anche mesi.
Amava la sua voglia di vivere, sebbene non sempre tutto gli è andato bene nella sua vita.
Ai 12 anni di Cheryl, infatti, Mark divorziò con la madre di Cheryl, che da allora non si fece più sentire.
Cheryl non aveva mai capito il motivo, e non aveva intenzione di scoprirlo, perchè ogni volta che menzionava il nome di sua madre, il volto di suo padre si gravava di tristezza pura.
 - Che cucini? - domandò al padre.
 - Riso in scatola. E' impressionante quanto al giorno d'oggi ogni tipo di cibo sia inscatolato! Perchè non approfittarne? Il prezzo è anche basso!
 - Non devi fare l'imprenditore, smettila di convincermi che sia un affare comprare e mangiare dal cibo in scatola. Quando imparerai a cucinare?
  -Mai. Cher, hai 16 anni, potresti anche aiutarmi, o addirittura imparare e cucinare da sola!
 - Ma io studio, figurati se ho anche tempo per imparare a cucinare! - disse, in tono spiritoso Cheryl.
 - E io lavoro! Inoltre è estate, e tu a scuola non ci vai.. mentre io a lavoro ci vado comunque!
Ed era vero, ammise Cheryl. Mark lavorava più o meno 10 ore al giorno in una fabbrica per giocattoli.
Inizialmente Mark non lavorava così tanto, poiché anche la madre di Cheryl lavorava.
Ma quando divorziò, accudire sua figlia con la sola paga della fabbrica di giocattoli, non era sufficiente, e Mark lo sapeva bene. Perciò raddoppiò le sue ore di lavoro, e di conseguenza la sua busta paga.
Cheryl, doveva confessarlo, non sapeva quanto questa scelta fu appropriata, perché Mark avrebbe comunque dovuto pagare una baby sitter, quando Cheryl era più piccola, quindi i soldi mensili ritornavano poco più di quanto lavorava la metà.
 - Hai ragione, domani inizierò a imparare. - disse Cheryl sentendosi in colpa - ma pretendo che non sia tu il mio insegnante. 
 - Non l'avrei fatto comunque! 
 - Affare fatto. - ribadì Cheryl ridendo, che poco dopo arrivò in camera sua, in attesa del pranzo.
La camera sua era molto carina, sebbene fosse piccola.
Aveva delle mura dal colore della sua maglietta, il letto era posto di fronte alla porta, e aveva delle lenzuola nere: Cheryl adorava l'abbinamento nero-viola.
Sulla sua scrivania, come al solito, c'erano milioni di libri, che le ricordavano i nove mesi d'inferno passati a scuola.
Accese il computer, che era su un tavolino vicino al suo letto, e trovò un messaggio di Dan.

Stasera, 9.30, Kiol Barè. 
Vieni? Invita chi vuoi,  specialmente Peggie, mi secca chiamarla. 
Tuo bff, Dan.


Cheryl non capiva perché il suo amico firmasse gli sms, sebbene avesse il suo numero salvato.
Copiò il messaggio e lo inviò a Peggie, perché come annoiava Dan, seccava anche Cheryl chiamare la sua migliore amica.
Non sapeva perchè, ma odiava parlare al telefono. Forse perchè odiava la sensazione che qualcuno potesse sentirla, come suo padre, che origliava ad ogni suo tipo di conversazione.
Spense il computer delusa, poiché non vi erano notizie di Jay. Non aveva potuto cercarlo sul web, perché non le era noto il suo cognome, e a quanto pareva, non avevano nessun amico in comune, per poterlo rintracciare.
Forse non l'avrebbe più rivisto. Ma almeno qualcosa che ricordava il suo bel viso, Cheryl lo aveva. E ora, senza che neanche se ne accorgesse, lo aveva in mano.
Fissava quei suoi occhi che le ricordavano quelli di suo padre, così rassicuranti e decisi al tempo stesso.
Quei suoi movimenti così sicuri, così determinati.
Jay le mancava, e lei lo sapeva. Ma cosa fare? Cosa fare per ricordarlo?
Cheryl ricordò che non aveva neanche iniziato a colorare, perchè quando incominciò, Jay le si era presentato poco lontano da lei. Prese allora i colori, e iniziò a colorare.
Jay. 
Si ricordò del suo gesto che ignorava completamente la sua stretta di mano, e colorò i suoi capelli.
Bronzo dorato, colore che neanche lei sapeva se realmente esistesse.
Ma sapeva di averlo visto almeno una volta. Sul viso di Jay.
Perfetto. 
Era così che l'aveva congedata, e abbandonata da sola su quella stupida panchina.
Era in quel momento che si sentiva così abbandonata e umiliata.
E iniziò a colorare il suo viso, con quel rosa che non era adatto per il suo colore del viso, e perciò provò a coprirlo con del bianco, che si scoprì l'idea più geniale che lei avesse mai avuto, perché infatti riuscì ad ottenere il vero colore della pelle di Jay.
Colorò la sua bocca, e poi quella sua maglietta di un bianco che andava sul grigio, e quei pantaloni, né corti né lunghi.
Era l'urlo di suo padre che le ordinava di andare a mangiare, che la risvegliò da quel suo magnifico sogno, e che la fece rendere conto che il disegno che aveva fatto, era talmente verosimile da somigliare ad una vera e propria foto.
Jay era reppresentato così perfettamente che Cheryl quasi sognò che quel disegno si trasformasse in realtà... ma poi capì che stava veramente esagerando. Quel ragazzo l'aveva umiliata, se n'era andato senza neanche salutare, e l'aveva lasciata lì a sperare in un suo ritorno, che poi non sarebbe mai arrivato, per circa quindici minuti. E poi, l'aveva appena conosciuto. Come faceva ad esser così impazzita per lui?
Dobbiamo allontanarci il più possibile dalla tua amica, o penserà che sei pazza. Le aveva detto Jay.. e forse aveva ragione, stava realmente diventando pazza. Per lui.
- Arrivo - urlò, buttando il disegno nel cestino.

Come al solito Dan era in ritardo.
Cheryl si era seduta in uno dei pochi tavolini del bar in cui Dan le aveva scritto di andare.
Credeva di essere in ritardo di dieci minuti, ma a quanto pareva, era venuta in anticipo.
Il solito cameriere, che si era fatto crescere una barba che Cheryl reputava orrenda, si
era avvicinato al suo tavolo.
 - Deve ordinare? - le disse.
 - Sto aspettando un mio amico.. può passare tra poco? - fu la frase che fece allontare il cameriere.
Peggie non aveva risposto al suo messaggio, e perciò si sentiva in colpa.
Sperava realmente che l'avesse letto, perchè non aveva voglia di litigare con lei, per non averla chiamata.
Erano passati quasi cinque minuti, quando dalla porta entrò un ragazzo, poco più di alto di lei, con dei capelli neri corti con una cresta appena pronunciata, degli occhi a mandorla che gli davano un tocco asiatico, che indossava un jeans rotto sulle ginocchia ( effetto estetico, pensava Cheryel ) e una maglietta con dei cerchi concentrici colorati, che si andavano a sfumare sempre di più.
Era Dan. E al suo fianco c'era una ragazza, che lei conosceva benissimo.
Non aveva più quei pantaloni neri con una cerniera al posto sbagliato, ma un bellissimo pantalone corto, e la maglia semplice che indossava la mattina stessa, era stata rimpiazzata da un vestitino lungo che andava perfettamente abbinato con quei pantaloni.
 - Credevo non avessi letto il messaggio.. non mi avevi risposto. - disse Cheryl a Peggie, che nel frattempo si era seduta, insieme a Dan, nel tavolo in cui c'era Cheryl.
 - Sai che mia madre odia spendere soldi per ricaricarmi il cellulare - si giustificò Peggie.
 - Almeno i soldi per andare al bar te li da? - intervenne Dan
 - Fortunatamente sì, o avreste dovuto pagare voi per me - disse Peggie imitando un bacio rivolto a Dan.
 - Che hai fatto oggi? - chiese Cheryl a Dan.
 - Son uscito con Mary.
 - Dove? - riprendette Peggie.
 - In un ristorante in cui non entrerò mai più. - rispondette lui. - e voi?
 - Noi siamo andate al parco! E Cheryl ha incontrato un bel maschione!
 - Sul serio? - chiese incredulo Dan. - e com'era?
 - Da come l'ha disegnato.. molto bello! - rispose Peggie.
Clary, stanca di sentir parlare di Jay, rimproverò gli amici chiedendo di smettere di parlare di quella mattina.
Non voleva più pensare a quel ragazzo coi capelli castani che le aveva fatto perdere la testa. Che le aveva fatto fare il disegno migliore della sua vita, perchè lui era il soggetto migliore che lei avrebbe mai potuto incontrare nella sua vita.
 - Va bene - dissero in tono sommesso i due amici di Cheryl.
E fortunatamente, arrivò il cameriere, perchè Cheryl non sapeva di cosa parlare, e in tutta sincerità, non ne aveva neanche voglia.
Ordino una cosa a caso dal menù, di cui un secondo dopo neanche si ricordava cosa fosse.
Non riusciva più a smettere di pensare a Jay, e il problema era che non sapeva perchè.
Non aveva mai conosciuto ragazzi belli? Certo che sì, ma aveva mai avuto una fissazione.
Quel ragazzo aveva qualcosa, che Cheryl non riusciva a capire, che faceva in modo che Cheryl pensasse a lui in ogni momento.
Si interrogava, tentando di capire quale fosse il motivo di tale fissazione, ma l'unica risposta che si dava era la sua bellezza. Risposta che, secondo lei, era parecchio superficiale.
 - Mondo chiama Cheryl. - fu la voce di Dan a svegliare Cheryl questa volta.
 - Lasciala stare, sta impazzendo! 
 - Non sto impazzendo, Peggie! Smettila! - Cheryl rimproverò l'amica in modo così violento, che neanche lei riusciva a riconoscere la propria voce. - Scusa, è un brutto periodo.
 - Che ti succede? - chiese Dan.
 - Parliamo d'altro per piacere. 
Cheryl si dedicò completamente a ciò che aveva ordinato, che si scoprì essere un semplice caffè macchiato, chiamato però in quel bar in modo originale, come qualcosa del tipo "Mucca Carolina".
Purtroppo quel caffè non bastava a distrarla da ciò che pensava, perchè la sua distrazione durò poco più di due minuti.
Purtroppo non riuscì neanche a godersi quel caffè, perchè si era completamente dimenticata di metterci la bustina di zucchero che il cameriere le aveva messo alla sua sinistra.
 - Che schifo di caffè. - sottolineò Cheryl, con una faccia che lasciava intendere il sapore del caffè.
Cheryl si rese conto di aver interrotto, con quella frase del tutto fuori luogo, una discussione tra Dan e Peggie, dove Dan le spiegava il motivo del litigio tra Dan e Mary avvenuto la mattina stessa in quel ristorante che Dan ammetteva di odiare.
Cheryl si rese conto che si stava estraniando dal mondo, di essere così una pessima amica, e non ne capiva il motivo.
Non capiva perchè si era annoiata di tutto e di tutti.
Non sapeva bene cosa voleva, ma di certo non voleva essere qui.
Era strano, perchè ora il bar non era più vuoto. C'era un altro tavolo occupato da una persona. Era solo, con indosso dei vestiti di uno stesso colore, e nessuno faceva caso a lui.
Provava un certo senso di pietà per lui, perchè si rese conto che quella persona, era così maledettamente sola.
Forse non aveva amici, forse quel suo carattere, che aveva troncato anche lei, si era rivoltato contro di lui, tanto da farlo rimanere isolato da tutto. Isolato dal mondo, un pò come lei, che, sebbene fosse insieme a due suoi amici, si sentiva estranea e fuori luogo.
Si alzò da quel tavolo, intenta ad avvicinarsi al tavolo in cui era seduto quel bellissimo ragazzo.
Dove era seduto Jay.


 
  
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