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Autore: letmesink    21/06/2014    0 recensioni
Questa storia mi è sopravvenuta come lo fanno il rumore degli alberi col vento, una domenica qualunque. Parla di due ragazzi che, in realtà, non si sono neppure mai parlati. Riusciranno comunque a toccarsi, in qualche modo.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno.
A volte basta un solo gesto. Si era ritrovata a desiderare qualcosa, finalmente. E poi… tutto viene naturale. Attraversare la strada sconosciuta, seguire la scia. Aveva perso quel suo incedere imbranato, l’insicurezza negli occhi, solo con un pensiero. Poi, aveva tolto la felpa, troppo grande per lei, ed aveva cominciato a camminare, come fosse la prima volta, leggera, con la maglietta che le carezzava le spalle e il suo paio di jeans logori, lungo la luce di quella casa. Uno sguardo la seguiva, lungo i punti d’ombra, contemplando la sua chioma bionda sparsa lungo il collo. E proseguiva fino alla schiena, bianca e delicata. In un momento, le mani di lei erano sulla sua, il suo sguardo dolce perso fuori dalla grande finestra. Avevano un peso, enorme, sul cuore. I battiti però non diminuivano. Il sangue anzi, scorreva più forte, trasportando paura, felicità, rimpianti. E poi, quel bisogno, quella sensazione di essere lì al momento giusto. Non avevano idea di quello che li aspettava. Non avevano idea di chi fosse l’altro. La casa, che a lei era apparsa fredda all’inizio, cominciava a rivelargli aspetti di lui che in altro modo non avrebbe capito. Tutta quella luce, ogni cosa messa in un ordinato disordine… Tempo. Aveva bisogno solo di tempo. Lui invece pensava che il tempo rovinava le cose, scorrendogli sopra tanto forte da staccare ogni superficie. Ed era convinto che nella loro profondità le cose, le persone, erano tanto diverse tra loro da non riuscire a convivere neppure con sé stessi. Persi nei loro pensieri, non si erano accorti che il passo di lei li aveva portati nel cuore della casa, che le mani di lui avevano scostato una porta e, presa la sua mano, l’avevano portata nel suo regno. Una stanza sommersa di libri, musica, ricordi. Lo sguardo di lei si posava su ogni simbolo della vita che le stava accanto. Ogni titolo, immagine, sfumatura. Ogni macchia di caffè, inchiostro e lacrime. Il silenzio tra loro rappresentava l’equilibrio, fragile, tra i fili del pensiero. I pensieri di lei, però, erano incredibilmente intricati. > Era la prima volta che lui sentiva la sua voce. Le sembrava talmente strano che il mondo di lui fosse così limitato, con così tante cose dentro. Se avesse avuto una camera, sarebbe stata molto più vuota. Sapeva bene che era il miglior modo per farci entrare tutto quello di cui aveva bisogno. >  La sua voce calda, era più dolce e musicale di quanto lei avesse immaginato. Ignorando il suo sguardo stupito, con la felpa che lei aveva buttato via in mano, sgombrò il letto da libri, cicche di sigaretta e appunti scribacchiati . Infine, poggiò la felpa sul bordo rivestito di velluto blu. Non sapeva cosa fare. Come sempre d’altronde, anche se sembrava così sicuro di sé. Lei lo raggiunse, sul letto basso e disordinato. Abbassò lo sguardo. Si tolse la maglietta, come aveva fatto molte altre volte, ma mai sentendo la forza di quello sguardo addosso. Lui la bloccò. Paura l’aveva assalito. Il suo sguardo però, lo calmò. Voleva dire qualcosa, invece prese i suoi fianchi, e la spinse verso di lui. Ripercorse ogni suo centimetro di pelle, la poggiò delicatamente sul materasso morbido. Lei, le lenzuola fredde e profumate, era immobile, con le labbra dischiuse in un espressione impossibile da percepire. Incapace di resistere al suo profumo, lui si avvicinò al suo collo, e con le labbra morbide, lo sfiorò. Un brivido li percorse, contemporaneamente, i loro respiri e i loro battiti si sincronizzarono. Sospiro. Una sensazione li pervase, qualcosa di più luminoso e impellente del fuoco, di più inebriante e oscuro della morte. Lo prese, gli sfilò piano la camicia logora. Niente contava più. Erano solo energia, mossa dal sentimento. Si sentì sfiorare le cosce, mentre i jeans volavano via. E poi la vita, bloccata dalle sue mani dolci e forti. I loro sguardi non riuscivano a staccarsi, il corpo si muoveva da solo, reagendo alle sue carezze. Lui, ammaliato, non respirava. Scopriva nuove sensazioni, toccandogli le labbra, baciandogli i fianchi, guardandola fremere. Quando anche i suoi jeans furono gettati via dal loro piccolo rifugio, aprì gli occhi e scoprì che era stata lei a farlo. Erano pari. O quasi. Di comune, silenzioso accordo, chiusero gli occhi, l’uno accanto all’altra, e si immersero nei loro mondi. Avevano bisogno di ritrovare un punto d’appoggio. Lei, senza alcun rumore, si stese sul suo petto. Il respiro così vicino, il bacino portato indietro, la schiena in una posa innaturale. Quasi inconsapevolmente, per aggiustare la situazione, lui fece scivolare via le mutande. Le prese il viso, con uno sguardo disperato. Lei, felice, lo strinse a sé tanto che lui non ebbe scelta. La sollevò con un minimo sforzo, la poggiò di nuovo sulle lenzuola, e guardandola negli occhi si spinse piano dentro lei. Le sensazioni amplificate, le pupille dilatate, i sospiri. Gli sguardi legati, il ritmo costante e dolce cullava le loro anime. Sentivano di potersi toccare, toccare davvero. La schiena inarcata verso lui, la piccola e crescente felicità cominciava a riempire ogni vuoto. Qualcosa di profondissimo in fondo agli occhi di lui stava lì, a chiamarla. Il tempo si fermò. Con un gesto disperato, si staccò da lei. Respirando forte, raccogliendo i vestiti in fretta. Lei, sconvolta ma ancora persa nel suo mondo, lo guardò andare via. Niente l’aveva mai ferita tanto. Vedere qualcosa di tanto perfetto e non poterlo toccare. Rimase in quella casa sconosciuta, su quel letto freddo, nuda, per tutta la notte. Poi, alle cinque del mattino, nell’oscurità più completa si alzò e lasciò lì solo il suo profumo. Non una lacrima. Non un segno di lei.
   
 
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